Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: VaniaMajor    16/01/2013    10 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Author’s note: Dopo rischi indicibili e traversie innumerevoli (chi capisce la citazione è da Oscar!), rieccomi a voi con un nuovo capitolo di Hoshisaki! Terminati gli altri impegni, rimessa un pochino in sesto la salute precaria, ho ripreso a scrivere. Spero vorrete perdonarmi e seguire comunque questa fic, che finalmente sta per entrare nel vivo. Vi invito anche a dare un’occhiata a “Ko-Mython”, la mia nuova originale fantasy! Grazie a tutti voi che mi avete aspettata…


CAPITOLO 4

 

UN’ALTRA SHINSETSU

«Vado a scuola.» disse Anna, affacciandosi alla porta della cucina. Le teste della mamma e del nonno si alzarono appena. Entrambi avevano gli occhi segnati per il troppo piangere e la mancanza di sonno. Ormai erano passati due giorni dalla scomparsa di Kagome.
«Il pranzo, tesoro…mi sono scordata di preparartelo.» mormorò la donna, facendo un debole tentativo di alzarsi.
«Stai tranquilla, non ne ho bisogno. Non sono tornata al tempio per farmi viziare.- disse la giovane dai capelli chiari, sorridendo, poi tornò seria- La polizia sarà qui tra poco, vero?»
Entrambi annuirono.
«Se venisse fuori qualche novità, vi prego di chiamarmi a scuola.» disse, poi si voltò sentendo passi scendere le scale. Sota la stava raggiungendo. «Allora noi andiamo…»
Pochi istanti dopo, i due uscirono nel silenzio, uno accanto all’altra. Fuori era una splendida giornata di primavera, in totale contrasto con il loro stato d’animo. Un vento leggero e tiepido scuoteva i rami costellati di gemme e fiori. Sembrava impossibile che Kagome non fosse lì con loro…
«Grazie, Acchan.» disse Sota. Lei si voltò verso il ragazzo che aveva imparato a considerare suo fratello.
«E di cosa?»
«Di essere tornata a casa, in un momento come questo. La mamma e il nonno avevano bisogno di supporto.- rispose lui, poi sospirò e scosse la testa- Si sentono in colpa, capisci? Kagome ha sentito la nostra conversazione ed è fuggita. Per questo la polizia continua a trattare il caso come un allontanamento volontario.»
«Già…» mormorò Anna, abbassando lo sguardo sul selciato e incupendosi in volto. Non riusciva a crederci nemmeno lei: Kagome era un’orfana, adottata dalla famiglia Higurashi. Per la ragazza doveva essere stato un grosso trauma venirlo a sapere in maniera tanto inaspettata. La polizia era sicura che Kagome fosse scappata di casa, ma né Anna né la sua famiglia ne erano più così convinte. In un caso simile, una ragazza assennata come Kagome avrebbe chiesto asilo alla sua onee-chan, o ad una delle sue compagne di scuola in attesa di schiarirsi le idee. Invece, nessuno l’aveva più vista. La loro preoccupazione cresceva ad ogni ora che passava senza notizie da parte sua.
«Se stesse bene, ci farebbe sapere dov’è, cosa sta facendo…» mormorò Sota, affranto, mettendo in parole la sua paura. Anna gli toccò un braccio e lo costrinse a fermarsi.
«Sono sicura che stia bene, Sota.- gli disse, guardandolo con i suoi franchi occhi chiari, ereditati dalla madre- Cerchiamo di avere fiducia in lei. Tornerà.»
Sota annuì, sorridendole in segno di ringraziamento. Anna era sempre stata così: anche nelle difficoltà, trovava la forza di essere positiva e di dare speranza agli altri. Tornò a incamminarsi, senza accorgersi che la ragazza corrugava la fronte e alzava il viso al cielo, come se avesse sentito qualcosa.
La giovane, in effetti, era stata per un attimo assalita da un intossicante profumo di ciliegi portato dal vento e qualcosa, dentro di lei, aveva…vibrato. Strinse le labbra per impedire che le si riempissero gli occhi delle solite lacrime senza spiegazione. Aveva già abbastanza di cui preoccuparsi senza indulgere in malinconie prive di senso.
“Kagome…dove sei andata?” pensò, spazzando con lo sguardo il grande cortile d’ingresso del tempio. I dintorni erano stati setacciati senza successo dalla polizia. Dove poteva essersi cacciata?
Il suo sguardo passò sopra l’Hokora e per un attimo le sue sopracciglia si aggrottarono, come per un pensiero ancora informe; poi passò oltre e la sensazione fu dimenticata. Tornò ad incamminarsi dietro a Sota, preparandosi spiritualmente a una giornata che prometteva di essere molto lunga.
***
«Kagome…Kagome!»
Kagome si svegliò di soprassalto e per un attimo non riconobbe il volto che le comparve davanti agli occhi, poi si rilassò e al contempo la invase una tremenda stanchezza fisica e morale. Quella era Sango e lei era ancora prigioniera di una specie di incubo.
«Non riuscivo a svegliarti.» le disse Sango, mentre la ragazza si tirava a sedere con una smorfia. Le faceva male tutto!
«Non so come sia riuscita ad addormentarmi…» borbottò, guardandosi attorno. Si trovavano in una boscaglia rada. Il sole era sorto da poco e una foschia umida e fredda aleggiava sulla pianura ondulata che si perdeva all’orizzonte, velando il cielo chiarissimo e luminoso. Era la sua prima notte all’addiaccio ed era stata un calvario. In qualche modo, però, doveva essersi addormentata.
Erano partiti dal villaggio la mattina precedente, all’alba. Nessuno aveva fatto cenno di volerle salutare, a parte la donna che si sarebbe occupata del fratello di Sango durante la sua assenza. Kagome aveva intravisto Kaede dietro alla stuoia d’ingresso della sua casa danneggiata, un’espressione tormentata sul volto, poi l’anziana sacerdotessa aveva richiuso la stuoia ed era sparita alla vista. Kirara, trasformata in un grande demone gatto, le aveva trasportate per tutto il giorno, coprendo un ampio tratto di cammino attraverso i boschi. Kagome doveva ammettere che la velocità e la comodità di quel modo di viaggiare le stavano risparmiando gran parte delle spossanti fatiche di una lunga marcia, ma trascorrere la notte all’aperto, con il freddo e il terrore di essere attaccate da qualche demone, aveva di nuovo fiaccato il suo umore.
«Mangia qualcosa, Kagome. Partiamo subito.» le disse Sango, acconciandosi i lunghi capelli scuri in una coda alta.
Kagome annuì. Prese da un involto di foglie ciò che restava della cena del giorno prima, piccole polpette di riso e uova, e le sbocconcellò in fretta. Fu solo quando si sistemò la sacca da viaggio a tracolla e Sango stava ormai salendo in groppa a Kirara che le immagini del sogno le tornarono alla mente con vivida prepotenza.
Una notte stellata, la luce soffusa di una lanterna di carta sull’erba. Petali di ciliegio ai suoi piedi. Petali nell’aria tiepida, come una pioggia delicata, ma la solita sensazione di tristezza era assente. E un giovane dai lunghi capelli neri, fermo dinanzi a lei, una mano posata sulla corteccia di un albero. Le sue vesti erano scure, forse rosse. Sembrava un principe dell’antichità, fiero, la spada legata al fianco. Ricordava come il suo cuore avesse iniziato a battere più forte, come tutto in lei avesse desiderato lasciare il cerchio di luce per corrergli incontro. Ma non l’aveva fatto. Era rimasta immobile, ad attendere una sua mossa. Infine, lui aveva fatto un passo verso di lei, aveva aperto la bocca per parlare, il suo viso stava per essere baciato dalla luce…e Sango l’aveva svegliata.
«Kagome! Tutto bene?- la chiamò Sango, riscuotendola- Possiamo partire?»
«Ah…sì! Sì, certo!» rispose Kagome, raggiungendola e facendosi aiutare a salire in groppa a Kirara. Di fronte allo sguardo indagatorio della ragazza guerriera, Kagome scosse il capo. «Ho solo fatto…beh, uno strano sogno. Credo di aver rivisto il ragazzo che mi ha richiamato qui.»
Questo le valse l’immediata attenzione di Sango.
«Naraku? O il Principe Inuyasha?» chiese, pressante. Kagome scrollò le spalle, mettendosi più comoda sulla groppa di Kirara.
«Non era una persona cattiva, né un demone…Non credo sia quel Naraku di cui mi hai parlato.- rispose, perplessa- Ma tu hai detto che il vostro Principe Inuyasha non ha i capelli neri…»
«No, infatti.» Sango fece una carezza a Kirara, comunicandole che poteva partire, e si alzarono in volo. Per qualche istante, le due ragazze non parlarono. «Non riesco a capire chi sia questo giovane che vedi, Kagome. Naraku è maligno, non può nascondere la sua natura e Shinsetsu ti avvertirebbe del pericolo se fosse lui a visitare i tuoi sogni. D’altra parte, la luce che hai visto cadendo nel sacro Honeido possedeva il colore della Hoshisaki del nostro Principe. Non riesco a venirne a capo.»
«Com’è fatto questo Principe Inuyasha?» chiese Kagome, curiosa, mentre sotto di loro scorreva la foresta, attraversata da un largo fiume che brillava alla luce che fendeva la bassa foschia. Sango si voltò a metà verso di lei, con una strana espressione perplessa sul viso.
«Ecco…in realtà, io ho mai avuto l’onore di vederlo. Il suo sonno è iniziato molto prima che io nascessi e nessuno, nemmeno i pellegrini, ha il permesso di avvicinarsi al suo corpo addormentato. Da quello che si sa, però, assomiglia molto a suo fratello, l’Imperatore Sesshomaru-sama, che ho potuto conoscere prima che il mio villaggio andasse distrutto. Hanno entrambi capelli lunghi e bianchi, lucenti come l’argento, e occhi ferini del colore dell’ambra. Inuyasha-sama è più giovane e pare che il suo carattere fosse irruente, più portato allo scontro che al dialogo. Il nostro Imperatore, al contrario, ha fama di essere gelido e imperturbabile…Immagino che questo crei grande differenza anche su lineamenti simili, sempre che i loro visi si assomiglino. Ah, dimenticavo un particolare: Inuyasha-sama aveva una madre umana, perciò non è uno yokai completo. Si dice che ne porti il segno nelle bianche orecchie canine poste sulla cima della testa.»
«Ha orecchie da cane?!» sbottò Kagome, sbalordita. Che cosa…stramba! “Però potrebbero essere carine, a vedersi.” pensò, un po’ divertita. «Comunque, questo taglia la testa al toro. Il principe dei miei sogni non è il vostro Inuyasha-sama. Niente capelli d’argento, né orecchie canine.»
«Allora, forse, Shinsetsu ti sta mostrando qualcuno che diventerà nostro alleato.- ipotizzò la guerriera- Penso che per ora possiamo evitare di preoccuparci. Avvisami comunque, Kagome, se ti capitasse di sognarlo con maggiore chiarezza.»
Kagome annuì, quindi Sango tornò a guardare di fronte a sé, dirigendo il volo di Kirara. Mancavano quattro giorni di viaggio, senza intoppi, per raggiungere il castello dell’Imperatore. Kagome sospirò, avvertendo fitte alla schiena e alle gambe, e cercò una posizione più comoda. Non poteva né voleva credere che quel giovane dai capelli neri potesse essere Naraku o un loro nemico. Non l’aveva visto in volto, ma le sembrava qualcuno di cui potersi fidare. Qualcuno che, se avesse potuto guardarlo negli occhi, probabilmente le avrebbe fatto battere il cuore.
“Ma cosa sto pensando?!” si rimproverò, le guance in fiamme. La sua mano salì a stringere il pendente rosa. Sango era una brava ragazza e forse sarebbero diventate amiche, con il tempo, ma le mancava qualcuno con cui potersi confidare. “Se solo Anna-chan fosse qui…” pensò, improvvisamente triste. Kirara virò e il loro viaggio continuò lungo la via dorata del fiume.
***
Toccarono terra che era quasi il tramonto. Avevano volato indisturbate per tutto il giorno, tanto che Sango era riuscita a rilassarsi un po’.
«Evidentemente Naraku non sa ancora che abbiamo lasciato il confine.- aveva detto, mentre iniziavano a perdere quota non lontano da un ampio villaggio costruito sulla riva del fiume- Questo spiega il nostro viaggio tranquillo. Purtroppo non credo durerà a lungo, quel maledetto capirà presto che ci stiamo dirigendo al castello.»
«Ma non siamo nel territorio di En? Com’è possibile che Naraku possa attaccarci?» aveva chiesto Kagome, la tensione di nuovo alle stelle.
«Purtroppo En regge alla pressione nemica solo in apparenza, ormai. Quasi tutta questa parte di territorio è piena di spie e sicari di Naraku. Non abbassiamo troppo la guardia. Nascondi Shinsetsu, non ne faremo parola con nessuno.»
Scesero dalla groppa di Kirara a meno di un miglio dalle prime case, vecchie abitazioni in legno non troppo diverse da quelle tipiche dell’antico Giappone. Il demone gatto si trasformò subito e saltò in braccio alla sua padrona, con tutta evidenza felice di potersi finalmente riposare un po’. Giunsero al villaggio a piedi, come normali viaggiatrici, eppure ricevettero occhiate sospettose fin da quando oltrepassarono la palizzata esterna e misero piede tra le prime case. Kagome lesse senza sforzo la stanchezza e la paura sui volti degli abitanti che incrociarono e si rallegrò di essersi cambiata, indossando una veste da miko che Sango si era procurata prima della partenza dalla vecchia Kaede. Probabilmente, i suoi abiti moderni avrebbero creato problemi.
«Sango, dove stiamo andando?» mormorò, accelerando il passo per avvicinarsi alla ragazza guerriera.
«Questo villaggio è uno scalo fluviale, quindi dovrebbero esserci una o due dimore d’accoglienza che possano ospitarci. Le mie finanze sono scarse, ma posso pagare disinfestando il posto dai piccoli demoni parassiti. Ce ne sono sempre.» rispose Sango, in apparenza tranquilla.
«Dimora d’accoglienza?» ripeté Kagome, confusa.
«Luoghi ove mangiare e dormire previo pagamento. Nel tuo paese come vengono chiamate?»
«Oh!- esclamò Kagome, sentendosi sciocca- Alberghi…o locande. Ho capito cosa intendi, scusa per la domanda stupida.» In quel mondo era tutto così strano che anche cose semplici come quella le sfuggivano! Si rimproverò, ricordandosi che non poteva permettersi di stare con la testa tra le nuvole. Non con gli scagnozzi di un demone malvagio che si nascondevano in ogni angolo per rintracciarla. La sua onee-chan aveva sempre elogiato la sua capacità di adattarsi alle situazioni. Era il momento di rimboccarsi le maniche e utilizzare quella dote, se davvero la possedeva!
Avvicinandosi al centro del villaggio, l’atmosfera parve cambiare. Videro gente che correva con involti tra le braccia, piccoli capannelli di persone che parlottavano a bassa voce e, strano a dirsi, sorridevano. Kagome si rese conto che erano le prime persone che vedeva sorridere da quando era finita in quel mondo!
«Cosa succede?» chiese. Sango scosse la testa.
«Non so…forse c’è una festa.» rispose lei, perplessa. Entrambe le ragazze si bloccarono sul posto, voltandosi con uno scatto, quando colsero tra le parole della gente il nome Shinsetsu.
«Cosa…?!» ansimò Sango, stringendo un po’ troppo al petto la povera Kirara, che miagolò per protesta.
«Sango, com’è possibile che sappiano già di Shinsetsu?! Siamo partite dal tuo villaggio solo due giorni fa, in segreto…» mormorò Kagome, preoccupata. Se gli abitanti di quel villaggio sapevano che Shinsetsu era tornata a En, allora anche i sicari di Naraku dovevano averle individuate! Sango corrugò la fronte, incupendosi.
«Infatti non possono saperlo. Converrà indagare.» disse. Prima che Kagome potesse dire la sua, la giovane guerriera si avvicinò a due uomini e una donna che stavano a lato della strada. Questi smisero subito di parlare, notando l’abbigliamento e la grande arma sulla sua schiena. La voce di Sango, però, suono pacata e cortese. «Perdonate, signori, ma non ho potuto fare a meno di constatare che sembra esserci un clima di festa. Sto accompagnando la giovane miko che è con me al palazzo del nostro Imperatore, siamo stanche e saremmo liete di trovare motivo di svago, nonché un luogo ove riposare.»
Il cipiglio dei tre si rasserenò un poco. Kagome si sentì in dovere di aiutare Sango sfoderando uno dei suoi sorrisi più luminosi e innocenti.
«Non c’è alcuna festa, signorina, non abbiamo più motivi per gioire da tanto tempo.- rispose uno degli uomini- Però oggi abbiamo un ospite importante!»
«Un ospite?» chiese Sango.
«Un santo monaco, signorina.- disse la donna- Una speranza per En! Egli sta portando Shinsetsu all’Imperatore!»
Kagome lanciò un’occhiata sbalordita a Sango, che ricambiò senza mutare espressione sul volto.
«Un pellegrino di Shinsetsu?» mormorò la guerriera.
«Oh, no, non un semplice pellegrino! Egli possiede la vera Shinsetsu, signorina! E’ un santo monaco, ha già guarito con la Speranza numerosi mali della nostra comunità. Ora si sta riposando nella nostra migliore casa d’accoglienza.» disse il primo uomo che aveva parlato, suscitando ampi cenni d’assenso nei suoi concittadini. Sango si incupì tanto che Kagome decise di intervenire.
«Mi piacerebbe conoscere questo signor monaco! Anch’io sono diretta al castello di Sesshomaru-sama e mi darebbe molta gioia poter vedere la vera Shinsetsu!- disse, cordiale- Pensate che lo disturberebbe una mia visita?»
«Miko-sama, avere al villaggio due santi combattenti contro la Tenebra ci riempie d’onore.- rispose la donna, mentre tutti e tre chinavano la testa in segno di rispetto per la sua carica- Sicuramente il signor monaco sarà contento di conoscervi! Svoltate a destra oltre quella casa laggiù, riconoscerete il luogo d’accoglienza per le lanterne colorate appese al suo ingresso.»
«E per le voci festanti.- ridacchiò uno degli uomini- Il nostro signor monaco ha ottimi gusti!»
Kagome ringraziò e prese sottobraccio Sango, trascinandola per qualche passo finché la guerriera non si adeguò al suo incedere. La sentì prendere un respiro profondo, la tensione abbandonò lentamente i suoi muscoli.
«Ottimo intervento, Kagome. Avrei potuto dire qualcosa di cui mi sarei pentita.» mormorò Sango, lanciandole un’occhiata che denotava una nuova stima per la ragazza dai capelli corvini.
«Ho visto che qui le miko sono rispettate e ho pensato di approfittarne.- disse Kagome, con un sorriso- Che ne pensi di questa storia di Shinsetsu? Potrebbe esserci qualcosa di vero?»
«La vera Shinsetsu è al tuo collo.- tagliò corto Sango, incupendosi di nuovo mentre svoltavano l’angolo- Se qui opera un ciarlatano, è mio dovere smascherarlo. Senza contare che questo impostore sta rischiando di attirare sul villaggio l’attacco degli scagnozzi di Naraku.» Kirara miagolò, come a volerle dare ragione. Kagome rimase in silenzio, intimamente preoccupata dalla piega che gli eventi avrebbero potuto prendere se si fossero messe apertamente contro il monaco. Quell’uomo aveva restituito il sorriso alla gente del villaggio, anche se probabilmente era solo un impostore. Smascherarlo apertamente poteva essere rischioso.
«Cominciamo a fare la sua conoscenza, Sango. Poi vedremo il da farsi…che ne pensi?» propose. Sango annuì, dopo un attimo di riflessione.
«Allora preparati a parlargli, Kagome, perché io sono solo la tua scorta e sarebbe sconveniente che conducessi la conversazione. Io lo osserverò…lo osserverò molto bene.» disse, un lieve accento di minaccia nella voce. Kagome sospirò tra sé, ma annuì. Ormai erano arrivate davanti al luogo d’accoglienza, rallegrato da molte lampade di carta arancione. Alle loro orecchie giungevano chiacchiere e risa, soprattutto femminili. Una voce maschile chiese dell’altro liquore per il santo monaco.
Sango e Kagome si scambiarono un’occhiata perplessa e piuttosto scandalizzata.
«Sembra che si goda la vita, eh?» disse Kagome.
«Andiamo dentro.- disse Sango, corrugando la fronte e posando una mano sulla cinghia del suo grosso boomerang- Ho una gran voglia di tirare un pugno sul muso di questo “santo monaco”.»
Salì con decisione i pochi gradini e scostò la stuoia d’ingresso. Kagome, con un sospiro, la seguì. Aveva il forte sospetto che la serata sarebbe finita in rissa…

   
 
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