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Autore: Iamthedandelion    16/01/2013    4 recensioni
"Sono Elettra Lacroix. Ho 16 anni. Abito in Italia, o quello che ne rimane. Vengo dal distretto 4, il distretto della pesca."
Cosa succederà alla vita di Elettra, una comune sedicenne, quando il presidente dello stato dove abita, prendendo spunto da un libro, farà vivere le stesse crude esperienze contenuto in esso alla sua popolazione?
Una storia di lotta, ribellione e amore. La storia di Elettra e Bale, i cui destini saranno segnati per la vita.
E tu? Cosa faresti se ti trovassi catapultato nella realtà di un libro?
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Everything is gonna be alright




Ciao ragazzi! Piccola premessa per coloro che non hanno ancora letto la mia long-fic ^^ Questa storia farà parte di una serie, ossia avrà un seguito :) in questi giorni ho apportato alcune modifiche ai capitoli, sia riguardanti alcuni dettagli (importanti) sia riguardanti la scrittura. Perciò, recensite e enjoy! And may the odds be ever in your favor.
-iamthedandelion




La radiosveglia suona puntuale, alle sette e un quarto del mattino. Schifoso congegno, schifoso anche quello che lo ha inventato. Non potevano distruggere anche le radiosveglie dopo la rivoluzione? E invece no, hanno deciso di lasciarceli, questi stupidi aggeggi. Tiro un pugno al pulsante 'snooze' e finalmente si ferma. Cerco di sedermi e, con le gambe ancora pesanti per la lunga dormita, mi alzo e scosto leggermente la tendina color panna che copre la mia finestra, mi alzo in punta di piedi e mi siedo sull’ampio davanzale. Ecco il mio mare di prima mattina. Piccole onde si infrangono sugli scogli, dove si stanno arrampicando dei bambini. In lontananza riesco a vedere delle piccole barche, probabilmente pescherecci, che scivolano leggere sul pelo dell’acqua.
Mentre sono persa nel mio mondo, mia madre mi chiama dall'altra stanza; come al solito, se non mi sbrigo arriverò in ritardo a scuola.
«Elettra, veloce je te prie!»
Odio quando mi chiama per nome e soprattutto quando parla in francese. Non importa se lei abitava in Francia prima che nascessi, adesso vive qui, in Italia. E si deve adeguare. 
 
Mamma a quel tempo era incinta di mio fratello. Lei e papà si trasferirono in Italia nel 2018 sperando di trovare una vita migliore di quella che avevano prima. Volevano una famiglia, ma rimanendo in Francia non avrebbero avuto questa opportunità, poiché il governo era in crisi e la nazione era stata colpita da forti epidemie e carestie; speravano di costruire un futuro solido per i loro figli. 
Quasi come uno scherzo del destino, dopo essersi trasferiti, nell'estate di quell'anno avvenne l'impensabile. Il presidente italiano morì a causa dell'incursione di alcuni ribelli che rivendicavano la monarchia.  Nulla poté competere con le loro armi e la loro forza.  
I miei genitori e mio fratello appena nato si trovarono coinvolti in una guerra che non era la loro. Mio padre dovette partire militare al fronte, lasciando mia madre sola. Lui non tornó più. Di lui purtroppo so poco o niente: a mia madre non piace parlarne, dice solo che ho i suoi occhi e che il suo sorriso era il più bello del mondo. So che ci sono delle sue foto in casa, ma mamma le tiene sempre nascoste in una scatolina sotto il suo letto, la cui chiave è sempre appesa al suo collo.
Comunque in sostanza dopo l’accaduto mia madre si ritrovó quindi abbandonata e senza soldi, con un neonato, cioè mio fratello Geremiah, e un altro figlio in arrivo al carico. Dovette chiedere aiuto a degli assistenti sociali, che le fornirono una casa e del sostentamento per i primi anni. Finchè non conobbe Hector, un ex ribelle che gestiva una bancarella al mercato del paese, il quale riuscì a procurarle un lavoro nella sartoria vicina.
Il nuovo re, che si faceva chiamare comunque Presidente, era il comandante Testa, che poi di testa ne aveva e ne ha ancora oggi ben poca. L'Italia venne sottomessa al suo giogo e divisa in 12 distretti, ognuno specializzato in un tipo di occupazione, ognuno più povero o più ricco rispetto alla sua importanza e alla sua vicinanza alla Capitale, ossia Capitol City.
Qualsiasi oggetto, testimonianza o traccia del passato sono stati sequestrati e dati alle fiamme, fatta eccezione per la poca roba che i cittadini dei vari distretti sono riusciti a nascondere.
 
Sono Elettra Lacroix. Ho 16 anni. Abito in Italia, o quello che ne rimane. Vengo dal distretto 4, il distretto della pesca.

Mia madre dall'altra stanza urla ancora. Così decido di alzarmi, giusto per farla tacere. 
Vado in bagno per cercare di porre rimedio al mio aspetto. I miei capelli rossi cadono in boccoli ribelli sulle spalle e sulla mia fronte. Le mie lentiggini, che coprono tutto il mio viso, sotto gli occhi azzurro ghiaccio sono sostituite da un paio di occhiaie piuttosto scure. Inclino la testa e capisco che non potrò fare molto.
Mi infilo una maglietta bianca con dei pantaloni lunghi color kaki, prendo la borsa, corro in cucina, rubo un pancake ed esco di casa sbattendo la porta, non prima di aver salutato allegramente mio fratello Geremiah.
Divoro tutto il pancake in fretta e in pochi minuti sono davanti ai cancelli della scuola: inferriate altissime, le quali al primo suono della campana si chiudono con novantanove chiavistelli e si riaprono all'ultimo. Manco fossimo in prigione, dico io.
Entro e subito mi getto nel bagno perché nella fretta mi sono dimenticata di fare pipì. Come esco mi trovo davanti un biondino abbronzato dai capelli scarmigliati appoggiato allo stipite della porta, e un paio di occhi verde acqua che mi fissano.
«Buongiorno signorina Lacroix, posso accompagnarla in classe?» domanda cercando di imitare l'accento francese.
«Finiscila di fare lo stupido Bale » gli dico secca «piuttosto aiutami con questa borsa, è pesantissima.» Così gli getto tra le braccia il mio zaino, che prende al volo, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi che stenderebbero qualsiasi ragazza. Ma ormai ci sono abituata.
Bale è il mio migliore amico. Bale ha due anni in più di me, ossia diciotto. E’ l’unica persona con cui posso essere me stessa. In sostanza ci completiamo. Da un lato ci sono io: schiva, cinica, acida, calcolatrice, forte e anche un po’ stronza. Dall’altra lui: dolce, espansivo, estroverso, bello e intelligente.

Bale è un soprannome. Il suo vero nome sarebbe  Enea Baleni, ma tutti preferiscono chiamarlo Bale. Quando era ancora piccolo, era basso e cicciottello; tutti lo prendevano in giro chiamandolo 'balenottero' e con un sacco di altri soprannomi spregevoli.
Crescendo Bale decise che voleva scrollarsi di dosso quel nome. Così ogni volta che mangiava qualcosa, rimetteva forzatamente tutto. E io c'ero. Nel senso, c'ero sempre quando rimetteva.
"Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti" diceva sempre. Così quando aveva la testa china nel water, io ero sempre lì a carezzargli la schiena.
Le prime volte vomitavo anche io. Solo per il fatto che ero schifata e allora tiravo su tutto. Poi col tempo ho imparato e ora nulla mi fa più questo effetto.
E così crescendo i genitori scoprirono la malattia di Bale, lo mandarono in una clinica nella parte più remota del distretto e non lo vidi per tre anni. 
In quel periodo capii che lo amavo. Cioè, che lo amavo non come un’amica, ma lo amavo proprio. Ero innamorata persa e, devo ammetterlo, lo sono ancora.
Quando tornó non lo riconobbi subito. Dal treno vidi scendere un ragazzo alto, muscoloso e bellissimo.
"Ehi vero Bale, dove ti eri nascosto per tutto questo tempo?"
L’anno dopo, suo padre morì a causa di una tempesta in mare, mentre stava svolgendo il suo onesto lavoro di pescatore. Da quel giorno sua madre si lasciò completamente andare ed Enea si trovò a dover crescere i suoi fratelli, Chloe, oggi di undici anni, e Samuel, che ha la mia stessa età, aiutato solo dal fratello maggiore Ettore.

Le ore a scuola sembravano non passare mai. Spesi tutta la mattina a disegnare sul banco, immersa nel mio mondo. Nemmeno potevo immaginare quello che mi sarebbe aspettato dopo.
Esco da scuola e subito vedo Bale corrermi incontro col fiatone.
«Bale stai bene? »
«Elettra c'è un problema. Un grosso problema.» ecco, già quando pronuncia il mio nome per intero sta a significare che non porta buone notizie.
«Cosa succede?» gli chiedo, visibilmente allarmata.
«Il Consiglio ha indetto una riunione speciale, Elettra. »
«Che cosa?» urlo sbalordita. La gente nel cortile inizia a fissarmi come se fossi una pazza furiosa.
Il Consiglio è un organo presente in ogni distretto che si riunisce ogni mese per discutere l'andamento politico ed economico. Alle sue riunioni presenziano il sindaco, due tenenti militari, due cittadini adulti e due ragazzi. Nel distretto 4, i ragazzi siamo io e Bale. In caso di riunioni "speciali", significa che la faccenda si fa piuttosto seria.
L'unica cosa che voglio ora è gettarmi nelle braccia del mio migliore amico. Non mi importa più nulla, ho solo bisogno di lui per riordinare le idee. Così faccio e lui ricambia la mia stretta, accarezzandomi allo stesso tempo i capelli.
«Andrà tutto bene Ellie, stai tranquilla. Ci sono qua io.» mi dice. Si stacca dal mio abbraccio e mi stampa un bacio in fronte. Ci prendiamo per mano ed andiamo alla sede del Consiglio a passo svelto. Prima sappiamo la notizia, prima sapremo come agire di conseguenza.
 
Entro nella sala del Consiglio, dopo aver superato le dodici rampe di scale correndo all'impazzata. La vista che ci si para davanti, più che una riunione di persone comuni, sembra un gruppo di supporto di malati mentali.
Il sindaco, uomo molto pacato e discreto, contrario ad ogni tipo di alcolico ed alle sigarette, se ne sta riverso su un divanetto fumandosi un sigaro, borbottando parole incomprensibili. 
Bice, la nostra cittadina adulta, è seduta in un angolo. La sua bellissima chioma castana è tutta scompigliata e i suoi occhi verde scuro sono visibilmente arrossati e velati di lacrime. Al suo fianco, accovacciato, c'è Valerio, suo fratello gemello, impegnato a stringerle la mano cercando in qualche modo di confortarla. Anche lui probabilmente ha appena finito di piangere.
Dopo aver chiuso la porta, quest'ultima si apre di nuovo e sulla soglia stanno impettiti Igor e Melania, i due tenenti. Anche loro sembrano sbalorditi quanto noi. Melania mi lancia uno sguardo interrogativo, al quale rispondo scrollando le spalle. Ora come ora, ne so quanto lei.
Igor non perde tempo e, sbraitando, inizia a dare ordini a tutti, cercando di ricomporre una situazione stabile.
Ci sediamo attorno al tavolo rotondo che sta al centro della sala e subito stringo la mano di Bale. Lui ricambia la stretta e mi fa un sorriso, dal quale traspare peró la sua preoccupazione.
Il sindaco alza lo sguardo. I suoi occhi neri come la pece sono ancora più profondi del solito. Ci guarda corrugando la fronte ed aumentando le rughe presenti sul suo viso. Oggi, più che un uomo di quarant'anni sembra un ultra sessantenne, stanco e abbattuto.
«La Capitale ha tagliato i fondi ad ogni Distretto. Sono scoppiate delle rivolte nel tre, sette, otto, undici e dodici.» la sua voce tuona nella sala, all'improvviso.
Ripasso mentalmente le caratteristiche dei distretti da lui citati. Tecnologia, legname, tessuti, agricoltura e carbone. 
«I ribelli si sono inoltrati fino ai confini della città ed ora chiedono il nostro aiuto.» continua il sindaco «A mio parere, se non ci uniamo a loro, l'economia del nostro distretto andrà scemando e ci troveremo sul lastrico senza possibilità di ritornare ad un antico splendore. Dobbiamo reagire, volenti o nolenti, ed unirci alla rivolta.»
«Il video, Ivano» sussurra Bice, tenendo lo sguardo basso puntato sui suoi pollici, che stanno roteando lentamente sotto il tavolo.
Il sindaco si alza, avvicina il televisore che stava posato su un carrellino in un angolo della sala, lo accende e preme play.
Parte l'inno della Capitale e subito compaiono le immagini del presidente, seduto su una poltrona di velluto rosso nel suo sontuoso studio. Davanti a lui una scrivania colma di fogli, dietro una grande libreria vuota, se non fosse per tre volumi. Uno nero, uno rosso ed uno azzurro.
Non mi va nemmeno di sapere quali stronzate sta per sparare quell'uomo privo di tatto, quindi mi concentro sui dettagli che lo circondano. Soprattutto su quei libri. Perché sono li? Non era stato bruciato ogni tipo di volume presente nei Distretti? Così mi concentro nel leggerne i titoli, scritti orizzontalmente in caratteri dorati sul fianco di ogni volume.
Colgo il titolo del primo: 'Hunger Games', letteralmente 'Giochi della Fame'.
Sono incuriosita, vorrei saperne di più, ma mentre mi concentro sul secondo libro, lo schermo si spegne. Porto così lo sguardo sulle persone attorno a me, visibilmente sconvolte. Bale mi fissa e nei suoi occhi colgo una scintilla, di odio profondo e di rabbia. Con uno scatto fulmineo si alza in piedi e, rivolgendosi all'assemblea dice:
«Prendete le armi. Si parte per la Capitale.»
«Calmati ragazzino, qua la faccenda non è da prendere sotto gamba. Dobbiamo reclutare ogni uomo o donna in grado di combattere e solo allora partiremo per la Capitale. Ovviamente voi ragazzi rimarrete qui, al sicuro, all'interno del Distretto.» lo ammonisce severo Igor.
«Non sono un ragazzino. E comunque sia, sappiate che non me ne starò qui con le mani in mano mentre voi combattete fino alla morte.»
«Oh no, non te ne starai con le mani in mano caro.» risponde Melania sarcasticamente «ti prenderai cura del tuo Distretto, mentre noi non saremo qui. Lo stesso vale per te, Elettra.» dice rivolgendosi a me.
Così facendo, i tenenti si alzano e si dileguano.

Hunger Games eh? Devo di certo scoprirne qualcosa di più.
  
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