L’IMBARAZZANTE
SORRISO
DI
CHI SA DI NON
ESSERE NORMALE
Solitamente
chi ascolta la musica in autobus è fermo.
Esistono
però rari casi che comprendono persone che non si
comportano come dovrebbero e da qui scattano le eccezioni che
confermano la
regola.
Che, tra
parentesi, tanto regola non è, ma mi piace dare
una definizione al nulla.
Patologicamente
parlando, si possono trovare come minimo
tre tipi di persone malate di esibizionismo acuto, ma se ne potrebbero
rintracciare anche altre.
Sono intorno
a noi,
si confondono, sono ovunque.
In autobus
puoi trovarti lo sconosciuto, il tuo amico
delle elementari, l’ochetta laccata di turno, il/la ragazzo/a
tanto belloccio o il
personaggio inquietante. Chiunque sia, comunque si possono trascinare
tutti a
forza dentro un pregiudizio o, per meglio dire, un pensiero incasinato
di
quella persona seduta tranquillamente in autobus, con in mano il suo
cellulare
e nelle orecchie le cuffiette del suo phone.
Si, proprio
quella che sta scannerizzando ogni persona con
gli occhi per cercare un qualcosa che l’aiuti a fare
battutine sarcastiche
contro ogni evenienza. Ti fissa sospettosa, pronta a saltarti addosso
quando
meno te lo aspetti.
Ma tornando a
noi evitando i miei pensieri da decelebrata
sulle persone inquietanti dei mezzi pubblici, esistono appunto tre tipi
di
ascoltatori di musica in autobus.
Il primo
tipo, o il dormiente:
chi sta fermo, zitto, con gli occhi chiusi e con il cappuccio della
felpa
tirato su, oppure le mani in tasca da bravo fighetto. Ci sono anche
casi di persone
che le mani, invece di tenerle nei pantaloni firmati, le utilizzano per
stritolare poveri pali innocenti, come se fossero un’ancora
di salvezza.
Il secondo
tipo, o lo scatenato:
chi si muove così tanto che vorresti andare a chiedergli
qual è la scuola che
frequenta di break dance, perché sembra che stia tenendo il
palo come una mazza
da baseball in attesa della prima testa – incazzata
– da colpire.
Questo caso
non è molto diffuso. Il motivo principale potrebbe
essere che amici esperti zittiscano i malati con accurati colpi al
collo – o
chiamati normalmente cioppe –
in modo
tale da stoppare l’azione sul nascere.
Profonda
stima per
gli amici.
Il terzo
tipo, o il macho
man: il più fastidioso – se si
è a una buona dozzina di metri di sicurezza
dallo scatenato –, perché è colui che
si sveglia la mattina con l’intento di
far conoscere al mondo le sue bellissime doti canore e, soprattutto per
chi ha
un orecchio perfetto come il mio, non è la cosa
più bella che possa capitare
alle sette di mattina alla fermata dell’autobus.
Ma
tralasciando il superfluo, io mi considero in una via
di mezzo fra il normale e il macho man. Canto in playback in autobus
nella
normalità, ma non mi scateno improvvisando balli di
disperato scuotimento delle
braccia imitando una scimmia.
Sta mattina,
per esempio, avevo nell’ipod una canzone che
adoro, “Livin on a prayer” dei Bon Jovi e
straordinariamente ero in religioso
silenzio, ferma e mezza addormentata, quando all’improvviso
il mio lettore
prende vita e cambia canzone.
Dai primi
suoni ho capito subito che erano le due
note messe in croce che caratterizzavano la canzone di
“I’m blue” degli Eiffel
65. Il perché ce l’avessi ancora dentro
l’ipod dall’ innocente età di dieci
anni è un mistero.
Comunque sia,
all’improvviso ho pensato bene di iniziare a
cantare in playback, non sapendo che però mi stava
ascoltando tutto l’autobus,
ma sono dettagli.
Il fatto
è che esistono quelle canzoni che sembra
impossibile non cantare come disperati.
Faccio alcuni
esempi, tanto per facilitare l’idea.
“Livin’
on a prayer” dei Bon Jovi. Parliamone.
Questa
canzone l’hanno inventata sicuramente apposta –
perché ne sono certa che l’abbiano scritta solo
per questo motivo quei bastardi
– con l’unico scopo di farti fare figure di cacca.
Quando il
cantante parte con il ritornello – oh, oh!
Livin’ on a prayer! – è scientificamente
provato che sia impossibile non far
diventare la mano un microfono improvvisato e fare l’urletto
in playback.
Nel caso
qualcuno si lasciasse scappare il playback, sarà
doppiamente una figura di cacca ovviamente.
Ogni tanto mi
penso da fuori.
Io, come
molti altri, adoro canzoni che fanno un casino
fra batteria e chitarra elettrica, ma ultimamente sono passata al
genere pop.
Come abbia fatto ad entrarmi nella testa devo ancora scoprirlo, ma ho
molti
sospetti, come ET, gli UFO oppure il bum –
cha cha – dei Maroon 5.
“Some
nights” dei Fun. Parliamone
- la vendetta.
Anyway,
quando parte il solito stacchetto iniziale mi
guardo intorno veloce, pronta a cercare qualcuno che mi possa vedere.
Se il mio
caro Charlie – sono sicura che tutti voi
avete sempre sentito almeno una volta nei film
inquietanti il nome Charlie, e per questo lo uso per descrivere la mia
personalità – nella mia testa mi da l’ok
– nessuno
ti vede Anna, inizia! – di conseguenza
muoverò la testa a ritmo oppure
canterò come una deficiente le prime note.
Nel caso ci
sia un mio amico/a vicino/a molto
probabilmente mi guarderà strano, o forse si
metterà a ridere.
Ma va
bè, a tutto c’è una spiegazione.
Avrò avuto un
trauma infantile; avrò picchiato la testa prematuramente.
Sta mattina
ho visto una persona insolita. Si guardava
intorno spaesato il poverino – perché era un
ragazzo –, cercando un conforto
nel palo che aveva di fronte.
Nemmeno a
dirlo apposta, ho sentito – forse anche a Roma
l’hanno riconosciuta la canzone da quanto forte cantava, e io
abito a Treviso –
venire sparata dalle sue orecchie musica degli Aerosmith.
Adoro il
genere, adoro il gruppo, ma no.
Non mi
può fare
questo.
Schiacciarmi
contro il finestrino dell’autobus a mo’ di
appolipata al vetro – perché è troppo
difficile togliersi la cartella dalle
spalle, in un autobus pieno di gente che sembra contenere mezzo mondo
– per poi
muoversi stile indemoniato.
Ero indecisa
se chiamare un esorcista o tirare fuori il
solito candelabro dei libri gialli – sempre in tasca per ogni
evenienza –, ma
mi sono bloccata.
Non
c’era né una Agatha Christie vicina per scrivere
delle
mie gesta, né avevo il numero di uno di quegli inquietanti
personaggi con il mantello
nero, perciò mi sono dovuta fermare.
Ho salvato
una vita, mi dovrei
sentire importante.
Peccato che
la tua
faccia non sia d’accordo.
Grazie
Charlie del tuo supporto
morale.
Dettagli.
Sono tutti dettagli.
Ascoltate la
musica come volete. Sappiate però che se vi
incontro nell’autobus e mi schiacciate contro il finestrino
vi lincio. Anzi no,
magari scrivo un'altra storiella su come decelebrati mentali
schiacciano povere
e innocenti ragazze contro malaugurati finestrini.
E mi
raccomando, Pace
e Amore nel mondo sono
l’unica
via di salvezza da questo periodo buio.
Au revoir.
Ciao.
Non avevo
niente di meglio da fare sta mattina, quindi vi
prego di perdonarmi. Mi piace troppo scrivere e siccome quando lo
faccio tento
di mettere giù due righe intelligenti – pff!
–, ogni tanto ho qualche
schizzo.
Per chi si
è fermato alle prime righe, o dopo averci
provato seriamente a seguire il testo, faccio un applauso,
perchè vi siete salvati.
A chi
l’ha letto tutto invece: mi dispiace.
Non so che
altro dire :) Vi ho fatto stare nella mia testa
per quattro lunghissime facciate; chiamatelo voi l’esorcista,
che io non ho il
numero.
Au revoir
again,
Anna :)