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Autore: LucyFire    17/01/2013    3 recensioni
Siccome sta mattina in autobus non avevo niente di meglio da fare, se non fissare il vuoto con sguardo assente e rimbambito, ho arrafato il cellulare e mi sono messa a scrivere due idiozie.
BADATE BENE ad entrare: non ha senso quello che ho scritto, è tutto puramente inventato al momento e l'ispirazione più grande non è stata la mia fantasia ma le persone davanti a me.
Scritta mentre ascoltavo gli Abba, vi presento la mia versione di quei ragazzi estremamente imbarazzanti che non sanno di esserlo.
La musica in autobus dal mio punto di vista.
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’IMBARAZZANTE SORRISO DI CHI SA DI NON ESSERE NORMALE

 

 

Solitamente chi ascolta la musica in autobus è fermo.

Esistono però rari casi che comprendono persone che non si comportano come dovrebbero e da qui scattano le eccezioni che confermano la regola.

Che, tra parentesi, tanto regola non è, ma mi piace dare una definizione al nulla.

Patologicamente parlando, si possono trovare come minimo tre tipi di persone malate di esibizionismo acuto, ma se ne potrebbero rintracciare anche altre.

 

Sono intorno a noi, si confondono, sono ovunque.

 

In autobus puoi trovarti lo sconosciuto, il tuo amico delle elementari, l’ochetta laccata di turno, il/la ragazzo/a tanto belloccio o il personaggio inquietante. Chiunque sia, comunque si possono trascinare tutti a forza dentro un pregiudizio o, per meglio dire, un pensiero incasinato di quella persona seduta tranquillamente in autobus, con in mano il suo cellulare e nelle orecchie le cuffiette del suo phone.

Si, proprio quella che sta scannerizzando ogni persona con gli occhi per cercare un qualcosa che l’aiuti a fare battutine sarcastiche contro ogni evenienza. Ti fissa sospettosa, pronta a saltarti addosso quando meno te lo aspetti.

Ma tornando a noi evitando i miei pensieri da decelebrata sulle persone inquietanti dei mezzi pubblici, esistono appunto tre tipi di ascoltatori di musica in autobus.

Il primo tipo, o il dormiente: chi sta fermo, zitto, con gli occhi chiusi e con il cappuccio della felpa tirato su, oppure le mani in tasca da bravo fighetto. Ci sono anche casi di persone che le mani, invece di tenerle nei pantaloni firmati, le utilizzano per stritolare poveri pali innocenti, come se fossero un’ancora di salvezza.

Il secondo tipo, o lo scatenato: chi si muove così tanto che vorresti andare a chiedergli qual è la scuola che frequenta di break dance, perché sembra che stia tenendo il palo come una mazza da baseball in attesa della prima testa – incazzata – da colpire.

Questo caso non è molto diffuso. Il motivo principale potrebbe essere che amici esperti zittiscano i malati con accurati colpi al collo – o chiamati normalmente cioppe –  in modo tale da stoppare l’azione sul nascere.

 

Profonda stima per gli amici.

 

Il terzo tipo, o il macho man: il più fastidioso – se si è a una buona dozzina di metri di sicurezza dallo scatenato –, perché è colui che si sveglia la mattina con l’intento di far conoscere al mondo le sue bellissime doti canore e, soprattutto per chi ha un orecchio perfetto come il mio, non è la cosa più bella che possa capitare alle sette di mattina alla fermata dell’autobus.

 

Ma tralasciando il superfluo, io mi considero in una via di mezzo fra il normale e il macho man. Canto in playback in autobus nella normalità, ma non mi scateno improvvisando balli di disperato scuotimento delle braccia imitando una scimmia. 

Sta mattina, per esempio, avevo nell’ipod una canzone che adoro, “Livin on a prayer” dei Bon Jovi e straordinariamente ero in religioso silenzio, ferma e mezza addormentata, quando all’improvviso il mio lettore prende vita e cambia canzone.

Dai primi suoni ho capito subito che erano le due note messe in croce che caratterizzavano la canzone di “I’m blue” degli Eiffel 65. Il perché ce l’avessi ancora dentro l’ipod dall’ innocente età di dieci anni è un mistero.

Comunque sia, all’improvviso ho pensato bene di iniziare a cantare in playback, non sapendo che però mi stava ascoltando tutto l’autobus, ma sono dettagli.

Il fatto è che esistono quelle canzoni che sembra impossibile non cantare come disperati.

Faccio alcuni esempi, tanto per facilitare l’idea.

“Livin’ on a prayer” dei Bon Jovi. Parliamone.

Questa canzone l’hanno inventata sicuramente apposta – perché ne sono certa che l’abbiano scritta solo per questo motivo quei bastardi – con l’unico scopo di farti fare figure di cacca.

Quando il cantante parte con il ritornello – oh, oh! Livin’ on a prayer! – è scientificamente provato che sia impossibile non far diventare la mano un microfono improvvisato e fare l’urletto in playback.

Nel caso qualcuno si lasciasse scappare il playback, sarà doppiamente una figura di cacca ovviamente.  

 

Ogni tanto mi penso da fuori.

Io, come molti altri, adoro canzoni che fanno un casino fra batteria e chitarra elettrica, ma ultimamente sono passata al genere pop. Come abbia fatto ad entrarmi nella testa devo ancora scoprirlo, ma ho molti sospetti, come ET, gli UFO oppure il bum – cha cha – dei Maroon 5. 

“Some nights” dei Fun. Parliamone - la vendetta.

Anyway, quando parte il solito stacchetto iniziale mi guardo intorno veloce, pronta a cercare qualcuno che mi possa vedere. Se il mio caro Charlie – sono sicura che tutti voi  avete sempre sentito almeno una volta nei film inquietanti il nome Charlie, e per questo lo uso per descrivere la mia personalità – nella mia testa mi da l’ok – nessuno ti vede Anna, inizia! – di conseguenza muoverò la testa a ritmo oppure canterò come una deficiente le prime note.

Nel caso ci sia un mio amico/a vicino/a molto probabilmente mi guarderà strano, o forse si metterà a ridere.

Ma va bè, a tutto c’è una spiegazione. Avrò avuto un trauma infantile; avrò picchiato la testa prematuramente.

 

Sta mattina ho visto una persona insolita. Si guardava intorno spaesato il poverino – perché era un ragazzo –, cercando un conforto nel palo che aveva di fronte.

Nemmeno a dirlo apposta, ho sentito – forse anche a Roma l’hanno riconosciuta la canzone da quanto forte cantava, e io abito a Treviso – venire sparata dalle sue orecchie musica degli Aerosmith.

Adoro il genere, adoro il gruppo, ma no.

 

Non mi può fare questo.

 

Schiacciarmi contro il finestrino dell’autobus a mo’ di appolipata al vetro – perché è troppo difficile togliersi la cartella dalle spalle, in un autobus pieno di gente che sembra contenere mezzo mondo – per poi muoversi stile indemoniato.

Ero indecisa se chiamare un esorcista o tirare fuori il solito candelabro dei libri gialli – sempre in tasca per ogni evenienza –, ma mi sono bloccata.

Non c’era né una Agatha Christie vicina per scrivere delle mie gesta, né avevo il numero di uno di quegli inquietanti personaggi con il mantello nero, perciò mi sono dovuta fermare.

 

Ho salvato una vita, mi dovrei sentire importante.

Peccato che la tua faccia non sia d’accordo.

Grazie Charlie del tuo supporto morale.

 

Dettagli. Sono tutti dettagli.

Ascoltate la musica come volete. Sappiate però che se vi incontro nell’autobus e mi schiacciate contro il finestrino vi lincio. Anzi no, magari scrivo un'altra storiella su come decelebrati mentali schiacciano povere e innocenti ragazze contro malaugurati finestrini.

E mi raccomando, Pace e Amore nel mondo sono l’unica via di salvezza da questo periodo buio.

Au revoir.

 

 

 

 

 

Ciao.

Non avevo niente di meglio da fare sta mattina, quindi vi prego di perdonarmi. Mi piace troppo scrivere e siccome quando lo faccio tento di mettere giù due righe intelligenti – pff! –, ogni tanto ho qualche schizzo.

Per chi si è fermato alle prime righe, o dopo averci provato seriamente a seguire il testo, faccio un applauso, perchè vi siete salvati.

A chi l’ha letto tutto invece: mi dispiace.

Non so che altro dire :) Vi ho fatto stare nella mia testa per quattro lunghissime facciate; chiamatelo voi l’esorcista, che io non ho il numero.

Au revoir again,

 

Anna :)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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