Videogiochi > Kingdom Hearts
Ricorda la storia  |      
Autore: axSalem    18/01/2013    1 recensioni
[AkuRoku]
La notte cala in fretta, come sempre. Si posa sul terreno raffreddandolo, e si posa sugli occhi, facendoli chiudere lentamente, trascina verso le grandi braccia di Morfeo ogni creatura, senza fretta, per carità; lenta come il veleno che si espande sulle vene, come il petrolio che contamina l’oceano, e come la morte che porta con sé una vita. La notte è portatrice di disperazione, e lo è soprattutto per Roxas, che appoggiato al davanzale della finestra guarda atono la strada deserta, abbandonata, la sigaretta fra le labbra piene.
Genere: Fluff, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas, Sora
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


¤ Dream eater Shirokuro Baku ¤

 
 
Diciotto anni, e apatia evidente per ciò che lo circonda.
Si sorregge annoiato la testa sul palmo della mano, lasciando a quest’ultima il peso della propria psiche da sopportare “Che ci pensi lei, ora.”.
«Stanotte ho fatto un sogno strano.»
Almeno lei non è visitata dagli incubi. Guarda disinteressato la compagna che ha parlato, a qualche metro da lui, sta origliando la conversazione, in pratica.
«Cos’hai sognato?»
Chiede l’altro interlocutore.
«Ho sognato che lo yumeki Shirokuro Baku veniva a farmi visita.»
“Chi?” l’altro ha uno sguardo perplesso, Roxas riesce a scorgerlo anche se i due sono distanti da lui.
«Dai! Non ne hai mai sentito parlare?»
Continua quella, stridula.
«… Direi proprio di no.»
«E’ il mangiatore di sogni! Come fai a non conoscerlo?!»
Roxas tende l’orecchio, incuriosito come poche volte. Apatia evidente, sì, ma ciò che riguarda la fantasia, ovvero tutto ciò che spezza il monocromatico universo quale la sua noiosa vita, lo interessa.
Vede il ragazzo scrollare le spalle e far cenno alla ragazza di continuare.
«Fa visita alle ragazze con dei sogni inespressi, o con incubi continui. Sta con loro e avvera i desideri che possiedono, finché non c’è la luna piena e-»
Smette di ascoltare, per lui è abbastanza.
La sua vita è sempre uguale, ogni azione per lui si ripete fino alla morte. Non c’è mai nulla di nuovo, nulla che stuzzichi la sua fervida immaginazione e la sua curiosità, entrambe assopite nei meandri del suo inconscio. Tutto è sempre monotono e continuo, tanto monotono e continuo che probabilmente diventerà pazzo e lo spediranno in un manicomio, “Almeno se vado fuori dai coppi le giornate saranno meno noiose.”, però anche quel discorso era diventato monotono a forza di ripeterselo.
Roxas ha provato un po’ di tutto per “colorare” la sua suddetta vita, tranne la droga, quella no, la sua famiglia ne ha già risentito abbastanza: suo padre è morto di overdose quando aveva appena due anni, e sua madre si è praticamente trasferita in un centro per uscire dal quel giro, diciamo che di droga ne ha già abbastanza, anche se non l’ha mai provata. Ha provato a fumare, la prima volta era stata terribile, ma poi boh, non si ricorda nemmeno lui quando ha iniziato quel dannato bastoncino bianco a dargli dipendenza, non che sia un fumatore accanito, dopo tutto gli da noia anche fumare. Ha provato il sesso, e dopo aver scoperto, due anni addietro, che le ragazze non glielo fanno alzare, puf! Ha scoperto di essere gay, “Perché gay è meglio! Arcobaleni, unicorni e fiorellini!”, così lo aveva preso in giro suo fratello Sora, riscoperto successivamente gay anche lui, e Roxas si era fatto delle grasse risate: “Perché gay è meglio! Arcobaleni, unicorni e fiorellini… eh?”, glielo aveva rinfacciato, e si erano messi a ridere mentre si reggevano l’un l’altro, un bel rapporto, il loro. Aveva provato, in mancanza di possibilità, uditeudite, la magia nera e l’alchimia, seriamente, non sapeva più cosa tentare e si era buttato su quelle, aveva comprato un paio di libri e ci aveva provato, davvero… “Non ho mai letto tante cazzate messe insieme in tutta la mia vita!” Aveva commentato alla fine, chiudendo un’enorme volume; no, non aveva trasmutato nessun metallo in oro. Aveva tentato con l’amore, “Yuston, abbiamo un problema…”, non si è mai innamorato realmente, e tutte le sue storie finivano nel gabinetto dopo tre settimane circa. L’ultima impresa è stata quella di scovare uno Shinigami, ma sinceramente, non sapeva neanche da dove cominciare, e aveva mollato tutto.
E ora, dopo innumerevoli ore di lezione tenute, in realtà cinque, torna a casa con il fratello, che trotterella esuberante al suo fianco, parlando a più non posso, come se quelli che stanno trascorrendo sono i loro ultimi minuti insieme, ma Sora è sempre stato così, dopo tutto.
«E poi Riku ha detto-»
«Questa volta voglio provare con lo yumeki Shirokuro Baku.»
Dice quasi solenne, interrompendo il flusso infinito di parole dell’altro, che si volta a guardarlo stranito, come se avesse detto di averlo visto per davvero, uno Shinigami.
«Cosa?»
«Yumeki. Shirokuro. Baku.»
Risponde, scandendo ogni parola e donando loro una lenta cadenza.
«… un mangiatore di sogni.»
Aggiunge poi, con la solita tranquillità che lo caratterizza, come se tutto d’un tratto avesse detto che il ghiaccio è freddo, un’ovvietà, in pratica, e quel suo modo di prendere le cose così, come se indossasse dei guanti, in modo che nulla lo tocchi in particolar modo, lo sguardo sempre assente, non lo fa neanche sembrare umano, un robot forse, oppure un becchino, in grado di ridere della morte, oppure ancora una persona col cuore di pietra, o anche direttamente senza, un cuore.
«E come farai a trovarlo?»
Chiede tornando esuberante, seguendolo come un cucciolo di cane.
«Ho sentito dire che visita le ragazze con continui incubi… niente di più facile per me.»
Spiega con un movimento fluido della mano.
«… tu non sei una ragazza.»
Osserva l’altro con la testa inclinata, gli occhi dallo sguardo perplesso.
«Dettagli.»
Commenta Roxas sbrigativo.
«E io che pensavo che una volta provato l’incesto saresti stato soddisfatto.»
Sospira Sora, seguendo l’altro nel vialetto di casa. In verità i due sono fratelli adottivi, ma se li si mette a confronto si direbbe quasi che sono gemelli. Sora è dannatamente ingenuo, e capita che l’altro si chieda come faccia a fare certi commenti con un espressione così genuinamente innocente nei suoi occhi limpidi e blu come quelli dell’altro.
Infila la chiave nella toppa, ed apre la porta con un gesto secco.
«Siamo a casa!»
Esclama il fratello, e le parole riecheggiano sui muri, rimbalzano e finiscono dalla parte opposta, in un eterno scontro fra le pareti, finché non si affievoliscono e non si infrangono come il vetro che si frantuma al suolo, nessuno però risponde a Sora, e nessuno li accoglierà dentro l’abitazione, nessuno urla a loro: “Bentornati!”, tranne che il silenzio più vuoto e la solitudine più cupa.
«Però ti è anche piaciuto, quindi non capisco di cosa ti lamenti.»
«E chi si è lamentato?»
Domanda retoricamente Sora, rubandogli un casto bacio sulle labbra, privo di malizia, scappando poi in camera propria, lui sbuffa sorridendo, a volte non capisce se è realmente lui il più grande dei due.
Roxas è un tipo riflessivo, quando può si ferma sempre a pensare, e per quanto riflessivo possa essere, gli è sempre stato detto di vivere la felicità, perché è qualcosa di estremamente effimero e momentaneo; e lui lo farebbe, lo farebbe se solo ne avesse un po’, perché dietro alla sua apatia c’è infinita tristezza e infinito terrore per la realtà… perché la madre non c’è mai stata a raccontare a lui e a Sora la favola della buona notte, nemmeno quando erano bambini, perché suo padre non c’è proprio mai stato, nemmeno quando aveva scoperto che non c’era nessun mostro dentro l’armadio e nessun’uomo nero sotto il letto. Lui continua a vivere con la continua convinzione che la realtà non provochi altro che eterno e lancinante dolore, come una lama che trafigge direttamente il cuore, o come il fuoco che arde in gola. Saggiare il dolore per lui è come saggiare la realtà, fa male e basta, per questo si è creato il suo scudo di indifferenza, in modo che niente lo coinvolga per davvero, solo superficialmente, e lui così non deve neanche starci a pensare troppo. Lui preferisce soffermarsi sulla fantasia, sui sogni, di immaginazione ne ha, tanta, e ogni sogno è migliore di qualsiasi realtà, perché i sogni sono dolci, la realtà è amara. Roxas vorrebbe sognare, davvero, ma ogni sua notte è popolata da incubi, incubi bianchi e neri come il monocromatico mondo. Tutto si ripete allora per lui, giorno e notte, e il suo animo non ha né pace, né tregua, né un attimo per respirare, tutto è così continuo che gli sembra di girare in tondo da secoli, mentre vorrebbe solo crollare a terra con le mani strette fra i capelli e urlare a gran voce la propria frustrazione.
 
La notte cala in fretta, come sempre. Si posa sul terreno raffreddandolo, e si posa sugli occhi, facendoli chiudere lentamente, trascina verso le grandi braccia di Morfeo ogni creatura, senza fretta, per carità; lenta come il veleno che si espande sulle vene, come il petrolio che contamina l’oceano, e come la morte che porta con sé una vita. La notte è portatrice di disperazione, e lo è soprattutto per Roxas, che appoggiato al davanzale della finestra guarda atono la strada deserta, abbandonata, la sigaretta fra le labbra piene. Ispira dal bastoncino, e lascia che il catrame, la nicotina e altre sostanze, gli intacchino le vie respiratorie, tanto: “Chissene frega, i polmoni sono i miei.”. Sta aspettando lo yumeki, perché Roxas non riesce a dormire, perché se Roxas si addormenta gli incubi lo andranno a cercare e lo uccideranno, come ogni volta, perché è dura non sentirsi morire davanti ad un incubo, dove il terrore è soprano. E’ già la terza notte che aspetta quella creatura.
La cenere della sigaretta casca dal davanzale, e lui la guarda danzare mentre cade in basso, mentre va incontro alla distruzione. Si può danzare per la propria morte? Eppure la cenere è senza vita, ma se lo fosse per davvero, perché allora danza? Non dovrebbe limitarsi a cadere e basta, spegnersi al suolo e contribuire al senso di abbandono che regala la via deserta?
Roxas sbuffa l’ultima boccata di fumo, il quale evanescente esce fuori dalla finestra spalancata, e danza anche lui, oggetto non concreto che svanisce nella gelida aria notturna, danza sulle note del sonno, spartito invisibile condotto dalla notte, suonato poi dagli umani: sospiri, sbadigli e russa, riesce a sentire anche il fratello, nella stanza accanto che ronfa rumorosamente, facendo capire in modo esplicito che si trova nel mondo dei sogni, e Roxas è un po’ geloso, vorrebbe sognare anche lui. Il mozzicone fa la fine della cenere, il biondo è stanco, andrà alla ricerca degli incubi, pazienza, almeno dormirà. E sta per chiudere la finestra quando una melodia diversa da quella della notte si fa spazio nella sua testa.
«Sai da dove vengo io?»
[«Doko kara kita no?»]
«Quale è il mio aspetto?»
[«Donna sugata shite iru no?»]

Roxas sbarra gli occhi e si sporge dalla finestra. Quella voce è calda e bassa, gli accarezza la mente stanca, risvegliandola, mentre l’ombra di un uomo alto e slanciato si tiene fuori dal cono di luce che crea un lampione, “E’ lui?”.
«Nessuno lo sa.»
[«Dare mo shiranai.»]
«Sono il dream eater Shirokuro Baku.»
[«Sou sa boku ga yumeki Shirokuro Baku.»]

L’ombra si muove, portandosi sotto la luce fioca e tremolante, sta guardando Roxas, e quest’ultimo non riesce a muoversi, come pietrificato, inghiottito dall’abisso color smeraldo quanto gli occhi di chi gli si è presentato dinanzi, ma poi indietreggia, spaventato, stupito, meravigliato e nonostante tutto anche attratto, indietreggia credendo di sognare, cadendo a causa del tappeto. Il dolore della caduta lo sente, è reale, concreto… non è un sogno. Quella creatura torna a tormentarlo, seduta alla finestra, comparso lì non-si-sa-come, le lunghe gambe accavallate. Aspettaspettaspetta, ma non sono al secondo piano?
«Mia dolce signorina.»
[«Kore wa ojousan.»]
«Gli incubi non ti fanno addormentare?»
[«Yonaka nenurezu ni iru no kai?»]
«Se è così.»
[«Sore nara boku ga.»]
«Che ne dici se faccio un incantesimo?»
[«Mahou o kakete ageyou ka?»]

Il biondo indietreggia ancora scalciando a terra, e lo yumeki ghigna, un ghigno spaventoso e magnetico, scendendo dalla finestra ed entrando definitivamente nella stanza. Si avvicina ulteriormente a lui.
«Chi sei?!»
Sbotta cercando di non sembrare spaventato, anche se non convince nemmeno sé stesso con la propria voce che trema, e la stupidità della domanda che gli ha rivolto quasi lo ferisce fisicamente, o meglio, quasi ferisce il suo cervello, dopo tutto si è “presentato” prima… ma sotto shock tutto è lecito, no?
«Certo che sei ottusa, signorina.»
Osserva l’altro cessando di cantare, la voce onirica e carezzevole, diversa, e il sorriso famelico presente su quelle labbra si allarga notevolmente.
«Il mio nome è Roxas.»
«Roxas…»
Ripete l’altro con la testa fra le nuvole, e il biondo involontariamente lo studia: i capelli lunghi, color del fuoco tirati all’indietro, su di loro è posata una tuba viola, le spalle larghe, forti, le braccia e le gambe fasciate dal tessuto morbido e viola anche quello, lo stesso colore delle lacrime capovolte tatuate sotto i suoi splendidi occhi, la camicia bianca inamidata che lascia scoperta buona parte del petto allenato, il bastone da passeggio tenuto fra le mani affusolate e le labbra, tanto belle da stordire, da fargli desiderare un bacio, tanto sottili da spaventare quando, come ora, si trasformano in un ghigno da predatore, il biondo alza istintivamente lo sguardo, e a quanto pare non è l’unico che studia chi ha davanti a sé.
«Axel.»
Roxas lo guarda perplesso, il suo povero quoziente intellettivo è andato a farsi fottere.
«… cosa?»
«Mi. Chiamo. Axel.»
Scandisce, parlandogli come se fosse un bambino con gravi problemi di dislessia, ma non sembra irritato, al contrario, sembra divertito.
«Non eri lo Shirokuro Baku?»
«Axel va benissimo.»
Roxas inizia a ridere, isterico, è impossibile che lui sia sveglio in questo momento, sì, impossibile. Le iridi verdi che lo scrutano si fanno curiose.
«Tu… tu non esisti, no. Sto sognando, ecco. O magari è uno di quei cazzo di scherzi di Sora.»
Il rosso sbatte velocemente le palpebre, va bene che ogni volta fa un certo effetto alle signorine, ma una cosa del genere non gli è mai accaduta, nessuno ha mai riso di lui, e questo non gli sta proprio bene. Sospira, e mentre il giovane inizia a calmarsi e le sue risa si affievoliscono, lui si posiziona a cavalcioni sopra la sua vita, facendolo smettere definitivamente e deglutire a vuoto, gli occhioni blu ormai fuori dalle orbite.
«… con le dita firmiamo il nostro contratto.»
[«… hora yubikiri de yakusoku shiyou.»]

Canta ancora, tanto vicino al suo volto che il respiro sfiora le labbra di Roxas, il quale non capisce se il suo cuore è esploso, gli si è bloccato in gola, o è andato a farsi fottere, e soprattutto a causa di quale emozione lo deve. Ma poi Axel si allontana, e gli mette davanti alla faccia il mignolo della mano sinistra, e gli sorride, gli occhi felini assottigliati e le labbra sottili che accennano a… cosa? Non riesce a capirlo, è confuso, lui lo confonde, ma se stringerà un patto i loro destini saranno legati? Potrà rivedere quell’intossicante sguardo verde?
“Sta con loro finché non c’è la luna piena e-”
E? Axel è impaziente, prende la sua mano, bloccata fino ad un attimo prima a terra, come il suo corpo, dopo tutto, ne accarezza il palmo aperto, ne prende il mignolo fra le falangi e lo intreccia al proprio. Sogghigna di nuovo, malizioso, lui la conosce già la storia.
«Yubikiri¹!»
Esclama e fa l’occhiolino al biondo che non fa altro che rimanere interdetto mentre lo guarda alzarsi da sopra di lui, e muovere un po’ il bastone da passeggio, dal quale esce un sottile strato di nebbia che successivamente scompare, come Axel, e attorno a sé riecheggia la sua voce ruvida.
«Hai fatto un sogno spaventoso?»
[«Kowai yume no mita?»]
«Ti prego lascia fare me.»
[«Boku ni makasena yo.»]
«Lo mangerò tutto.»
[«Marugoto tabete ageyou.»]
«Non preoccuparti.»
[«Mou shinpai nai.»]
«Adesso dormi pure.»
[«Yukkuri oyasumi»]
«E dimentica tutti i tuoi dispiaceri.»
[«Ya na koto zembu wasurete sa.»]

Roxas forse è stato troppo distratto da quegli occhi per non accorgersi che le vere promesse non si fanno con la mano sinistra.
 
Roxas, la mattina dopo, ricordava a fatica lo sforzo immane che aveva fatto per raggiungere il letto, si sentiva terribilmente stanco e pensante, ma soprattutto sentiva uno strano tepore nella mano, dove lo aveva toccato la pelle nuda dello yumeki, ma non ne è sicuro, forse era più una sensazione bollente, non tiepida. In ogni caso, si era accasciato addormentato, e per la prima volta, dopo un tempo che nemmeno lui ricorda, non aveva avuto incubi, ma nemmeno sogni. La notte era stata vuota e priva di ogni emozione, come una bambola di porcellana: ti affascina, ma non vi è anima dentro di lei, e questo non può che portare angoscia, e altra infinita tristezza.
Roxas è a scuola, e le ore gli sono scivolate addosso come se fossero acqua, non ha raccontato a Sora del suo incontro, no, non l’ha fatto perché è egoista, e vuole mantenere il segreto per sé, oppure, semplicemente, vuole tenere Axel per sé, perché è bellissimo e perché gli ha mostrato come riemergere dagli incubi.
A quella notte mancavano nove giorni per incontrare la luna piena.
E adesso ne mancano sette.
Roxas non vuole prendere sonno, in un paio di giorni ha imparato che non sognare è più frustrante di fare un incubo, perché la mattina quando si sveglia aleggia attorno a lui una fottuttissima sensazione di vuoto, e a lui viene quasi da piangere.
«Dovresti smettere di fumare, morirai giovane di questo passo, e io non voglio.»
Sussulta quando la voce impastata dalla stanchezza del fratello, e le sue braccia attorno alla vita lo fanno ridestare dai suoi pensieri, allora abbandona il proprio peso, facendo aderire la schiena al torace magro dell’altro, coperto dalla t-shirt, rilassa i muscoli intorpiditi a causa del freddo che entra dalla finestra spalancata.
«Pensavo stessi dormendo, Sora.»
Dice e aspira l’ultima boccata di fumo, buttando poi fuori la sigaretta ancora a metà, oltre il davanzale, si volta verso il fratello e gli sputa il fumo in pieno viso. Gli occhi di Sora si arrossano e iniziano a lacrimare leggermente mentre tossisce, e quando ha finito, Roxas, per farsi perdonare, lo bacia con dolcezza, facendo scivolare la lingua nella bocca dell’altro, e le gemelle giocano lentamente fra loro, senza pretendere o volere nulla.
«Non riuscivo ad addormentarmi…»
Spiega poi il più piccolo dopo il bacio, le gote piacevolmente arrossate.
«Vuoi dormire di qua?»
E Sora annuisce, buttandosi subito sul letto del fratello e facendogli segno di raggiungerlo. Roxas chiude la finestra, e mentre ci si allontana, con la coda dell’occhio gli sembra di vedere un bagliore verde, ma si da mentalmente dello stupido e si stende vicino al fratello, abbracciandolo, perché il letto da una piazza è stretto, e bisogna stare vicini.
«’Notte Roxas.»
«’Notte.»
In verità non ha sonno, in verità vorrebbe tornare alla finestra e aspettare lo yumeki, o magari tornare alla finestra e scoprire che quel bagliore verde sono gli occhi della creatura, che aspetta che Roxas apra la finestra per accoglierlo nella sua piccola e ordinata camera, dopo tutto hanno un contratto, e lui lo vuole rivedere a tutti i costi.
 
Mancano sei giorni alla luna piena.
Roxas ha sognato stanotte, ha sognato dopo tantissimo tempo! C’era della luce nel suo sogno, e c’erano lui e Sora che giocavano a campana come quando erano bambini. Gli era piaciuto tantissimo quel sogno, tanto che ora è di buon umore, tanto che si era svegliato con un buon sapore in bocca, e lo spiraglio di luce che entrava dalla finestra non gli aveva dato nessun fastidio, e pensare che di solito ci impreca contro in tutte le maniere possibili. Lui vuole bene a Sora, un amore fraterno come pochi, e il fatto che l’abbia sognato gli fa pensare che gli deve un favore, e che magari gli cucinerà veramente qualcosa, non come il solito paio di panini che prepara alla bell’è-meglio.  Comunque, probabilmente se ha sognato è solo stato grazie allo yumeki, che forse il bagliore smeraldino che aveva a malapena colto era Axel, che lo stava aspettando, che stava aspettando, o meglio, che si faceva aspettare, ma c’era suo fratello e forse non gli deve un favore, ma cucinerà per lui comunque.
E come sempre, ovviamente, arriva ancora la notte portatrice di terrore, portatrice di incubi e di uomini neri sotto i letti. Sora è stato più che felice di mangiare qualcosa di diverso dal solito, e dopo tutto lo era anche Roxas, anche se ammettiamolo, non è un gran cuoco, ma il fratello aveva mangiato tantissimo, e ora dorme come un sasso, nella sua camera stavolta.
Solo ora inizia a pensarci, mentre fuma l’abituale sigaretta davanti alla finestra aperta, ma lo yumeki nonostante sia una creatura schiva all’occhio umano, ha un modo di fare piuttosto caotico e stravagante, la maggior parte che vuole dire qualcosa canta delle strofe, come se anche lui soffrisse della monotonia, e come se questa lo abbia portato ad esprimersi in quel modo, un’infinita e cantilenante canzone, in pratica. Quindi Roxas, come tutti gli altri, è destinato a finire come comandano le sue parole, e lui non lo sa, perché non è il fato ad essergli parato davanti agli occhi interrompendo la sua corsa tonda, deviandola, ma Axel e lui non può far altro che rimanere succube delle decisioni di quest’ultimo, marionetta dai fili di sogno.
Dalla strada lo richiama un riflesso, e lui si sporge subito oltre la finestra, rimanendo deluso notando un coccio di vetro che riflette la pallida e perlata luce della luna, e allora volge lo sguardo a quest’ultima, alzando la testa a rimirare lo spicchio quasi pieno, come un gatto. E’ luna crescente, ne è sicuro, perché un giorno Riku, l’amico di Sora aveva detto una cosa come: “Luna a ponente, luna crescente. Luna a levante, luna calante.”, e ora la gobba del pallido satellite è puntata ad ovest. Roxas un giorno aveva provato a parlare con la luna, perché lei divora notte dopo notte ogni sogno, saziandosi, e diventando così piena, e poi se ne libera, man mano, finché non sparisce e non risorge per mangiarsene di nuovi, dopo tutto anche lei corre eternamente in tondo come lui.
Butta la cicca della sigaretta oltre al davanzale, come sempre, è un gesto ripetitivo, non c’è nessuno in strada, e lui volta la schiena alla finestra, accasciandosi a terra, sembra che alla fine nessun yumeki gli farà visita, e sognare sarà solo una magra consolazione.
«Mia dolce signorina.»
[«Kore wa ojousan.»]
«Hai un’altra richiesta?»
[«Mata tanomigoto ga aru tte?»]

Roxas sobbalza spaventato sentendo le braccia di Axel cingergli la vita, come aveva fatto il fratello la sera prima, e premergli col busto sulle spalle, facendolo sporgere in avanti, e i muscoli guizzano, in allerta, irrigidendosi.
«Roxas…»
Pronuncia soffiandogli nella conchiglia dell’orecchio, e l’interpellato freme mentre i brividi gli scorrono lungo la spina dorsale, in fondo è piacevole.
«Hai dormito bene stanotte, sì?»
Gli domanda. Il biondo è minuto e bassino, e le sue fattezze sono quasi femminee: non ha spalle forti o larghe, la sua vita è sottile, i lineamenti del suo volto sono delicati, e gli occhi sono enormi e dalle ciglia lunghe, di un blu rubato al cielo primaverile, quando la speranza si fa strada fra i cuori appesantiti dal freddo invernale, ridestandoli e donando loro un dolce torpore, spianando la strada per la calda estate.
«Sì…»
«Io ti ho fatto sognare, Roxas. Quindi sappi che ora sei sotto contratto con me, e sei solo mio
Sottolinea i concetti con violenza, e il biondo si gira verso di lui, non sa neanche come prenderlo, o meglio,  non sa neanche che gli prende, che è diverso.
«Hai capito bene.»
Conferma l’altro, parlandogli strofinando la punta fredda del naso sulla guancia del più giovane, che rabbrividisce nuovamente al contatto.
«Non la declinerò.»
[«Kotowaranai sa.»]
«La tua felicità è anche la mia.»
[«Kore koso ya boku no shiwase.»]

Non parla, non gli risponde, è rigida la signorina, con quell’altra persona sembrava più rilassato, e questo lo infastidisce enormemente. Vuole le sue attenzioni, le sue emozioni, vuole che i suoi pensieri ricorrano alla sua immagine sempre, vuole che lo aspetti ogni notte alla finestra fumando quella cazzo di sigaretta. Nessuno deve privarlo di Roxas, soprattutto se poi colui che lo vuole fare è con ampie possibilità il fratello del giovane… che storia è mai questa?!
«Vuoi sognare ancora, Roxas?»
Roxas è inerme, catturato dallo sguardo dell’altro, così irreale, dal tocco dell’altro, così astratto, e dalla sua voce, quasi concreta messa in confronto al resto, ma non poi così tanto, un po’ come bianco e nero. Lui lo ha fatto sognare, per una notte gli ha fatto dimenticare gli orrori degli incubi, e le frustrazioni delle notti vuote. Annuisce con forza, incapace di parlare, le parole gli si sono cristallizzate in gola. Axel allora sorride malizioso, sì, lui è la sua “vittima”, una signorina bisognosa, poco importa che sia uomo o donna, lui vuole soltanto arrivare al solito scopo.
«… con un bacio firmiamo il nostro contratto.»
[«… sore nara kisu de yakusoku shiyou.»]

Il biondo sgrana gli occhi, cosacosacosa?!
Le dita dello yumeki gli intrappolano con delicatezza il mento, e lo conducono verso le labbra di quest’ultimo. Può ancora rifiutarsi, può scansarsi e urlargli di andarsene, di lasciarlo in pace, può farlo, ma non vuole, non vuole perché lui lo farà sognare, non vuole perché quelle sottili labbra le avrebbe volute baciare dalla prima volta che le ha viste, non vuole perché ancora quei dannatissimi occhi si riflettono nei suoi, e poca importanza ha lo sguardo che gli rivolgono, sono attrattivi, magnetici, stregati. Il bacio arriva in un battito d’ali di farfalla, ed è soffice, lieve, veloce e casto, ma Roxas nonostante la semplicità di quel gesto prova una sensazione piacevole, ma strana, si sente strano, come se ci fosse realmente della magia, come se lo yumeki in sé fosse un essere di sola magia, e ne vorrebbe di più, ne vorrebbe di più e anzi, lo pretende, catturato con abile maestria come un pesce finisce nella rete di un pescatore, come una mosca finisce nella ragnatela di un ragno, e non c’è scampo. Si avvicina al volto di Axel, mosso da una burrasca interna, riflessa interamente nei suoi limpidi occhi, cerca le sue labbra ancora, ancora e ancora, le cerca e intreccia le dita nel cremisi dei suoi capelli, come lui le posa delicate sul suo viso, e poi Axel traccia i contorni delle labbra del giovane con piccoli baci e teneri morsi, finché Roxas non reagisce, e i suoi fremiti si convogliano tutti in un lungo sospiro sconnesso che si scontra sul viso dello yumeki, che sorride, sì, soddisfatto, come una succube che una volta baciata la preda la rende propria schiava per l’eternità, totalmente dipendente da lei. Il rosso ne approfitta delle labbra schiuse dell’altro, ed intrufola la lingua, che immediata guizza, e rimarca la proprietà su quella bocca, fino a coinvolgere la gemella in una lasciva battaglia. L’ossigeno richiama spesso entrambi, e Roxas, ormai eccitato, le guance arrossate quanto le labbra, continuerebbe all’infinito.
«Non sei ancora stanco, Roxas?»
Domanda divertito Axel catturando il labbro inferiore dell’altro fra i denti, ricevendo in risposta un mugolio sommesso e un altro lunghissimo bacio. Poi prende il biondo per le spalle, le mani che prima non avevano accarezzato altro che il volto delicato, “Non c’è fretta.”, lo alza da terra e canta roco gli ultimi versi.
«Vuoi far sogni splendidi?»
[«Motto yume wo mitai?»]
«Ti prego lascia fare a me.»
[«Boku ni makosena go.»]
«Te li donerò tutti.»
[«Zembu atae ageyou.»]
«Ci sono storie a lieto fine.»
[«Kamni na sutoori.»]
«Ed altre estetiche e lussuriose.»
[«Tambi na innuo o.»]
«Mangiale pure per soddisfare il tuo cuore.»
[«Kokoro yuku made meshiagare.»]

E immerso nella nebbia, sparisce dalla stanza, dalla notte, lasciando che un Roxas improvvisamente privo di energie si alzi e barcolli fino al letto assopendocisi, affidandolo ai sogni della notte, seppure egli ancora desideri la compagnia e le attenzioni dello yumeki.
Quella notte non aveva più sognato Sora, aveva sognato un alto turbine di fiamme, tutto ardeva, probabilmente anche lui, ma non ovunque, solo sulle labbra, erano bollenti in modo strano, erano fuoco loro stesse. Non appartenevano più a Roxas, no, appartenevano ad Axel, e la colonna rossa che si ergeva dinanzi a lui aveva fatto splendere con malizia e sensualità due verdi smeraldi, e non erano più fiamme, erano lo yumeki, ed erano dappertutto: attorno a lui, lo circondavano, lo abbracciavano, l’aria attorno era il rosso, il fuoco attorno era il rosso, il cielo attorno era il rosso e le sue labbra erano del rosso, perché lo yumeki prende ciò che è di sua proprietà. E’ egoista, e avaro.
Si era svegliato poi Roxas, agitato come non mai, gli sembrava di vedere ancora le fiamme attorno a lui, ma non gliene dispiaceva, anzi, le bramava, voleva solo essere inghiottito da esse, attratto come una falena alla luce.
 
Sono passate notti, sono emersi i desideri del biondo, che ormai per lui ogni giorno è straziante, e ogni notte una liberazione. Fuma ogni sera sempre prima la sua sigaretta, per andarsene a dormire e sognarlo, ecco, per rifugiarsi in quelle languide fantasie, perché lo sono, dopo tutto. Vive solo per quello, ora, totalmente dipendente dalle immagini che gli si mostrano durante il sonno, c’è sempre e solo Axel è ovunque, è la droga che non ha mai provato, è il Paese delle Meraviglie e la mattina di Natale. Roxas brama il contatto di quella pelle, così strano da sembrare effimero al suo tocco, desidera possedere solamente allo yumeki, donargli ogni parte di lui, tutto, tutto, in ogni modo e sempre. E’ folle, sì, è una volontà malsana, la volontà di chi è stato stregato, di chi è succube, una mente che non pensa più di volontà propria, sotto incantesimo.
Manca solo una notte alla luna piena.
Dorme già, tranquillo, protetto dalle coperte, come se fossero una potente armatura, un’armatura contro gli incubi, gli uomini neri e i mostri dentro l’armadio, ma è sempre stata una protezione inutile, perché gli orrori delle notti lo hanno sempre raggiunto, tormentato e afflitto, la pena di un inferno illusorio e non reale recapitata a lui, che sinceramente non ha colpe per meritarselo, è innocente, a lui dovrebbero mostrarsi i sogni, eppure non è mai stato così, l’armatura è sempre caduta, è sempre stata demolita, abbattuta, sconfitta, è sempre stata incredibilmente inutile. E lui ha sempre desiderato piangere per la disperazione che gli è stata congiunta, come se tutto il dolore dell’umanità sia capitato a lui, da smaltire durante il sonno; Roxas, che sorregge il mondo sulle proprie spalle, Atlante, la responsabilità di miliardi di persone e miliardi di anime.
«No, non va bene signorina… dovevi aspettarmi alla finestra.»
Una voce prorompe nella piccola stanza, accompagnata da una figura eterea e alta, entra dalla finestra, dimenticata aperta, che lascia entrare l’aria fredda e pungente, eppure Roxas dorme come se fosse protetto da un’intera scorta di soldati, incurante di quello che potrebbe succedere, di ladri, assassini e rapinatori, in fondo anche lui è ingenuo. Axel si accosta al letto del biondo, appoggia la tuba e il bastone sul comodino, scopre il ragazzo della sua armatura, e ci sale sopra, intrappolando l’altro sotto il suo corpo: le ginocchia ai lati dei fianchi e i gomiti gli circondano la testa, il ragazzo non si muove di una virgola, la bocca socchiusa per respirare meglio e le braccia lungo i fianchi. Lo Yumeki lo sa che lo sta sognando, lo ha voluto egli stesso, sa che è desiderato, succede sempre, l’illusione ha sempre attratto la realtà, lui è l’appiglio che salva dall’inferno. Lui se ne approfitta sempre, meschino, fa delle sue vittime i propri schiavi, schiavi sino alla luna piena, e allora a coloro che ha fatto sognare non scorrerà altro sulle mani se non disperazione. E’ così che lui agisce, impassibile, senza cuore… letale, quasi, dipende da quanto spaventa la realtà.
«Desidera di più, ancora di più.»
[«Motto, motto nozomeba ii.»]
«Rivela i tuoi desideri.»
[«Yokeubou o sarakedashite.»]
«Non sarai più in grado di sfuggire da loro.»
[«Mou nido to nukedasenai.»]
«E’ un paradiso vuoto.»
[«Sokonashi no paradaisu da.»]

Canta roco vicino alla piccola bocca dell’altro. E’ vero, tutti quei desideri non sono altro che un’effimera illusione, è sfuggevole e scivola dalle dita, unta come la pece, ti soggioga e ti inganna, solo lo yumeki sa quante persone ci sono cadute, dopo tutto, è stato lui stesso a spingerle giù per il precipizio.
La lingua si fa spazio prepotente fra quelle labbra, riportando indietro Roxas dal mondo dei sogni, che sussulta e mugola contro la bocca di Axel, il quale ghigna, e aspetta paziente che l’altro ricambi il bacio, e così è, ma solo dopo che il biondo realizza ciò che sta accadendo.
«Axel…»
Sussurra aprendo lentamente gli occhi quando il bacio termina. Il rosso è eccitato, finalmente il suo “nome” è uscito da quelle labbra, ma non in modo normale, no, è un bisbiglio sussurrato con desiderio, una parola, due sillabe e quattro lettere affamate di attenzioni, di un tocco o di passione, e Axel gli donerà ogni cosa, qualunque essa sia, farà risiedere anche questa vittima nel paradiso vuoto. Gli fa segno di stare in silenzio, per poi abbassarsi e baciarlo ancora, a lungo, lo bacia una, due e infinite volte. Ora si sostiene solo sul gomito sinistro, la destra che tiene a sé la guancia del biondo, e poi le sue falangi vagano, percorrono le labbra lievemente arrossate dai baci, e salgono, chiudono la palpebra destra di quei splendidi e infiniti occhi blu.
«I tuoi occhi sono il cielo, Roxas.»
Osserva, assente.
«Se sono il cielo allora tu sei una stella.»
Risponde l’altro, e Axel sorride un po’ amaro, forse ha ragione, lui è una stella… ma caduta da tempo, ormai.
«Comprendi il dolore di una stella che non può tornare in cielo?»
E dopo quella domanda retorica, senza risposta alcuna, tutto si sussegue tanto velocemente da esserne storditi: gli abiti scivolano inesorabili sul pavimento, senza rumore, leggeri come petali di rose nere, le mani vagano ovunque sulla pelle bollente, audaci, in esplorazione, e i rumori che escono dalle labbra del biondo sono deliziosi… quante persone li hanno uditi? Quante persone hanno goduto della vista del ragazzo con gli occhi lucidi e le pupille dilatate dal piacere? Quante lo hanno guardato così, sudato, le mani strette convulsamente al copriletto e la bocca semi aperta? In parte ne è geloso, ma ora tanto lui è suo, e quindi non se ne deve preoccupare, no? Le mani premono più forte in punti delicati e sensibili.
E quando la luna oltrepassa il culmine nel cielo, Axel ha donato ciò che l’altro desiderava, con largo tornaconto personale, tornaconto che non ha ancora finito di “prelevare”. Scende dal letto e si riveste, sempre seguito dallo sguardo stanco di Roxas, infine il rosso copre il ragazzo fino a sopra il mento e agita l’asta di legno scuro, sparendo per l’ennesima volta nella notte, avvolto dalla nebbia.
 
Roxas si è rifiutato di alzarsi, lo ha fatto fino a tardo pomeriggio, doveva pensare, lo yumeki gli ha dato veramente ciò che desiderava, e al solo pensiero lui arrossisce violentemente e sente il corpo ardere di un fuoco particolare, invisibile.
C’è la luna piena, è sorta ed è bellissima, è sazia dei sogni di tutti, anche di quelli di Roxas, e se ne sta su in cielo, illuminando flebile il suo volto mentre la guarda, i gomiti appoggiati sul davanzale, ma niente sigaretta, ha dimenticato di andarle a comprare.
Le notti di luna piena sono le notti di maggiore disperazione, le notti dove gli incubi sovrastano ogni cosa, non temono la pallida regina sazia, e tormentano chi desiderano con ombre oscure e pene d’inferno, sorprendono e catturano, senza lasciare una via d’uscita e facendoti disperare e urlare in preda all’orrore più cupo, e nulla ti può salvare dagli incubi, tranne una notte senza sonno, ma la mente si stanca, e ha bisogno di riposare, andando così inconsciamente incontro alla sofferenza, e il conscio dovrebbe temere quest’ultima come la morte, l’autolesionismo dopo tutto è malsano, e tutti sono colpevoli di reati mai commessi.
Roxas non ha sonno, e non lo cerca, c’è la luna piena: “Finché non c’è la luna piena e-”, cosa gli accadrà? Gli incubi lo tormenteranno nuovamente? Se è così non vuole, non vuole dormire, non vuole cedere al sonno, alla stanchezza, si è reso conto che non vuole neanche vedere Axel, no, perché se lo vede chissà cosa accadrà, magari gli saranno portati via i sogni, i sogni che ha avuto per quei pochi giorni, non vuole… cosa potrebbe succedere? Chiude con violenza la finestra, e si ferma, in piedi in mezzo alla camera, le mani strette ai fianchi ad abbracciare il vuoto e gli occhi serrati, perché no, non lo vedrà, se no chissà cosa accade, qualcosa di spiacevole, di sicuro, c’è la luna piena dopo tutto, se chiude gli occhi non lo vedrà, no, l’ansia fa da padrona in questo momento, così non lo vedrà. Ma se tiene gli occhi chiusi può essere colto dal sonno, e le immagini saranno orridi incubi, no, non può, non può addormentarsi. Apre gli occhi di scatto, e la luna lo guarda, quasi maligna, è sazia e sa, sa cosa accadrà a Roxas. Quest’ultimo si volta, potrebbe vederlo, giù in strada, potrebbe vederlo ed essere costretto ad aprirgli la finestra e a farlo entrare… e lui no, non può, e allora perché davanti ai suoi occhi ora c’è lui? E’ lì, lo guarda felino con il ghigno sulle labbra, come sempre, e lui teme ora chi ha cercato e voluto, lo guarda terrorizzato e pietrificato, bendato davanti al suo destino. No, non è vero, non è lui, è solo l’immaginazione della sua mente stanca.
«Beh, quando la luna è piena.»
[«Saa, tsuki ya michita nara.»]
«Il mio dovere è finito.»
[«Yakume wa owari sa.»]

La voce ruvida alimenta la sua ansia, il suo terrore, è lui, non si può sbagliare, è lui che meschino si avvicina, e canta.
«Il prezzo… lo conosci già, vero?»
[« O dai wa… wakatte’ru yo ne?»]

“Cosa?” Qual è il prezzo? Cosa gli deve? “Finché non c’è la luna piena e-”. E’ il momento di pentirsi per aver origliato una conversazione, non doveva, no.
«Nei tuoi occhi limpidi.»
[«Sonru hitomi no oku.»]
«Ci son sogni vividi.»
[«Azayara no yume.»]

La voce è nelle sue orecchie, mette il cervello in allarme, Roxas cerca di allontanarsi veloce, il più lontano possibile da quella creatura, ma le mani di questa tengono saldo il suo viso, non gli permettono di muoversi. No, deve andarsene.
«Li porterò via tutti, tutti.»
[«Zembu, sembu moratte iru ka.»]

Gli smeraldi sono spalancati e così vicini, si riflettono negli zaffiri, no, sono troppo vicini. Giunge un bacio, semplice, appena accennato, arriva e Roxas si sente morire, il cuore scoppia dal terrore, gli arti diventano molli, inconsistenti, e lui cade a terra, le mani strette da far male nei capelli, quasi a volerli strappare, il viso deformato dalla disperazione, e gli occhi, gli occhi non sono più il cielo primaverile gonfio di speranza, no, gli occhi si spengono lentamente e tutto diventa bianco e nero, come bianche e nere sono le lacrime che sgorgano da essi, come bianco e nero è diventato lo yumeki e tutto quanto.
«Hai una faccia miserabile.»
[«Mijime na kao da ne.»]
«Questa è la realtà.»
[«Ore ga genjistu.»]
«E’ stata una tua scelta, no?»
[«Kimi ga eranda koto darou?»]
«Se ti immergi nei sogni.»
[«Yume ni otoretana.»]
«Questi non diverranno mai realtà.»
[«Yume wa  kanowanai.»]
«… benvenuto in questo mondo monocromatico!»
[«… monokuro no sekai e youkoso!»]

 
Un urlo di frustrazione riecheggia nella gelida notte di una luna sazia, non è il primo, ma non sarà neanche l’ultimo che Shirokuro Baku ascolta. Lui gli ha donato tutto, e tolto ogni cosa, meschino, avaro ed approfittatore, ma coloro che chiedono il suo favore sono peggio di lui, quel ragazzino in particolare, ostinato, tutti corrono in tondo, nessuno escluso, e lo yumeki lo ha punito per aver voluto sottrarsi a quel giro infinito.
Lo Shirokuro Baku non ha mai potuto farlo, e nessun’altro ci riuscirà, perché lui vuole così.
 

¤ End… ¤


[¹]: Promessa che si fanno i bambini intrecciando i mignoli della mano destra.



Angolo di Yu_chan:
'Giorno a tutti! (anche se è pomeriggio, ma pazienza *ride*), riemergo dall'influenza di stagione per poter pubblicare questa... cosa, perché sì, è il nome più adatto da darle a mia opinione e non sto a spiegare i motivi...
In ogni caso, sulla One-shot sopra non c'è molto da spiegare, e neanche molto da capire, vi basta sapere che i discorsi di Axel sono di colore grigio per far capire che comunque lui in sé non è una persona ma un essere fatto di... non lo so (*ride*), comunque carne e ossa è solo l'impressione, si può dire, e che quando ci sono le parentesi quadre (che dovrebbero essere i romanji delle strofe, mi scuso se sono sbagliati... cosa alquanto probabile) vuol dire che sta cantando la suddetta ->
canzone<-, la traduzione in italiano... probabilmente è sbagliata anche quella in certi pezzi, abbiate pazienza, ma in alcune parti l'ho modificata io per i fini della One-shot.
Sui personaggi ho solo da dire che Sora e Roxas hanno una mancanza d'affetto, come penso che sia intuibile, e che cercano la reciproca compagnia per questo; e che il nostro protagonista biondino ha diversi mutamenti sulle impressioni che gli da Axel.
Temo addirittura di aver sbagliato a fare le note e/o gli avvertimenti di questa One-shot...
E per ultima cosa mi giustifico sui periodi che variano da lenti a veloci... ma solo per "narrare" le poche cose che succedono mi ci sono volute dodici pagine di Word, quindi figuriamoci se scrivevo di più che papiro ne sarebbe uscito, papiro che sarei stata costretta a pubblicare a capitoli, e la cosa non mi andava a genio (chiedo venia per i miei capricci).
Ho finito direi (era ora °°), sarei alquanto felice di sentire i commenti riguardo alla cosa (no, non riesco a definirla meglio di così) qui sopra, sono abbastanza orgogliosa di 'sto coso, e accetto qualsiasi parere se serve per migliorarlo, o per dire che schifo e basta (*ride*).
Bye bye

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: axSalem