Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: ArchiviandoSogni_    19/01/2013    11 recensioni
Nicholas Moore aveva tutto quello che poteva desiderare : il successo,  l’amore e un futuro da sognatore, come ogni adolescente.
Ma la vita cambia e sconvolge ogni programma e ogni progetto.
A quattro anni di distanza, Nick è cambiato radicalmente.
Ora ha 23 anni, un lavoro e una figlia da crescere da solo.
Una figlia. Lui, l’ex capitano di baseball del liceo bello e desiderato da tutti, è diventato tutto ciò che non voleva essere : un uomo maturo con una famiglia a carico e senza più la spensieratezza di un tempo.
Ma Nick è un ragazzo forte. Non ha bisogno dell’ amore, a suo dire, ma sarà vero?
E se un ragazzaccio di nome Elena, entrerà improvvisamente nella sua vita, lui avrà il coraggio di allontanarla?
Forse, basta davvero un sorriso, per sconvolgere la vita.                       
Forse è proprio quello che Nick sta cercando da tempo, per essere davvero felice.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cap 12

Cap 12

 

Peace

 

 

 

 

Con passo svogliato e stanco, salii le scale del portichetto sotto lo sguardo vigile e stupito di mia sorella.

Ma tu non avevi un appuntamento stasera?”

Non risposi nemmeno, persa nei miei pensieri già abbastanza demoralizzanti senza che dovessi esprimerli ad alta voce.

“Ehi, parlo con te.”

“Che vuoi, Al?”

“Sapere come stai; hai una faccia...

“Sto bene. Posso entrare adesso?”

“No. Tassativo. Adesso ti siedi qui e mi racconti.” Insistette, indicandomi un posto accanto a lei sul dondolo.

Feci come mi chiese: mi sedetti, ma ero proprio decisa a stare per i fatti miei, tanto che tenni la bocca serrata a forza. Non volevo parlare, anche se forse mi sarebbe stato utile. In fondo, Alice conosceva Nicholas meglio di me. Magari lei mi avrebbe capito.

“Vado a prendere il tè freddo, alla pesca. Il tuo preferito.”

La guardai negli occhi e lei mi lesse nel pensiero. “Con quattro cubetti di ghiaccio e una cannuccia, lo so.”

Feci vagare il mio sguardo nel cielo, seguendo le stelle che iniziavano a mostrarsi prepotenti.

Pur di non pensare, stavo cercando di unirle tutte con una linea immaginaria, disegnata dalla mia mente. Tuttavia il mio tentativo non ebbe molto successo, perché dopo poco la mia mente si distrasse e tornò a rivivere attimi di quella – a dir poco imbarazzante – serata. E pensare che mi ero persino vestita carina.

 

Mia sorella tornò dopo pochi minuti e mi porse un bicchierone di quella bevanda che aveva il potere di distendere i miei sensi per il suo sapore dolce.

“Mamma e papà?”

“In camera a vedere un film. Anche se devo ammettere che papà era un po’ preoccupato vedendoti uscire così femminile. L’ho convinto che dovevi andare ad una festa chic, per quello eri vestita così carina.”

Annuii solamente. Era chiaro che quelle chiacchiere erano inutili, eppure lei mi stava assecondando. Per un po’ non disse niente; chiaramente toccava a me parlare. Il suo tentativo di corrompermi con il tè alla pesca era così palese.

“Non mi sono mai sentita così a disagio come stasera.” Dissi focalizzando la mia attenzione sul movimento circolare della cannuccia nel bicchiere, che causava lo scontro dei cubetti e il loro tipico tintinnio.

“Ti ha chiesto di..? Beh, insomma, sai cosa intendo.”

Mi fermai all’istante. Alzai lo sguardo e iniziammo a parlare a cuore aperto, l’una negli occhi dell’altra. “No, no per carità. Anche se ogni tanto qualche frecciatina gli scappava. Ma posso capire, insomma è normale. O almeno credo.”

“Piano, piano. Rallenta, prima che il cervello ti vada in ebollizione.

“Mi ha portato da Juliette.”

“Buon gustaio il ragazzo. Ottima scelta, no?” Chiese bevendo un po’ del suo tè.

“Sì, per l’amor del cielo. Forse quella è stata l’unica parte della serata che è andata bene. Camminare per il quartiere italiano mi ha tranquillizzato anche se giravamo per strada mano nella mano in mezzo a tutta quella gente. È stato il resto che mi ha fatto stare male..” Posai il bicchiere sul tavolino davanti a noi, tolsi le scarpe e mi raccolsi le gambe al petto, quasi per proteggermi.

“È andata così male? Tutto pensavo di Nick, ma non che fosse un imbranato negli appuntamenti.”

“No, ci sa fare. Almeno, di solito. Questa sera è stato strano. In macchina mi ha baciato la fronte e al ristorante la guancia. Di solito quando siamo da soli si spinge un po’ più in là.”

“Questo l’avevo capito, visto come eri stravolta quando ti ero venuta a prendere a casa sua.”

“Si notava così tanto?”

Annuì con un cenno del capo deciso.

“Cazzo. Comunque stasera che doveva essere un appuntamento non si è avvicinato di un centimetro.

“È stato solo questo?”

“No, il meglio arriva adesso: ad un certo punto gli è squillato il cellulare; Lily voleva che tornasse a casa e lui ha riattaccato dicendo ‘Arrivo tesoro, fammi salutare il mio amico che se no non mi vuole più bene.’ È stato umiliante.” Mi sentivo nuovamente desolata e quella frase si ripeteva nella mia testa all’infinito. Ripresi il mio bicchierone e bevvi una lunga sorsata, che scese veloce nella mia gola causandomi un brivido.

“Evidentemente non ha ancora detto niente a Lily di te.”

“Quello mi sembra chiaro.” Sorrisi amaramente.

“Non credo che sia una situazione facile per lui. Lily è molto gelosa del suo papà e lui ne è consapevole. Fai anche conto che lei vive con lo spettro di una mamma che non c’è più. Come dovrebbe fare lui a dirle che sta cercando di conoscere un’altra donna?

“Perché deve essere tutto così complicato?” 

“Beh, ti sei scelta un padre single, che ti aspettavi?”

“Forse devo lasciar perdere e dimenticarmi di lui.” Conclusi, bevendo un altro po’ del mio tè.

“Non credo tu lo voglia veramente. Insomma, se ti sei lasciata convincere senza combattere per vestirti carina stasera, vuol dire che ti interessa davvero. Anche se magari non lo vuoi ancora ammettere.

Distolsi lo sguardo da mia sorella, non volevo che mi leggesse dentro, come riusciva a fare ogni volta che fissava i suoi occhi verdi nei miei. Mi concentrai sulle stelle e per un attimo cercai di contarle, ma poi rassegnata ammisi: “Sì, okay, lo ammetto: mi interessa, ma non sempre si può avere tutto quello che vogliamo. No?”

“Lui è disponibile, quindi perché non tentare?” Asserì, scrollando le spalle.

“Perché so già che non ne uscirò indenne.”

“Chi ha detto che tu debba uscirne? Non essere sempre così negativa, Ellie.”

“Tu non ne sei uscita bene dalla storia con Percy.”

“Non vuol dire che a te spetti la stessa fine. Magari sarai tu a spezzare il suo cuore.”

“Spero di no, poveretto. Penso che la vita sia stata già abbastanza crudele con lui, forse non dovrei mettermi anche io a contribuire.”

“Lascia decidere a lui se sei una componente positiva, o meno, della sua vita. Secondo me sei abbastanza matura perché ne parliate voi due a quattr’occhi; lui sicuramente lo è. Ormai posso permettermi di dire di conoscerlo bene; non al livello di Logan e Tom, ma quasi.” La sua affermazione mi fece riflettere. Se lo conosceva bene come diceva, come mai non l’avevo mai sentita parlare di lui, prima?

“Posso chiederti una cosa?”

“Certo.”

“Come mai non hai mai parlato di Nicholas a casa?”

“Perché non c’era niente da dire. Quello che ci dicevamo doveva rimanere tra di noi. Sapevo quanto per lui fosse difficile condividere con me il suo dolore all’epoca, per cui ho pensato che parlare a casa delle sue tragedie non fosse giusto. E poi io mi occupo di Lily per lavoro, non di lui. Le confidenze da amica le tengo per me, come te per Ashley.

“Sì, ma insomma. La situazione è un po’ diversa. Non hai nemmeno parlato di Lily.”

“Ti sbagli. A volte parlo di lei, solo che non l’hai mai notato prima.

“Se mi avessi parlato prima di lui, magari non mi troverei in questa situazione…

“Sei in errore ancora una volta, secondo me te ne saresti innamorata ancora prima di conoscerlo.” Mi fece l’occhiolino e si alzò dal dondolo. “Vado a letto adesso. Non ti crucciare troppo che non è successo niente. Finché lui non parlerà con Lily, sarà routine. Devi farci l’abitudine; sua figlia è la cosa più importante per lui. Questo non lo puoi cambiare.”

Annuii con un semplice cenno del capo e seguii con lo sguardo il profilo di mia sorella, finché non si chiuse la porta alle spalle. Rimasi ancora un po’ a osservare le stelle e poi mi diressi in camera senza far rumore.

 

Ripercorsi il mio discorso con Alice nella mente, una volta sotto le coperte. Non aveva tutti i torti: dovevo parlare con lui a quattr’occhi, ma che gli avrei detto? Che mi sarei tirata indietro per le troppe responsabilità?

Ero davvero io quella codarda che non lottava per quello che voleva?

No, assolutamente. Ero sempre stata combattiva e la maggior parte delle volte ne uscivo vittoriosa; e allora perché questa volta ero spaventata da morire?

Forse sentivo il peso delle responsabilità che si sarebbero presentate, se entrambi avessimo deciso di buttarci in quella relazione.

Forse ero spaventata dalla possibilità di provare qualcosa di nuovo, che per il mio pessimismo sul fronte amoroso, sembrava destinato al fallimento.

O forse ancora sentivo il peso delle bugie che avrei raccontato almeno per un po’ ai miei per vedere Nick. Avrei dovuto far cambiare idea a mamma prima di parlare a casa di lui; certo avevo l’appoggio di Alice, ma non era la stessa cosa.

Stremata dalle mie riflessioni, mi addormentai stringendo tra le dita il mio piccolo scacciapensieri.

La nottata passò tranquilla e al risveglio ero anche abbastanza riposata, un po’ spenta rispetto al solito, ma ero pur sempre funzionante.

 

La mattinata a scuola passò veloce e al momento della pausa pranzo, vedendo il menù esposto mi passò la fame immediatamente.

 

MENU DEL GIORNO: PRANZO ALL’ITALIANA.

-         Primo: Pasta alla carbonara.

-         Secondo: Cotoletta alla milanese.

-         Contorno: Caprese.

-         Dolce: Tiramisù di fragole.

-         Frutta: Agrumi siciliani.

 

Qualcuno lassù si stava forse divertendo a prendersi gioco di me, oppure era uno scherzo bello e buono; fatto sta, che il mio stomaco si chiuse e mi tornò in mente la frase di Nick. ‘Arrivo tesoro, fammi salutare il mio amico che se no non mi vuole più bene.

Presi una misera arancia e mi diressi senza appetito al tavolo, dove trovai una Ashley sorridente che mi aspettava.

“No, Ash. Non ho niente da raccontare. Possiamo non parlare del mio non-appuntamento di ieri sera?

Dovevo averla spiazzata, perché allarmata mi fissò per un paio di secondi prima di sorridermi affettuosamente e cambiare argomento.

“Baby, sai che giorno è oggi?”

“Lunedì. Perché?”

“Oggi è il grande giorno! Sono aperte le iscrizioni per il camp estivo dei Red Sox. Inizia l’ultima settimana di luglio e dura tre settimane. Io non ho speranze di entrarci, lo sai, ma tu dovresti provarci!

“Ti prego, dimmi che hai con te la domanda d’iscrizione.”

“Ovviamente, per chi mi hai presa? Ho firmato anche il tabellone degli interessati al progetto a nome tuo. Ho scritto Elena Rinaldi a caratteri cubitali

Piccola Basil, io ti adoro!” Avevo un sorriso a trentadue denti quando mi porse il piccolo fascicolo.

Tirai fuori una penna dallo zaino e iniziai a compilarlo dimenticandomi di tutto il resto. Aspettavo quel momento da almeno un anno. Da quando quella squadra professionistica aveva aperto le iscrizioni anche alle ragazze.

Grazie a quel camp avrei potuto fare due settimane di allenamenti e l’ultima, se fossi risultata tra i più bravi nuovi talenti del baseball, avrei potuto giocare una partita d’allenamento con la squadra titolare.

Riempii tutti i campi richiesti e con gli occhi che brillavano annunciai ad Ash che mi sarei diretta in segreteria per consegnare la mia application.

“Dimentichi un dettaglio. La firma di un genitore.”

“Cazzo.” Iniziai a mordicchiarmi le unghie nervosa. “Se non la consegno adesso rischio di non essere più tra i primi. Io devo essere in quell’elenco, cazzo.”

“Non avrai intenzione di..?”

“Sì.”

“No, Ellie. Non puoi. Questa non è una circolare dell’istituto, non puoi falsificare la firma di tuo padre. Ci sono in ballo delle responsabilità in questo caso. Bisogna pagare anche 400 dollari di iscrizione.”

“Oh andiamo. Sai che quei soldi li sto mettendo da parte da un anno. Sono soldi miei.”

“Lo so, ma sono le regole. Io non posso farci niente.”

“Ok, allora chiamo papà, adesso.” Mi alzai dal posto digitando il numero di mio padre, pregando in una sua pronta risposta.

“Elena? Va tutto bene?”

“Perché ogni volta che ti chiamo pensi chi ci sia qualcosa che non vada?”

“È il mio dovere di padre preoccuparmi.”

Iniziai a camminare avanti indietro in pochi metri e a rigirare i miei capelli tra le dita. “Ti ho chiamato perché devo chiederti un favore grande. No, di più: grandissimo. E prima di dire di no, per favore, pensa che mi faresti davvero, davvero contenta.

“Elena cosa hai combinato?”

“Niente ancora. Lo giuro!”

“Allora dimmi: cosa posso fare per renderti davvero, davvero felice?” mi scimmiottò.

“Permettimi di andare al camp estivo dei Red Sox.”

“Figlia mia, è un anno che parli di questo benedetto camp. Non possiamo discuterne stasera a cena con anche la mamma?”

“No papà, non capisci. È urgente. Devo consegnare l’iscrizione al più presto.

“E vuoi una risposta sui due piedi?”

“Sì, ti prego papà, per favore per favore.”

Ma anche se ti autorizzo adesso, come fai a portare i moduli firmati? Dobbiamo firmarli o io o mamma.”

“Li firmo io.”

“Sì, ok. Devi firmare anche tu, ma ti serve comunque la firma di un genitore.

“Non hai capito: faccio io anche la tua di firma. Ti ho chiamato per questo. Voglio il tuo permesso per falsificarla, qui al momento.

Dovevo averlo spiazzato perché sembrò annaspare prima di rispondermi. “E tu sapresti falsificare la mia firma?”

“Papà, chiunque saprebbe falsificare la tua firma: sono il tuo nome e cognome in semplice corsivo.”

“Non è questo il punto, Elena. Almeno dimmi che non l’hai fatto prima.”

“Quindi mi stai dicendo che posso farlo adesso? Ti prego, ti prego, ti prego!” Sorvolammo entrambi quella domanda.

“Dovrei parlarne con la mamma.”

“Ti prego, papà. Sai che desidero andare a questo camp. Non parlo di altro da più di un anno ormai! Ti prego, ti prego.”

Mio padre rimase a contemplare le sue alternative per un po’, finché sollecitato nuovamente dalle mie preghiere, si convinse.

“D’accordo, hai il mio permesso, ma almeno non usare la stessa penna, come se me l’avessi fatta firmare in un altro momento.”

“Sei furbo, papà. Grazie dell’idea.”

“Sono stato giovane anche io, Ellie. Cosa credi? Io addirittura stropicciavo un po’ il foglio. Comunque promettimi di non firmare più a nome mio senza dirmelo.

“Promesso! Grazie mille papà, ti voglio bene.”

Anche io, piccola testarda. Ci vediamo stasera a casa.”

Riagganciai troppo entusiasta e pronta a seguire le direttive di papà per poi correre a consegnare il modulo compilato.

 

 

***

 

 

“Ciao, Nick! Sono Ash, l’amica di Elena (non fare il finto tonto, sai chi sono :P ). Ma  -per caso, eh! - devo farti picchiare da Logan per la tua scarsa disciplina? Ahahaha Scherzo, dai. Siccome sono molto brava e ho il cuore tenero, ti consiglierei di fare una capatina al campetto del liceo, verso le 18.

Forza, Capitano!  È il momento di tornare in campo e vincere, ovviamente!

 Ashley”

 

 

Rilessi quel messaggio una decina di volte, sorridendo per la dolcezza di quella ragazzina.

Che coraggio! Cominciavo a capire il perché Logan ne fosse così stranamente attratto. Oltre ad essere bella aveva anche carattere.

“Nick, non per essere stronzo, ma potresti passarmi quel dannato mattone? Sai, non vorrei che questa leggerissima trave mi cada in testa!

Lasciai scivolare il cellulare nella tasca dei miei vecchi jeans da lavoro, ritornando concentrato e operativo.

Marcus aveva ragione; ero stato assente per quasi tutta la giornata, rischiando anche di cadere da un’impalcatura.

Guardai l’orologio, come se non potessi farne a meno, e il mio collega mi regalò un altro insulto e una pacca poco amichevole sulla spalla.

Mancavano due ore alle 18 e un’ora e mezza alla fine di un’altra lunga e afosa giornata di lavoro.

Era un monotono e ordinario martedì pomeriggio e poco importava se era passato un intero giorno da quell’appuntamento; il mio cuore non era tranquillo. I ricordi e le sensazioni della domenica precedente, non mi avevano ancora abbandonato.

Mi sentivo vuoto; deluso da me stesso e dal destino.

Non avevo minimamente immaginato che l’appuntamento con Elena potesse finire in quel modo. Ma d’altronde cosa avrei potuto fare?

Lily aveva bisogno di suo padre ed io ero corso subito da lei. Era normale, legittimo; eppure mi sentivo in torto nei confronti di Elena.

Lei meritava di più, lo sapevo bene, ma non riuscivo a lasciarla andare… Per giunta, l’avevo sognata nelle ultime notti e solo l’idea di dirle addio in sogno, mi faceva attorcigliare lo stomaco su se stesso.

Perché non poteva essere più semplice?

Lily stava incominciando a farmi preoccupare; ogni volta che uscivo di casa, mi chiedeva di tornare presto da lei. Non si era mai comportata così, ed io stavo rischiando un esaurimento nervoso.

Cosa stava succedendo?

Lily aveva forse scoperto qualcosa di me ed Elena? D’altronde, se lei aveva incominciato a fare tutti quegli incubi e quei capricci anche quando la portavo all’asilo, non potevo certamente dare la colpa a qualche mal di stomaco anomalo. Lily non stava bene; non a livello fisico, ma mentale.

Però dovevo pensare anche ad Elena.. Anche lei, ci potevo scommettere, stava soffrendo. Magari in modo diverso, ma mi sentivo egualmente in colpa: facevo stare male Lily e di conseguenza ne soffriva anche Elena.

Non ne combinavo davvero una giusta…

Per fortuna, le ultime ore di lavoro passarono velocemente e feci un sospiro di sollievo quando mi misi al volante del mio pick-up.

 

18.01

Un minuto di ritardo.

Tirai il freno a mano e mi catapultai fuori dall’abitacolo più velocemente possibile. Ero ancora vestito da lavoro con i jeans chiari mezzi stracciati e la maglietta grigia sporca di polvere. Ma poco importava. Dovevo parlare urgentemente con Elena.

Calpestai dolcemente – per quanto possibile dalla mia andatura veloce – l’erba che delimitava il campo da baseball e la sensazione che mi pervase era simile al calore che attanaglia il cuore quando varchi la soglia di casa, dopo un lungo e stancante viaggio.

Alzai lo sguardo verso l’alta recinzione in ferro e vi intrecciai le dita, sorridendo.

Ecco la fonte delle mie recenti preoccupazioni con indosso solo dei pantaloncini, una maglietta larga e un cappellino da baseball. Qualunque cosa indossasse, sembrava fatta su misura per il suo fisico slanciato e longilineo. Santo cielo, quanto avrei voluto sfidarla un po’ a baseball, solo per prenderla in giro e toccarle distrattamente i capelli dorati, la vita sottile e le braccia forti.

Approfittai della mia posizione per osservarla in silenzio. Era di spalle e non si sarebbe accorta di me per di diversi minuti.

Era bella; cristallina come l’azzurro di quel cielo estivo.

Mollai così la recinzione che ondeggiò leggermente e, con un respiro profondo,  ritornai a solcare la terra rossa e solida del mio vecchio campo da baseball. Era come se i miei piedi non avessero mai dimenticato la sua consistenza.

Lei, ancora di spalle, si accorse di me solo quando pochi passi ci dividevano.

Si voltò infastidita, ma quella smorfia sfumò facilmente in un’espressione di stupore dopo avermi riconosciuto.

“E tu cosa ci fai qui?”

Le sorrisi, alzando gli occhi verso il sole accecante. “Sono venuto a schiarirmi le idee.”

Elena aggrottò le sopracciglia, giocherellando con il guantone e la palla. “E stranamente il tuo schiarirsi le idee comprende la mia presenza?”

Il suo tono era… triste. Così inesorabilmente triste ed amaro da farmi attorcigliare lo stomaco su se stesso. Sembrava che tutto il peso del mondo si fosse posato poco elegantemente sullo sterno e si divertisse a comprimerlo fino a ridurlo in misera poltiglia.

Volevo respirare senza sentire i suoi occhi pungermi come mille aghi.

“Scusami.”

I suoi occhi si assottigliarono. “Per essere un padre esemplare? Ti stai scusando per questo, Nicholas Moore?”

Fece un passo indietro, abbandonando la palla e il guantone sulla seconda base.

I suoi occhi non mollarono un attimo i miei.

“No, Elena; scusami per averti ferito, per non poterti offrire niente di più. Scusami se non sono quello che pensavi; il capitano dei Lions che ammiravi, purtroppo sono solo un uomo con tutti i suoi molteplici difetti. Non sono perfetto; nessuno lo è, quindi potremmo partire dalle nostre imperfezioni per plasmare qualcosa che sfiori – anche distrattamente - le linee della perfezione.

Presi una pausa, avvicinandomi di un passo.

Lei non fiatò; quasi non respirò, ma continuò a fissarmi intensamente.

“Lily è mia figlia, una sfumatura indelebile della mia vita che continuerà colorare le giornate grigie del suo papà. La amo, l’adoro ed è tutto ciò che posso e voglio trovare quando torno a casa la sera. Non so se capirai, ma ogni volta che vedo un suo sorriso o che ricevo una sua carezza, io sono felice. Mi riempie, mi fa sentire migliore e niente e nessuno potrà sostituire quello che provo per lei con qualcosa di vagamente simile.

Lei incrociò le braccia, ma non stava cercando di allontanarmi; semplicemente si proteggeva dalle mie parole.

“Non ho mai voluto prendere il suo posto.”

Era un sussurro, un’ammissione, ma il suo tono era fermo, come se volesse evitare di farsi vedere indifesa da me. Ma il suo petto si muoveva più velocemente, le mani tremavano leggermente e i suoi occhi, fin troppo lucidi, non riuscivano ad essere duri e seri come sperava.

“Ma tu vuoi il mio cuore, almeno una piccola parte di esso, esattamente come io voglio insinuarmi nei tuoi pensieri, sogni ed emozioni. Vorrei conoscerti meglio; lasciare cadere quella maschera di forza e ostentata ironia che mostri al mondo per non farti scoprire fragile ed insicura. Elena, io non posso essere il ragazzo di diciotto anni con il quale fare esperienza e poi lasciare appena arriverai al college. Sono così drammaticamente serio che sto cercando una donna con cui condividere più di semplici baci, flirt e strusciatine nei corridoi scolastici; sto cercando qualcuno da amare, portare a pranzo dai miei la domenica e con la quale andare a vedere le recite della mia bambina, senza sentirmi sempre inadeguato, perché sono un padre single. Non sto chiedendo la tua mano, non sono così superficiale, ma sto chiedendo il tuo cuore e la tua fiducia. Tu meriti di non essere usata, come nemmeno io merito di essere illuso e abbandonato per un ventenne universitario che sfoggia giovinezza, sogni e aspettative che io ho già messo da parte da un pezzo. Non sono il principe azzurro e non sono perfetto. La cena di domenica purtroppo non sarà né la prima né l’ultima che potrebbe venire interrotta da mia figlia. Se sono qui oggi è perché… Beh è perché voglio sapere se tu sei abbastanza forte da accettarmi lo stesso. Se non fosse così, non mi offenderò. Sono grande abbastanza per non prendermela con gli altri, quando le colpe sono solo mie.

Mi accorsi solo in quel momento che mi era venuto il fiatone. Erano anni che non mi sfogavo in quel modo; che non mettevo tutti i miei dubbi e frustrazioni davanti agli occhi di qualcun altro oltre che ai miei.

Mi sentivo, però, anche leggero e appagato.

Avevo detto quello che volevo e speravo che la mia sincerità bastasse a convincere anche lei.

“Ecco…” Elena si schiarì la voce, rimanendo con le labbra socchiuse e umide.

Era senza parole?

Forse avevo esagerato; forse pretendevo davvero troppo.

I suoi occhi luminosi e caldi mi sorrisero, proprio come le sue labbra.

“E ora perché sorridi? Sono così buffo?”

Ero indispettito.

“Sei il primo ragazzo che parla liberamente di sentimenti, fiducia e dolori senza sviare l’argomento o senza fare il macho della situazione… Sono decisamente senza parole, sei stato così chiaro e deciso, che mi hai quasi intimidita. Quasi, ovviamente; non è ancora nata la persona che può farmi stare zitta a lungo. Sorrise mostrando sfacciatamente i denti e facendomi scioglierei in una risata leggera.

Dov’era finita tutta la tensione precedente?

Elena aveva un dono strano e decisamente destabilizzante per me: sapeva farmi ridere e rilassare solo con i suoi sorrisi e la sua fastidiosa - quanto dolce - ironia.

Feci di nuovo un passo verso di lei, ma questa volta  non si ritrasse.

Alzò di nuovo il viso e mi sorrise.

“Nicholas Moore, accetto le tue scuse e devo ammettere che è difficile starti lontano… Sei un ragazzo pulito, simpatico ad intermittenza e non parli di football tutto il giorno.. Beh, sono punti a tuo favore, no?”

Scossi la testa, passandomi una mano tra i capelli. Voleva esasperarmi, accidenti!

“Stai dicendo che mi apprezzi perché mi lavo?”

Lei arricciò il naso, colpendomi al petto con la sua tenerezza.

“Sì, può darsi…” Mi fece l’occhiolino, scoppiando a ridere.

Forse era imbarazzata davvero e l’avevo spiazzata più di quanto credessi.

“Scommetto che sei imbarazzata, Ciliegina.”

Lei si fermò con in mano una ciocca di capelli che era sfuggita dal capellino.

Le sue guance si imporporarono e io sorrisi gongolante.

“Anche tu non sei Mr Disinvoltura in questo momento.”

Portai due mani avanti, in segno di resa. “Touché.”

Lei sospirò rumorosamente, intrecciando le dita delle mani.

“Posso essere sincera, Nick?”

Mi riscossi dai miei pensieri, annuendo.

Lei mi guardò brevemente, prima di perdersi nella contemplazione del campo intorno a noi. Si portò due mani intorno al busto, proteggendosi forse dalle sue stesse parole.

“Mi sento sempre strana con te, troppo strana. A volte non mi riconosco e ti confesso che il tuo modo di starmi vicino, mi terrorizza. Aspetta, non sto dicendo che ho paura di te; ma sono intimorita da quello che provo quando ti sono vicina. È elettrizzante ed anche eccitante! Come la sensazione che ti ingarbuglia lo stomaco prima di salire sulle montagne russe. Ecco, io mi sento sempre così e il fatto di non aver ancora scoperto come ci si sente dopo, riesce a bloccarmi e fermarmi sempre. Non voglio farti soffrire, ma non voglio nemmeno soffrire io. So perfettamente che Lily sarà sempre tua figlia e soprattutto: sarà sempre presente nella tua vita. Non voglio prendere il suo posto, ma voglio sentirmi importante… Voglio…” Sì fermò, guardandomi con gli occhi lucidi ed emozionati. “Voglio essere importante per te.”

Prima che potessi esprimere ciò che mi passava per la mente - dopo quelle parole così destabilizzanti -, lei riprese a parlare.

“Ecco, lo sapevo che stavo dicendo troppe stronzate!”

Non riuscii a capire molto, visto che Elena si era voltata improvvisamente e se ne stava andando via.

Ma che cosa…

“Elena?”

Cominciai a camminarle dietro.

“Vattene via! Non so cosa farmene delle tue prese per il culo!”

Scossi la testa, sorridendo.

“E perché mai dovrei prenderti in giro? Elena, ti vuoi fermare?”

“NO!”

Incominciò a correre, ma non arrivò lontano. Ero più veloce, più allenato e più motivato di lei. La raggiunsi all’istante, intrappolandola tra le mie braccia.

Cercò di liberarsi, ma capì subito che era una lotta impari.

“Lasciami andare.”

“No.”

“Nick.”

“No.”

“Dai..

“No!”

La rigirai tra le mie braccia, troppo incredulo e allo stesso tempo arrabbiato per quella fuga stupida. “Dove credevi di andare?”

Lei cercò di spintonarmi con le mani sul mio petto. “Ad Honolulu! Senti, ti conviene lasciarmi andare, altrimenti…

Sollevai un sopracciglio senza riuscire a togliere l’espressione seria dal mio volto.

“Altrimenti?”

Elena assottigliò lo sguardo. “Potrei farti molto male, Moore.”

Sospirai, stringendola più forte.

“Mai quanto ora.” Quella frase era decisamente sfuggita dalle mie labbra e fece irrigidire sia me che lei.

Smise di spintonarmi, alzando lo sguardo.

“Nick…”

Le baciai la fronte, sopraffatto dagli eventi, le parole, l’emozioni.

“Non voglio una dichiarazione d’amore, scema. Non devi vergognarti di dirmi certe cose.

“Non sarò mai quel tipo di donna.. Non sarò accondiscendete, carina e tutta miele e zucchero. Sono abituata a contare sulle mie forze e a dedicare tutte le giornate a me stessa e alle mie passioni. Non so se posso farcela.”

Una mia mano abbandonò la sua vita, accarezzandole poi lentamente una guancia.

Sospirai di nuovo.

“Non ti sto chiedendo di sposarmi, né di farmi da tata.”

Lei alzò gli occhi al cielo. “E cosa vuoi da me, allora?”

“Conoscerti.” Sorrisi. “Voglio essere importante per te.”

“Bastardo.” Ma ricambiò il mio sorriso ed io avvicinai le labbra alla punta del  suo naso, accarezzandolo pigramente.

“Perché ti eri arrabbiata domenica quando avevo detto che stavamo insieme?”

Lei si irrigidì, un po’ per quel bacio stranamente intimo e inaspettato; un po’ per quella frase scomoda.

“Perché non era vero.”

Sollevai un sopracciglio, ancora scettico. “Solo per quello?”

“No.”

Le tolsi il berretto, gettandolo a terra e le accarezzai i capelli. “Allora?”

Mise il broncio prima di rispondere : “Perché poi hai ritrattato e mi hai pure chiesto scusa! O sei convinto o non lo sei! E poi mi hai definito come un amico.. Un amico? Con tette e armamentario vario? Va bene che sono un maschiaccio, però…”

Le sollevai il mento e la baciai d’istinto.

Quella ragazza così forte e decisa nascondeva mille sfumature di debolezze e fragilità che non avevo minimamente preso in considerazione.

Nonostante mi avesse insultato, evitato e quasi minacciato di picchiarmi, portò le mani sul mio viso, avvicinandomi a sé.

Aveva bisogno di me, delle mie parole e rassicurazioni, proprio come ne avevo bisogno io stesso.

Le solleticai il palato, mordicchiai le labbra morbide e respirai con lei l’aria fresca della sera che scendeva lentamente.

“Sei sleale, Moore.”

“Mai quanto te. Mi hai costretto a farti tacere con la forza.

Le nostre voci roche non suonavano minimamente minacciose. I nostri occhi sorridevano proprio come le nostre labbra.

Quindi…” Mi schiarii la voce, emozionato. “Tutto risolto?”

“A quanto pare…” Lei mi diede una spinta giocosa, sciogliendo l’abbraccio.

Era così bella.

“Amici come prima?” Enfatizzai.

“Spero di no!” Sorrise, senza riuscire ad arrossire.

“Ci stiamo frequentando.” Le feci l’occhiolino, mentre lei rialzava gli occhi al cielo.

“Va bene, Mr Perfettino-Moore. Ci stiamo frequentando.”

“E mi sembra ovvio che sia un rapporto esclusivo…

Lei aggrottò le sopracciglia. “Cioè?”

Abbassai la voce, sussurrandole lentamente all’orecchio : “Che frequenterai solo ed esclusivamente me.”

Elena scosse la testa, disperata. “Quanto sei insistente! Saresti geloso, eh?”

Feci spallucce. “Forse.”

Dopo pochi minuti nei quali l’aiutai a raccogliere le sue cose, per riaccompagnarla a casa, mi ricordai improvvisamente delle ripetizioni.

“Elena, quando hai voglia e tempo, puoi chiamarmi per le ripetizioni.”

Rimase in silenzio qualche minuto, pensierosa.

“Ok, andrebbe bene per te il sabato pomeriggio? In settimana tra gli allenamenti e i compiti, non so proprio come fare.

Sorrisi. “Perfetto direi. Sabato sono a casa dal lavoro. Vuoi venire da me? Posso portare Lily dai miei oppure tenerla lì con noi.. Di solito gioca tranquilla o guarda i cartoni animati.” Era speranza quella che traspariva dal mio tono? Probabilmente, sì.

“Può rimanere con noi. Forse in questo momento ha bisogno di sentirti vicino.

Aveva dannatamente ragione.

“Già. Magari sei tu ad aver paura di rimanere sola con me…

Lei sorrise, senza rispondere. “Forza, Nick; andiamo.”

Così la riaccompagnai a casa, sostando come al solito qualche metro di distanza da casa sua.

Prima di scendere, però, mi stupì con un bacio leggero e dolce, lasciandomi con un’espressione da ebete sul viso.

A sabato, allora.”

A sabato, Ciliegina.”

La vidi scomparire dietro le aiuole colorate e ripresi a guidare verso casa.

Quel pomeriggio per quanto burrascoso e complicato fosse stato all’inizio, si era concluso nei migliori dei modi.

Sorrisi ancora assaporando con la mente i baci e il lungo abbraccio che ci aveva avvicinato non solo fisicamente, ma anche mentalmente.

Sospirai e mi resi conto che non vedevo l’ora che arrivasse sabato.

Il bello non era ancora arrivato.

Me lo sentivo.

 

 

 

____________________

Buona seeeeeeeeeeeeeeeeeera!

Eccoci di nuovo qui con il capitolo! Sono passati solo (come siamo simpatiche xD) dieci giorni dall’ultimo aggiornamento! Purtroppo, però, non sappiamo quando arriverà il prossimo visto che siamo in piena sessione d’esame L

Tornando a noi, direi che questo capitolo parla da sé. Nick si sbilancia di più, Elena comincia a capire di essere davvero interessata al nostro papy single e beh.. Direi che stiamo entrando nel vivo della storia.

Chissà cosa potrebbe succedere durante le ripetizioni… E Lily, invece? Nick ne parlerà con lei?

Uuuuh, ne vedrete delle belle! :D

Intanto noi vi ringraziamo davvero, davvero, davveeeero tantissimo! Siete dolcissime e siamo troppo contente delle ultime recensioni! Rispondiamo in questi giorni, promesso!

 

Ora vi lasciamo; augurandovi un caliente sabato sera e mi raccomando: non bevete troppo :P

 

Un bacio a tutte voi da Nick <3

 

 

 

 

   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: ArchiviandoSogni_