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Autore: Sally_the_rag_doll    08/08/2007    3 recensioni
Le alterne vicende di Remus Lupin, attraversate da un libro e da un'elegiaca malinconia.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, James Potter, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Nell’ombra si cela; carco d’odio lo sguardo, fondo l’occhio e viva la nera pupilla. Come una bestia si porta, il passo suo risuona tra l’alberi…”
“Di’, ti prego, il nome di questo abominio, affinché possa sfuggirlo, qualora ne oda il verso immondo, il suono degli empi passi, l’acre fiato che odora di morte”.
“Né d’un demone né d’una bestia ti parlo, bensì d’un uomo, che il fato condannò a viver d’affanni e a condurre esistenza più oscura di chiunque abbia mai calcato la terra…

Un ragazzo scrisse un appunto sul margine d’una pergamena:
Licantropi definiti ‘uomini’ nella letteratura autorevole, un secolo prima del Codice di Comportamento del 1637. Leggo possibili intenti simpatetici…
Venne interrotto da un rumore di passi in lontananza. Nascose in fretta la pergamena nelle pieghe della veste, per poi chinarsi sulle pagine lise del manoscritto di fronte a lui.
“Guardate chi c’è”.
Non si mosse. Persino il suo sguardo rimase sospeso su di un’unica parola: “fronde”.
Il rumore di passi si fece vicino. Udì delle risate sconnesse; preferì non guardarsi attorno.
“Cosa legge, oggi, il nostro amico solitario?”
Il libro gli fu improvvisamente sottratto. “Fronde”, pensò, alzando il capo senza averne voglia, “fronde”, quando il suo sguardo incontrò la capigliatura scura e disordinata d’un ragazzo che riconobbe come James Potter: ricordava, in effetti, una foresta notturna.
“Lupin!” lo sentì esclamare. “Come ti va?”
Lupin non rispose; accennò un sorriso e tastò affannosamente la tasca nella quale aveva riposta la pergamena, quasi a cercare conforto.
Potter sbirciò oltre la spalla del ragazzo che aveva afferrato il libro; un ragazzo, osservò Lupin, d’una singolare bellezza, i capelli neri sparsi distrattamente intorno al viso. Sirius Black.
Sir Ranulf di Hereford,” lesse ad alta voce Black. Alzò lo sguardo. “Di… Tremulus Taylor, vero?”
Lupin sussultò, per poi costringersi a focalizzare l’attenzione sul suo interlocutore. Per la prima volta in sua memoria, Black lo stava guardando negli occhi.
“Sì,” rispose, flebilmente.
“Quello di Colle conteso?”
Lupin prese a intrecciare febbrilmente le dita. “Lo hai letto?” domandò. Gli occhi di Black erano piuttosto fondi, pensò. Trattenne un sorriso.
“E’ il mio libro preferito!” esclamò Black, un’espressione di educato stupore dipinta in volto. “Lo leggevo sempre, a casa, quando mi mettevano in punizione. Trovato per caso,” aggiunse, rivolto a Potter, “sopra uno scaffale. Sembrava dimenticato”.
“Davvero!” Lupin si levò in piedi, “Io nemmeno riuscivo a credere che fosse tanto antico. Cronan, a tratti, mi ha ricordato me stesso; hai presente quando veglia nella radura, e straccia il mantello? Ecco, io, una volta… Ah, ed era un mago eccezionale! Il suo duello con Fredegar è il più emozionante che abbia mai letto. Quella maledizione conjunctivitis…”
S’interruppe; s’era reso improvvisamente conto d’aver accompagnato lo sconnesso discorso con una serie di affannosi gesti con le mani. Potter e Black lo stavano osservando in silenzio, stupefatti.
Lasciò cadere lentamente le mani lungo i fianchi e attese che ridessero.
Non lo fecero.
“Non lo avevo mai sentito parlare tanto, tu?” domandò Black a Potter. Questi scosse il capo.
Lupin, senza che l’aria sognante lo avesse del tutto abbandonato, sorrise debolmente: “Se non parlo, significa che non ho niente da dire”.
Potter rise; Black, invece, parve ammirato. “Quand’ero più piccolo,” disse, “mi avvolgevo spesso in un vecchio mantello, e fingevo d’essere Cronan. Mio fratello era Fredegar… non che lui lo sapesse, naturalmente. Era divertente. Mi confortava”.
Lupin lo guardò nuovamente in viso. Avrebbe potuto essere un Cronan perfetto, pensò, con un cappuccio color sangue e un medaglione al collo… la sua bellezza distratta sarebbe potuta divenire fiera, da vero guerriero: “Mostrati, vile!”, lo vedeva gridare…
“Piaceva anche a me,” disse Lupin pacato. “Impersonare Cronan, intendo”. Alzò un braccio al soffitto: “Mille volte mille saranno i patimenti che t’infliggerà questa mano!” esclamò, con aria teatrale.
Black e Potter risero, all’unisono.
“Che forte!” esclamò Potter, sistemandosi gli occhiali con un gesto. “Ascolta, Lupin, noi stavamo andando…” lanciò un’occhiata in tralice a Black, “…a fare un giro,” concluse. “Ti va di unirti a noi?”
Le sue parole si mescolarono, nella mente di Lupin, a quelle del romanzo, producendo un effetto dolente e, curiosamente, confortante.
“Vieni, dai,” lo esortò Black, “Remus… giusto?”
Lupin sussultò. Il suo nome! Da quanto tempo non lo sentiva pronunciare da labbra che non fossero le sue?
Osò appena annuire, mentre s’univa ai due ragazzi più popolari del suo anno.
“Remus”.
Era come… estraniante.


“Fermo lì, vigliacco!”
“Silenzio, non riesco a leggere!”
Dicembre aveva velato i colli oltre la finestra d’un candore abbagliante; il fuoco scoppiettava, e nell’intera sala comune regnava la consolante intimità delle sere invernali. Il rosso e oro dei drappeggi era incupito dalle tremule ombre proiettate dalle fiamme.
James stava rannicchiato su un divano, con un grosso libro aperto sulle ginocchia. “Zitti!” ordinò, quando le grida di Remus e Sirius tornarono a farsi troppo concitate. Al suo fianco stava appollaiato un ragazzino dagli occhi acquosi.
“Fuggir non puoi dalla crudele sorte,” sentenziò Remus, in ton beffardo. Aveva indosso un mantello nero fermato intorno al collo da un laccio che l’intenzione voleva dorato, ma era in realtà d’un comunissimo color marrone.
“La vedremo!” ribatté allegro Sirius, al quale l’abito color porpora sembrava esser stato cucito addosso; i capelli neri avevano assunto una sorta di ribelle fierezza, lo sguardo era alto e terribile, da eroe nordico.
Remus, nell’osservarlo, non si trattenne dal ridere: “sei un ottimo Cronan,” gli disse, abbandonando il tono di voce tenebroso del suo personaggio.
“Per nulla,” replicò Sirius “tu, però, calzi a Fredegar come un guanto”.
“Taci, sto leggendo!” lo rimbeccò James, voltando pagina. Peter, al suo fianco, gli s’avvicinò per chinarsi a sua volta sul libro.
Remus e Sirius rimasero un momento fermi a contemplarli. “Wormtail sarà Dubius,” osservò Sirius, sorridendo. “E’ perfetto”.
“Dubius no,” ribatté Peter, piccato. “Non voglio essere un mago oscuro”.
“Mi tradisci così, ribaldo?” rise Remus, avvicinandosi per scompigliargli i capelli.
“E poi, Dubius è un codardo. Non fa che nascondersi!”
“Niente affatto! E’ piuttosto… uno che non ama calarsi nel vivo dell’azione,” puntualizzò Sirius, scuro in viso.
“Wormtail può essere Eberwolf,” intervenne Remus, quasi a volerlo calmare. “Lo vedo molto adatto”.
“E sia; adesso, però, fate silenzio!” tuonò James, a voce talmente alta da costringere i tre a portarsi le mani alle orecchie.
Un breve dolore fermò il riso in gola a Remus. Cominciava ad accusare i malori tipici del periodo che precedeva la luna piena; ogni fitta ripeteva un’amara consuetudine.
Desiderò, per un istante, di poter dilatare le ore trascorse assieme ai Marauders, d’iscriverle nella dimensione oltre il Tempo nella quale si collocavano i suoi libri.
Si vide sul colle del romanzo di Taylor, dorato d’erba secca, al calar del sole. Il vento gli scompigliava il crine intristito dall’età; l’orizzonte si tingeva di rosso.
Quante altre lune piene sarebbero venute?


Mai nessuno ti fu superiore per forza, valenza e abilità. La tua gloria dissipava la tenebra, ardeva il tuo sguardo, o tu che tra l’erbe giaci sopraffatto; ma più non riconosco il tuo bel viso...
Lupin si fermò; aveva udito un singhiozzo alle sue spalle, o forse un grugnito di disappunto. Prese fiato e continuò a leggere.
…mi faccio menestrello di sventura; gli annali recheranno la tua storia, ma un cuore straziato, chi lo può narrare? Chinano il capo i fiori, è flessa l’erba, gli uccelletti tacciono…
Deglutì. Sentiva che il fiato gli sarebbe mancato a momenti; ogni parola gli pesava sopra come un macigno.
…vivesti combattendo l’oscurità; possano dardi luminosi aprirti la via nell’Aldilà”. S’inginocchiò di fronte alle due salme, e chinò il capo. “Addio, James. Addio, Lily”.
Si levò e si allontanò, mentre la folla che lo attorniava si faceva vicina per rendere omaggio ai morti.
“La morte di Cronan, Tremulus Taylor,” disse una voce profonda, lievemente alterata. “Una pagina molto bella”.
“Sì,” mormorò Lupin. Osservò le maniche della propria veste; erano consunte, ma non aveva di meglio. Senza che riuscisse bene a comprendere perché, gli si velarono gli occhi.
“Una perdita terribile,” proseguì la voce.
Lupin si costrinse a guardare in viso Dumbledore. Non ricordava d’averlo mai visto vestire colori tanto scuri.
“Non sarebbe dovuto capitare a loro. Né a te”.
Lupin sorrise debolmente. “Io sono ancora vivo, Albus”.
“Sì. E hai ancora la grande forza che ti ha sempre sostenuto”. Dumbledore gli pose una mano sulla spalla.
Nessuno dei due disse altro.


Dopo tanti anni, quando chiudeva gli occhi era tornato a vedere, sul nero delle palpebre, una branda del San Mungo.
Se, nel dormire, si voltava su un fianco, gli sembrava di sentire il calore del proprio sangue che scorreva copioso.


“Ma allora…” mormorò Lupin, “perché non si è mai rivelato finora? A meno che…”
Sirius era davanti ai suoi occhi, la sua grande bellezza sciupata, il viso sporco e incavato, i bei capelli aggrovigliati. Tuttavia, qualcosa era diverso da quel che si sarebbe aspettato. Qualcosa non era al suo posto.
“A meno che non si trattasse di lui… a meno che non abbiate fatto cambio… senza dirmelo?” proseguì.
Peter aveva tradito; non Sirius.
Era assurdo, era incredibile, ma era la verità: era stato Peter.
Abbassò la mano destra, e alzò lo sguardo. Gli occhi di Sirius erano rimasti fondi come per la prima volta li aveva visti, come sarebbero rimasti incisi nella sua memoria in eterno.
Lo cinse con le braccia e lo strinse con forza disperata.
Ardeva l’occhio suo come una fiamma.
Proprio così.
  
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