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Autore: moira78    20/01/2013    5 recensioni
[Maison Ikkoku]
E vissero per sempre felici e contenti... ma sarà stato proprio così? Nella quotidianità della vita familiare ci sono sempre mille problemi da affrontare e Kyoko e Godai non fanno eccezione: per loro convolare a giuste nozze è solo l'inizio di un'avventura costellata da novità, problemi, sorprese e, tanto per cambiare, vicini invadenti!
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è nata quasi come atto di ribellione: perché non esistono quasi per niente fanfiction su Maison Ikkoku se non in lingua straniera? Come mai Ranma e Inuyasha vantano sfilze di racconti dei generi più disparati e Maison Ikkoku no? E come mai la Takahashi, pur avendo concepito per l'unica volta nelle sue serie un finale vero e proprio, ha lasciato un vuoto tra il matrimonio di Kyoko e Godai e la nascita della loro primogenita? E dopo cosa è accaduto ai nostri eroi?

Insomma, mi sono avventurata in questo terreno pressoché inesplorato e ho riempito vuoti, aggiunto e inventato; il tutto con il valido supporto di due beta di eccezione, Kuno senpai e Tiger Eyes, le cui dritte e i cui consigli sono stati determinanti per la buona riuscita della storia.

Un grazie di cuore a loro due e a tutti coloro che vorranno leggere/criticare/commentare.

 

 

 

IN SALUTE E IN MALATTIA...

 

Stava sognando una tavola imbandita, stracolma di delizie come nel giorno del suo secondo matrimonio; poteva sentire persino gli odori del cibo e le voci dei commensali che chiacchieravano e ridevano.

 

Lei però non stava bene.

 

Avvertiva una sensazione di disagio giù nella gola, e si rendeva conto che la nausea stava minacciando di sopraffarla. Cominciò a camminare lungo il tavolo, tentando di non guardare verso tutte quelle pietanze che le davano il voltastomaco, tenendo una mano sulla bocca mentre gli occhi cominciavano a lacrimarle per lo sforzo di trattenersi.

 

"Kyoko, assaggia questo!". Suo marito le aveva appena messo sotto il naso qualcosa che sapeva di panna e cioccolato.

 

La classica goccia che faceva traboccare il vaso.

 

Ebbe appena il tempo di aprire gli occhi, riprendere lo stato di veglia e precipitarsi alla cieca verso il bagno. Solo dopo aver rimesso anche l'anima, china sul water con le mani agganciate alla ceramica fredda, realizzò che doveva aver calpestato qualcosa durante la sua corsa disperata.

 

Yusaku la guardava con gli occhi spalancati dall'entrata del bagno: "Stai bene?".

 

Solo un uomo poteva fare una domanda così stupida a una donna in quelle condizioni miserevoli.

 

Da quando sono così dura nelle mie considerazioni?, si domandò frustrata, rialzandosi e aprendo il rubinetto per bagnarsi la faccia con l'acqua fresca.

 

"Non... non è niente, forse ho solo mangiato qualcosa che mi ha fatto male". Ricordò con disgusto il sogno da cui si era appena destata e si domandò se avrebbe avuto un altro conato.

 

"Ma come è possibile, tu cucini così bene! E poi io sto benissimo; non è che sei ammalata, piuttosto?". Dopo il contatto con l'acqua fresca sul viso accaldato, la sensazione di suo marito che le poneva la mano tiepida sulla fronte fu meravigliosa. Si rilassò al suo tocco, desiderando che rimanesse così per sempre.

 

"Febbre non ne hai, ma sarebbe meglio che ti riguardassi per oggi, magari hai contratto un virus...".

 

"Oppure sei incinta!".

 

"Ichinose-san!". Non poteva credere che quell'impicciona fosse stata per tutto il tempo dietro la porta del bagno a origliare. Anzi, a ben pensarci era una cosa normalissima per lei.

 

"Una donna che vomita la mattina presto non può che essere incinta", sentenziò annuendo seria.

 

"Sì, lo penso anch'io". Ci mancava solo Yotsuya a sparare sentenze. "Una volta ho letto, su un libro di medicina...".

 

"E da quando leggi libri di medicina, tu?!". Sorrise a suo marito: aveva fatto la domanda giusta. Ora però voleva solo stendersi, la testa le girava e aveva l'impressione che Yusaku avesse sussultato impercettibilmente alla parola 'incinta'.

 

"Ora basta, per favore, vorrei tornare a letto se non vi dispiace". Si appoggiò a suo marito perchè non si fidava delle proprie gambe e immediatamente attirò su di sé gli sguardi indagatori degli inquilini.

 

"Ho anche letto - continuò imperterrito Yotsuya - che uno dei sintomi è l'aumento del desiderio sessuale, per via degli ormoni che...".

 

Se Godai si era irrigidito e rischiava di andare a fuoco a quelle parole, lei stessa si sentì avvampare: "Non ho un aumento del desiderio sessuale!", gridò prima di rendersi conto di ciò che era appena echeggiato tra le piastrelle del piccolo bagno. Chinò la testa e bisbigliò: "Voglio solo riposare".

 

Nessuno disse più una parola: che fosse per la sua esplosione di poco prima o per mancanza di argomenti, ne fu grata ai suoi intraprendenti affittuari. Si appoggiò al braccio del marito e si lasciò accompagnare nella loro camera. Per fare congetture sul suo malessere c'era tempo, ora voleva solo dormire.

 

                                                                       ***

 

"Mi dispiace, temo di averti calpestato mentre correvo in bagno".

 

"Ahahahah, non ti preoccupare, l'unica cosa a cui pensavo era se tu stessi bene; non ti ho mai vista in quelle condizioni".

 

"Già".

 

Dannazione, possibile che anche dopo averla sposata si sentisse così impacciato a parlare con Kyoko? Se davvero c'era la possibilità che lei fosse incinta, allora aveva il diritto di saperlo! Si grattò la testa, indeciso su da farsi.

 

"Se... senti Kyoko-san, non è che tu... come dire... ecco...". Niente da fare, era il solito imbranato. Sua nonna avrebbe certamente riso di lui e poi l'avrebbe sgridato come se fosse ancora un bimbetto delle elementari. Se la vedeva, china in un angolo che lo guardava in cagnesco e gli dava dell'imbecille.

 

Basta, doveva essere un vero uomo e parlare chiaro!

 

"Kyoko-san! - esclamò a bassa voce guardando verso la finestra - sei per caso... incinta?".

 

Gli rispose il silenzio e si domandò se non fosse stato un po' brusco: d'altronde era un argomento delicato e andava affrontato con gioia e serenità.

 

"Ca... capisco che tu ti senta un po' spaventata da questo ma... ti giuro che se fosse così io cercherò di fare del mio meglio sul lavoro. Farò gli straordinari e chiederò un aumento, così tu potrai startene a casa a riposo. E poi... cercheremo una casa tutta per noi...". Le aveva parlato col cuore in mano, superando finalmente lo scoglio dell'insicurezza che ancora lo sopraffaceva di tanto in tanto. Avere un figlio era una grossa responsabilità, ma in fin dei conti erano sposati, no? Avrebbero affrontato la cosa insieme e, come aveva dichiarato il giorno in cui l'aveva sposata, con lei avrebbe scalato qualsiasi montagna. Era orgoglioso di averle parlato con tanta serietà, finalmente le stava dimostrando di essere maturato ancora!

 

Non capiva, però, perchè Kyoko non gli rispondesse. Aveva forse sbagliato a parlare di lavoro? Magari lei non aveva pensato alle loro difficoltà economiche e quel discorso l'aveva turbata. Dannazione, non ne faceva una giusta!

 

"Kyoko-san, mi dispiace, io non volevo dire...". Rimase congelato nel momento stesso in cui si voltò e la trovò profondamente addormentata nel futon.

 

Ho... ho parlato da solo?

 

Sorrise di se stesso e rimase per qualche istante a contemplare sua moglie che dormiva serenamente. Un'occhiata all'orologio gli indicò che era tardi e doveva sbrigarsi se voleva arrivare per tempo all'asilo; tolse l'allarme alla sveglia che sarebbe suonata di lì a qualche minuto e rimboccò le coperte a Kyoko, domandandosi ancora una volta come avesse fatto quell'angelo caduto dal cielo a scegliere proprio un imbranato come lui.

 

"Farò sempre del mio meglio, Kyoko-san...", mormorò carezzandole i capelli via dalla fronte leggermente sudata. La baciò piano e uscì dalla stanza ripromettendosi che l'avrebbe chiamata verso l'ora di pranzo per sapere come stava.

 

                                                                       ***

 

Si sentiva uno straccio.

 

Persino le grida di Ichinose da dietro la porta del bagno le martellavano in testa come una motosega. Si portò le mani alle tempie e respirò a fondo prima di rispondere: "Sì, va tutto bene! Ora esco".

 

Era la terza volta, quella mattina, e francamente era stufa di vedere in continuazione il fondo del water. Per non parlare dei puntini neri che le danzavano davanti agli occhi ogni volta che camminava.

 

Sì, doveva preoccuparsi seriamente: avrebbe visto un dottore, e poi...

 

"Tieni, usa questo". Ichinose le aveva appena messo sotto al naso una scatolina rettangolare. Ma quando diavolo era entrata?!

 

"Che... che cos'è?", domandò temendo la risposta.

 

"Un test di gravidanza, naturalmente. Lo tenevo di scorta nella mia stanza ma credo che ormai io non ne abbia più bisogno!". Si lasciò andare a una grassa ristata mentre Kyoko avvertiva una serie di gocce di sudore inumidirle il viso: come poteva parlare con tanta disinvoltura di una cosa così personale?

 

"Gra... grazie ma non credo di averne bisogno". Con un brivido, si accorse che invece era curiosa di provarlo. Non ci furono problemi nonostante il suo diniego, tuttavia, perché la coinquilina le sbatté in mano la scatola senza tante cerimonie.

 

"Smettila di fare la bambina e ricordati che devi provarlo a digiuno".

 

Già, come se avessi intenzione di abbuffarmi, stamattina!

 

Kyoko abbassò lo sguardo verso la confezione rosa, sentendosi bramosa eppure spaventata allo stesso tempo da un oggetto così piccolo.

 

"Sai come si usa, vero?". Sobbalzò con tale violenza che il test le saltò via dalle mani come se avesse vita propria; lo riacchiappò per puro miracolo e si voltò a guardare in cagnesco la donna più anziana.

 

"Certo che so come si usa!", disse piccata.

 

"Va bene, va bene, non c'è bisogno di prendersela! Hai già gli ormoni in subbuglio, eh? Eheheheeheh!". Ridacchiava senza ritegno quando uscì dal bagno, ma finalmente Kyoko poté rilassarsi. Guardò ancora una volta la scatola tra le sue mani e si chiese dove mai avrebbe trovato il coraggio di usarla.

 

                                                                       ***

 

"E vola, vola, vola!". Godai agganciò fermamente il corpicino della bambina sotto le ascelle e la fece girare in tondo per qualche secondo; la piccola rideva con le braccia spalancate, con l'abbandono e la fiducia che solo a quell'età si potevano avere.

 

Lavorare con i bambini era meraviglioso e si stupiva di essersene accorto solo per caso, da qualche anno: con il suo spirito romantico e sentimentale, spesso tra le nuvole, i bimbi erano gli esseri più affini al suo modo di vedere la vita.

 

"Anche io vola vola, anche io!". Si chinò per far scendere la riluttante bambina e afferrò il maschietto moro che gli tirava con insistenza i pantaloni.

 

"Allacciamo le cinture! Accendiamo i motori eeeeee... viaaa!". Il sole giocava con i riflessi blu notte sul caschetto del piccolo e la sua mente andò ai lunghi capelli di Kyoko.

 

Chissà se nostro figlio avrebbe gli stessi capelli.

 

"Direttore, mi gira la testa!".

 

Potrebbe essere un bel maschietto come quello che sto tenendo ora fra le braccia o una femminuccia come quella che sta insistendo per fare a cambio tirandomi la maglietta.

 

"Direttore basta!".

 

Preferirei più una femminuccia, che somigliasse a Kyoko possibilmente ma magari che prendesse da me almeno il colore degli occhi...

 

"DIRETTORE!". Si accorse che il bambino strillava tra le sue braccia e si bloccò di scatto.

 

"Oh... oh, scusami Akihiko, ti metto giù subito". Il piccolo barcollò per qualche istante e sedette su un'altalena.

 

Idiota, mi sono perso di nuovo nei miei pensieri come uno scemo...

 

"Direttore, perché ridevi tanto prima?". Guardò la bambina con i codini e avvampò.

 

"Stavo... ridendo?". La bimba annuì e Godai si sentì ancora più stupido: meno male che non aveva mollato la presa sul piccolo mentre era in trance! Doveva assolutamente fare qualcosa per questo problema. A cominciare da una telefonata: voleva sapere come stava sua moglie.

 

                                                                       ***

 

"Voi dite che rimarrà a guardarlo ancora a lungo?", domandò Akemi, accorsa dal Chachamaru non appena avuta la notizia che Kyoko stava per fare un test di gravidanza.

 

"Mah, non saprei: il fatto che si sia dimenticata di chiudersi nella sua stanza e che non si sia ancora accorta di noi mi fa pensare che sia veramente molto presa", rispose Yotsuya aprendosi un'altra birra.

 

Devo decidere cosa fare della mia valigetta, si sorprese a pensare.

 

"Per me ha il terrore di sapere che è incinta perché il marito non guadagna ancora abbastanza da portarla in una casa decente". Dichiarò Ichinose prima di scolare metà della sua lattina con un sorso.

 

L'uomo annuì: "Nonostante sia direttore dell'asilo da quasi un anno non gli hanno ancora dato un aumento. Quel ragazzo è sempre così dannatamente lento...".

 

Lo squillo del telefono echeggiò dietro di loro ma nessuno si affannò a muoversi per rispondere: erano tutti ipnotizzati dalla schiena dell'amministratrice china a fissare la scatoletta rosa come se contenesse la verità del mondo.

 

"Finché non la apre e non usa quello che c'è dentro non saprà mai l'esito, che cosa aspetta?", borbottò Akemi poggiando la testa su una mano, evidentemente annoiata.

 

"Qualcuno dovrebbe rispondere al telefono", disse Ichinose senza muoversi di un centimetro.

 

"Già", gli fece eco Yotsuya.

 

La valigetta, devo capire cosa fare della valigetta. E di tutte quelle altre cose... non posso tenerle per sempre in camera mia, ma non posso nemmeno usarle visto quello che mi frutterebbero. Beh, forse una parte potrei...

 

"Si è mossa!".

 

"No, era solo uno starnuto".

 

"Ah, è vero...".

 

Bah, ho tempo per pensarci: nessuna di quelle bustine andrà a male. Ora voglio solo scoprire se l'amministratrice si deciderà a fare quel maledetto test di gravidanza o no.

 

                                                                       ***

 

Non risponde. Che si sia sentita male improvvisamente e sia corsa in ospedale? E tutti gli altri dove sono, nessuno è rimasto a Casa Ikkoku? Forse sono già tutti ubriachi fradici e non si sono accorti di nulla... Forse Kyoko giace svenuta nella sua stanza e nessuno lo sa...

 

"Ah, basta con queste congetture tragiche!", esclamò tentando di riscuotersi da quei pensieri funesti. Un crampo allo stomaco lo indusse a pensare che forse doveva mettere qualcosa sotto i denti. Non aveva fame, in realtà, tuttavia decise di andare alla macchinetta che distribuiva merende a prendersi qualcosa per pranzo: quella mattina Kyoko era stata troppo male per prepararglielo.

 

Inserì gli yen e guardò attraverso il vetro: non lo attiravano né la cioccolata, né i panini salati. La preoccupazione per sua moglie gli stava letteralmente torcendo le budella. Spinse il pulsante della restituzione e rimise i soldi in tasca, poi provò di nuovo a telefonare. Niente.

 

"Direttore, possiamo giocare con le formine colorate?".

 

"Eh? Oh, certo Aya-chan, le vado subito a prendere!".

 

"Perchè stai sudando, direttore? Hai caldo?".

 

"Cosa?". Godai si passò una mano sulla fronte e si accorse che la bambina aveva ragione: stava sudando freddo. Evidentemente era così in pena per Kyoko che stava somatizzando la sua ansia.

 

"Non è niente, Aya-chan, andiamo a giocare con gli altri bambini".

 

Sarebbe tornato a casa prima, sissignore, si sarebbe preso un permesso per accudire sua moglie malata. Dopotutto era il direttore.

 

                                                                       ***

 

Era stato difficile decidere di aprire quella scatoletta e andare in bagno a provare il test che conteneva; soprattutto era stato difficile chiudere i suoi assillanti coinquilini fuori dal bagno. Li immaginava tutti lì fuori, con le loro birre, a origliare qualsiasi suo movimento e si sentì a disagio.

 

"Non si può mai avere un po' di privacy, qui!", borbottò sfilando la bustina dalla scatola. L'aprì strappando un lembo di lato e ne uscì quello che a prima vista sembrava proprio un termometro, non fosse stato per la finestrella bianca che doveva indicarle il risultato. Si mise a leggere attentamente le istruzioni.

 

"La prima linea rivelatrice vi indicherà che il test è stato effettuato correttamente. Se dopo qualche minuto ne compare una seconda, allora...". Represse un brivido.

 

Un bambino. Un bambino suo e di Yusaku...

 

Il signor Otonashi le aveva detto di prendere da quel matrimonio ciò che non aveva potuto avere da quello con Soichiro. E un bambino rientrava nei suoi più fervidi desideri; aveva sognato tante volte di rimanere incinta, durante il breve periodo in cui era stata sposata con il suo primo marito, ma evidentemente il karma aveva altri progetti. Forse i Kami sapevano che la loro sarebbe stata una felicità di breve durata, che suo figlio sarebbe dovuto nascere dall'unione tra lei e un ronin entrato nella sua vita e diventato uomo sotto i propri occhi.

 

Sorrise.

 

Nonostante avesse solo due anni meno di lei, Godai era sempre stato abbastanza immaturo, o forse era lei ad essere maturata in fretta quando aveva dovuto fronteggiare la morte così precoce di Soichiro. Si era sentita molto materna nei confronti del ragazzo, inizialmente, ma con il passare del tempo si era resa conto che ogni suo sforzo, per laurearsi prima e per trovare un lavoro poi, era finalizzato alla possibilità di chiedere la sua mano. Quell'amore incondizionato che provava nei suoi confronti l'aveva lusingata e ben presto si era resa conto di sentirsi attratta da quello che era uno spirito un po' infantile ma infinitamente battagliero. Molte volte aveva dubitato, a torto o a ragione, di lui e man mano che le diventava più caro sviluppava una partecipazione sempre maggiore alle sue sconfitte o alle sue vittorie. Ora si rendeva conto che Mitaka-san non era altro che una scappatoia dal futuro così incerto che poteva avere con Godai: nel momento di scegliere tra uno dei due, la sera in cui il suo allenatore di tennis l'aveva portata lontana da casa dichiarando di aver prenotato una stanza, il suo cuore non aveva avuto dubbi. Quale che fosse stato l'avvenire, era chiaro che era innamorata dell'uomo più squattrinato e indeciso, ma era altrettanto certa che con lui sarebbe stata felice.

 

Infatti lo era, anche ora che stava chiusa in quel bagno a trepidare per la risposta del test di gravidanza. Anche se avessero dovuto rimanere in quella piccola stanzetta accanto a un'orda di vicini curiosi. Anche se avessero vissuto a casa Ikkoku in eterno.

 

Kyoko Godai era una donna felice e lo sarebbe stata per sempre.

 

                                                                       ***

 

Sbadigliò, chiedendosi come mai suo marito non l'avesse ancora cercata per dirle di tornare al locale, dannazione, c'erano i clienti e aveva bisogno di aiuto! Per quanto la riguardava, Akemi era troppo attratta dalla strana situazione che le si stava parando davanti agli occhi per farsi altre domande o preoccuparsi di venire contagiata da un virus.

 

"Tesoro, hai bisogno di una mano?". Kyoko si era affacciata dalla sua camera stringendosi attorno una coperta di lana, rabbrividendo per la febbre.

 

"No, cara, ce la faccio da s... bluuuurghh!".

 

"Bleah, mi chiedo come si possa festeggiare mentre Godai si vomita l'anima in bagno", domandò a nessuno in particolare.

 

"Potrebbe almeno essere più silenzioso!", esclamò Ichinose alle sue spalle; il rumore metallico che udì subito dopo le indicò che si era aperta una birra.

 

"Ehi, danne un po' anche a me!", si fece largo Yotsuya.

 

"Prima le signore!", blaterò dando una gomitata al suo ex vicino.

 

"Se non vi sta bene quello che sta accadendo qui, potete andare di sopra a... ugh!".

 

Akemi guardò in aria: bene, ora anche l'amministratrice ricominciava con i conati. La vide correre, curva come una vecchietta, nel bagno dove il marito non stava messo meglio e si domandò se essere sposati significasse condividere anche momenti stomachevoli come quello.

 

"Per quel che mi riguarda, se mio marito si prende un virus così assurdo può stare solo anche una settimana", commentò sorseggiando la birra. "C'è mica del sakè?".

 

"Sì, nella mia camera. EHI, KENTARO!". L'urlo di Ichinose non riuscì a coprire i versi raggelanti che provenivano dal bagno.

 

Se continuano così potrei vomitare anch'io...

 

"Che c'è, mamma?!". Il ragazzino era evidentemente contrariato.

 

"Portaci il sakè!".

 

"Ma mamma, sto facendo i compiti!".

 

"Non fare il bravo studente quando ti chiedo i favori, non ti crede nessuno!", esclamò la donna sbottando in una fragorosa risata.

 

Con la coda dell'occhio vide Yotsuya giocherellare con qualcosa e si girò a chiedergli cosa fosse, prima di riconoscerlo lei stessa: era il test di gravidanza che aveva fatto Kyoko quel pomeriggio.

 

Negativo.

 

"E quello quando l'hai preso?", domandò strappandoglielo dalle mani per guardarlo lei stessa, quasi potesse comparire una seconda tacca che nessuno aveva ancora visto.

 

"L'ho preso prima, quando Kyoko ha accolto in casa il suo maritino verdognolo", rispose tranquillamente riprendendosi il maltolto, neanche fosse una preziosa reliquia.

 

Ridacchiò: era stato esilarante vedere Godai tornare proprio nel momento in cui Kyoko annunciava che il test era negativo, guardarla stralunato come se la notizia l'avesse sconvolto, poi impallidire e soffocare un conato precipitandosi in bagno. Tra una corsa e l'altra, aveva spiegato loro che stava girando una forma di gastroenterite particolarmente virulenta tra i bambini dell'asilo e che probabilmente lui ne era stato portatore sano. Fino a quel momento.

"Bisogna sempre vaccinarsi contro i malanni stagionali", aveva detto Ichinose rimproverando i due padroni di casa che avevano rifiutato categoricamente di fare una cosa così stupida, anche perchè, a loro detta, poteva 'danneggiare il bambino in caso di gravidanza'.

E così, invece che con una gravidanza, ora si trovavano ad avere a che fare con una serie di montagne russe gastriche. Si sarebbero divertiti ancor meno quando la malattia fosse passata alle viscere.

 

"Credo che sia il caso di spostarci davvero al piano di sopra, in caso il virus dovesse diventare più grave", borbottò grattandosi la testa. "Andiamo da te, Yotsuya?".

 

"No". L'uomo era imperturbabile come sempre, ma il suo diniego la stupì. "Tu non devi tornare al Chachamaru?".

 

"Mio marito non mi ha ancora chiamata".

 

"Perché mai dovrebbe chiamarti? Si aspetta che tu torni a casa, no?".

 

"E a te cosa te ne importa?".

 

Ichinose, che era rimasta a fissarli per tutto il tempo, si sporse verso il coinquilino, guardandolo attentamente: "Hai qualcosa da nascondere". Era un'affermazione, non una domanda.

 

Yotsuya scattò in piedi come un pupazzo a molla e si avviò in direzione delle scale. "Vado a dormire, buonanotte".

 

"Ehi, ma dove vai?! Allora è vero che hai un segreto!", gli urlò dietro Ichinose.

 

"No, è che ho paura di prendere il virus da quei due testoni", rispose senza fermarsi.

 

"Ma se hai fatto la vaccinazione!", ribatté Akemi, perplessa.

 

"Ricordate che c'è una percentuale di insuccesso. Fossi in voi mi toglierei da lì, è zona altamente virulenta! Altamente. Virulenta". Le ultime due parole riecheggiarono allontanandosi con lui per le scale, come se fosse soprappensiero mentre le pronunciava.

 

Akemi guardò l'amica e fece spallucce; l'ultimo verso, così gutturale che non capì a chi dei due sprovveduti appartenesse, la indusse ad alzarsi in piedi: "Beh, magari ha ragione, meglio togliersi da qui". Si stiracchiò e seguì Ichinose che la invitava, con un gesto, a continuare a bere in camera sua. Kentaro non sarebbe stato per niente d'accordo, ma in quanto minorenne non poteva che obbedire alla madre e accettare la loro strana festicciola a due.

 

Dal canto suo, non poteva fare a meno di sentirsi convinta che Yotsuya nascondesse qualcosa in camera ed era più che determinata a scoprirlo. 

   
 
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