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Autore: nefert70    21/01/2013    2 recensioni
Costanza d'Altavilla consegna a Federico la sua eredità... la Sicilia.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
- Questa storia fa parte della serie 'Le donne di Federico II'
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Maggio 1198, vigilia di Pentecoste

Dormi bambino mio, domani sarai incoronato re di Sicilia.
Quante sofferenze, quanto dolore, per vedere questo giorno.
Non rimpiango nulla, sono felice della mia vita perché mi ha dato te, mio piccolo angelo dai capelli rossi.
Sono nata alla corte di Palermo figlia postuma di Ruggero II di Sicilia e fui affidata a mia madre perché mi crescesse lontano dalla corte, non ero importante.
Eppure lo sono diventata.
Per trentadue anni mi fecero vivere una vita ritirata, non frequentavo la corte. Solo quando compii quattordici anni si cominciò a parlare di farmi sposare il fratello del cancelliere Stefano di Perche, ma non se ne fece nulla e da allora l’oblio.
Fino al 1186 quando dopo la morte dei miei fratelli e la mancanza di eredi da parte di mio nipote Guglielmo II divenni l’ultima erede legittima  del regno di Sicilia.
Mi proposero di sposare Enrico di Svevia, di quindici anni più giovane di me, figlio dell’imperatore Federico I Barbarossa.
Come potevo rifiutarmi. Il Barbarossa voleva il dominio sull’Italia meridionale e se non la otteneva attraverso il matrimonio l’avrebbe ottenuta con la forza.
Non potevo permettere al mio popolo di soffrire, mi inchinai alla volontà altrui.
Il  27 gennaio 1186, a Milano, sposai Enrico di Svevia.
Enrico mi guardava stranamente durante tutta la funzione. Non avevamo avuto occasione di incontrarci prima. Era la prima volta che posava i suoi occhi su sua moglie e probabilmente non ero come si aspettava.
Avevo trentadue anni ma ero ancora bella, alta e dimostravo meno della mia età. Credo che questo lo abbia confuso.
Enrico non era come suo padre. Era brutale, violento e la prima notte di nozze  conobbi tutti i suoi aspetti.
Fui costretta a lasciare la mia calda Sicilia per la fredda Germania. Ma ero disposta a tutto per dare un erede alla stirpe degli Altavilla.
Purtroppo, il tanto sospirato erede non voleva giungere. Enrico mi visitava tutte le notti, ma non accadde nulla per i successivi otto anni, risultavo una sposa inutile.
Alla fine rimasi incinta.
Tu nascesti il 26 dicembre 1194 a Jesi, avevo già quarant’anni. In molti non credevano alla mia gravidanza e così partorii in una tenda di front a chiunque volesse assistere.
Prima del battesimo ti portai a Foligno e ti affidai alla duchessa di Urslingen, moglie del duca di Spoleto Corrado, uomo di fiducia di tuo padre. Poi ripartii immediatamente per la Sicilia, dovevo riprendere il possesso del nostro regno.
Il giorno del battesimo ti fu furono dati i nomi dei tuoi nonni, Federico Ruggero.  Quella fu la seconda e ultima volta che tuo padre ti vide.
Avrei voluto tenerti con me, ma non potevo gli impegni di reggente mi assorbivano.
A marzo del 1195 fui confermata reggente e incoronata regina di Sicilia. Quella corona mi apparteneva di diritto ma fu solo per concessione di tuo padre che la posarono sul mio capo. L’unico atto gentile nei miei confronti.
Il 1197 vide il ritorno di tuo padre, l’imperatore, e la fine della mia reggenza. Come ci si poteva aspettare ci fu una sollevazione popolare. Tuo padre non era amato e come poteva essere altrimenti…
Fui accusata di essere connivente con la rivolta ma questa è una bugia.
Figlio mio credimi nulla era stato portato a mia conoscenza.
Tuo padre soffocò la rivolta nel sangue, come era ovvio attendersi.
Quello che accadde dopo… Si di quello fui consenziente.
Ne andava della mia vita, della tua  e del regno. Cosa avrei dovuto fare?  Un giorno comprenderai…
L’odio di tuo padre nei miei confronti era aumentato ulteriormente dopo la rivolta.
 I popolo aveva espresso il suo desiderio. Sarebbe stato  fedele solo alla sua regina, Enrico non veniva riconosciuto come legittimo sovrano.
Tuo padre non poteva e non voleva accettarlo… Sapevo che avrebbe tentato di uccidermi… Lo precedetti!
Il 28 novembre 1197, dopo una breve malattia tuo padre, l’imperatore  Enrico IV, morì.
La Sicilia era libera, noi eravamo liberi.
Il mio primo atto fu quello di mandarti a prendere, più nulla ci avrebbe tenuti lontani.
Tutto quello che fatto, l’ho fatto per salvare il regno e potertelo un giorno consegnare.
Ho tentato fini all’ultimo di conservarti l’opzione sull’eredità di tuo padre. Ma con la tua incoronazione di domani dovrai rinunciare al titolo di re dei Romani.
So che il Papa pretenderà il giuramento di vassallaggio, ma ti prometto che fin tanto che vivrò farò il possibile per non sottomettermi.
Già, fin tanto che vivrò… Sento le forze venir meno, sarà la punizione divina per tutto ciò che ho compiuto.
Per la gran parte della vita sono stata solo un ingranaggio della macchina politica. Sono stata costretta ad affrontare tutte le avversità che mi si sono poste innanzi, non potevo fare altrimenti. Ma ho cercato di tratte il massimo profitto da tutte le situazioni, solo per Federico.
Il mio solo cruccio è abbandonarti, tesoro mio. Vorrei poterti proteggere ancora, proteggere il nostro regno e il suo popolo e invece credo che molto presto lascerò questo mondo.
Ho cominciato a scrivere il mio testamento e intendo affidarti alle cure del Papa, spero così di salvare il regno e te.
Solo una preghiera faccio a Dio: Proteggi il mio bambino. Fallo sopravvivere fino a quando sarà in grado di prendere il potere e ripristinare il regno dei suoi avi.
A te Federico invece chiedo solo una cosa ricordati che tu sei mio, non devi mai dimenticarlo. Tu appartieni a questa terra.
Ti chiamerai anche Federico Hohenstaufen,  ma sei un Altavilla.
 
  
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