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Autore: Justanotherpsycho    21/01/2013    1 recensioni
«Cosa stai facendo qui?»
«Partecipo»
«Perché?»
«Perché adoro i funerali... mi fanno sentire vivo...»
Genere: Generale, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un Funerale Un cielo grigio avvolgeva la scena con mesto pudore; un sole, freddo, cercava svogliatamente di penetrare quel mantello di nuvole che scorrevano in una rivisitazione celeste di una marcia funebre.
Freddo, sulla pelle e nell'anima.
Un barlume di calore: lacrime che gli affollavano gli occhi, facendoli bruciare.
E ne sentiva un altro di calore, più diffuso, al livello del petto; abbassò lo sguardo come non sapesse di cosa si trattava. Era la sua ragazza, riversa su di lui, che sembrava stesse cercando di piangerli direttamente nel cuore, come se ce ne fosse bisogno.
All'inizio provò un moto di affetto ed empatia verso di lei, che gli scavò lentamente un sorriso sulla bocca.
 
Ma poi, bruscamente, mutò parere: che ragione aveva lei di piangere! Non era suo padre quello chiuso in una cassa qualche metro davanti a lui!
Un moto di disprezzo e disgusto si fece strada nelle sue viscere, tanto che pensò anche di scrollarsela di dosso malamente, ma poi si trattenne, non sapendo nemmeno per quale motivo.
E tutt'intorno iniziarono a germogliare motivi di fastidio: la cantilena inutile del prete, i piagnistei fasulli della gente intorno e l'ululato del vento su un'erba immotivatamente verde.
Sollevò lentamente lo sguardo a cercare quello di sua madre, ma lo trovò immerso in un fazzoletto di pezza, a soffocarvi le lacrime.
Lei forse era l'unica che potesse capire... L'unica a cui suo padre mancherà quanto mancherà a lui...
Però il dubbio si insinuò anche in quell'immagine... non poteva fare a meno di notare le somiglianze tra il suo pianto a dirotto e quello degli impostori che le sedevano accanto...
 
E mentre pensava ciò, come sangue da una ferita, ritornarono su ricordi di suo padre, felici e non, e ad ogni visione il dolore cresceva sempre di più. Così, dopo aver sbattuto forte le palpebre per scacciarle, decise di distrarsi guardandosi intorno... non che un cimitero offrisse molti elementi di distrazione da quei pensieri...
Ma poi notò qualcosa di strano, un individuo sconosciuto, appostato dietro un albero, che fissava proprio lui.
 
Rimasero lì, a scambiarsi quello sguardo per minuti. Quello non faceva niente, a malapena si poteva dire che sbattesse le palpebre, ma quegli occhi non riusciva a decifrarli, non capiva perché lo stesse osservando così scrupolosamente. Inoltre non indossava vestiti eleganti, neri, che si addicessero ad un funerale, era vestito in un modo completamente anonimo, con pantaloni anonimi e felpa anonima, ma la sua figura, che spuntava per metà da dietro quel tronco, iniziava ad essere inquietante.
Poi, di nuovo d'un tratto, anche lui diventò fastidioso: quale mancanza di rispetto è fare il guardone al funerale di un estraneo!?
 
Questa volta, il moto di rabbia doveva sfogarlo, così si congedò delicatamente dalla sua ragazza e si mise a camminare a passo deciso verso l'uomo, e anche questa volta egli non fece nulla.
Alla fine gli giunse ad un palmo dal naso, erano alti uguali quindi ora i loro occhi si allineavano perfettamente.
«Cosa stai facendo qui?»
«Partecipo»
«Perché? Io non ti conosco e nessuno ti ha invitato»
«Perché adoro i funerali... mi fanno sentire vivo... Non è la stessa cosa per te?»
«Certo che no!» fece indignato, digrignando i denti.
«E allora perché partecipi?»
«Forse non lo sai, ma quello è mio padre!»
«E allora? La domanda è ancora valida»
Trattenne il pugno per miracolo, mentre un'altra lacrima gli scivolò lentamente per il viso.
«Perché piangi?»
«Perché era mio padre, gli volevo bene!» rispose, non riuscendo a credere come qualcuno non lo capisse.
«No, qui non si tratta di tuo padre... che si creda che alla morte si cessi definitivamente di esistere o che si approdi ad una vita ultraterrena e migliore, comunque vada egli ha smesso di soffrire... quindi non è per lui che piangi»
«Ma cosa sei, una specie di strizzacervelli!?» chiese, esasperato.
«Ma se non piangi per lui - proseguì, ignorandolo - per chi allora? Io lo so: per te stesso... Perché sei stato privato di qualcosa, della sua vista, delle cose che facevi con lui e delle parole che vi scambiavate. Puro egoismo. Sei come un bambino, quando la mamma dice che è ora di dormire, ma tu vuoi continuare a giocare, e allora ti lamenti, piangi, e credi che tutto e tutti siano contro di te, con una presunzione ed un egocentrismo tipici dell'infanzia. Quando un bambino si comporta così, bisogna mostragli accondiscendenza?
Guarda quelle persone - disse indicando il capannello in lutto - sono venute qui per te, non per loro stesse. A loro dovresti portare rispetto, perché condividono il tuo dolore, si fanno carico di un fardello che non è il loro, e tutto per colpa del tuo egoismo»
Dopo aver seguito il dito dell'uomo fino alla schiera da cui era uscito poco prima, aveva riletto i loro volti alla luce di queste ultime parole, e un senso di colpa gli attanagliò lo stomaco: non aveva il diritto di odiarle e disprezzarle, quando loro avevano aderito spontaneamente a quel dolore inventato da lui senza un motivo ragionevole.
«Stolti - continuò - hanno compassione di te, non si accorgono che stanno facendo il gioco di un bambino capriccioso...»
«Attento a come parli di loro! Sono le persone che mi sono più care, quindi...» urlò voltandosi verso quello, ma quando ricercò i suoi occhi, quelli erano spariti.
 
Si guardò intorno esterrefatto, ma non trovò nessuno.
Intanto, la folla che circondava la bara di suo padre, che era stata sepolta, si stava diradando mentre il prete chiudeva il suo bel libro.
Venne immediatamente raggiunto dalla sua ragazza che lo strinse nuovamente, e quel bellissimo calore lo avvolse e pervase tutto, asciugandogli le lacrime e riempiendogli il cuore.
«Come va?» gli chiese dolcemente, con la delicatezza di una farfalla che si posa su un fiore.
«Bene» le sorrise, trattenendo quel "mi sento vivo" che stava per sfuggirgli a tradimento.
  
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