Videogiochi > Resident Evil
Segui la storia  |       
Autore: Mirin    22/01/2013    1 recensioni
//dal II capitolo:
"«Non le ho pagare tutte» ammise, prevedibile, poco dopo in tono di scusa «ma i trafficanti sono uomini cattivi, è la gente più potente nelle città come la nostra perché sono ricchi. Ricchi sfondati.»
«La gente che si arricchisce con la guerra è la più meschina, ragazzino» mormorò Jake, dando un ultimo morso alla mela «ma questo mestiere qualcuno lo dovrà pur fare, no?»
"
ispirato dall'ultimo frammento di cutscene della Ada's campaign.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Redfield, Jake Muller, Leon Scott Kennedy, Sherry Birkin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Jake Muller sbatteva con furia crescente la nuca contro il vetro dello squallido appartamento edone in cui aveva vissuto per lungo tempo assieme alla madre.
In Edonia faceva sempre freddo. Un terribile freddo da cani che rompeva i denti più dei pugni che Jake incassava agli allenamenti cruenti e crudi a cui era sottoposto per diventare un mercenario.
Il ragazzo -ma lo era per davvero, solo un ragazzo?- diede un’ultima, violenta, testata contro la finestra con uno schianto che lo inquietò: com’era possibile non essersi spaccato la scatola cranica con quell’urto così brutale?
La sorte, più che sorridergli, gli ghignava.
Le ginocchia impattarono contro il freddo pavimento lercio e duro come la roccia e la fronte sudata andò a nascondersi contro il ventre della madre, la saliva che gli bagnava le labbra, gli occhi asciutti e le grida nella gola.
Jake Muller si svegliò con delicatezza dal sonno leggero e, confuso, batté leggermente le palpebre nel buio ovattato sentendo qualcosa di senza dubbio setoso ma ruvido accarezzargli i polpastrelli.
Si voltò verso sinistra con il braccio che gli formicolava per la posizione contorta assunta e il collo che gli doleva e, con uno spasimo, riconobbe la figura di Sherry orrendamente rannicchiata su se stessa e il respiro impalpabile che non le sollevava neanche le spalle. Avrebbe voluto scattare verso di lei ma la stanchezza fisica e mentale gli impediva di fare qualunque movimento che non fosse alitare o muovere gli occhi.
Super girl, andiamo, che diavolo ti prende? Alzati. Curati e alzati. Per l’amor di Dio, cazzo, alzati Sherry. Sherry. Cristo santo, Sherry…
Setacciò con una mano il terreno ghiaioso che pungeva il suo corpo e premeva contro la sua carne e fece forza sul palmo per trascinarsi verso la figura quasi immobile della bionda compagna fino a quando non arrivò, gemente ed ansimante come un lurido cane, al fianco di lei.
In verità, e certamente ciò sorprende, per quanto Jake Muller sia abituato ad essere considerato -e a considerarsi- un assassino impietoso, la morte lo terrorizza.
Non la sua, beninteso, né quelle delle persone a cui la somministra, ma quella delle persone che cerca affannosamente di proteggere, come sua madre.
Come Sherry.
Non ricorda più, l’uomo con i capelli rasati, quanto tempo il ragazzino con i capelli lunghi era rimasto a gridare e piangere sul corpo della madre morta. Sarebbe molto romantico dire “con il sorriso sulle labbra” ma suonerebbe di un falso da fare schifo: in realtà sua madre aveva la bocca contratta in una linea dritta ed apatica con una goccia di sangue che, impudica, le macchiava il mento. Accanto al corpo esanime  -sebbene Jake non l’abbia mai scoperto- giaceva nascosto un fazzoletto intriso di liquido scarlatto. Il suo volto era cianotico. Per il ragazzo fu il primo riscontro che i morti freschi non diventavano immediatamente di quel colore grigiastro che aveva visto nelle vittime delle truppe del suo gruppo di mercenari. Nelle salme che tornavano, ovviamente. Era sempre stata pallida sua madre, con i capelli lunghi e biondi, gli occhi azzurrognoli e le guancie scavate che forse, un tempo, erano state persino tonde, rosee e piegate da un bel sorriso. Un sorriso per suo padre, che le aveva lasciato un figlio bastardo da crescere e un cancro corrosivo ai polmoni da combattere. Che gran figlio di puttana.
Il sonno lo vinceva, il dolore delle ossa rotte e dei muscoli provati lo annientava, il terrore gelato che gli strizzava i polmoni sembrava annegarlo. No, no, doveva resistere. Sherry… debole… Sherry… morta?
Quel pensiero bastò a schiarirgli le idee: sapeva cosa fare, resistere fino all’arrivo di qualcuno. Il soldatino-bei-capelli glielo doveva, aveva salvato Sherry una volta, avrebbe dovuto farlo ancora.
Si sforzò di cogliere qualche rumore: il proprio respiro profondo ed incandescente fra i denti, il frinire degli uccelli nascosti fra i rami, i respiri abbozzati, incompleti e spaventosamente veloci di Sherry. Allungò la mano che non era schiacciata sotto il torace per poggiarla sulla bocca della ragazza e con sollievo l’avvertì sospirare sulle proprie dita. Le portò la mano sul collo, poi sul fianco, sull’addome, sul petto, in cerca di tracce umide e calde nei pressi degli organi vitali. Con suo sollievo non percepì niente del genere: almeno esteriormente non c’erano squarci né ferite. Ma l’avrebbe ciò consolato di fronte all’enorme baratro in cui si sentiva precipitare, il baratro che si era originato dall’agghiacciante ipotesi della dipartita della sua compagna?
Agghiacciante…
Hai paura, Jake Muller? Sei davvero così stupido da avere paura?
Il ragazzo con i capelli lunghi si guardava allo specchio incrinato e polveroso. Gli occhi chiari, di un azzurro assolutamente acquoso e screziati di rosso per le vene ingrossate, sembravano supplicare una risposta, quasi chiedessero al pulviscolo di scrivere sentenze per aria che gli spiegassero il perché del suo eterno soffrire.
Allungò una mano verso la lastra di vetro argentea e sfiorò il suo riflesso appena sotto l’occhio destro, toccò la guancia del suo duplicato per vedere se anche quella era bagnata come la propria.
No, non lo era. Era semplicemente fredda, fredda come il ghiaccio. Fredda come il corpo della sua agguerrita mamma, che ora era morta.
Un’idea gli solleticò maliziosa il cervello.
Il respiro di Sherry si arrestò per un momento e Jake si sentì svenire. Si rese conto solo dopo qualche istante che la ragazza stava tentando penosamente di voltarsi verso di lui ma non aveva l’energia necessaria. Con uno sforzo, Jake infilò le dita con cui aveva tastato il corpo della compagna in cerca di ferite nella fessura fra il corpo e il terreno e fece forza per girarla. Lei rispose ai suoi movimenti con un mugugno sofferente. Riuscì solo a portarla supina, gli occhi di lei ridotti a fessure, le labbra rosa pallido dischiuse per permettere al suo fiato gelido di mischiarsi con l’aria.
Il cielo plumbeo color grigio ferro scorreva sopra i boschi dell’Afghanistan e si rifletteva nelle iridi spossate di Jake, incapace di sopportare altra tensione o altra amarezza. Se solo avesse potuto sentire il proprio nome sulla lingua stanca di Sherry, una sua muta supplica, una sua richiesta d’aiuto, forse avrebbe addirittura trovato il modo di mettersi in piedi e proteggerla; ma Jake non aveva forze, non aveva più niente, era nudo, nudo come era sempre stato di fronte a lei.
Faticava ancora a respirare, lei. A lui sembrava di non averlo mai fatto in vita sua.
Qualcosa di caldo ed umido gocciolò lungo la sua guancia ruvida e secca.
Qualcosa di caldo ed umido gocciolò lungo la sua guancia liscia e bagnata.
Il pezzo di vetro rotto continuava ad affondare, correre ed annaspare lungo il lato del suo viso, guidato dalla mano tremula ed insicura di un quattordicenne che si incideva sul volto i segni della propria sofferenza per non dimenticarsene e rammentare a sé stesso come l’affetto sia capace di procurare più morti di una AK-47 in mano ad un ubriaco. Il ruscello di sangue scivolò fino al collo prima che Jake si riprendesse dalla propria trance extracorporea. Con dita rigide sfiorò la lacerazione -sorprendentemente- profonda e veloce tirò fuori la lama rozza ed improvvisata. Tamponò la ferita con il palmo e caracollò in bagno per trovare un qualcosa con cui bloccare il flusso di emoglobina. Premette un asciugamano sporco contro la ferita e assaggiò il proprio sangue per scoprirne il gusto, riconoscere di cosa sapeva quel fluido che era così caratteristico negli esseri umani e che tanto li legava ad altre persone.
Il sangue sa di ruggine e sale e questo Jake lo sa bene. Fin da bambino era stato circondato dal suo odore nauseabondo, spesso se l’era ritrovato sulle mani, sui capelli, persino in bocca. Jake conosceva già da allora il sapore del sangue eppure non si era mai soffermato ad analizzare quello delle lacrime, forse perché le riteneva segno di debolezza e quindi inutili nella sua vita da uomo interessato solo al proprio tornaconto. Eppure era senza dubbio una piccola e salata goccia d’acqua quella che, timida come rugiada e delicata come una carezza, scivolava lungo la sua guancia. Sprigionava un lieve tepore che, sorprendentemente, lo riscaldava. Non è confortevole, almeno per qualche secondo, cedere alla disperazione e rendersi conto di essere umani? Jake si accorse per la prima volta che non solo il sangue era un fluido caratteristico degli uomini, ma anche quelle piccole gocce miti: l’uomo non è fatto solo di morte e vita, ma anche di sentimenti capaci di temprarlo e renderlo quella meravigliosa creatura che potrebbe essere se solo capisse ciò in tempo.
Sentì un tocco leggerissimo sul petto, sopra il cuore. Riaprì gli occhi -quando li aveva chiusi non lo ricordava- incontrando la figura di Sherry, pallida e sopraffatta dalla fatica, che lo incitava senza parole a resistere. Come faceva lei ad essere sempre così ottimista? Per quale motivo semplicemente non si lasciava andare alla sventura, perché sentiva sempre la necessità di dimostrare di essere forte?
Indugiò per un attimo sulla bocca dell’uomo poi con un piccolo gesto esitante cancellò la scia umida generata dalla singola lacrima di Jake. Le sue labbra si arcuarono leggermente all’insù. Batté un paio di volte le palpebre poi si arrese, chiudendo gli occhi.


Blue's noTH:
Oh mio Dio. Prima long in assoluto e su un fandom per me quasi sconosciuto, sono altamente masochista ed autolesionista. In questo capitolo non si capisce molto bene la trama, me ne rendo conto, ma non abbiate paura, entro domani posterò il primo, vero, succoso capitolo che inizierà a fornire le prime informazioni su questa storia originata da questo piccolo cutscene https://www.youtube.com/watch?v=8AbH4jVS1mk che è possibile visualizzare alla fine della campagna di Ada e chi mi ha intrigata non poco.
Ringrazio anticipatamente tutti i lettori e prego di lasciarmi una recensione per allentare il mio nervosismo da pubblicazione LOL.
Piccolissima, microscopica curiosità: il titolo deriva da un verso della canzone Hero dei Nickelback, che sarà per me fonte di ispirazione durante tutta la storia.
Ladie vi ama tutti nonostante sia mezzanotte esatta!
Kiss,
Ladie.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Resident Evil / Vai alla pagina dell'autore: Mirin