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Autore: Niniane_88    22/01/2013    3 recensioni
Parigi, 1896.
La giovane e ingenua Jacqueline sta per annunciare il suo fidanzamento con l'affascinante Claude. La povera Jeannette invece è sofferente per l'assenza del suo promesso sposo che l'ha inspiegabilmente abbandonata davanti all'altare e sembra scomparso nel nulla. Il giovane Henri è preoccupato per la salute del padre. La bellissima modella Fleur cammina senza timore per i vicoli bui della città. In una lontana abbazia qualcuno sta espiando le sue colpe.
Tante storie di vita, apparentemente senza alcun legame tra loro. Intrighi, equivoci, amori e tradimenti le renderanno un'unica storia: quella che state per leggere!
Genere: Commedia, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Capitolo X


Un discreto battere all’uscio costrinse Fleur Boyer ad alzarsi svogliatamente del letto.
- Ma chi può essere a quest’ora? – le chiese Claude, vagamente perplesso. Dopo l’ennesimo, violento litigio causato dalla gelosia della modella per la contessina Jeannette de Meunier, ormai fidanzata ufficialmente a monsieur Renard, si erano finalmente concessi una tregua e si sarebbero senz’altro addormentati ben presto se quel colpo alla porta non li avesse fatti sussultare.
- Non so chi possa essere. Forse qualche altro pittore squattrinato e idiota. – rispose la donna al suo amante.
- E tu mandalo via senza tanti complimenti. -
Fleur fece girare la chiave e socchiuse l’uscio quel tanto che bastava per vedere chi ci fosse all’esterno. Fece per dire che a quell’ora non riceveva nessuno, ma le parole le morirono in gola quando vide innanzi a sé la pallida figura di una donna.
- Madame…? - disse, incerta. Quella donna era un’aristocratica, ne era certa, lei quelle nobildonne le riconosceva all’istante: mantella di lana pesante con bordo di pelliccia, capelli perfettamente in ordine, profumo di cipria, guanti e manicotto.
- Chi siete, madame? – chiese cortesemente alla sconosciuta – Posso esservi d’aiuto? -
- Sono la Marchesa Marie Victorie de Leclerc. – rispose quella, in tono sommesso – Siete voi madmoiselle Fleur Eloise Boyer? -
Leclerc? Ma quello non era il nome della madre della duchessina…?
- Non temete, - disse ancora la dama – non intendo certo prendervi a schiaffi come fece la mia incauta figlia minore. Spero l’abbiate perdonata, era affranta per la sorte toccata alla sorella e ha perso la testa. Io desidero solo parlarvi n momento. -
- Non porto rancore alla bambina. – rispose Fleur, un po’ spaesata. Quella donna voleva parlare con lei? E di che cosa? E soprattutto, perché a quell’ora?
- E’ molto tardi, madame. – si scusò – Domani forse… -
- Domani non potrò tornare. – si giustificò la marchesa, con voce dolce – Porterò le mie figlie a Lione e trascorreremo un mese o forse due con alcuni nostri parenti. Abbiamo bisogno di allontanarci da Parigi, per un po’.  Vi prego di perdonare la mia intrusione, non vi ruberò molto tempo. -
Rifiutare le richieste di un’aristocratica non era mai una buona idea, si disse Fleur. Dunque doveva far entrare in casa quella donna; il problema però, era la presenza di Claude nella sua camera da letto. La marchesa lo sapeva? Era saggio farli incontrare?
No, decisamente no, si disse la modella.
- Venite, madame de Leclerc. – disse quindi ad alta voce, in modo che il suo amante la sentisse chiaramente. – Qui nel mio piccolo salotto potremo parlare tranquillamente. Ma vi prego, sono davvero molto stanca… -
- Come ho già detto non ci metterò molto. – rispose con gentilezza la marchesa, seguendola.
L’appartamento occupato da Fleur era piuttosto grande, anche se tutt’altro che lussuoso. La modella condusse la sua ospite lungo un piccolo corridoio e poi a sinistra, dove si trovava appunto il salotto. Non richiuse a chiave la porta, pensando che si sarebbe liberata presto della marchesa, qualunque cosa volesse dirle: era davvero stanca, dopo la giornata di lavoro e dopo il litigio con Claude. Sarebbero andati avanti così, tutta la vita, fra notti di passione e litigi? E poi, il peggio era che tra un insulto e l’altro non era riuscita a dargli la notizia che aveva cambiato tutta la sua vita.
Giunta al centro del salotto si voltò verso la sua ospite e fece per dire qualcosa, ma un gran fracasso proveniente dalla camera da letto la distrasse.
- Ma cosa…? – esclamò, e fece per lanciarsi fuori dalla stanza.
Due braccia, quelle della marchesa de Leclerc la afferrarono con forza, molta più forza di quanta avrebbe dovuto avere una donna del suo rango, abituata a sete e velluti.
Sbalordita, Fleur cercò di dibattersi, ma prima che fosse riuscita anche solo a rendersi del tutto conto di ciò che stava succedendo, una lama balenò nell’aria e sfiorò la sua gola.
- Attenta, sgualdrinella, non muoverti o potrei farti male. -
Jeannette. Nientemeno che la contessina Jeannette de Meunier stava stringendo tra le mani quella lama, e i suoi occhi erano illuminati da una luce di determinazione che Fleur non aveva mai visto.
- Ma cosa volete farmi? – chiese allora, disperata – Che cosa vi ho fatto? Claude! – chiamò. Dov’era Claude, perché non veniva ad aiutarla?
- Non preoccuparti, ti portiamo noi da lui! – le disse in tono fintamente mielato la contessina, senza allontanare la lama dal suo collo – E non tentare di scappare, non arriveresti neanche alla porta. -
Spaventata, Fleur si lasciò trascinare fuori dal salotto dalle sue aguzzine.
Giunta in camera ebbe un altro shock.
Claude era inchiodato al letto, seminudo e scarmigliato. A tenerlo fermo erano in due: un giovane che Fleur identificò come Jean Michael duca de Chalange e un uomo più maturo che riconobbe con stupore come il dottor Julien Gaillard. 
Ma era Henri Sebastian Dupois, il figlio illegittimo del conte de Rolland a premere una lama lunga e sottile contro la sua gola. E sulla lama, Fleur vide spiccare con orrore lo stemma della famiglia Rolland.
Che diavolo stava succedendo?
- Claude?! – gridò, ma la lama del coltello brandito dalla contessina si avvicinò in modo inquietante al suo collo, mentre la spada di Henri insidiava sempre più la gola di Claude.
- Non gridare. – ordinò Jeannette – O qui qualcuno si farà del male. -
Fleur tacque, atterrita e si limitò a supplicare Claude con lo sguardo. Lui però non accennava a muoversi: per la prima volta da quando lo conosceva Fleur lo vide veramente impaurito. Era disarmato e senza spada, o senza pistola era un uomo come gli altri, non era dotato di una forza fisica eccezionale e certo non avrebbe potuto liberarsi dalla morsa delle braccia del duca e del dottore. Non con la lama di Dupois puntata alla gola e più che pronta per un colpo fatale…
Fu proprio Henri a prendere la parola, in un sussurro che risuonò come un grido nella stanza silenziosa.
- Vogliamo sapere molte cose. La prima: che cosa è accaduto al marchese Maximillen Cleménte de Blanchard. Voi lo sapete, non è vero? -
Claude negò immediatamente. – Non ne so nulla. – disse con voce roca – E’ scomparso senza avvertire nessuno… -
La voce di Jeannette lo interruppe. Fleur sobbalzò quando la giovane si rivolse direttamente a lei:
- Tu ne sai niente? – chiese, tagliente – Se sai qualcosa parla e in fretta… o lui muore. - 
Fleur avrebbe voluto con tutto il cuore possedere in quel momento il coraggio di cui si vantava spesso. Era mai stata coraggiosa, davvero? Aveva sempre pensato di esserlo stata, in molte situazioni. Ora capiva di non essersi mai trovata davvero in pericolo:non aveva mai affrontato una prova come quella.
La lama che premeva sulla pelle di Claude, il suo amato Claude, le faceva troppa paura. Era certa che Jeannette non scherzasse: Henri Dupois aveva un’espressione davvero truce dipinta in volto. E lei non poteva far nulla, anche lei era minacciata e le braccia della marchesa (ma quanto era forte quella maledetta donna?) continuavano a bloccarla, insieme alla lama del coltello di Jeannette…
- Il marchese sapeva dove il conte de Rolland aveva nascosto il testamento, perché aveva fatto da testimone per il notaio. – disse in un soffio.
- Non dirglielo! – urlò Claude.
Fleur non gli badò. – Ha detto a Claude dov’era e che cosa c’era scritto, perché pensava che il conte sragionasse quando parlava di voler riconoscere suo figlio. Hanno corrotto il notaio in modo che dichiarasse il documento non valido, il marchese ha speso molti soldi per questo. –
- Tu menti! – sibilò Jeannette inorridita.
- Io non mento, è tutto vero! – continuò Fleur, disperata – Il marchese poi si è pentito di ciò che aveva fatto ed è fuggito per la vergogna, ecco cos’è successo! -
Gli occhi di Jeannette erano ridotti a due fessure.
- E dov’è andato? – sussurrò in tono glaciale.
- In Italia, all’abbazia di Montecassino. -
- Molto bene! – annunciò il duca de Chalange – Adesso diteci cosa c’era scritto nel testamento e dov’è finito. -
- Fleur, non dirgli niente! – implorò Claude dal letto – Piuttosto morirò. -
La donna non riuscì a credere alle proprie orecchie. Claude era disposto a morire per un testamento? Era pazzo, forse?
Beh, lei non l’avrebbe permesso: anche se era un bugiardo, un ricattatore, un arrampicatore sociale, un seduttore incallito e un giocatore d’azzardo lei lo amava ugualmente. E proprio in quel momento, alla presenza di tanti estranei, di cui tre uomini, con la minaccia incombente della morte, sentì che doveva dirgli tutto.
- No, Claude, io non posso permettere che tu muoia. Io sono incinta! -
La sua rivelazione fu seguita da un silenzio sbalordito. Forse fu solo una suggestione, ma le parve che la braccia della marchesa allentassero appena la presa su di lei, come se la sua nemica, in qualche modo, si fosse impietosita e non volesse farle del male quanto prima.
Fleur pensò, per un istante, che forse avrebbe potuto provare a liberarsi, ma poi rinunciò al proposito: ormai aveva parlato ed era inutile tentare di rimediare. L’importante era salvare la sua vita, quella del bambino che portava in grembo e quella di Claude.
- Il testamento è ancora in mano al notaio. C’è scritto tutto: il conte ha lasciato ogni cosa al suo unico figlio, incluso il titolo nobiliare. - disse.
Vide la mano di Henri tremare appena, ma il giovane non allontanò la spada da Claude.
- Denunceremo il notaio alla polizia. – disse invece – Faremo in modo di non coinvolgere il marchese de Blanchard, se sarà possibile. Claude Laurent Renard sarà incarcerato per corruzione. -
- No! – singhiozzò Fleur.
- Pensate che potremmo evitare di coinvolgerlo? – disse con gentilezza sincera il dottor Gaillard, parlando per la prima volta – No, madmoiselle, è impossibile. -
- E allora incarcerate anche il marchese! – proruppe Fleur angosciata – Perché a lui dev’essere riservato un trattamento speciale? -
- Perché ha agito in buona fede, a differenza di quest’uomo. – rispose Henri – Il marchese è stato uno sciocco e indubbiamente non ha valutato bene la situazione prima di agire, ma era sinceramente convinto che il conte non avesse affatto un figlio. Nessuno sapeva della mia esistenza, in quanto suo discendente, fino a pochi mesi fa. -
- Il marchese è stato un bell’idiota. – commentò il duca – Intanto vedremo di scoprire che ne è stato di lui, poi decideremo sul da farsi. -
- E ora andiamocene di qui. – concluse Henri – Consegneremo quest’infame alla polizia insieme al suo complice. -
- Lasciate almeno che gli parli un momento da sola… - implorò Fleur. Non riusciva a credere che stesse accadendo tutto ciò, doveva essere per forza un brutto sogno.
- Lasciate che si salutino. – disse inaspettatamente la marchesa. – Noi saremo tutti qui fuori. – aggiunse.
- E questo lo prendo io! – disse allegramente il duca, afferrando il pugnale di Claude che giaceva inutile su di una cassapanca.
- Anche questa. – aggiunse il dottore, appropriandosi della pistola, anch’essa posata lì accanto.
- Io resto qui. – disse Henri – non mi fiderò mai e poi mai di Claude Renard. – E si piazzò accanto alla finestra, sempre brandendo la sua spada.
Fleur capì che non aveva altra scelta che salutare Claude in quelle condizioni. Quando tutti tranne Henri furono usciti gli corse incontro e si gettò tra le sue braccia, piangendo.
Claude la strinse forte.
- Davvero sei incinta? – le chiese.
- Sì, davvero. Un mese, credo. -
- Perché non me l’hai detto? -
- Volevo dirtelo stasera… -
- Mi dispiace moltissimo, Fleur. Non potrò vederlo quando nascerà. Però tornerò presto, vedrai e lo cresceremo insieme. Mi aspetterai? Ti giuro che tornerò. -
- Ti conviene. Perché se non tornerai, appena uscito dal carcere, io verrò a cercarti e ti ammazzerò con le mie mani! -
Claude rise.
- Tornerò, non temere. Sii forte. -
- Lo sarò. -
- E… Fleur? -
- Sì? -
- Io… credo di amarti, dopotutto. -
Non era proprio la dichiarazione che aveva sognato per anni, si disse Fleur con immensa tristezza, ma era meglio di niente.
- Addio Claude. Abbi cura di te. – mormorò.
Poi, scortati da Henri, lasciarono insieme la stanza.


 
- Sono tornati! – trillò Jacqueline.
Elenoire saltò giù dal letto e un attimo dopo le due sorelle correvano ad aprire il portone d’ingresso. Non avevano potuto dormire, naturalmente: erano troppo in ansia per la loro adorata mamma e per i loro fidanzati, valorosi e intrepidi, e anche per la loro amica Jeannette e per il caro dottor Julien. 
Le due fanciulle volarono letteralmente tra le braccia di Jean Michael e di Henri e poi in quelle della marchesa.
- E’ tutto finito? – chiese Elenoire, eccitatissima – Davvero? - 
- Davvero. – confermò Henri, con un sorriso luminoso. – E’ finita. -


 
Non era davvero finita: Claude era stato arrestato immediatamente, dopo che Henri e gli altri lo avevano condotto fuori dalla casa della sua amante, ma il giorno seguente all’evento, si dovette cercare alla svelta il notaio che era stato suo complice, monsieur Marius Picard. L’uomo, venuto chissà come a conoscenza dell’arresto di Renard tentò di lasciare la città, ma venne fermato ben presto, quando aveva appena raggiunto la periferia.
Il testamento del conte de Rolland venne rinvenuto e con esso tutte le prove che indicavano Henri Sebastian come suo figlio legittimo ed erede di tutte le sue sostanze.
Due settimane dopo, quando Henri si era ormai stabilito al palazzo de Rolland e ogni dubbio sulla sua situazione era stato chiarito, una piccola comitiva partì per l’Italia, diretta all’abbazia di Montecassino: Jeannette, insieme alla sua cameriera personale e a sua madre, Julien, Jean Michael e lo stesso Henri.
Incontrare il marchese de Blanchard non fu semplice, all’inizio, perché in quei lunghi mesi aveva si era trasformato in… frate Giovanni, un oscuro personaggio nato in Italia, ma di origini francesi che si era rifugiato all’abbazia per vivere in solitudine e in contemplazione.
Quando Jeannette lo vide, riconobbe a malapena il suo promesso sposo: Maximillen era stato un ragazzo esuberante e sempre vivace; frate Giovanni era serio e composto, aveva occhi tristi e le labbra curvate da una piega di rassegnazione.
- Mia cara Jeannette. – esordì – Che Dio vi benedica. -
Jeannette non aveva fatto altro che pensare al momento in cui l’avrebbe riabbracciato, ma dinnanzi a quel saluto formale non seppe più come comportarsi.
- Maximillen… - disse con voce tremante – Sono così felice di ritrovarti vivo… -
- So che siete molto adirata nei miei confronti, cara. E avete perfettamente ragione: il mio comportamento è stato ignobile. Quello che ho fatto… -
- So quello che hai fatto. – lo interruppe Jeannette, dandogli del tu come era sempre stato e chiedendosi perché mai egli si ostinasse a darle del voi – So tutto. Non temere, io ti ho perdonato, anche se a causa tua ho sofferto enormemente. Se non fosse stato per le cure del dottor Gaillard, a quest’ora sarei morta e quando ho scoperto la verità sulla tua fuga ho sofferto ancor più di prima. Oggi però sono così felice di rivederti da essere disposta, non solo a perdonarti altre mille volte, ma a dimenticare tutto ciò che è avvenuto. -
- Mia cara, questo vi rende pura e degna di grande rispetto e ammirazione. Dio non mancherà di ricompensarvi per questa vostra bontà. Io però sono ormai segnato: l’unica possibilità che mi resta è espiare le mie colpe in questo luogo santo. -
Jeannette rabbrividì. Come parlava Maximillen?
- Oh no, ti prego, non devi dire così! Tu potrai uscire da qui! Il vero conte de Rolland, Henri, non intende muovere alcuna accusa contro di te, farà in modo di non coinvolgerti nell’inchiesta giudiziaria. E io sono certa che ci riuscirà. Vedrai, potrai tornare a Parigi, o se preferisci andremo altrove, l’importante è che ci andiamo insieme… -
- Jeannette, l’offerta del conte è molto generosa, ma io non la posso accettare. Mi vergognerei a tornare nel mondo dopo essermi comportato in modo tanto vile. E poi, credo che il conte sappia che il modo migliore per non coinvolgermi in alcuna inchiesta sia che io resti qui, dove nessuno sa chi sono. Infine, come vedi, ho preso gli ordini sacri. -
- Ma… dev’esserci un altro modo… - implorò la contessina, disperata.
- Non c’è altra via, Jeannette. E poi, voi non meritate di trascorrere la vostra vita con un uomo che una volta vi ha abbandonata il giorno delle nozze per scappare dalle sue azioni. Voi meritate di meglio: siate felice, sposate qualcuno che sia degno di voi e non rattristatevi per me. Io qui sento di essere al mio posto. Se dovessi tornare in Francia sarebbe un inferno per me e per voi, naturalmente e io non voglio che questo avvenga. Andate, Jeannette: io non vi dimenticherò mai, sarete sempre nelle mie preghiere. -
- Non posso lasciarti qui! – esclamò ancora Jeannette, ma ormai cominciava a capire che non sarebbe riuscita nel suo intento di far uscire dall’abbazia il suo amato. Doveva guardare in faccia la realtà: il marchese de Blanchard, l’uomo che lei aveva amato non esisteva più. Il frate, sereno e austero che aveva di fronte era un’altra persona, un perfetto estraneo. Se l’avesse trascinato fuori di lì, sarebbe tornato mai ad essere ciò che era un tempo? No, Jeannette non lo credeva possibile: era troppo cambiato.
- Ebbene, se non c’è altra soluzione, farò come dici. – gli rispose, sforzandosi di sorridere – Anch’io pregherò per te e sarò felice, come tu desideri. Addio… -
- Addio, Jeannette. -
E con un gesto benedicente, frate Giovanni si allontanò.
Jeannette e i suoi compagni lasciarono l’abbazia il giorno stesso. Ad un certo punto, durante il viaggio, Julien si accostò alla sua amica.
- Farete come vi ha chiesto? Vi sforzerete di essere felice? -
Inaspettatamente Jeannette sorrise.
- Sì. – rispose, sicura – Mi sforzerò di esserlo. -
Ma Julien non poteva immaginare che cosa intendesse dicendo questo.


 
*          *          *


Nel corso dei cinque anni successivi, la famiglia de Chalange fu sulla bocca di tutti grazie ad alcuni avvenimenti che la portarono ad essere la più in vista del momento. 
Sei mesi dopo i fatti sin qui narrati, la duchessina Jacqueline Ophelie sposò il conte Henri Sabastian de Rolland, diventando così la nobildonna più ricca e importante della città. Gli sposi si stabilirono al palazzo del conte e nonostante il prestigio e il fascino che esercitavano su tutti, condussero fin da subito una vita piuttosto ritirata, soprattutto dal momento in cui Jacqueline scoprì di attendere il suo primo figlio.
Tre anni dopo, anche la duchessina Elenoire Denise sposò l’amato cugino Jean Michael, dopo un fidanzamento insolitamente lungo. Del resto, i due si erano fidanzati quando la fanciulla aveva appena quindici anni e non sarebbe stato possibile farli sposare troppo presto. Si stabilirono nella casa del piccolo duca, perché, anche se la marchesa li aveva pregati di restare con lei, e Jacqueline aveva assicurato loro che lei ed Henri sarebbero stati felici di averli a palazzo, desideravano avere una casa che fosse soltanto per loro.
La vera sorpresa, comunque, avvenne l’anno seguente, il 1900, l’anno dell’Esposizione Universale: anche la marchesa Marie Victorie de Leclerc si risposava, ponendo fine alla recente solitudine che aveva seguito i matrimoni delle sue figlie. Lo sposo era un eroe della guerra franco-prussiana, il generale François Marcel Dubois, che la marchesa aveva conosciuto in gioventù e del quale era stata innamorata. Un solo incontro, nel caos dell’Esposizione, era stato sufficiente a farli innamorare di nuovo e questa volta, il generale poteva ambire alla mano di Madame de Leclerc che essendo vedova e non più soggetta alla tutela di genitori rigidi e bigotti era libera di accettare la sua proposta, cosa che fece con grande gioia e con la benedizione delle figlie.
Il dottor Gaillard, al contrario, non si sposò mai: continuò a svolgere il suo onorevole lavoro per moltissimi anni e nessuno seppe mai con certezza se la contessina Jeannette, non più contessa, ma suora presso il convento delle Clarisse di Assisi, fosse rimasta nel suo cuore. Fece però qualcosa di diverso: divenne tutore di Fleur Boyer e del suo bambino, nell’attesa che Claude uscisse dal carcere. La giovane donna non aveva alcuna colpa in ciò che era avvenuto: infondo, era solo una ragazza bella e sfortunata, che si era innamorata di un uomo indegno di lei. Tra Julien e Fleur nacque una tranquilla e sincera amicizia che continuò negli anni a venire, anche quando ella divenne moglie di Claude e insieme al loro bimbo emigrarono in America.
Jeannette fece davvero ciò che il suo amato le aveva chiesto: scoprì di essere felice nel tranquillo convento assisano, dove poteva sentirsi più vicina a lui e vivere isolata dal resto del mondo. Ricordava il tempo in cui aveva amato partecipare alle feste e danzare, danzare…
Per lei quel tempo era finito, ma sentiva che era giusto così. Jacqueline avrebbe danzato ancora, felice, insieme a Henri; Elenoire, naturalmente, Jean Michael, Julien, perfino la marchesa e anche sua madre, la contessa de Meunier.
Jeannette pensò spesso a tutti loro, con affetto e gratitudine per tutto ciò che avevano fatto per lei.
Non rimpianse mai il tempo delle danze, il tempo del valzer.
 
 
FINE

 

 
Buongiorno a tutti!!
Non ho molto da dire, se non ringraziare chiunque sia arrivato alla fine del capitolo e quindi anche della storia! Ho scritto questo racconto più per me stessa che per i lettori di efp, a dire il vero, ma sono comunque contenta che abbia avuto un po’ di successo. Un particolare ringraziamento a: Camilla L, Dills Nightmare, Roweena, Petite Usagi, Alice Nekkina Pattinson e Darkry. Grazie anche a tutte le persone che hanno messo la storia in qualche lista! Aspetto di sapere cosa ne pensate adesso che è finita.
La mia prossima storia sarà molto diversa da questa, vi avviso già. Non ho ancora scelto il titolo perciò non posso pubblicizzarla, ma comparirà presto nella mia pagina autore!
A presto, alla prossima storia, e buona giornata a tutti!
 
Niniane
 
 
 
 
   
 
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