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Autore: Lotiel    22/01/2013    6 recensioni
Due vite che si incrociano dando sfogo alla passione. Una sola la follia, la fuga di lei dall'amore dell'uomo. Una fuga ormai decisa per una promessa fatta tempo fa: non cedere all'amore.
-Devo chiederti prima una cosa.
-Lasciami immediatamente. Non devo dirti nulla.
Neruel si sentiva persa ora che era così indifesa, senza aver modo di liberarsi. Voltò il capo da un lato non avendo il coraggio di guardarlo direttamente in faccia...
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'Autrice: Questa storia l'avevo diversa nella mia mente anche se poi infine ha preso dei risvolti così drammatici. Adoro i finali tragici e questo mi sembrava il migliore per poter concludere la storia. E' ambientata in un mondo che ho creato tempo fa e che naturalmente sto usando per il mio fantasy. Ha fatto parte di un concorso, ma un po' di tempo fa, dove si doveva scegliere una frase per costruire una toria, ed è venuta fuori questa.
Buona lettura!

 

 

La fuga non è mai il sentiero più sicuro. (Eddie Vedder)

 

-Conosci davvero il senso della parola Amore?

L’uomo carezzò il capo della fanciulla accanto a lui e ne guardò i tratti addormentati, sapendo che quella notte lei sarebbe andata via, inghiottita dalla notte cupa, come faceva dopo ogni loro incontro.

Le aveva sussurrato la frase quando lei non poteva sentire. Sembrava che ogni volta che appariva così vicina, lei faceva di tutto per allontanarlo ancora.

L’uomo chinò il capo sul cuscino osservando ancora il viso della giovane. Si chiedeva quando l’avrebbe rivista ancora, ma sapeva che era lei che decideva i loro incontri; lei decideva tutto.

-A presto, mia dolce Neruel.

L’uomo mormorò il suo nome, momento in cui il sonno lo colse e ne distese i tratti già abbastanza incupiti. Non voleva che lei se ne andasse, ma cosa poteva fare per fermarla? Nulla.

La notte arrivò presto e la ragazza si svegliò placidamente tra le braccia dell’uomo, un lieve sorriso era dipinto sul volto di lui che dormiva tranquillo. Niente turbava il suo sonno, nemmeno i leggeri movimenti provocati dalla ragazza mentre si alzava dal letto, liberandosi dall’abbraccio in cui egli l’aveva avvolta.

Rimise i calzoni e la camicia, forse le stava troppo grande, ma andava bene così per lei. La infilò dentro i pantaloni e dalla sedia presa la spada che aveva posato. Una vita fatta di sangue e morte la sua. Una vita da assassina.

Una lacrima scivolò sulla guancia di Neruel che allacciò la cinta dove era assicurata la propria spada. Lasciò che la mano si posasse sull’elsa prima di osservare, nel buio della stanza, il viso dell’uomo. Timidi pensieri riaffiorarono nella sua mente chiedendosi dapprima il motivo per cui quella notte non lo aveva ucciso, poi del perchè aveva finito per invaghirsi di lui.

Scosse il capo adirata con se stessa, un ghigno si disegnò sulle labbra rosse come il sangue che faceva intravedere tutta l’angoscia che ogni incontro le metteva dentro. Sapeva bene di non esserne innamorata, lo usava solo come un giocattolo. Perché allora ogni qualvolta che lo guardava, il pensiero del loro primo incontro, seppure molto distante, le ritornava nella mente?

Neruel rimase lì pochi secondi a contemplarlo, si voltò infine verso la porta e l’aprì stando attenta a non fare rumore. La pesante cappa del mantello scuro calò sul viso oscurandolo del tutto. Uscì consapevole che un altro incontro sarebbe avvenuto, un altro ancora lei ne avrebbe richiesto.

 

Il sole era alto nel cielo e brillava sulla pelle nivea della ragazza, le gocce del proprio sudore riflettevano i raggi dell’astro del giorno. I capelli castani erano legati in una coda disciplinata e il viso era contratto dallo sforzo dello scontro.

Neruel compiva passi veloci verso il suo avversario, nella mano teneva una spada scura come l’ossidiana. Affondava colpi rapidi verso l’uomo di fronte a lei.

Il sudore colava sulla fronte e dal viso si notava che il suo corpo era stanco, ma la sicurezza permaneva nel suo sguardo, una forza di volontà capace di smuovere anche un cuore pavido.

Improvvisamente l’uomo la disarmò con un colpo mirato al debole della spada. La ragazza scivolò sul terreno e si ritrovò la spada puntata alla gola, mentre un ghigno stizzito si disegnò sul suo volto. Era nervosa in quel periodo, forse troppo e questa la rendeva disattenta e debole.

-Finiamo qui la lezione.

Disse l’uomo di fronte a lei ritirando la spada. Era un uomo abbastanza avanti con l’età e nei cui occhi dimostrava la saggezza e la forza cui le guerre l’avevano temprato. Una profonda cicatrice attraversava il suo volto rendendolo cieco da un occhio, un segno che partiva dalla guancia. Il corpo possente e muscoloso denotava un essere dedito alla guerra e alle battaglie e la sua abilità con la spada era nota in tutta Alementhia.

-No, continuiamo.

Sbottò la ragazza raccogliendo da terra la spada scura. Riprese la posizione di difesa posizionando i piedi l’uno di fronte all’altro e le gambe leggermente divaricate e flesse.

L’uomo sbuffò al cielo spazientito alzando le spalle per denotare il gesto, scosse il capo poi riprendendo la posizione d’attacco, lasciando che i suoi attenti occhi castani scrutassero la donna. Un altro rapido colpo meno forte del precedente, le fece perdere l’equilibrio e nuovamente l’assassina finì a terra.

-Ho detto di finirla qui, Neruel.

La ragazza sbuffò accettando di malo modo la mano dell’uomo e piegandosi poi nel raccogliere la spada, riposizionandola nel fodero. L’uomo, senza dire nulla, si avvicinò verso la porta che portava all’interno della fortezza. L’immenso campo d’addestramento era ormai come una casa per lui e si limitò solo a dare una fugace occhiata intorno, scomparì all’interno del bastione senza guardare più la fanciulla.

Neruel digrignò i denti, sbattendo poi i piedi a terra e stringendo le mani a pugno. Lasciava che quei pensieri le scorressero nella mente, senza avere neanche la forza di scacciarli via lasciando il vuoto e l’estasi del combattimento. Scosse il capo energicamente portando poi le mani sulle tempie massaggiandole, angoscia e rabbia si intrecciavano nel suo cuore lasciando una scia di profonda solitudine.

Gli occhi chiari, che sembravano di ghiaccio, guardarono lungo il campo, vicino alla casina dove tenevano le armi necessarie per i combattimenti. Non riusciva a togliersi quell’uomo dalla testa e ogni volta che i suoi pensieri si accostavano ai suoi, le ricomparivano di fronte agli occhi le notti cui si addormentava tra le sue braccia, l’unico posto dove si sentiva sicura e difesa.

Basta, non voleva pensare a quel giorno, mai più. Voleva sentirsi libera di fare ciò che più le aggradava, pensare in un modo suo e non avere nessuno da proteggere o da piangere quando non ci sarebbe stato più.

Sembrava tutto così irreale, da quando l’aveva incontrato non faceva che pensare al giorno in cui lo avrebbe raggiunto. Tutto ciò la rendeva nervosa e questo, in una battaglia, non poteva permetterselo.

Si alzò in piedi di scatto avviandosi verso la porta da dove, poco prima, era entrato il vecchio Bastiel. Riprese l’espressione dura che la caratterizzava, segnata solo dalla severità che accentuava nei suoi tratti, l’insensibilità verso il prossimo che l’aveva sempre distinta; fondamentali caratteristiche per la vita che conduceva.

Il suo continuo pensare a quell’uomo era solo un modo per evadere dalla solita monotonia della vita.

 

La città di Alementhia offriva molte comodità di ogni tipo e il divertimento certo non mancava. L’uomo dal volto coperto avanzava. I suoi capelli bianchi erano raccolti nel cappuccio da dove solo alcune ciocche ribelli fuoriuscivano, il suo viso non dimostrava più di vent’anni e gli occhi verdi e vigili scrutavano ogni angolo della via che stava percorrendo. Si scostava da ogni passante troppo vicino che lo toccava involontariamente, gli dava fastidio la luce solare e osservava le insegne per poter individuare una locanda. Il passo era un po’ stanco per il lungo viaggio che aveva intrapreso e sembrava che il giorno gli risucchiasse tutte le energie.

La locanda distava solo qualche metro e, appena giunto alla porta, un pensiero lo sfiorò come una carezza.

Chissà se lei lo avrebbe trovato.

Lei che sembrava seguirlo come un’ombra, riusciva infine sempre a rintracciarlo.

Pagò la stanza e si portò di sopra, dove l’oste gli aveva indicato. Era una taverna semplice e senza tante decorazioni, uno stile contadino che denotava la semplicità di quella via che portava insegne anche fin troppo invisibili.

Si distese sul letto con gli occhi rivolti verso l’alto, fece un sospiro profondo ricordando il viso di lei che sembrava sempre irraggiungibile, sembrava sfuggirgli sempre quando tentava di tenerla legata a sé. Lui l’amava e lei lo sapeva, ma era troppo orgogliosa per poterglielo permettere.

Posò le mani sotto il capo e si addormentò infine, lasciando che sul suo viso si leggesse un po’ di tristezza per l’ultimo pensiero che gli aveva attraversato la mente.

 

Le labbra che sfioravano le sue, le mani che toccavano il suo corpo ancora assopito. Neruel accanto al suo corpo cercava di risvegliarlo nel modo più sensuale che conosceva. La donna sapeva dove sfiorare l’uomo per fargli sentire i brividi che molte volte lo avevano fatto impazzire.

-Elienti, mio caro.

Disse Neruel in un sospiro, prima di andare a posare le sue labbra su quelle di lui. Ne sentì il dolce e l’amaro, la sensibile e un po’ rude dimostrazione che lei voleva essere la più forte. La lingua penetrò nella sua bocca con violenza e i pensieri di Elienti furono bloccati da quella forza che aveva messo a quel nuovo incontro.

La prese per le spalle, discostandola di poco dal suo corpo, lasciando che le labbra ora sfiorassero quelle di Neruel. Lui aveva ben altro in mente per quella sera e nulla gli avrebbe fatto cambiare idea, anche se il dolce risveglio che Neruel gli aveva donato, lo aveva inebetito come una droga.

Sentiva un grande peso sul cuore, ma doveva sapere del perché lei scappava ogni qualvolta la loro passione aveva trovato sfogo in un abbraccio di corpi.

La stese sotto di sé bloccandole le gambe con le proprie. Neruel non si accorse di nulla finché non fu nella condizione di non potersi muoversi. Lei si divincolò per cercare di liberarsi, ma tutto sembrava inutile nel sentire la salda presa dell’uomo sui polsi.

-Lasciami.

Sibilò lei capendo subito le intenzione di Elienti, continuava a muoversi senza successo e la presa dell’uomo si faceva sempre più salda, senza darle scampo.

-Devo chiederti prima una cosa.

-Lasciami immediatamente. Non devo dirti nulla.

Neruel si sentiva persa ora che era così indifesa, senza aver modo di liberarsi. Voltò il capo da un lato non avendo il coraggio di guardarlo direttamente in faccia. Sentiva che il cuore le si stava spezzando, contravvenendo a tutto ciò in cui credeva. Non voleva rivelare che in verità Elienti le mancava e che il suo pensiero era sempre presente. Voleva solo essere libera.

-Sarai libera di andare solo se sarai sincera nel rispondere alla mia domanda.

Neruel chiuse gli occhi, senza guardare in volto Elienti che l’osservava con malcelata angoscia, un sentimento che sembrava ormai dominarlo da qualche giorno. Fece una pausa prima di continuare, sembrò che fosse passato molto tempo da quando aveva parlato.

-Dimmi, perché scappi sempre?

Le sue parole risuonarono dure, un tono che avrebbe voluto evitare e che, senza accorgersene, aveva fatto scaturire dalle labbra. Quella stessa bocca tremava nel dirle tutto ciò che l’attanagliava e si sentiva strano mentre parlava. Pensava a tutto e a niente in quel momento.

Neruel lo osservò negli occhi chiari e non rispose, si limitò solo a guardarlo. Ormai non voleva nemmeno combattere per liberarsi. Niente l’avrebbe costretta a rivelare ciò che più le premeva e che nascondeva dentro di sé.

-Sai che se non mi rispondi non ti muoverai da qui?!

Elienti lasciò che nel suo tono trasparisse un po’ di quella malizia che stava cercando di chiudere dentro sé stesso, sorrise appena quando vide nel viso di Neruel un momento di cedimento. La ragazza sbuffò accorgendosi del momento in cui si era sentita debole, l’aveva notato anche lui e questo le aveva fatto provare un senso di disagio, come se fosse stata nuda di fronte a lui che la guardava.

-Non puoi obbligarmi a rimanere.

La ragazza sorrise appena per mascherare la sua tristezza, senza dar adito alle sue minacce. Mosse appena il busto per sistemarsi più comodamente.

-Sì che posso. Basterà solo non muovermi da qui.

Chinò il capo verso lei e tentò di baciarla, un bacio che andò a vuoto. Un profondo sospiro e poi si spostò, lasciando che Neruel si liberasse. Infine lasciò la presa dalle sue braccia, spostandosi su un lato del letto. Lei sguisciò via in un momento, giusto il tempo di sguainare la spada e puntarla contro il collo dell’uomo.

-Forse ho sbagliato a non ucciderti quel giorno.

Il respiro di Elienti era diventato irregolare e donò un rapido sguardo al viso di lei, che cercava di evitare i suoi occhi. Non conosceva appieno la persona che gli stava di fronte. In quel tempo in cui erano rimasti insieme aveva soltanto cercato di soffermarsi sull’aspetto esteriore, aveva evitato di conoscerlo più a fondo ed era così infatti che continuava a fare. Non le importava di ciò che lui poteva offrirle, voleva solo far finta che Elienti in quel momento non esistesse.

Ripose la spada nel fodero e sospirò, voltò le spalle all’uomo che fece qualche passo verso Neruel. Lui voleva fermarla, ma sapeva che era tutto inutile, avrebbe sicuramente rifiutato ogni parola e ogni sentimento che sarebbe potuto uscire dalla sua bocca.

Chinò il capo rassegnato ad ormai quel destino che vedeva senza di lei. Fece poi un ultimo tentativo per poter riuscire a guadagnarsi almeno un altro incontro.

-Sappi una cosa, Neruel. – disse sospirando pesantemente, -La fuga non è mai il sentiero più sicuro.

Lei si soffermò per qualche attimo, mentre la mano sinistra si posava sull’elsa della spada usandola solo come appoggio. La mano destra andò a coprire il viso dove un piccolo sorriso le comparve sul volto. Stava cercando di sembrare il più fredda possibile, ma sembrava uno sforzo sempre più grande ogni singolo momento che passava.

Neruel stava lasciando Elienti per semplice orgoglio, la decisione l’aveva già presa tempo prima, quando si era preclusa il lusso di amare qualcuno. I passi lenti si avvicinarono alla porta, Neruel aprì la porta che l’avrebbe condotta verso la scelta che aveva fatto da tempo.

Il motivo per cui faceva questo era solo una promessa fatta tempo fa a se stessa. Essere libera da qualsiasi legame e vivere senza badare a nessuno.

Stava fuggendo, era solo una codarda.

Anche se quell’abbandono le faceva male, doveva farlo. Per quell’unico e semplice motivo che l’animava ormai da tempo.

Uscì dalla stanza lasciando un Elienti incredulo e triste, strinse le mani a pugno senza dire più niente, una sola lacrima scese sul suo viso lasciando che lei se ne andasse.

Ormai non sapeva più che fare e si stava arrendendo al destino che tutti e due si erano decisi da soli.

 

Erano passati ormai anni da quel giorno in cui si erano detti addio, ma nulla gli aveva impedito di vivere le loro vite come avevano sempre desiderato.

Era notte quando l’uomo di sedette su quel prato.

Elienti si avvide della presenza di qualcuno proprio dietro le sue spalle, ma non si voltò nemmeno. Era consapevole del destino che quel giorno avrebbe segnato la sua vita. Gli puntarono la punta di una spada contro la schiena, il suo volto era rassegnato e aspettava la morte come se fosse stata una cosa naturale.

-Cosa aspetti?

Sentì un’esitazione dietro di lui. Nemmeno quando si alzò la lama trafisse la sua carne e volgendosi ne vide il viso della persona che avrebbe voluto legare a sé tempo fa. Neruel era in lacrime davanti a lui, segno di un ordine impossibile da contestare.

-Devo farlo.

La mano però tremava a solo tenere la lama puntata contro Elienti. Lo osservò in viso e lo vide avvicinarsi non riuscendo a far nulla per fermarlo. Non si accorse del pugnale che aveva in mano, estratto dalla manica della camicia scura.

Lui l’abbracciò. Neruel aveva abbassato la spada scivolandole dalle dita affusolate, spostò le mani lungo i fianchi cercando di fermare ciò che non voleva che lui vedesse.

Gli occhi improvvisamente si sgranarono quando la lama le penetrò nello stomaco, lasciando che Elienti lo facesse senza nemmeno tentare di fermarlo. Le mani andarono ad afferrare il manico del pugnale senza estrarlo, le lacrime cessarono anche di uscire dagli occhi di ghiaccio della ragazza che si accasciò a terra senza dir nulla, sembrava quasi sapesse che sarebbe successo.

-Questo è l’unico modo per legarti a me, per sempre.

Le parole di Elienti risuonarono come un sussurro alle orecchie di Neruel che stesa a terra respirava a fatica. Lei guardò l’uomo chinarsi verso di lei ed avvicinarsi al suo viso.

-Così non scapperai mai più.

Infine Elienti posò le labbra su quelle di lei rubandole l’ultimo respiro; lasciando che l’ultimo sospiro di lei gli entrasse nella bocca come a volerne rubare l’anima. Neruel morì in quello stesso istante.

Elienti, afferrò il pugnale che aveva legato alla sua cintura, se lo puntò al petto.

-Ora compirò io stesso il tuo compito.

Elienti trafisse il suo corpo, spaccando il suo cuore a metà. Si accasciò accanto a lei che aveva amato fino alla fine e alla quale era riuscito a rubare anche l’anima.

La fuga non le era servita a nulla e lui l’aveva avvertita tempo prima, aveva rinunciato a tutto per lei e si era tolto anche la vita che lei stessa gli avrebbe strappato.

Infine lì, Elienti e Neruel morirono, l’uno accanto all’altra. Egli ne osservò il viso fino a quando i suoi occhi non si spensero nell’ultima essenza di vita.

 

Fine

   
 
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