Disclaimer:
K Project non mi appartiene in alcun modo; altrimenti, questa fan fiction sarebbe
l’inizio della seconda stagione dell’anime.
Spoiler:
si svolge immediatamente dopo la fine della prima serie anime, quindi spoiler
su tutti i primi 13 episodi.
[K]
Forever King
Scritta
da Eternal Fantasy
Sorgeva l’alba sul campo di battaglia devastato in
cui il giorno prima si era trasformata l’isola che ospitava il campus del Liceo
Ashinaka. Nella fredda luce del mattino invernale, un piccolo gruppo di persone
avanzava tra le macerie in direzione del tempio diroccato nel cuore di ciò che restava
di un bosco lussureggiante, teatro dell’ultimo scontro fatale tra i Re.
La guerra che si era appena conclusa era stata uno
scontro senza precedenti: quattro Spade di Damocle si erano levate nel cielo,
simbolo di quattro Re in lotta all’ultimo sangue ognuno per le proprie
motivazioni. Il Re Senza Colore, istigatore del conflitto, il cui potere di
impossessarsi dei corpi altrui l’aveva condotto alla follia e alla brama di onnipotenza;
il Re d’Argento, da sempre neutrale, trascinato in prima persona contro la sua
volontà nel tumulto e deciso a porvi fine; il Re Rosso, mosso dal desiderio
implacabile di vendicare un amico assassinato; il Re Blu, che in nome della
giustizia voleva sia sostituirsi al proprio rivale, sia evitare il suo
sacrificio.
Di quelle quattro Spade, tre erano irrimediabilmente
svanite quel giorno.
Il gruppo che marciava lentamente nella neve, con
passi resi pesanti dal dolore e dalla tristezza, era lì proprio per recuperare
l’unica cosa importante rimasta: il corpo del Re Rosso, Mikoto Suoh.
Erano guidati da Izumo Kusanagi, secondo in comando
del Clan Rosso, ultimo superstite dei tre fondatori di HOMRA, proprietario del
bar che portava lo stesso nome. Il solo pensiero che gli permetteva di
combattere la sofferenza che sentiva straziargli il cuore era proprio la
consapevolezza di essere rimasto l’unico in grado di sostenere i suoi compagni;
lui era quello che conosceva Mikoto da più tempo, e al quale lo stoico sovrano
aveva fin da subito affidato le redini della disciplina all’interno del suo
turbolento gruppo di seguaci. Ora il Clan Rosso si era estinto col proprio Re,
ma la grande famiglia di HOMRA sarebbe esistita finché i suoi membri fossero
rimasti uniti.
Il nucleo incrollabile di quella famiglia era lì con
lui: Misaki Yata, Rikio Kamamoto, Shohei Akagi e Saburota Bando, Yoh Chitose e
Masaomi Dewa, Kosuke Fujishima ed Eric Sutr. Tutti loro lo seguivano in
silenzio con gli occhi ancora arrossati dalle lacrime e i volti pallidi per il
dolore; ma le loro espressioni erano ferme e determinate a dare gli ultimi
onori funebri all’uomo che li aveva salvati, accolti e aveva dato loro una
ragione di vita.
Li seguiva, silenziosa per rispetto alla loro
perdita, il Vice-Capitano dello Scepter4, Seri Awashima: l’isola era
ufficialmente ancora off-limits, sotto la sorveglianza del Clan Blu; la
presenza dell’ufficiale era quindi necessaria. Il Re Blu Reisi Munakata aveva
concesso l’autorizzazione ai fedelissimi del Re Rosso di recuperarne il
cadavere, ma dal momento in cui si era chiuso nel suo ufficio dopo la
battaglia, non ne era più uscito. Quindi il Tenente si era assunta la
responsabilità di scortare gli uomini fino al luogo in cui riposava il loro
defunto sovrano, accompagnandoli e osservandoli con la massima discrezione.
Perdere il proprio Re era senza dubbio una perdita indescrivibile, lei stessa
non avrebbe mai potuto esprimere l’angoscia che i membri di Scepter4 avevano
vissuto nell’incertezza della sorte del loro comandante; quindi non poteva
neanche lontanamente immaginare la tragedia che rappresentava per un Clan unito
da un legame più forte del sangue qual’era HOMRA.
Il suo sguardo si soffermava soprattutto su
Kusanagi: la strana amicizia che aveva con il barista a volte rivelava
connotazioni che lei stessa non si sentiva pronta ad accettare, ma stavolta non
poteva nascondersi di essere sinceramente in pena per lui. Mikoto Suoh e Tatara
Totsuka erano stati come fratelli per Izumo, e perderli entrambi nel giro di pochi
giorni di certo aveva portato al punto di rottura persino il suo mirabile
autocontrollo. Anche l’assenza di Anna Kushina parlava più chiaro di qualunque
parola: la principessa del Clan Rosso era sicuramente la più segnata dalla
perdita della sua figura paterna, e la donna che si celava sotto l’uniforme blu
della gelida guerriera sperava che la piccola Strain potesse trovare sollievo
nel sapere che i resti mortali del sovrano dalla capigliatura color rubino
avrebbero presto ricevuto un degno funerale.
Al loro ingresso nel piazzale dissestato che
fronteggiava il tempio, tuttavia, li attendeva una sconcertante sorpresa:
parecchi individui col volto celato da mezze maschere in foggia di coniglio giallo
e rivestite da lunghe tuniche nere e oro circondavano l’area, mentre alcuni di
loro erano impegnati a caricare su un elicottero una lettiga che trasportava
una figura coperta da un lenzuolo.
La situazione non poteva apparire più inequivocabile
all’impetuoso Yatagarasu:
“Bastardi! Cosa volete fare a Mikoto-san? Restituitecelo
immediatamente!”
Incuranti del fatto di aver perso i poteri
soprannaturali concessi dal loro Re, i membri di HOMRA si lanciarono
all’attacco, ma vennero immediatamente respinti dalla barriera di energia color
zafferano eretta dai membri del Clan d’Oro.
Il Tenente Awashima, ben conscia di non poter fare
nulla contro gli inviati del potentissimo Re, non si trattenne però dal
pretendere spiegazioni:
“Come responsabile dello Scepter4 in carica di
questa zona di quarantena, chiedo formalmente una giustificazione della vostra
presenza e delle vostre azioni; il Re Blu ha concesso la restituzione delle
spoglie del deceduto Re Rosso ai suoi familiari. Questa violazione delle nostre
competenze è inqualificabile!”
La donna mascherata che sembrava a capo delle
operazioni replicò con tono laconico: “Scepter4 è un organismo governativo, e
il governo di questo Paese risponde al nostro Sovrano. Le sue decisioni sono
insindacabili.” S’interruppe per un istante di riflessione, poi aggiunse: “Sua
Maestà Kokujyoji Daikaku ci ha incaricati di far sapere al Re Blu Munakata
Reisi che è convocato presso il Palazzo d’Oro questa sera. Poiché il vostro
comandante risulta irraggiungibile tramite i normali mezzi di comunicazione,
siete pregata di riferirgli il messaggio.”
Terminato il breve scambio, la donna fece cenno ai
propri compagni di ritirarsi sul mezzo volante, che subito dopo riprese il volo
diretto verso il centro della città.
Gli uomini di HOMRA erano rimasti a terra dov’erano
caduti, mordendosi le labbra e stringendo i pugni fino a sanguinare,
maledicendo l’impotenza mai provata prima che non aveva permesso loro di
proteggere un membro della loro famiglia; era come se sentissero di aver
tradito il fondamentale credo del loro Sovrano.
Indignata dall’atteggiamento del Clan d’Oro, Seri si
chinò d’impulso accanto a Izumo, ancora in ginocchio nella neve:
“Non arrendetevi! Il Capitano Munakata non tollererà
un simile affronto alla memoria di Mikoto Suoh, ne sono certa. Stasera andrà da
loro e li obbligherà a restituirvi il vostro Re!”
Kusanagi rialzò gli occhi, guardandola quasi come se
non la riconoscesse; poi un triste ma speranzoso sorriso si dipinse sui suoi
lineamenti eleganti: “In quanto uomo dovrei vergognarmi di mostrarmi così
debole di fronte a te, mademoiselle; ma il poter ricevere conforto dalla Donna
di Ghiaccio è un onore troppo raro perché possa lamentarmene.”
Un leggero rossore sfumò le guance dell’incrollabile
Tenente, che nascose l’imbarazzo dietro alla sua solita facciata di durezza:
“Se sei ancora in vena di galanterie vuol dire che non sei ancora crollato in
pezzi, quindi tirati su e raccogli i tuoi compagni. Se il Capitano sarà ancora
troppo depresso per uscire volontariamente dal suo ufficio anche dopo questa
notizia, voi teppisti potrete sfondare la porta per convincerlo con la forza.”
Normalmente la sola idea di violare la privacy del suo superiore sarebbe stata
impensabile per lei, ma le malsane circostanze della volontaria reclusione di Munakata
la preoccupavano troppo, e l’intervento anche brusco di HOMRA sarebbe stato
mosso da una più che valida ragione.
Izumo non trattenne una risata di fronte a questa
proposta inaspettata dalla bocca della rispettosa e professionale Seri
Awashima: “Sei davvero spietata, Donna di Ghiaccio. E come farai a spiegare la
nostra presenza nel vostro quartier generale?”
“Potrete dire di esservi intrufolati dall’entrata
principale, che per inciso è stata distrutta dal vostro Re durante la sua
evasione; il sistema di sicurezza è ancora completamente fuori uso, così una vostra
irruzione a sorpresa non potrebbe essere fermata… in quanto agli uomini in
servizio, non appena Fushimi-kun si accorgerà che tra voi c’è il ragazzo da cui
è totalmente ossessionato” lanciò un’occhiata esplicita a Yata “sarà disposto a
passare persino sui loro cadaveri per poterlo sfidare senza intromissioni
altrui.”
Con un bagliore divertito nello sguardo (di cui Seri
non avrebbe mai ammesso di aver sentito la mancanza) e ignorando le
escandescenze indignate del ragazzo con lo skateboard, Izumo annuì: “Direi che
abbiamo un piano, Seri-chan.”
***************
Alla fine non fu necessario abbattere la porta in
solido mogano dell’ufficio del Re Blu. Lo stringato rapporto tramite interfono
di Seri Awashima su ciò che era accaduto sull’isola poche ore prima fu seguito
da alcuni attimi di silenzio innaturale, quasi l’interlocutore avesse smesso di
respirare; poi dall’altoparlante emerse la voce arrochita del suo Capitano, che
le chiese di procurargli un’uniforme pulita e chiamare un mezzo per recarsi
all’incontro.
La vice-comandante si sentì colmare di sollievo, ma
la sua preoccupazione tornò a farsi sentire quando varcò finalmente la soglia
delle stanze del suo superiore per portargli il cambio d’abito. Il colorito
pallido di Reisi Munakata aveva assunto una sfumatura esangue quasi spettrale,
sottolineata dalle ombre scure che gli segnavano il contorno degli occhi e le palpebre; ma la cosa più
terribile era senza dubbio il senso di vuoto che comunicavano le iridi
violette, opache e senza vita come mai le aveva viste prima.
Seri approfittò del fatto che il Capitano si era
ritirato a cambiarsi nel piccolo bagno adiacente all’ufficio per esaminare
rapidamente la stanza: tutto appariva nel consueto ordine impeccabile, ma sulla
scrivania c’era un posacenere traboccante di cicche spente di sigaretta, il cui
fumo acre aveva impregnato l’aria. Non aveva mai visto il suo superiore fumare,
sebbene una volta lui avesse estratto casualmente un pacchetto di sigarette
dalla tasca chiamandole “antistress per le missioni problematiche”. Una rapida
occhiata nel cestino della spazzatura le rivelò che i pacchetti svuotati non
erano della stessa marca di quel giorno; l’intuito femminile le fece appuntarsi
di verificare, nel file altamente riservato che conteneva le informazioni personali
sul Re Rosso raccolte dal servizio intelligence di Scepter4, quale fosse la
marca di sigarette preferita da Mikoto Suoh.
Il compito di dirigere la squadra che avrebbe scortato
il Re Blu in città toccò a Saruhiko Fushimi. Durante il percorso, l’ex membro
di HOMRA che aveva defezionato per unirsi a Scepter4 non staccò gli occhi dal
suo superiore, esaminandolo senza molta discrezione. Da parte sua Munakata lo
ignorò, incurante della curiosità del subordinato o forse troppo immerso nei
suoi pensieri per far caso a chi lo circondava all’interno del veicolo,
lasciando quindi al ragazzo corvino campo libero per le proprie riflessioni.
Saruhiko detestava
le persone come Reisi… e Mikoto. Troppo magnanime per il loro stesso bene. Il
Re Rosso, nonostante i metodi violenti in combattimento, nascondeva dietro
l’apparente indolenza uno spirito generoso e compassionevole: non solo aveva
dato aiuto e speranza a un branco di ragazzi problematici e disadattati,
trasformandoli in una vera famiglia; ma persino i suoi nemici, a meno che non
ferissero gli innocenti o i suoi preziosi compagni, avevano sempre salva la
vita. Quell’enigma dai capelli fiammeggianti aveva avuto persino il coraggio di
perdonare lui, Saruhiko, nonostante
la sua aperta esibizione di disprezzo verso HOMRA e tutti i suoi ideali,
simboleggiata dal marchio dissacrato sul suo petto. Reisi d’altro canto non era
meglio, ai suoi occhi: nonostante il suo ruolo ufficiale gli imponesse di
detestare il Clan Rosso per i disordini che causava, aveva sempre avuto un occhio
di riguardo per il loro Re; più che per un semplice rivale. Non c’era nulla di
semplice tra quei due, e il modo in cui la morte del Rosso stava lentamente
distruggendo il Blu ne era la prova più lampante.
‘Solo un Re può comprendere la solitudine di un Re’
pensò, ricordando le parole del Tenente Awashima del giorno prima (erano
passate davvero meno di ventiquattr’ore? Sembrava una vita fa) ‘Adesso sei
davvero solo, Reisi Munakata. Il Re dentro a quel palazzo dorato non può
capirti, non come forse ti capiva lui.’
Saruhiko provò un inaspettato senso di compassione
per il proprio Capitano, paragonando per la prima volta la sua situazione alla
propria. Certo, Misaki era ancora vivo e scalciante, e la sua unica gioia in
quel mondo noioso era data dal pensiero di poterlo incontrare e sfidare, dal sapere
che la totale attenzione del suo migliore amico di un tempo era concentrata
unicamente su di sé. Ma quello era un debole surrogato del legame che li aveva
uniti prima che Re e Clan entrassero nelle loro vite: la sofferenza che aveva
provato nel sentirsi abbandonato da Yata per i nuovi compagni di HOMRA l’aveva
spinto ad azioni che a un osservatore esterno potevano sembrare folli e
squilibrate, a partire dal plateale tradimento per unirsi al Clan Blu fino alle
sue crudeli provocazioni ogni qualvolta s’imbatteva nel coetaneo. Non poteva
neanche immaginare come avrebbe reagito in seguito, se un giorno fosse stato
costretto ad uccidere con le proprie mani lo scatenato ragazzo con lo
skateboard; la sola idea gli mozzò il fiato e gli contorse le viscere in un
conato di nausea. Il suo sguardo saettò con rinnovato rispetto sulla figura
immobile di Munakata, e non poté trattenersi dal pensare che un simile
autocontrollo era davvero sovrumano.
Il blindato di Scepter4 si arrestò di fronte alla
sua destinazione. Fushimi notò che prima di uscire all’aperto il suo Capitano
si assicurava la sciabola al fianco e non poté trattenersi dal commentare:
“Credevo che fosse proibito portare armi al cospetto del Re d’Oro.”
“In realtà è una prassi puramente formale, un segno
di rispetto verso il Custode dell’Ardesia” spiegò il Re Blu con quella voce
sfibrata che aveva preso il posto del suo abituale tono autoritario “Presentarsi
disarmati indica l’intenzione di discutere pacificamente.”
Sul viso del terzo in comando di Scepter4 si allargò
il consueto ghigno sadico: “Questo mi suggerisce che oggi le cose andranno in
modo leggermente diverso, allora.”
“Non intrometterti in questioni che non ti
riguardano, Fushimi-kun. Questa è una trattativa tra Re” dichiarò cupo Munakata
“E in questo momento non mi sento molto diplomatico.”
Con passo fermo e deciso che sembrava negare la sua
prostrazione fisica con la sola indomita forza di volontà, l’ufficiale
comandante attraversò il piazzale e varcò le doppie porte dello sfarzoso
edificio con la determinazione di chi intende conquistare una fortezza.
************
Pochi minuti dopo, il Re Blu fu fatto accomodare
dagli onnipresenti vassalli mascherati da conigli in una lussuosa anticamera;
dove, insolitamente, trovò il Re d’Oro ad attenderlo.
“Sei in anticipo, Munakata Reisi.” Esordì Daikaku Kokujyoji,
sebbene la calma del suo tono lasciasse intuire che si aspettava una simile
evenienza.
Il più giovane interruppe i convenevoli con un tono
sbrigativo che non gli era affatto caratteristico: “Ditemi la ragione per cui
mi avete chiamato; poi io vi dirò quella per cui sono venuto.”
L’anziano sovrano incrociò le braccia, come se
stesse assecondando con pazienza i capricci di un ragazzino: “Non sono io a
richiedere la tua presenza, bensì il Primo Re.”
Lo stupore destato da questa rivelazione riuscì a
superare persino la formidabile impassibilità del Capitano di Scepter4: “Il Re
d’Argento è sopravvissuto, dunque?”
“Giudica tu stesso, se non mi credi…” il suo sguardo
si posò sull’imponente ingresso al proprio sancta sanctorum, che Munakata
sapeva contenere l’Ardesia di Dresda, e borbottò con impazienza: “Dove si è
cacciato? E dire che ha insistito tanto per parlarti il prima possibile…”
“Scusate, scusate! Stavo controllando alcune cose!”
esclamò la voce vivace della persona che sgusciò fuori da una porticina
laterale nascosta in una parete.
Se Reisi era rimasto sorpreso alla notizia che
quell’uomo fosse scampato all’annientamento (cosa impensabile per chi avesse
visto come il corpo fisico che lo conteneva insieme al Re Senza Colore era
stato disintegrato dall’eruzione di potere infuocato del Re Rosso), ora era
davvero senza parole: la figura davanti a lui era indubbiamente il Re
Immortale, ma non aveva le sembianze adulte ed eleganti di Adolf K. Weissmann,
bensì quelle del fragile adolescente comparso sul campo di battaglia dell’isola
Ashinaka: Yashiro Isana.
Quest’ultimo lo salutò entusiasticamente: “Per
fortuna sei arrivato! Avrei un grosso favore da chiederti, come capo dello
Scepter4: potresti rintracciare per me i membri del mio Clan, Kuroh Yatogami e
Neko? Purtroppo non ho idea di dove possano essere andati, non ho neppure il
numero di telefono di Kuroh, così non posso informarli che sono sano e salvo!
Non voglio farli preoccupare troppo per me, altrimenti mi sgrideranno di
nuovo!”
Di fronte all’espressione ammutolita dell’ufficiale,
Daikaku posò una mano sulla spalla del ragazzo dai capelli bianchi per fermare
quella raffica di parole: “Credo che sia il caso di spiegargli tutto dal
principio, prima che il poveretto svenga: dopotutto ti ha visto morire di
fronte ai suoi occhi, e non è abituato alle tue stranezze tanto quanto me.”
“Hai ragione,
Tenente. Cercherò di spiegare nel modo più breve e semplice possibile, evitando
le parti troppo tecniche che voi soldati non riuscite mai a capire, va bene?”
ridacchiò, imitato dall’altro come se condividessero una battuta scherzosa nota
tra loro.
Poi il Re d’Argento cominciò a spiegare, con la voce
seria ma rilassata che gli era propria: “Devi sapere che la mia anima e il mio
corpo originale sono protetti dal Sanctum d’Argento, che li rende completamente
inviolabili. Il Re Senza Colore aveva tentato di usare la sua capacità di
‘infettare’ e fondersi con i corpi e le anime altrui per impadronirsi di questo
potere, ma tutto ciò che riuscì a fare fu separare il mio corpo e la mia anima.
Nonostante fosse entrato nel mio corpo originale, poteva usarlo solo come
contenitore indistruttibile, ma il nucleo del mio potere è legato alla mia
anima, che si rifugiò nel corpo abbandonato dallo spirito parassita del Settimo
Re.”
“Questa dunque è stata l’origine della catena di
incidenti culminata con la guerra presso il Liceo Ashinaka.” Puntualizzò il Re
Blu. “Ma laggiù io ho visto il corpo di Yashiro Isana venire completamente
distrutto insieme all’anima del Re Senza Colore e, almeno così credevo, la
vostra.”
“In effetti è accaduto proprio questo, ma come ho
appena detto, la mia anima è inviolabile perché protetta dal mio potere unico e
individuale, il Sanctum d’Argento. L’esecuzione ad opera del Re Rosso ha
cancellato quel corpo fisico e il Re Senza Colore che vi era imprigionato, ma
la mia anima è rimasta intatta ed è semplicemente tornata all’interno del suo
corpo originario che veniva custodito dal mio buon amico qui presente.”
Il Re d’Oro annuì con gravità: “Lo fai sembrare come
una cosa banale, ma mi sono preso un grosso spavento nel vedere l’Ardesia
illuminarsi improvvisamente di luce argentata e poco dopo tu che uscivi dalla
capsula… con l’aspetto di un ragazzino!”
Il Re Blu non esitò a esporre la sua perplessità:
“Ho visto con questi stessi miei occhi il vostro corpo, recuperato
miracolosamente illeso dai rottami del dirigibile Himmelreich che il Re Senza
Colore aveva fatto precipitare, presumibilmente per infiltrarsi nel corpo di
uno dei soccorritori; in quel momento avevate le sembianze di un uomo adulto.”
Il Primo Re si grattò imbarazzato la nuca: “Per
spiegare questo fenomeno posso solo fare delle ipotesi, non ho ancora una
teoria scientifica con prove certe… ma credo che, nel momento in cui la mia
anima è rientrata nel mio corpo, era così ‘abituata’ a immaginare sé stessa con
l’aspetto di Yashiro che ha costretto il corpo fisico ad adattarsi di
conseguenza.”
“Una cosa simile è veramente possibile?”
“Ho motivo di crederlo. Per di più in quel momento
il mio corpo si trovava esattamente sopra l’Ardesia, e la mia compatibilità con
essa è la più alta in assoluto; non per niente il Livello Weissmann che indica
la sincronizzazione dell’Aura dei Re all’energia emanata dall’Ardesia porta il
mio nome! Sono convinto che più alto sia il livello di sintonia con l’Ardesia,
più alta sia la possibilità che le sue emanazioni influiscano sui Re a livello
non solo energetico, ma anche fisico. Questo spiegherebbe scientificamente non
solo la mia invulnerabilità, ma anche il legame tra lo stato psicofisico dei Re
e le loro Spade di Damocle.” Decretò con l’entusiasmo di uno scienziato
convinto del proprio teorema.
Il Re d’Oro annuì pensieroso: “Allora è per dimostrare
questa tua teoria che mi hai chiesto di recuperare il corpo del Re Rosso.”
Quel nome fu come un’inaspettata fitta al cuore che
fece quasi barcollare Reisi: tutti quei discorsi astrusi lo stavano distraendo
dal suo obiettivo più importante! Ma non poté impedirsi di continuare ad
ascoltare, voleva capire perché quei due vegliardi avessero portato via Mikoto.
“La potenza dell’Aura del Re Rosso che ho percepito
durante la battaglia denotava una sincronia altissima con l’Ardesia; da quello
che ho letto dal suo file riservato, il suo Livello Weissmann era notevole fin
dal principio, dato che è diventato Re quando era ancora un adolescente. Poiché
Suoh-san non si è mai presentato per visite di controllo presso le strutture di
ricerca sui poteri soprannaturali, il suo potere si è evoluto in modo del tutto
spontaneo, finché l’eccessivo impiego dell’energia ha causato il deteriorarsi
del suo corpo e della sua Spada. Su queste premesse, posso azzardare che l’incidente
che ha causato il Cratere di Kagutsu sia dovuto proprio al fatto che un Re
raggiunga contemporaneamente la massima sincronia con l’Ardesia e la completa
incapacità di sopportare il sovraccarico di potere.”
“Un sovraccarico che causa un’esplosione in grado di
cancellare ogni cosa nel raggio di decine di chilometri.” Riassunse pragmatico
Daikaku.
“In pratica, sì.”
Il vecchio amico gli lanciò un’occhiata fulminante,
tuonando: “E tu stai esponendo il corpo di un Re che ha già raggiunto quel
grado di sincronia alle emanazioni dirette dell’Ardesia?”
“Tranquillo Tenente, ho tutto sotto controllo…
credo!”
L’attenzione dei due litiganti fu di colpo distolta
dalla discussione a causa della pericolosa aura elettrica che aveva
improvvisamente circondato il Re Blu, resa esponenzialmente più minacciosa
dallo sguardo furibondo che faceva scintillare quegli occhi violetti di un
intento omicida a malapena trattenuto; la mano di Munakata era corsa
istintivamente ad afferrare l’elsa della spada, che stringeva convulsamente
cercando di estrarla nonostante la sicura non fosse stata disattivata dal
comando vocale richiesto.
Di fronte a quell’atto apertamente aggressivo, il Re
d’Oro attivò la propria Aura, distorcendo la realtà per creare uno spazio in
cui fluttuavano pianeti simili a proiettili cosmici in attesa di essere scagliati
contro il nemico.
“Fermi fermi fermi! Smettetela subito, non dovete
combattere!” intervenne agitato ma determinato il Re d’Argento, interponendosi
tra i due in assetto da combattimento.
“Giustifica il tuo atteggiamento, Munakata Reisi:
ora!” ingiunse l’anziano militare.
“Avete indebitamente sottratto il corpo di Mikoto
Suoh al suo Clan, privandolo dei dovuti onori funebri, per usarlo come
materiale da esperimento scientifico! Non trovo parole per esprimere quanto
ritenga abominevole un simile comportamento, verso un Re caduto onorevolmente in
battaglia!”
Il volto del Re d’Argento si compose in
un’espressione di calma sfumata di tristezza: “Non abbiamo agito per mancanza
di rispetto, te lo assicuro. I nostri metodi possono essere stati frettolosi,
ma erano dettati dalle circostanze; hai la mia parola che il mio intento è
mosso dalle migliori intenzioni.”
“E quali sarebbero?” ringhiò Reisi, per nulla
convinto.
“Mantenere la promessa che non potei fare ad Anna
Kushina e ai membri del Clan Rosso: aiutare Suoh-san, e fare in modo che
tornasse da loro sano e salvo.”
La maschera assassina del Re Blu si disintegrò sotto
l’impeto di un dolore troppo grande per essere nascosto: “Io ho ucciso Mikoto.”
Fu tutto ciò che riuscì a pronunciare, la voce ridotta a un singhiozzo
soffocato. Le palpebre si chiusero ad arginare quelle lacrime che non avrebbe
mai mostrato in pubblico “La mia sciabola gli ha trapassato il cuore.”
Il Re d’Oro annuì comprensivo: “Hai fatto la cosa
giusta. In quel momento, se tu non avessi compiuto il tuo dovere mettendo da
parte i sentimenti personali, non solo voi due ma anche tutti i vostri compagni
e chissà quanti altri innocenti sarebbero morti.”
Il ragazzo dai capelli candidi fissò l’uomo vestito
di blu con un’infinita compassione dipinta sul viso troppo saggio per l’età che
dimostrava e, quasi parlando tra sé, rivelò: “Prima di comparire sul luogo
della vostra battaglia, pensai che se mai avessi trovato un modo per farvi
restare insieme, avrei fatto qualsiasi cosa per metterlo in pratica. Purtroppo
in quelle circostanze non ho avuto il tempo materiale per risolvere la
situazione in altro modo che sacrificando me stesso, e di conseguenza il Re
Rosso, pur di liberare l’essenza del Re Senza Colore dalla follia della sua
sfortunata reincarnazione.” Rialzò il volto, ora illuminato da una nuova
determinazione: “Ma sono convinto di poter rimediare, ho fede che tutto possa
ritornare com’era.”
La mano sottile del Primo Re si tese verso il
tormentato Re Blu: “Concedimi la tua fiducia, te ne prego.”
Munakata afferrò quella mano. Non l’avrebbe mai
ammesso, a nessuno, ma la sola idea di poter disfare ciò che aveva fatto lo
rendeva disposto a credere in qualsiasi cosa. Per quanto potesse sembrare una
folle speranza, il desiderio di rivedere i caldi occhi d’ambra di Mikoto era
una fiamma che lo bruciava e lo riscaldava allo stesso tempo.
Le labbra di Shiro si incurvarono in un affettuoso
sorriso: “Vieni con me. Guarda coi tuoi occhi.”
Aprì le doppie porte riccamente decorate che davano
accesso all’enorme sala dell’Ardesia, e ne scaturì un’intensa luce rossa.
Immersi in un’atmosfera carica di energia densa e calda, i tre Re avanzarono
fino al centro della sala, dove sotto al pavimento di vetro infrangibile la
misteriosa lastra di pietra incisa pulsava regolarmente come un titanico cuore
di luce purpurea.
Sopra l’Ardesia era collocata la capsula che il
Capitano di Scepter4 aveva già visto contenere il corpo esanime di Adolf K.
Weissmann, ma ora era collegata ad apparecchiature che monitoravano costantemente
le condizioni del suo nuovo occupante, e che per un attimo fecero sobbalzare il
cuore di Reisi: tutti i monitor erano accesi e segnalavano funzioni vitali
regolari. Senza potersi trattenere, coprì di corsa gli ultimi metri che lo
separavano dal corpo del Re Rosso.
Mikoto Suoh giaceva immobile, ma il suo volto non
era più coperto dal mortale pallore che Reisi ricordava nell’ultima immagine
che aveva di lui. La maglietta bianca era ancora inzuppata dall’orribile
macchia di sangue scaturito dalla ferita che gli aveva inferto, ma sotto lo
squarcio nel tessuto la pelle era intatta; persino il graffio sulla guancia,
unico effetto di una raffica di fendenti, era svanito. Con dita che tremavano
senza che potesse impedirlo, Reisi sfiorò la mano destra dell’uomo dai capelli scarlatti:
la pelle calda e leggermente callosa era perfetta, neanche l’ombra delle
orribili ustioni che l’avevano annerita e consumata durante il loro ultimo
duello, segno ormai evidente e visibile di come il suo corpo ormai non
riuscisse più a contenere l’energia infuocata del proprio potere.
“Le emanazioni dell’Ardesia hanno rigenerato il suo
corpo e stabilizzato la sua Aura” spiegò Shiro con un sorriso soddisfatto “Ho
provato a fare delle proiezioni matematiche per verificare lo stato della sua
Spada di Damocle, e i risultati sono stati tutti positivi: se venisse
materializzata, dovrebbe essere tornata integra e in grado di gestire
correttamente il flusso energetico.”
Il Re d’Oro osservò i monitor lisciandosi
pensosamente la corta barba: “Allora perché non si sveglia?”
Il sorriso del Primo Re lasciò nuovamente il posto
alla precedente espressione preoccupata: “Non lo so, non me lo spiego. È anche
per questo che volevo consultare Munakata-san” confessò rivolgendosi all’uomo
chino accanto alla capsula, i cui occhi viola erano tornati a colmarsi
d’angoscia al pensiero di perdere nuovamente la persona che si era visto
restituire in modo quasi miracoloso. “Tra i presenti siete quello che conosce
meglio Suoh-san; sapete forse se c’è qualche blocco psicologico che gli
impedisce di svegliarsi?”
Reisi provò un senso di vertigine che gli fece quasi
perdere contatto con la realtà, in cui rivisse momenti dei suoi ultimi incontri
con Mikoto: l’indicibile stanchezza che nascondeva nei suoi occhi ardenti,
l’indifferenza per la propria vita con cui sembrava procedere imperterrito
lungo la strada che si era scelto; una strada che l’avrebbe condotto a una
morte di cui era pienamente consapevole, e neppure tutti gli sforzi di Reisi
erano riusciti a cambiare il flusso di quella volontà più potente della marea.
‘Non vuole tornare.’ Quel pensiero ebbe l’effetto di
un sasso lanciato con violenza contro il cristallo sfaccettato dei suoi
ricordi. ‘Mikoto non ha mai voluto essere un Re. Non ha mai chiesto di essere
qualcuno che gli altri consideravano superiore. Per questo trattava i membri
del suo Clan come una famiglia: HOMRA, non “i soldati del Re Rosso”. Forse… il
suo desiderio di proteggerli era tale che ha pensato che sarebbero stati bene
anche senza di lui, che ormai era giunto al limite della sua resistenza
fisica.’
La profonda tristezza data dal riflettere su quella
terribile solitudine, che lo stesso Reisi in quanto Re conosceva bene, fu però
accantonata con forza per lasciare spazio all’onda di una rabbia fredda e
tagliente: afferrò il colletto della giacca scura dell’altro e lo sollevò
vicinissimo al proprio viso:
“Non sei solo, Mikoto! La tua famiglia ti sta
aspettando: Anna, i tuoi amici; hai sempre detto loro di non combattere da
soli, perché ti ostini a rifiutare di farti aiutare da loro… e da me?” Il suo
sguardo si ammorbidì, percorrendo i tratti virili di quel volto immerso in un
sonno innaturale: “Io sono qui. Se hai bisogno di qualcuno che capisca come ti
senti, qualcuno con cui parlare, o anche solo dividere una sigaretta in
silenzio, io sono qui. Vieni a cercarmi, e mi troverai.”
Il silenzio che seguì fece pensare che l’accorato
appello del Re Blu non avesse avuto successo, se non che un attimo dopo giunse
una risposta sotto forma di una voce leggermente roca e strascicata:
“Parli troppo, Munakata.” Uno sbuffo divertito “Ma
almeno stavolta non mi hai svegliato sbattendomi la testa contro il muro.”
Per un istante Reisi rimase così avvinto da quel
guizzo di iridi dorate sotto le palpebre ora socchiuse e dal lievissimo sorriso
sornione che sollevava gli angoli di quella bocca impertinente, che dimenticò
persino di insultarlo:
“Vorrà dire che la prossima volta userò l’acqua
gelata.” Ma il sorriso ribelle che gli incurvava le labbra era troppo radioso
perché la minaccia risultasse davvero efficace.
“Heh.”
FINE
(?)