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Autore: ELE106    22/01/2013    13 recensioni
[Wincest - Sam POV] Quando sei un bambino ‘normale’, con una madre e un padre che vivono per te, fratelli o sorelle con cui giocare, compagni di scuola che conosci e una casa calda ed accogliente ad attenderti ogni sera, è ‘normale’ anche essere egocentrici. I bambini lo sono. È biologico, è naturale. Quando io ero un bambino, non avevo una madre... e mio padre non viveva per me, ma per il momentaneo piacere di una vendetta, che andava lavata col sangue e nel sangue si sarebbe consumata. Quando io ero un bambino, avevo un fratello che era madre e padre insieme, e che viveva per me, al posto loro. Non avevo una casa a cui tornare, ma avevo lui ad aspettarmi ogni sera.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Quinta stagione
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Amore di farfalla

Titolo: Amore di farfalla
Fandom: Supernatural
Beta: thinias (la martire ;D)
Contesto: quinta stagione
Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Pairing: Dean / Sam; Wincest (don't like, don't read :D)
Rating: Giallo
Warnings: SLASH, Incesto, e chi più ne ha più ne metta. Non leggete se non è il vostro genere.
Disclaimer: Dean e Sam non mi appartengono e questa è un'opera di fantasia, non rispecchia i gusti sessuali dei personaggi, non ha scopo di lucro, vorrei poter cancellare i disclaimer, perché non ci credo fino in fondo, bla bla bla...
Note: Dedico la one shot alla moglia mia, museti, perché crede ancora nel mio wincest, anche quando dubito di crederci persino io. ^^ Grazie, cara.


AMORE DI FARFALLA
(Supernatural 5x17 - 99 Problems)

 

Quando sei un bambino ‘normale’, con una madre e un padre che vivono per te, fratelli o sorelle con cui giocare, compagni di scuola che conosci e una casa calda ed accogliente ad attenderti ogni sera, è ‘normale’ anche essere egocentrici. I bambini lo sono. È biologico, è naturale.

Quando io ero un bambino, non avevo una madre... e mio padre non viveva per me, ma per il momentaneo piacere di una vendetta, che andava lavata col sangue e nel sangue si sarebbe consumata.

Quando io ero un bambino, avevo un fratello che era madre e padre insieme, e che viveva per me, al posto loro. Non avevo una casa a cui tornare, ma avevo lui ad aspettarmi ogni sera.

Quando io ero un bambino non mi era permesso essere egocentrico, ma lo ero comunque. Non potevo farne a meno. Lo ero forse più degli altri, perché non avevo nulla di anche solo paragonabile a loro. Non avevo amici, né cani, né giardini fioriti da distruggere giocando a pallone con mio fratello.

Quando io ero un bambino, invidiavo tutto e tutti perché ero diverso e non volevo. Come potevo capire che odiare il mondo intero non mi avrebbe dato nulla di tutto ciò? Come potevo accettare che non era ‘colpa’ di nessuno? Come potevo sopportare l’idea che sarebbe stato sempre cosi?

Non potevo.

Gli anni passavano e io diventavo più grande, ma non meno egoista, perché tutto ciò che non avevo, mi sembrava mancarmi di più, ogni giorno che passavo chiuso in qualche motel insieme a mio fratello.

Gli anni passavano ancora, io ero un ragazzo, mi sentivo sempre più legato a lui e sentivo lui legarsi a me, in una maniera che era enorme e soffocante allora, così come lo è adesso. Una dipendenza pericolosa e sbagliata, che mi faceva sentire piccolo ed insignificante, schiacciato dal peso di tutto ciò che un rapporto del genere comportava.

Quando ero ragazzo, non avevo che lui… e mi terrorizzava. O forse non mi bastava. Mi sentivo un mostro anche solo a pensarlo, rendendomi conto di quanto io invece bastassi a lui.

Volevo una madre.

Avevo un fratello… che mi amava di un amore altrettanto grande.

E non lo volevo, perché era un qualcosa di totalmente anormale e riuscivo a capirlo persino io, anche se ero solo un ragazzino.

Eppure, quando mi sbucciavo un ginocchio, era da lui che mi precipitavo a farmi consolare, era lui a preoccuparsi per me e mettermi un cerotto.

Quando mi ammalavo, era lui a sorbirsi tutte le mie lagne e concedermi tutti quei vizi che si permettono ai bimbi con la febbre.

Quando scappavo, era lui a venire a cercarmi e, quando tornavo a casa e nostro padre voleva punirmi, era sempre lui a prendere le mie difese.

Allora Dean diventava il centro del mio mondo, esattamente come lo era una madre, e io mi aggrappavo a lui con la disperazione di un figlio, immaginandomi di essere tra le braccia della mia mamma, che fosse sua la voce che mi consolava e sua la mano che mi accarezzava.

E gli anni passavano ancora... mentre tutto ciò che avevo era sempre Dean, insieme a tutto ciò che ci legava, che diventava ogni giorno più grande ed ingombrante. Ogni giorno più adulto e sbagliato. Ogni giorno più bello e spaventoso.

Perché il mio amore per lui era fragilità ed egocentrismo, mentre il suo per me era assolutezza e totale dedizione.

Quando non avevo ancora diciotto anni, io e Dean eravamo stati tutto l’uno per l’altro. Madre, padre, fratello, amico... tutto. Lo volevo vicino più di ogni altra cosa al mondo e insieme annegavo in quel mare di amore, desiderando di fuggire e fingere di non aver mai provato per lui, quello che provavo. Di non aver mai fatto con lui, quel che avevamo fatto.

Perché era sempre meno ‘normale’, perché nulla nella mia vita lo era mai stato.

Tranne il mio egoismo.

Ora che sono un uomo, penso spesso ad una frase di Oscar Wilde, letta per la prima volta da bambino, quando ancora non potevo comprenderne il significato.

‘È meglio aver amato e perso che non aver amato affatto’

 Mi venne in mente la mamma, allora… perché era quel qualcosa che non avevo mai avuto. E da sempre quelle parole sono rimaste associate al suo ricordo; o meglio, alla sua assenza.

Sarebbe stato ‘meglio’ aver avuto una madre e poi averla persa? Aver conosciuto il suo amore per poi sentirne la mancanza? O era stato più semplice, per me, non averla mai avuta, così da non avere memoria, né esperienza di cosa voglia dire averne una?

Me lo sono sempre chiesto e, di recente, ho avuto la risposta che aspettavo.

Quando ho visto Dean, nel suo Paradiso, con indosso quella buffa maglietta, seduto al tavolo con il ricordo di nostra madre. Ho visto gli occhi di lui, riflessi in quelli di Mary, mentre gli toglieva le croste dei toast, perché al suo piccolo non piacevano.

Ho ricordato lui fare per me la stessa cosa, mille e mille volte… e ho capito che nessuno mi avrebbe mai amato come Dean, che mi toglieva le croste dei toast perché nostra madre lo faceva a lui e non voleva che mi mancasse quel gesto. Perché il piccolo Dean si sentiva amato e coccolato, con accanto la sua mamma che pensava a ‘cancellare’ tutto quello che a lui non piaceva.

Ho visto il suo dolore, mischiato al dolce piacere del ricordo, che è solo un qualcosa di temporaneo e... ‘finto’. E ho capito che una sola volta, nella mia vita, avevo provato un dolore anche solo paragonabile al suo. Quando lui era morto.

Ho capito che forse il mio egoismo poteva anche essere stato normale, fino ad oggi, magari in un certo senso ‘giusto...’ ma mai, mai, per nessuna ragione al mondo, lo avrei lasciato di nuovo solo. Perché non c’è essere umano che possa sopportare una cosa del genere, due volte.

Ho capito che il mio bisogno di lui e il suo di me, potevano anche essere sbagliati, ma erano reali come poche altre cose nella nostra vita.

Così... stamattina ho comprato un bel po’ di toast e del burro di arachidi. Toglierò tutte le croste, perché forse a Dean farà piacere sapere che anche io posso occuparmi di lui, ora.

Non voglio svegliarlo subito, non mi lascerebbe finire e mi prenderebbe per un imbecille.

Lo sveglierò quando sarà tutto pronto. Gli darò un bacio sulla fronte e gli porterò la colazione a letto, sussurrando un ‘Buon giorno, tesoro’...  non esattamente come farebbe una madre. Finirà che mi beccherò dell’imbecille sul serio, ma non mi importa. So che ne sarà felice e più brontolerà, più saprò che avrò fatto ‘centro’.

Sarebbe stato perfetto e anche terribilmente divertente, ma Dean finisce sempre per mandare all'aria i miei piani e sono ancora a metà dei toast, quando sento le sue labbra premermi sul collo e stirarsi in un buffo sorriso.

“Buon giorno, mammina...”

Sghignazza lui, dondolandosi dietro di me.

E le maledette croste dei toast gli finisco in bocca, insieme ad una gomitata ben assestata, con tutto l’amore che solo un fratello è in grado di dare.

Fuori l’Apocalisse incombe. Angeli e Demoni, persino cacciatori, muovono guerra contro di noi. Fuori la salvezza dell’umanità grava sulle nostre spalle, fuori c’è quel Destino al quale sembra non si possa sfuggire. Fuori c’è tutto il resto… e tutto il resto fa schifo, per dirla come la direbbe mio fratello.

Qui dentro invece è solo uno dei soliti motel, nel solito Stato, sulla solita strada, presa per andare a fare il culo al solito mostro. Qui dentro ridiamo forte, fingendo una scazzottata che è solo una scusa per stare così vicini, che è solo un modo infantile e sciocco per illuderci ancora un po’ di una normalità che non ci è mai appartenuta.

Dean mi stringe in vita, quando lo bacio sulle labbra. Gli piace quando prendo l’iniziativa. Mi accarezza i capelli, mentre risponde al mio bacio. E prende lui il controllo, perché l’aver cominciato non mi da vantaggi. Non mi fa quasi respirare, perché niente finisce, finché non lo decide lui.

Non parliamo… non parliamo mai quando stiamo insieme in questo modo. Non lo abbiamo mai fatto, né prima, né dopo... non vorrei nemmeno lo facessimo. Così non gli diamo un nome. Così è più semplice, così possiamo sempre negare che sia mai successo, ancora e ancora. Così è solo qualcosa di nostro.

‘Quel che succede nel motel, rimane nel motel.’

Io e Dean scherziamo su questa frase da quando abbiamo visto quel film. * Ma è una regola che rispettiamo da tutta una vita.

E penso ad un'altra frase, letta tanto tempo fa, nemmeno mi ricordo dove.

‘L’amore è una farfalla: se la stringi troppo muore, troppo poco e vola via.’ **

Se il mio amore è davvero quella farfalla, Dean… allora tu rischia! Rischia e stringimi forte.

 

Fine

 

 

* Il film ovviamente è Il Miglio Verde (1999), tratto dal romanzo di Stephen King.

** l’autore di questa frase mi risulta essere anonimo.

 

Nda: ma davvero non ho idea da dove e come mi sia uscita questa cosa… comunque ringrazio tutti per aver avuto il cuore di leggerla. XD E doveva pure essere tutta zucchero e fluff… ma da quando shippo Thorki io angsto anche le proteine coi carboidrati (che poverini, insieme non si devono mangiare, che tristezza! *è pazza*). Mi sento tanto mammona ultimamente e non so perché, ogni volta che guardo il mio bimbo, penso a Sam e a come deve essere stata una vita senza mamma. *è proprio pazza* Il punto è che gli do un sacco di attenuanti per questo, alla luce dell’attuale stagione X’D Insomma, ultimamente i miei pov sono sempre di Sam… penso sia perché mi manca. Mi manca tanto il nostro Sam e attendo il suo ritorno.

Baci a tutti.

   
 
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