Ten
little things that make me hate (love) you ♥
#10- Promises
Guardarsi
intorno e
comprendere d'essere solo fu meno traumatico di quanto si sarebbe
aspettato.
Oh, non che il suo cuore di ghiaccio avesse preso il sopravvento sui
sentimenti, sulle reazioni chimiche
o
quel che erano che lo legavano al compagno, ma Yurij si sentì
stranamente
tranquillo nel rimirare il soffitto della camera da letto in un
giaciglio matrimoniale
occupato per metà.
23 gennaio 2013.
Undici anni, quattro mesi e dodici giorni: la sua anima sarebbe dovuta
andare a
pezzi, avrebbe dovuto urlare e squarciare il silenzio con le
imprecazioni che
gli trabaccovano dal pugno pulsante sangue che aveva nel petto.
Però restava sdraiato.
Le mani in grembo e gli occhi azzurri socchiusi quasi fosse in ascolto,
senza
la pretesa di somigliare ad un cadavere.
Kei osservava la pioggia e quel giorno non c'era alcuna dolcezza nel
ritmo con
cui le gocce si infrangevano sull'asfalto e sui tetti delle case.
Rumorose e devastanti, sovrastavano persino il suono dei clacson degli
automobilisti impazienti, creando quasi un'aura appena luminiscente
tutt'attorno alle superfici colpite ed il rombo del cielo somigliava ad
un
grido senza fine.
Però quel caos apocalittico non soffocava l'eco delle soffuse parole di
Yurij.
"Cosa siamo noi..?"
Hiwatari, tenendo un braccio sollevato a mezz'aria nell'atto
di posare il
piatto che il compagno gli aveva passato, era rimasto totalmente
spiazzato a
tale domanda.
Non riusciva ad afferrare le ragioni di quel dubbio e gli sembrava
piuttosto
stupido dover catalogare il suo
rapporto con Yurij; però, in effetti, se gli avessero chiesto cosa il
giovane rappresentasse,
avrebbe trovato una certa difficoltà nel definirne l'importanza.
Era una base, un fondamento forse instabile, ma non ne avrebbe
desiderati altri,
perché stava bene.
Incredibile a dirsi e a sentirsi, ma le occasioni in cui abbandonarsi
ad una
solitudine di ghiaccio perenne s'erano consumate a favore, invece, di
una più
modesta voglia di restare in disparte solo in momenti particolari della
propria
vita -quando, ad esempio, la furia lo acceccava o l'amarezza lo
inaspriva-, quindi
cercò di elaborare con cautela una risposta soddisfacente che non
riuscì a
trovare.
"Io... non lo so."
Yurij si limitò a sospirare, con un mezzo sorriso tinto di disagio ad
ornargli
il viso.
"È passato molto tempo... dovremmo saperlo."
Poi, lo fissò per un altro lungo momento, infine mise via le ultime
posate e si
poggiò al lavabo, osservando le nuvole che si stavano accumulando in
cielo
attraverso le imposte spalancate del balcone.
Non si voltò a guardare ulteriormente Kei, ben sapendo che il
giapponese fosse
ancora immobile nel suo attonimento.
"Dovrei pensarci..."
Ivanov riuscì ad udire quella frase pronunciata a bassa voce anche al
di sopra
del fragore di un tuono lontano, ed il suo significato non lo lasciò
interdetto, né deluso o amareggiato: semplicemente, Yurij annuì
comprensivo,
quasi condividendo tale pensiero che non
gli apparteneva, ma che reputeva fondamentale per
Kei.
Non per loro due.
Ma solo per quel groviglio di sensazioni sconosciute e fin troppo
intricate che
stipavano la mente dell'uomo che l'aveva affiancato.
"Già, forse potresti."
Si sollevò con fare sfinito e stavolta posò sulle labbra di Hiwatari un
bacio
leggero -quasi sognato- prima di sparire, divorato
dall'oscurità del
corridoio della casa che si adombrava all'avanzare della tempesta.
Il giapponese rientrò nella cucina buia, chiudendosi alle spalle il
balcone.
Fradicio, si accomodò al piccolo tavolo al centro della stanza per
poggiarvi i
gomiti e massaggiarsi le tempie a due mani, come sfinito.
"Yurij, dannazione."
Il suo cervello non riusciva a fare altro, se non articolare quella
sileziosa
maledizione; il cuore scalciava infastidito, perché avrebbe voluto che
Hiwatari
afferasse il giovane Ivanov, lo scuotesse e gli gridasse contro:
"Ha importanza?"
Ma importante lo era per davvero, perché il tempo oltre che conferme
nutriva
dubbi e paure, ed il timore di sicurezze mai garantite -e
pronte a sfumare- attanagliava l'animo del compagno e lo
graffiava con artigli sporchi e marcescenti.
Stringere Yurij lo rilassava.
Combatterlo lo faceva sentire vivo.
Sfiorare il suo corpo e nutrirsi di quell'intimo calore lo appagava.
Stargli lontano non era una sofferenza.
Avrebbe voluto baciarlo in ogni istante della giornata, ed allo stesso
tempo
schiaffeggiarlo e gridargli contro che tutto era sbagliato, che erano
andati a
sbattere contro un sentimento troppo grande, troppo lontano, troppo
estraneo,
troppo complicato, troppo profondo per
loro.
Loro, così diversi.
Così stupidi ed ottusi ed orgogliosi, che per abbracciarsi aspettavano
il
momento opportuno, per baciarsi si coglievano di sorpresa, per fare
l'amore
lottavano come bestie in calore, come animali affamati.
Era triste.
Eppure, diavolo, avevano resistito
stringendosi le mani, graffiando via la carne, riducendo all'osso
quegli arti
le cui polveri, ormai, si erano confuse, giacendo
assieme.
Non si erano più separati.
E Kei avrebbe pianto e riso fino a stare male, a tali considerazioni.
Nessuno avrebbe scommesso su di loro.
Senza speranze.
Lontani.
Maledettamente dipendenti l'uno
dall'altro.
Hiwatari c'era quasi, aveva capito...
Yurij, alzatosi per versarsi un bicchiere d'acqua, lo trovò seduto in
cucina su
una sedia, con i capelli umidi ad incorniciargli il volto.
Sospirò, allontanandosi, per poi tornare qualche attimo dopo con un
asciugamano, che l'altro prese con un ringraziamento appena bisbigliato.
Ma prima che il compagno potesse anche solo avanzare di un passo,
Hiwatari gli
afferrò un polso in una presa ferma e decisa, che sapeva appena di
gentilezza.
"Promesse."
Yurij si limitò a rimanere in silenzio, osservandolo sospirare, come a
voler
trovare le parole giuste -quelle più
adatte- ad esprimere la confusione e l'astrattezza di ogni
singola
sensazione che gli vibrava dentro.
"Noi... siamo promesse.
Spezzate. Non mantenute. Tu non hai un anello che ti rende mio; non hai
acquisito il mio cognome ed io non ho preso il tuo. Sulla carta siamo
due
estranei con la stessa residenza... però ci sono la tua presenza ed il
tuo
respiro e la tua voce: tu sei la mia promessa per il futuro e se
dovessi
sparire... non importa. Sei rimasto
con me, incompleto e non realizzato
così a lungo che continuerei a sopravvivere. Però ora sto vivendo... e mi piace abbastanza."
Si era pronunciato senza distogliere gli occhi da quelli azzurri di
Yurij,
senza allentare la presa sul suo braccio e senza
respirare.
Ivanov per un attimo gli rivolse uno sguardo totalmente confuso e
spaesato, poi
la sua espressione si rilassò lentamente in un sorriso appena visibile;
quindi,
si avvicinò al volto di Kei e, tenendo gli occhi chiusi, poggiò la
fronte
contro quella del compagno.
"Va bene così, allora."
Oh, si maledivano ed odiavano.
Gridavano i reciproci nomi e si ricercavano, solo per stringersi fino a
soffocare, fino a toccarsi così profondamente da ferirsi e mescolarsi e
non
andare più via l'uno dall'anima dell'altro.
Distanti da ogni voce, immersi in un'esistenza d'ansia, il loro era un
fragile
Paradiso per cuori caparbi.
Da soli, per tutto il tempo che ancora restava
da condividere.
*Carve your name
into my arm. Instead of stressed, I lie here, charmed.
Cuz' there's nothing else to do... every me and every you.*
*Owari*
*Scava il tuo nome nel mio
braccio. Invece d'essere
furioso, giaccio qui, incantato. Perché non c'è null'altro da fare...
ogni me
ed ogni te.*
Alla fine,
dopo praticamente un anno,
quattro mesi e dodici giorni,
concludo questa raccolta che avrebbe dovuto avere tempi molto più
brevi, ma che
-un po' a causa della mia pigrizia, un po' a causa dell'ispirazione
altalenante- ho abbandonato assieme ad altri miei progetti.
Ringrazio
infinitamente chi mi ha
seguito, chi ha letto e chi ha commentato, e mi auguro di ricevere
delle
opinioni anche su quest'ultimo capitolo.
Per
il momento -che potrebbe essere un solo giorno o anche anni! Sono
estremamente lunatica da questo punto di vista, dannazione!-, questa
storia sarà la mia ultima KeiYurij.
Ho
tanti altri progetti su di loro -molti ancora non conclusi-, ma spero
un
giorno di finire tutte le storie in sospeso con questi due come
protagonisti,
perché lo meritano e perché continuerò ad amarli dal più profondo del
cuore.
Sono
una delle coppie più splendide di Bey; ed avranno sempre un posto immenso nel mio
cuore.
Spero
di essere riuscita, con quest'ultimo capitolo, a trasmettere un po' della
vasta gamma di sentimenti
che provo quando penso ad una loro possibile storia, ad una loro
possibile vita
insieme.
Ah,
sono dannatamente malata,
già!
Bhé,
allora un caloroso
arrivederci,
cari lettori.
Ed
un grazie di cuore.
Sempre
vostra,
Iria.