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Autore: Harriet_    23/01/2013    4 recensioni
Sapeva di non essere tagliata per le relazioni, lei così strafottente, così stronza, così popolare, così semplicemente Santana. Credeva che durante la sua carriera scolastica si sarebbe limitata a qualche storiella di poco conto con i ragazzi più popolari e attraenti, nulla di più. Ma le andava bene così. Perché dopotutto lei era Santana Lopez, non aveva certo bisogno dell’amore e di tutte quelle fesserie per essere felice.
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[FF Quinntana]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Quinn/Santana
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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take my breath away

Capitolo Undicesimo 

 

 

Era passato un quarto d’ora da quando si erano seduti su quelle maledette poltrone, e ancora il discorso non accennava a volgere in una direzione.

«Ne avete ancora per molto?» Borbottò Puck ruotando gli occhi e picchiettando nervosamente le dita sul bracciolo della poltrona. «Sapete, a mezzogiorno avrei un appuntamento...» Rivelò, guardando le lancette del suo orologio da polso ticchettare nel silenzio della stanza.

Rachel si voltò, visibilmente sconvolta. «Tu un appuntamento?! A quale ragazza verrebbe mai la malsana idea di impegnarsi con te?» Non riuscì a trattenersi dal dire.

«Ehm... A te per esempio? Due anni fa, ricordi?» Le rammentò Puck alzando un sopracciglio, mentre Quinn e Santana ridacchiavano e Rachel camuffava, invano, il colorito sulle sue guance.

«Oh... Quella volta... Ma non avevo ancora capito di essere innamorata di Finn... E’ come se non contasse...» Cominciò a blaterare, gesticolando imbarazzata. «Comunque!» Pose fine al suo sproloquio. «Puck, non dimentichiamoci che siamo qui per Quinn e Santana, e non per rivangare storie morte e sepolte.» Fece, ammonendolo.

«Vero, vero,» le diede ragione Puck, rivolgendosi finalmente alle due ragazze sedute di fronte a lui, vistosamente in difficoltà, dato che continuavano a scambiarsi intense occhiate, come a infondersi coraggio l’un l’altra. «Ditemi che c’è un motivo serio per cui ci avete chiamato, e che non sto sopportando il gracchiare della Berry per nulla,» si augurò, guadagnandosi un’occhiata sprezzante da parte della castana.

Santana si schiarì la voce con un colpo di tosse, ravviò nervosamente i capelli e si sistemò più comodamente sulla poltrona, raddrizzando la schiena. «Allora... Beh, immagino sia meglio evitare inutili giri di parole e saltare direttamente al punto,» asserì, incoraggiata dallo sguardo rassicurante di Quinn, che non aveva mai smesso di fissarla neanche per un attimo.

«Esattamente,» approvò Puck sbuffando, che in cuor suo aveva già capito tutto. Gli sguardi che le due ragazze si dedicavano, così intensi e profondi, non lasciavano spazio a dubbi. Solo Rachel sembrava non aver capito ancora nulla, data la sua espressione evidentemente confusa eppure oltremodo curiosa. Tipico della nanetta.

«Bene...» proseguì Santana con un sospiro tremulo. «Direi che l’ora della verità è giunta!» Esclamò, ridendo istericamente.

Quinn la guardò aggrottando le sopracciglia, per poi sorridere dolcemente del suo adorabile imbarazzo.

«Dai, ragazze, non fateci stare sulle spine!» trillò Rachel, gli occhi vispi che saettavano qua e là tra le due ragazze, cercando di carpire qualche preziosa informazione.

«Dio santo,» imprecò Puck, alzando gli occhi al soffitto, «Rachel, come puoi essere così cieca?»

«Cieca? Di che parli?» Fece, confusa.

«Okay.» Sentenziò, battendo le mani sulle cosce e alzandosi in piedi, «Quinn, Santana, se non riuscite a dirlo voi, lo dirò io.» Propose, spazientito.

«No, no!» lo bloccò freneticamente Quinn, agitando le mani, per poi attingere una buona dose di coraggio dagli occhi di Santana, «Quello che io e San dobbiamo dirvi è che... Beh, ecco...»

«Stiamo insieme.» Tirò fuori tutto d’un fiato la mora, desiderosa di porre fine a quella tortura. «Stiamo insieme.» Ripeté, come per convincersene lei stessa.

In realtà, a distanza di giorni, se si soffermava a pensarci seriamente, avvertiva ancora un gran giramento di testa, e in quei momenti implorava Quinn di darle dei pizzicotti, affinché si rendesse conto di non star sognando.

Puck tirò fuori un sospiro liberatorio, tentando invano di trattenere un largo sorriso. «Finalmente, credevo non ce l’avreste detto più!»

«Che cosa?!» sbottò Rachel spalancando la bocca, scioccata. «Ma... Ma... Oddio, non posso crederci! Ditemi che non state scherzando!» urlò, eccitata.

«Puffo, secondo te scherzerei su una cosa così seria?» chiese la latina, retorica, per poi rivolgere uno sguardo innamorato a Quinn, che ricambiò con un sorriso.

«Andiamo, Berry, non ti eri accorta di questo?!» fece Puck, indicando le due ragazze dedicarsi quelle occhiate così eloquenti. «Ti facevo più perspicace.»

«Beh, in effetti...» intervenne Santana ridacchiando, «in effetti anch’io avevo sopravvalutato l’intuito di Quinn, invece ci ha messo settimane ad accorgersi che ero cotta di lei.» Rise, dando un buffetto alla bionda.

«Ma cosa dici!» esclamò Quinn indignata, «Io l’ho capito subito, ti stavo soltanto... Ehm, dando il tempo di accettarlo!» si giustificò, annuendo.

«Oh, ma davvero? Ma pensa quanto sei generosa...» la prese in giro Santana, allacciando un braccio intorno alla vita dell’altra e tirandola a sé.

«Lo so, ti stupisco ogni giorno di più.» Si pavoneggiò Quinn facendo ondeggiare i capelli vanitosamente, per poi scoppiare a ridere e depositarle un leggero e fugace bacio sulla guancia.

«Posso dire che penso mi stia venendo una carie?» Si lamentò Puck con una smorfia, facendo scoppiare a ridere le due.

Dopo un po' Santana si affacciò oltre la spalla di Quinn, notando un silenzio insolito. «Rachel? Come mai così taciturna? Dì qualcosa, non farmi illudere che ti sia andata via la voce un’altra volta.»

La Berry era ancora seduta sulla poltrona, china, il viso completamente coperto dai palmi delle mani.

Silenzio.

«Rach?» la scosse Santana, «Che cavolo ti succede?» fece, allarmata.

Un singhiozzo strozzato sfuggì dalle labbra della castana, che si ostinava a coprire il volto.

Finalmente l’ispanica riuscì a staccarle con forza le mani dal viso. Le alzò il mento e... «Ma che diavolo?!»

«Scusa, Santana... Non ce la faccio...» sussurrò Rachel con un altro singhiozzo, mentre ormai non riusciva più a mascherare le lacrime che sgorgavano impetuose dai suoi occhi.

«Perché Cristo stai piangendo?!» domandò stridula la mora, mentre Quinn e Puck si scambiavano occhiate confuse e sbigottite. «Da te mi sarei aspettata balletti e cori euforici, non certo che ti saresti messa ad allagare casa.»

«Scusami, è che... Dio, sono così felice,» disse, alzando il volto con un sorriso intriso di lacrime, «Ho aspettato per così tanto tempo questo momento e... Oh, ne hai passate così tante, San... Io... Ti meriti tutta la felicità di questo mondo, sul serio, sei una persona meravigliosa e vederti così raggiante, insieme alla ragazza che ami, mi riempie il cuore di gioia.» Espresse, guardandola con intensità e dolcezza allo stesso tempo.

E Santana avrebbe voluto restare impassibile, ma quegli occhi nocciola colmi di lacrime e felicità ebbero la meglio su di lei, che cominciò a malincuore a seguire l’esempio di Rachel. «Vaffanculo nana, guarda come mi riduci,» mormorò, assestandole un leggero pugno sul braccio mentre tentava invano di ricacciare indietro le lacrime.

In tutto ciò, Quinn si stava facendo cullare dalle braccia di Puck, sopraffatta anche lei dalle emozioni.

«Ah.» Emise, sdegnoso, il ragazzo. «Ragazze: rompimenti di palle e pianti continui. Mi avete fatto passare la voglia di andare a questo appuntamento e a tutti quelli successivi,» brontolò.

«Ho sempre saputo che eri gay, Puckerman, ma ora ne ho la certezza.» Disse Santana ridacchiando, prendendo una pausa dalle lacrime.

Tutti proruppero in una fragorosa risata, e anche Puck tratteneva a stento un sorriso, che reprimeva per non dare soddisfazione alla latina.

«Taci, Lopez. Mi sembra che anche tu in passato abbia ampiamente apprezzato questo ben di Dio, o sbaglio? Per non parlare di te, Fabray.» Le provocò, indicandosi fieramente gli addominali. «Incredibile, mi sono fatto tutte le ragazze presenti in questa stanza. Sei un mito, Noah!» Si vantò, passandosi una mano nella cresta.

Santana lo squadrò con un sopracciglio alzato. «Vero, di cui due sono diventate lesbiche e una è fidanzata con un individuo più simile ad un sacco di patate che a un essere umano. Fatti una domanda e datti una risposta, come si suol dire.» Replicò con un ghigno.

«Eviterò di commentare il modo in cui hai chiamato Finn, ma... Wow, questa brucia!» Esclamò Rachel, perdendosi in risate con Quinn.

«Zitta Berry,» la freddò il ragazzo, incapace di darsi tregua per essersi fatto fregare così ingenuamente.

«Andiamo Puckerman, non prendertela. Non pretenderai mica di vincere contro di me, lo sai che sono la regina delle stronze!» Fece l’ispanica roteando gli occhi.

«Ho avuto modo di rendermene conto negli ultimi tre anni di liceo, sì...» Bofonchiò contrariato, ma non ebbe il tempo di terminare la frase che il cellulare gli vibrò nella tasca dei jeans, avvertendolo di un nuovo messaggio.

Puck sospirò malinconico, dopo aver sbloccato lo schermo e letto il contenuto dell’sms.

Santana si affacciò curiosa. «Che succede Puckerman, la tua ragazza ti ha bidonato?» Lo prese in giro.

«Forse anche peggio,» sussurrò con un altro sospiro.

«Non dirmi che un’altra si è fatta mettere incinta!» Esclamò sgranando gli occhi Rachel, rimproverata poi da uno sguardo fulminante da parte della Fabray. «Oh, ehm, scusa Quinn,» mormorò imbarazzata.

«No, no...» Continuò, «Mio padre è tornato a Lima. E ha intenzione di restare,» spiegò.

Santana assottigliò gli occhi cercando di capire. «E il problema è...? Non ha un posto dove stare e deve dormire a casa tua?» Chiese.

«Guarda che se è per pochi giorni può stare qui con me e Santana, la casa è abbastanza grande e mia madre tornerà fra un mese...» Suggerì Quinn, subito però smentita.

«No, no, un appartamento l’ha trovato, non è questo... E’ che non sono abituato, io...» Biascicò, grattandosi la testa, «E’ vero che in questi mesi è cambiato molto, sembra aver messo la testa a posto e me lo sta dimostrando in tutti i modi, comportandosi responsabilmente e tutto, ma non sono ancora pronto a fidarmi. Non sono ancora pronto a rivederlo. Devo prima assicurarmi che sia sul serio cambiato, e non sia un’altra cazzata delle sue e... Adesso dice che vuole trovare una donna. Non so, io-»

«Fermati.» Lo bloccò Santana, mentre qualcosa le balenò improvvisamente negli occhi. Poi sorrise. «Una donna, dici?» Domandò, melliflua.

«Sì, ma...»

«Zitto. Non dire altro.» Tagliò corto, mentre quel sorriso andava estendendosi sempre di più fino a trasformarsi in un ghigno cospiratorio.

«Oh-oh, quello sguardo non promette nulla di buono...» Commentò Rachel scuotendo la testa. «Qualsiasi cosa tu abbia in mente, scordati che ti appoggi. Scordatelo.» Chiarì, risoluta.

«Non ho bisogno del tuo aiuto, nanetta,» replicò la latina. «Quinn?»

«Mh?»

«Vieni nell’altra stanza,» ordinò perentoria, sotto lo sguardo confuso di Puck e Rachel.

La bionda si alzò e la seguì nella camera attigua, assicurandosi che la porta fosse ben chiusa e che non ci fosse nessuna Rachel ficcanaso Berry ad origliare dall’altra parte.

«Cos’hai in mente, San?» Le chiese, curiosa.

«Dammi il cellulare,» comandò l’ispanica.

«Okay...» Acconsentì Quinn titubante, sfilando l’apparecchio dalla tasca dei pantaloni e porgendolo all’altra. «Che devi fare?»

«Chiamare Jane, la zia di Rachel.»

«Per dirle...?»

«Per dirle che ha appena vinto un appuntamento al buio al BelGrissino.» Spiegò, sollevando la testa in un ghigno beffardo.

Quinn spalancò la bocca, per poi aprirsi in un sorriso complice.
«Digita quel fottuto numero, Lopez.»
 


«Non sto capendo, Santana.»

«Non c’è molto da capire, Jane,» fece spazientita, sbuffando, «Semplicemente, domani sera ti alzi, prendi il cappotto e vai al BelGrissino. Non è difficile.»

«Ma a fare cosa, esattamente?!»

«A ballare la samba sul tavolo per intrattenere i clienti, Jane! Cosa cazzo vuoi che si faccia in un ristorante?!» sbottò, quasi urlando contro il cellulare in vivavoce, mentre Quinn le intimava silenziosamente di mantenere la calma, altrimenti avrebbe solo ottenuto di irritare Jane.

«Hai detto che c’è una persona che vuole conoscermi?» Chiese la donna, ignorando i modi non troppo garbati della sua interlocutrice.

«Esattamente!» confermò, «C’è questa persona che-che, ecco...» biascicò in difficoltà, cercando aiuto in Quinn.
’Che ha sentito parlar bene di te e ora vuole conoscerti’ mimò la bionda con le labbra, suggerendole.

«Sì, ecco!» bofonchiò. «Che ha sentito parlar bene di te e ora vuole conoscerti.» Spiegò sperando che, dall’altra parte della cornetta, la sua voce non suonasse così incerta come arrivava alle sue orecchie.

«Mh...» Emise.
Lo scetticismo di Jane era palpabile.

«E dove avrebbe sentito parlar bene di me?»

«Ehm-ehm... Da... Q-Quinn!» balbettò in preda al panico, mentre Quinn sgranava gli occhi in un’espressione sconvolta, cacciandosi le mani nei capelli e scuotendo freneticamente la testa.
Santana sollevò leggermente le spalle in segno di scuse.

«Quinn.» Proferì, con un tono che lasciava intendere ’oh, ma davvero Santana? Non hai trovato nulla di meglio?’

«Sì! Vedi, questo è il padre di un nostro caro amico... Era venuto a prenderlo a scuola, e si è trovato a passare affianco a noi proprio nel momento in cui Quinn lodava il tuo coraggio e la tua fermezza d’animo con la questione di Joe,» specificò, augurandosi che quel discorso stesse anche per una minima parte in piedi, «A quel punto si è fermato e ha cominciato a tempestarci di domande su di te, te l’assicuro Jane, era davvero inarrestabile! Allora gli abbiamo detto che sei una bellissima persona, una grande donna e tutte queste cose e-e lui ha affermato di volerti conoscere. Giuro, abbiamo provato a dissuaderlo, ma non c’è stato niente da fare! Era irremovibile! Incredibile no? Un uomo determinato e deciso, proprio come sei tu,» fece, allusiva, «non ti piacerebbe conoscerlo? Scommetto di sì... E’ davvero un’ottima persona, con un po’ di scheletri nell’armadio come te ma...»

«Scheletri nell’armadio?! Santana, attenta a chi mi presenti, ricordati che sono una poliziotta!»

«No vabbè ma io mica intendevo scheletri veri!» Sì premurò di chiarire in fretta, «Volevo dire che anche lui ha il suo passato non troppo felice, ma ha voglia di ricominciare, così come lo vuoi tu. Dagli una possibilità. Datti una possibilità, Jane.»

«Mh, facciamo così,» rispose dopo alcuni secondi di silenzio, «Io fingo di credere che tutto ciò che hai detto abbia il minimo senso, e tu la smetti di prendermi per il culo, okay?»

Santana si morse il labbro inferiore, imprecando tra i denti per esser stata beccata così facilmente.
Quinn sogghignò, consapevole dal primo istante che Jane non avrebbe abboccato.

«Okay...» concordò ruotando gli occhi, rassegnata, «ma ci andrai, vero?» Chiese speranzosa.

Jane esitò. «Tu e mia nipote siete la mia croce...» Sospirò.

«Ciò significa che ci andrai?!»

«Sappiamo benissimo entrambe che se ti dicessi di no arriveresti a farmi il lavaggio del cervello pur di farmi cambiare idea, quindi... Sì. Ci andrò. Contenta?»

«Sììì! Sì, sì, sì!» Esultò, battendo il cinque con Quinn e saltellando vittoriose.

Jane sbuffò. «Ora, se non ti dispiace, avrei una vita,» la liquidò bruscamente.

«Oh sì certo, scusa se ti ho fatto perdere tempo e... Mi raccomando per domani sera, eh!» Cinguettò con un sorrisino.

«Ciao, Santana.» Ringhiò Jane in risposta. «Oh e ciao anche a te Quinn, lo so che sei lì.» Aggiunse poco dopo.

La bionda sbarrò gli occhi mentre Santana ridacchiava sommessamente.
Prima che potesse replicare, la donna interruppe la chiamata.

Le due ragazze si lasciarono andare ad un sospiro liberatorio, sorridendo soddisfatte. «Beh, alla fine non è stata tutta questa impresa titanica che ci aspettavamo, no?» 

Quinn esitò, mordendosi il labbro inferiore. «San, non per fare la guastafeste, però... Ti ricordi che dobbiamo convincere anche il padre di Puck, vero? Uomo con cui non abbiamo mai parlato, di cui a stento sapremmo riconoscere il volto e che non ha la più pallida idea di chi siamo io e te?»

Santana ci rifletté un attimo, poi fece una smorfia, scoraggiata. «Come facciamo?» Borbottò, incrociando le braccia e mettendo su un adorabile broncio da bimba a cui Quinn non seppe resistere.

Si slanciò in avanti, prendendo le labbra di Santana tra le sue e baciandole dolcemente. Santana, sorpresa da quel gesto inaspettato, tremò appena, per poi rilassarsi e allacciare le braccia attorno al collo di Quinn tirandola a sé, ricambiando quel bacio a cui non era abituata e che le faceva ancora girare la testa. Si staccarono, appoggiando le fronti l’una sull’altra e sorridendosi.

«Wow.» Commentò semplicemente Santana, perdendosi in quella distesa di verde perlato che erano gli occhi della Fabray.

«Sì, direi che è l’aggettivo giusto,» concordò l’altra ridacchiando.

«Sai, credo... Credo che questo potrebbe diventare una di quelle cose a cui poi non potrei mai più rinunciare.» Rivelò la mora, dopo un attimo di esitazione.

Quinn sorrise, la fronte ancora attaccata a quella di Santana, gli occhi ancora incatenati ai suoi, neri e profondi.

«Non esiste motivo al mondo per cui tu debba rinunciarvi,» la rassicurò, con un piccolo sorriso.

«Me lo prometti?» Sussurrò sulle labbra dell’altra.

«Te lo prometto.» Disse, prima di annullare nuovamente le distanze tra loro.

 


 

Angolo dell'autrice
 

Ma buongiornooo! Come va, fanciulli? :3
Eccoci qui con l'undicesimo chapter! Volevo informarvi del fatto che mi sono divertita un sacco a scrivere della telefonata fra Santana e Jane xD
Ebbene sì, noto che Jane come personaggio vi piace e alcuni di voi desiderano un happy ending anche per lei, so.. Le nostre Quinntana si sono messe all'opera per far sì che accada!! Nel prossimo scopriremo come faranno per far sì che anche il papà di Puck si presenti all'appuntamento.. Women on a mission lalala xD All'inizio avevo pensato di scriverlo in questo, ma poi sarebbe venuto più lungo del solito quindi ho preferito smezzare :3
Alla prossima cari!
Tanto amore per voi <3










 

  
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