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Autore: Dani85    23/01/2013    3 recensioni
Raccolta incentrata sul rapporto tra Anna e Luca. A cominciare dal loro primo incontro, seguirà lo sviluppo dei fatti così come DdP li ha fatti conoscere e vi ci si inserirà arricchendoli e magari cambiando qualcosina.
Partecipa al The Itten Challange indetto sul Forum di EFP.
Dal I Capitolo:
«Mmm sei capitata in un momento un po' incasinato ma, di solito, c'è sempre un sacco di gente qui! Avrai modo di conoscerli tutti e sono sicuro che ti piaceranno!»
Anna avrebbe voluto dirgli che dubitava che la gente che l'aveva ignorata potesse piacerle ma non lo fece. Il sorriso pieno e gli occhi amichevoli di Luca, mentre le offriva un caffè, le stavano chiedendo di dare una possibilità anche agli altri. Gliela avrebbe concessa, decise, intanto che portava il bicchierino di carta alle labbra. Ma sarebbe andata male comunque, lo sapeva.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto , Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Negli occhi
Autore: Dani85 [Dani85° sul forum EFP]
Fandom: Distretto di Polizia
Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto
Paring: Nessuno
Genere: Introspettivo
Rating: Verde
Tabella: Blu
Prompt: Occhi
Note: Storia scritta per il "The Itten Challenge" indetto da Edelvais Verdefoglia sul Forum di EFP.
La Shot si pone temporalmente all'inizio di Distretto di Polizia 5, quando Anna fa la sua comparsa al distretto.
Il titolo della raccolta è una citazione di "Questa nostra stagione" di Eros Ramazzotti. Il titolo e i versi iniziali di questa prima storia, invece, sono presi da "Balla solo la tua musica" sempre di Eros.
L'intera raccolta è dedicata a Sara, la mia ispiratrice e paziente sopportatrice in questa avventura ♥♥♥

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Questa nostra stagione

Negli occhi

Negli occhi

Prova a chiederti se è vero
che il cielo oggi è nero
o se hai solo chiuso gli occhi tu
[Balla solo la tua musica – E. Ramazzotti]


L'ultimo squillo del telefono salì oltre lo scroscio d'acqua e svanì con esso ovattato in una nuvola di tiepido vapore. Anna aspettò immobile che il silenzio tornasse e poi scivolò nell'accappatoio troppo grande per lei, mentre districava una mano dalle pieghe larghissime di una manica per sciogliersi i capelli. L'elastico finì da qualche parte sulle coperte: forse tra il suo distintivo e il giornale degli annunci economici su cui spiccava l'inserzione cerchiata di rosso di un appartamento in affitto, forse tra il piumino e le lenzuola, forse tra le buste di carta del suo pranzo. Il letto la accompagnò cigolando mentre ci si buttava su a peso morto e il fruscio delle lenzuola e della carta fece da sottofondo. Buttò un'occhiata di sbieco all'orologio che ticchettava appeso ad una parete e sospirò sconfortata: non le restavano che un paio di ore prima del nuovo inizio. E non sarebbe andata bene nemmeno quella volta. Se lo sentiva. Lo sapeva. Chiuse gli occhi, un braccio di traverso sul viso e tutta la stanchezza di un'ennesima notte in bianco addosso. Forse avrebbe potuto sonnecchiare un po' adesso, magari solo una manciata di minuti, con l'accappatoio umido che le si raffreddava addosso e l'andirivieni delle macchine giù in strada. Giusto il tempo per togliersi di dosso il torpore dell'insonnia e l'angoscia degli incubi, di quegli occhi blu che tornavano a tormentarla ogni volta che lei ricominciava. Ogni volta che ci provava, almeno, prima che ogni volta tutto andasse a rotoli.
E tornarono anche lì, in quel momento, nella penombra della stanza di un residence, come flash di zaffiri taglienti dietro le palpebre chiuse. Luccicavano di malizia e le sembrava ancora di sentire la sua voce, quella del suo patrigno, - “È colpa tua, è tutta colpa tua... Sei una buona a nulla... Una povera pazza... Una bugiarda... Hai rovinato tutto” - e le lacrime di sua madre in un angolo e poi il ronzio di qualcosa che avrebbe dovuto – avrebbe voluto – ricordare ma che non ricordava. Proprio non ci riusciva. E intanto quegli occhi diventavano più grandi, il loro blu più intenso, più freddo, più pericoloso. Anna sapeva cosa sarebbe arrivato dopo, sapeva che sarebbe tornato il ricordo delle carezze, la lascivia dei baci e lo schifo di altro che non aveva nemmeno la forza di chiamare per nome.
Il cellulare squillò di nuovo e Anna riemerse dal dormiveglia, il cuore accelerato dalla paura. Odiava quegli incubi con tutta sé stessa: si alimentavano della sua ansia, della sua angoscia e dei suoi fallimenti. Odiava sua madre: lei aveva permesso che tutto quello accadesse, che quell'uomo la avvicinasse, lei non le aveva creduto, lei continuava a riempirla di telefonate che restavano senza risposta.
In un gesto di stizza, Anna scattò a sedere sul letto e, mentre un terzo squillo si spegneva seccamente, lanciò il giornale degli annunci economici contro il muro e lo osservò cadere a terra. L'angoscia si stava trasformando in rabbia e la rabbia l'avrebbe portata a rovinare tutto. Come accadeva sempre. Come sempre le ricordavano quegli occhi blu.

*


No, non sarebbe andata bene neppure quella volta. Anna se lo sentiva. Lo sapeva. Come sarebbe potuta andare bene se nessuno le dava retta, se quelli che sarebbero stati i suoi colleghi la ignoravano e se la rimpallavano come fosse una pallina da ping pong? Erano tutti troppo impegnati per lei, troppo presi da chissà quale loro problema, troppo di fretta, troppo distratti. Persino il Commissario, una donna forse poco più grande di lei, l'aveva liquidata passandola in consegna a qualcun altro.
Dio, che pessimo inizio! Anna sospirò, il portone del commissariato che si chiudeva dietro l'ennesimo poliziotto distratto e distante. Non c'era dubbio, sarebbe andata male anche lì, a Roma, in quel buco di commissariato che era il X Tuscolano, e lei avrebbe avuto un altro appunto sulla sua scheda e un altro posto in cui non aveva resistito da aggiungere alla lista. Almeno, però, stavolta non sarebbe stata colpa sua: non aveva detto o fatto niente, non era nemmeno riuscita a presentarsi!
Ancora ferma nell'atrio, quegli odiosissimi occhi blu le erano balenati in testa, arrivati a sottolineare quello che si stava rivelando l'inizio più disastroso della sua vita. Forse avevano ragione e lei era davvero una buona a nulla che non sapeva neanche farsi ascoltare. Il suo orgoglio protestò, da qualche parte dentro di lei, e la spinse a rialzare la testa e lo sguardo, appena in tempo per accorgersi del ragazzo che stava uscendo da uno degli uffici. Era giovane, anche lui non doveva avere che qualche anno più di lei, era uscito dall'ufficio con le mani sepolte nelle tasche dei jeans e lo sguardo puntato a terra di chi è perso nei suoi pensieri.
O la va o la spacca! pensò Anna. Lui doveva fermarsi per forza e ascoltarla, altrimenti non avrebbe saputo a chi altri rivolgersi là dentro.
«Scusa...» esclamò mentre gli si avvicinava e lui le rivolse un'occhiata perplessa. «Ciao! Sono Anna Gori, la nuova agente assegnata a questo commissariato...» snocciolò tutto d'un fiato, prima che lui la potesse fermare o riuscisse ad andarsene. Ma lui non pareva avere nessuna intenzione di piantarla lì, da sola, e dopo aver fatto mente locale, si batté appena la fronte con la mano e sorrise.
«Oh scusa... Sì, ti stavamo aspettando... Ciao! Luca, piacere!» si presentò, la mano tesa a stringere quella di Anna e il sorriso che si allargava sincero.
Sorrise anche lei, sollevata per aver trovato finalmente una persona disponibile. Luca le fece strada verso l'ufficio da cui era uscito e le indicò la scrivania contro la parete centrale, quella che avrebbero condiviso. Anna ispezionò l'ufficio con un'attenta occhiata: le due scrivanie, lo schedario accanto alla porta, l'ampia finestra che si apriva sull'atrio e la porta sul lato apposto.
«Quella dà sul corridoio, all'incrocio tra l'ufficio del Commissario e la sala interrogatori!» le spiegò Luca e gliela indicò, appoggiato ad una delle scrivanie. Aveva un tono di voce calmo e pacato e sembrava che sorridere fosse una costante per lui. Almeno quanto era raro per lei.
«Ti faccio vedere il resto!» disse interrompendo il silenzio, mentre si affaccendava a scortarla di nuovo in corridoio. Anna ebbe l'impressione che nemmeno a lui piacesse troppo parlare. C'era una timidezza di fondo nei gesti di quel ragazzo, nelle mani tese ad indicarle gli uffici vuoti, l'archivio, gli spogliati in fondo a sinistra e il distributore automatico.
«Mmm sei capitata in un momento un po' incasinato ma, di solito, c'è sempre un sacco di gente qui! Avrai modo di conoscerli tutti e sono sicuro che ti piaceranno!»
Anna avrebbe voluto dirgli che dubitava che la gente che l'aveva ignorata potesse piacerle ma non lo fece. Il sorriso pieno e gli occhi amichevoli di Luca, mentre le offriva un caffè, le stavano chiedendo di dare una possibilità anche agli altri. Gliela avrebbe concessa, decise, intanto che portava il bicchierino di carta alle labbra. Ma sarebbe andata male comunque, lo sapeva.

*


Anna sospirò di stanchezza mentre rientrava al residence e al buio trovava il letto. Agitò una mano finché non urtò la lampada sul comodino e un istante dopo un cono di luce arancione illuminò parzialmente la stanza. Tutto era come lei lo aveva lasciato qualche ora prima: il letto sfatto, le cartacce malamente buttate nel cestino, il giornale degli annunci abbandonato a terra. Tutto disordinato e desolato, così paurosamente simile a lei. Sospirò di nuovo e raccolse le gambe puntando i piedi sul bordo del letto. Era il momento di un primo bilancio. Il X Tuscolano non le dispiaceva in sé per sé, era piccolo ma aveva fama di essere un avamposto attivissimo, in prima linea addirittura contro la mafia. Era sui colleghi che non avrebbe saputo cosa dire. Quelli che aveva incrociato non avevano affatto brillato per disponibilità ed era quasi certa che non le sarebbero piaciuti – non le era mai piaciuto nessuno, in realtà – ma, tutto sommato, se si fossero rivelati bravi e competenti non sarebbe stato un gran danno. In fondo, le sarebbe andato più che bene mantenere le distanze con loro: niente rapporti troppo stretti, meno rischi di scontri, più possibilità di mantenere il posto per più di qualche settimana solamente. Era abbastanza stanca di girare come una trottola, tra richiami e trasferimenti.
Illusa, non durerà!
La solita voce strisciante echeggiò maligna nella sua testa e lei sbuffò scocciata. Era stanca anche di essere torturata da quei ricordi, da quel passato, da quell'uomo. Frustrata chiuse gli occhi e allo sguardo blu dei suoi incubi se ne sovrappose un altro, decisamente nuovo, decisamente migliore, decisamente inaspettato. La perfetta memoria fotografica di Anna ricostruì nei minimi dettagli un paio di occhi color nocciola. La sfumatura cangiante, il taglio vagamente allungato, l'espressione dolce, la nota di tristezza che se ne stava lì, sul fondo, nonostante sorridesse sempre. Forse anche quel ragazzo, quel Luca, aveva passato qualche brutto momento.
Al diavolo!
Anna sbuffò scocciata, non erano problemi suoi e di certo non lo sarebbero stati mai. Anche quel Luca sarebbe stato solo una persona di passaggio nella sua vita, niente di più. Eppure quegli occhi caldi e scuri che le si erano subito appiccicati addosso, sembravano dirle il contrario, sembravano una mano tesa in tutta la terra bruciata che lei stessa e la vita le avevano creato intorno. Poteva provare ad afferrare quella mano immaginaria, quella volta. Anche se alla fine sarebbe andata male comunque, lo sapeva. A lei andava sempre male. O forse no? Gli occhi nocciola di Luca brillarono nella sua memoria un'ultima volta spegnendo il riflesso lontano di quelli blu del suo patrigno. Forse qualche possibilità che le cose andassero bene c'era. E Anna in fondo lo sperava anche se non lo avrebbe ammesso mai, neppure a sé stessa.

  
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