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Autore: polutropaul    25/01/2013    1 recensioni
Incubi, di nuovo, asma.
Pensava di aver dimenticato cos’erano.
Tutto era iniziato ( o era finito? Non lo ricordava.) diciotto mesi fa.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes , Sig.ra Hudson
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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“Perché oggi?”
Già, perché? Avevo sperato di non rivedere mai più quel posto.
“Vuole proprio che glielo dica?”
Mi sta facendo credere che non sa davvero perché sono qui, o è un suo trucco da analista?
“Era diciotto mesi fa l’ultimo appuntamento.”
Sì, e la vera riabilitazione è iniziata dopo aver dimenticato totalmente la scomodità di questa poltrona.
“Li legge i giornali?”
Perché ancora una volta quel bastardo è riuscito a finirci, il “genio”.
“A volte.”
Allora la smetta di giocare con me.
“E guarda la TV?” Ma certo che la guarda, chi non la guarda. “Lei sa perché sono qui.” lo sa benissimo perché sono qui. “Sono qui perché …”
Vuoto.
“Cos’è successo, John?”
La smetta di giocare con me.
“Sherlock.”
Vuoto.
“Deve riuscire a dirlo.”
Allora lei lo sa.
“Il mio migliore amico, Sherlock Holmes, è morto.”
Vuoto.
 
 
Incubi, di nuovo, asma.
Pensava di aver dimenticato cos’erano.
Tutto era iniziato ( o era finito? Non lo ricordava.) diciotto mesi fa.
Gli incubi dell’Afghanistan, la riabilitazione ad un mondo, una vita normale; destino che, avrebbe capito dopo, evidentemente non doveva essere il suo.
E, improvvisamente, aveva iniziato a riusare la stampella, per un dolore che non c’era.
O almeno, non lì.
Non alla gamba, forse un po’ meno agile ora che non c’erano più Golem da catturare o detective da seguire.
Ora che passava le giornate a tentare di capire le persone, come faceva lui.
Ma lui non era lui.
Ora che aveva (ma dov’era stato per quei diciotto mesi? Avrebbero potuto fare un duetto) ritrovato il suo clarinetto.
Ora che aveva smesso di andare al lavoro.
Ora che gli unici film che guardava erano polizieschi, ora che si accorgeva di quanto fossero insulsi.
Ora che aveva finalmente tirato fuori dal teschio i pacchetti di sigarette di Sherlock e anche tutto il resto della scorta, ma non c’era problema, le stava finendo lui.
Ora che il suo blog contava solo una o due visualizzazioni al mese, ora che tanto non ci scriveva più, e chissà perché continuava a guardarlo.
Ora che la Signora Hudson aveva smesso di entrare in quella stanza, era come un biglietto di sola andata per una pallottola in fronte.
 
 
Ma lui una vita normale non doveva avercela.
Non ce l’aveva mai avuta e non doveva avercela.
Evidentemente c’era qualcuno (non che ci credesse, aveva smesso di credere perfino in Dio) che lo manovrava, lui era solo una stupida, insignificante marionetta, un pedone nel gioco degli scacchi, uno che veniva mandato davanti a tutti, ma doveva resistere.
E ne fu la prova il giorno in cui decise di riprovarci.
Riprovare a vivere.
Provare ad uscire, andare fino al Tamigi, senza stampella e tornare indietro.
Ne fu la prova il giorno in cui aprì la porta per provare a rivivere e se lo trovò davanti.
Ne fu la prova la prova il fatto che lo perdonò.
Ne fu la prova il fatto che lui tornò ad essere il compagno scapolo del famoso Sherlock Holmes.
 
   
 
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