Videogiochi > Ratchet & Clank
Segui la storia  |      
Autore: ElisaJ7B    26/01/2013    2 recensioni
"«Avrei così tante domande! Come vi siete conosciuti?»
Con una piccola smorfia Alister cominciò a raccontare la sua storia..."
Il compagno di scorribande di Kaden, Alister Azimuth, racconta a Ratchet alcuni fatti di un lontano passato e della loro gioventù.
Spero che vi piaccia e lo troviate divertente, qui ElisaJ7B, a voi la storia!
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Lunghe ricerche avevano condotto Ratchet al pianeta Torren IV.

Era alla ricerca di un altro lombax, di nome Alister Azimuth, nemico del Dr. Nefarious.

Durante il cammino, tutti gli abitanti del pianeta gli sconsigliavano l’incontro con l’esule, in quanto pericoloso e imprevedibile.

Ratchet, ignorando gli avvertimenti dei Vullard, arrivò di fronte ad un gigantesco robot che fungeva da abitazione per Alister.

Lui si trovava proprio lì, sul balcone a contemplare l’orizzonte, finché non fu interrotto bruscamente dalla domanda di Ratchet.

«Mi scusi, salve! È lei Alister Azimuth?»

Contrariamente ad ogni sua aspettativa, il giovane lombax fu attaccato con una bomba, un diversivo che permise ad Alister la fuga.
Ratchet, spiazzato, deviò il colpo con la chiave e si buttò su un cavo da grind per inseguire il suo obiettivo.
Dopo aver attraversato tutto il percorso ed evitato i continui ostacoli, Ratchet lo perse di vista e si fermò a pensare.
Dove poteva essersi nascosto?

In quel momento Alister lo colse di sorpresa e lo appese al muro urlandogli in faccia: «Ti ho preso!».
Dopo averlo guardato negli occhi per qualche istante, il lombax vincitore sembrò sconvolto.
«Non è possibile… tu sei… il figlio di Kaden!»

Quindi lasciò cadere il corpo ansimante di Ratchet a riprendersi dal soffocamento.
Alister parlò della sua storia, era un generale di alto rango della razza lombax.
Sorridendo dolcemente disse che Ratchet era identico a suo padre, scatenando una serie di forti emozioni nel ragazzo, tra felicità e stupore.

«Avrei così tante domande! Parlami di lui!»
Ratchet, invitato ad entrare in casa da Alister Azimuth, tempestò quest’ultimo di domande riguardanti suo padre.
«Calma, calma, ragazzo! Ogni cosa a suo tempo! Cosa vuoi sapere da me?»
«Come vi siete conosciuti?» Con una piccola smorfia Alister cominciò a raccontare la sua storia:
 




«Io e Kaden ci siamo incontrati per la prima volta all’accademia per combattenti.
Eravamo nel solito corso, per specializzarsi in guida di astronavi e utilizzo di armi pesanti.
Ad essere sincero, nei primi mesi dell’anno lo avevo notato, ma non avevo avuto occasione di parlarci.
Otteneva sempre il massimo con il minimo sforzo, veniva continuamente elogiato dai superiori e circondato da ragazze, ma la cosa più strana è che a lui dei complimenti e dell’amore non gliene importava proprio nulla.
Continuava a seguire le lezioni con uno stupido sorrisetto che perdeva solo nei momenti di estrema concentrazione, come nel disinnescare una bomba o cose del genere.

Un felice giorno, il generale ci affidò una missione fuori dal normale, non i soliti incarichi come rimanere nascosti per ore, attaccare l’insediamento nemico o sparare ai manichini.
Ci disse di dividerci a coppie, metterci delle manette e fingere di essere due prigionieri in fuga. La difficoltà più grande stava nel cooperare, dato che fino alla fine dell’addestramento non avrebbero potuto separarci.
Mi guardavo attorno cercando qualcuno con cui lavorare, quando sentii un finto colpo di tosse alle mie spalle.
Mi girai e vidi tuo padre, con indosso la maglia arancione e una manetta già infilata, che (porgendomi l’altra) mi disse: «Vuoi venire con me?»
Vedendola come una occasione per dimostrare che ero alla sua altezza accettai, mi vestii e ci mettemmo in fila con gli altri.

Ci spiegarono che per completare la missione al suono di partenza saremmo dovuti tutti correre verso una porta che si chiudeva, già chi rimaneva all’interno della prigione avrebbe fallito la prova.
La seconda parte consisteva nello scappare, coperti solo da stracci senza essere difesi dalle armature. L’ultima, ma non meno importante, fase dell’operazione consisteva nel rientrare alla base riconquistandola dai nemici.

Al forte suono di una tromba, tutti siamo schizzati verso i pannelli metallici che si stavano lentamente chiudendo, tanto che pensai che non ce l’avremmo fatta.
Invece con uno scatto finale, Kaden mi strattonò fuori impedendo che venissimo eliminati. Un gradino era già fatto.

Con grande sorpresa, fuori ci attendeva un bosco buio e pieno di rovi, trappole e finti manichini mobili pronti ad attaccarci, oltre agli animali selvatici. Kaden consigliò di prendere il percorso di sinistra, un rovaio gigante con spine enormi da cui provenivano urla agghiaccianti.
Io gli sbraitai contro che sarei voluto arrivare intero a destinazione e lo obbligai a prendere il sentiero di destra che sembrava più pulito.
Con un sospiro, tuo padre acconsentì e si lasciò portare con me nel percorso che io avevo stabilito.

All’inizio andò tutto bene, non c’erano spine, nessuna bestia o manichino assassino con l’intenzione di attaccarci ed ero proprio soddisfatto di me stesso.
Ma poi tutto cominciò ad andare storto.

Calpestai una specie di ramoscello, attivando una trappola, che ci scagliò contro moltissime frecce e noi, sconcertati, cominciammo a correre.
Una freccia mi colpì in piena gamba e io urlai dal dolore, vedevo il sangue scorrere insieme a un altro liquido nero che pareva veleno paralizzante. Kaden non si scompose affatto e, strappandosi una parte della maglia, creò una fascia per bloccare l’emorragia. Per il veleno ormai era troppo tardi, la gamba non la sentivo più, ma lui mi diede un bastone e ricominciammo a camminare.
Poco più in là purtroppo una tenaglia mi colpì il piede sinistro, costringendomi a buttarmi a terra, non avendo più alcun arto inferiore a sorreggermi.

In un attimo di follia, forse per il lancinante dolore, mi imbarcai in una missione suicida.

«Lasciami qui! Non ho il diritto a continuare a vivere! Ho fallito la prova e ammetto che tu sei migliore di me! Uccidimi e fingi che sia stato un incidente, tanto ne muoiono a migliaia in questo corso schifoso e uno in più o uno in meno non fa differenza!» «No.» disse freddamente. Il suo solito sorriso era scomparso e il suo tono si era fatto serio. Ciò bastò ad ammutolirmi.

«Non ti abbandonerò soltanto perché tu sei in difficoltà. Siamo una squadra, abbiamo iniziato insieme ed insieme finiremo.» Detto questo si buttò in terra anche lui e strisciammo insieme fino alla base. A cento metri da essa si alzò e costruì una specie di sostegno con un ramo per la mia caviglia, che mi permise di stare in equilibrio in piedi. Insieme valutammo la situazione, un attacco frontale era meno indicato di un attacco indiretto, ma senza armi a lunga gittata non ne avevamo la possibilità.

Kaden escogitò un piano: Avremmo distratto le guardie all’entrata con un rumore e saremmo sgattaiolati all’interno della costruzione, poi al resto ci avremmo pensato dopo.
Prese un grosso bastone e lo scagliò lontano, così facendo un rumore di frasche che insospettì i custodi. Cominciammo a correre verso la porta ma a cinque metri dall’entrata inciampai e le guardie si girarono.
Cominciai a imprecare quanto fossi idiota, quando vidi che una delle due guardie raccolse un sasso decisamente grande e sembrava pronto a scagliarlo addosso a tuo padre. Quando lui se ne accorse era troppo tardi, ormai aveva lanciato.
Quella roccia era talmente veloce che sembrava un missile, puntando dritto dritto contro il torace di Kaden.

Allora mi alzai di colpo, prendendo la botta al posto suo.

Il sasso mi colpì in piena fronte e io svenni.
 
Quando riaprii gli occhi mi ritrovai in infermeria.
La mia testa era tutta fasciata e le mie gambe pure.
Dopotutto era quello che mi meritavo. Ero stato uno stupido e un irresponsabile, al contrario di Kaden che avrebbe superato la prova senza problemi.
Con la coda dell’occhio vidi qualcosa che si muoveva alla mia destra così mi voltai lentamente verso quella direzione. Tuo padre era lì, mezzo morto di sonno, con la testa appoggiata sulla spalla.

«Kaden?» mormorai, per vedere se si svegliava. Ma lui non stava dormendo.

«Sono sveglio, Al.»
«Cosa è successo?»
«Quando hai preso la pietra in testa sei subito svenuto, io ho approfittato dello stupore delle guardie per trascinarti dentro e chiudere a chiave.
Così abbiamo superato la prova». Non mi sembrava vero. Grazie al mio atto di eroismo non avevamo fallito la prova.
Però dopo tutti i guai e le interruzioni che avevo fatto non avevo molto di cui vantarmi.

«Cosa c’è Alister? Non sei contento?» tuo padre sembrava preoccupato non vedendomi gioire per aver passato la missione.
Così vuotai il sacco.

«Non ho fatto altro che metterti i bastoni tra le ruote, avresti concluso comunque la prova senza di me, per te ero solo un peso.»
«Questo non è vero, io ti vedo come una rosa che deve ancora tirar fuori le spine. Riprenditi presto dalle tue ferite e continua ad allenarti.
Ti piace andare sugli Hoverscarponi? Io trovo che siano fantastici, dovresti venire con me su Lumos, ci divertiremo!»

Quel piccolo e basso lombax arancione riaccese in me la speranza di migliorare, che in quegli ultimi mesi era come scomparsa.
Una volta riabilitato in servizio, insieme abbiamo completato molti altri incarichi, conquistando moltissime vittorie, in pratica eravamo i migliori di tutta l’accademia.
Ma cosa molto più importante, è che eravamo migliori amici.»
 


  
  
Finito di raccontare, Alister Azimuth si concesse una piccola pausa di silenzio prima che Ratchet lo interrompesse.

«Poi ci siete andati davvero su Lumos oppure no?»
«Te lo racconterò un’altra volta. Perché sei venuto sin qui su Torren IV a cercarmi?»
«Dato che anche tu sei un nemico del Dr. Nefarious, ho pensato che potremmo allearci contro di lui e recuperare il mio amico Clank, rinchiuso nel Grande Orologio.»

Negli occhi di Alister si accese una scintilla.

«Grande Orologio hai detto? Potrebbe essere la mia grande occasione per...»

«Come ha detto, scusi?» Ratchet non aveva sentito i bisbigli di Alister Azimuth.
«Nulla, nulla! Presto, partiamo per il pianeta Terachnos per scoprire dove possiamo trovare un Occhio di Ossidiana. È l’unico modo per comunicare con Clank.»

«Generale? La mia nave è da questa parte»
«Lascia stare, ho la mia»

Ritornando sulle proprie navi, i due lombax si posero come obiettivo l’incontro sul pianeta prestabilito e scoprire in ogni modo come poter parlare con Clank.
Ratchet era fuori di sé per la felicità di aver conosciuto finalmente un suo simile, per di più il miglior amico del padre perduto.

Per festeggiare potenziò tutte le armi che già aveva e ne comprò di nuove, per arrivare pronto all’attacco su Terachnos.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Ratchet & Clank / Vai alla pagina dell'autore: ElisaJ7B