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Autore: Tristo    26/01/2013    0 recensioni
Arbel, seguito da uno strano individuo, si trova nel Nebraska: come si comporterà in questa situazione? Tornerà mai a casa?
Genere: Comico, Commedia, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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V- Giunzione, Giuditta, Giumenta
 
Nel mondo in cui Arbel era stata catapultata, la narrazione cambiò. Ora sono un narratore onnisciente, so tutto. Era ora.
Comunque, i ninja non le fecero del male. La affidarono a Giuditta, che aveva una Giumenta, ed abitava alla Giunzione. Il tramite tra il nostro mondo ed il Nebraska.
La giunzione è un covo di ladri, prostitute, truffatori che sono spariti nel nulla dal nostro mondo e si sono ritrovati in una dimensione parallela. Tra le prostitute sembrava ci fosse anche Dluk, ma è un’altra storia. Arbel ordinò un caffè. O un tè? E se fosse stato un cafté?
In realtà Arbel era solita nutrirsi di sola acqua gassata, resa naturale tramite uno sgassatore di acqua gassata. Quindi ordinò un caffè, ma lo sputò via.
Come era solita fare, poi, andò a pisciare sulla pianta grassa, per farla dimagrire. Se non fosse che la pianta grassa era in realtà un pinguino, che, alzatosi, minacciò il nostro/ la nostra protagonista con un’aringa. O era una pistola? –Diciamo che il mio ruolo di narratore onnisciente è andato a farsi fottere dopo queste poche righe-
E si sfidarono a duello nella non troppo pubica piazza. Ah, era pubblica. Comunque sia, Arbel sfoderò la sua arma, il gatto arcobaleno, che rincorse il pinguino finché non esclamò:
-Che bello andare a raccogliere pesci in mezzo al deserto, il cielo è aperto, apro le porte di casa mia per entrarci, la funivia si è rotta.
Al che i cittadini risposero: -Non vogliamo la tua aringa marcia, quindi marcia, marcia e vai via, che a colazione ci invita mia zia!
 
Arbel, confusa da questi discorsi troppo complicati anche per un cervello come il suo, tornò da Giuditta, che stava cavalcando la Giumenta con fare indaffarato. No, era la giumenta. La giumenta cavalcava Giuditta. Giuditta era cavalcata dalla giumenta. Cavalca la Giuditta, oh Giumenta. Giuditta Giumenta la cavalca, e così via.
Notando che entrambe erano di sesso femmaschile, si chiese come facevano ad avere un rapporto. Ma poi se ne pentì.
 
“All’ora di cena, tutti raccolti attorno alla televisione,
Mi sembra di essere un procione,
ma com’è che si dice da queste parti?
Il Nebraska è grande, tagliamoci gli arti.
E poi tutti insieme, cantiamo perennemente
La lettera che viene dopo quella sedicenne,
Che è il diciassette, ma non ha
Comprato le biciclette.”
Fu questa breve ma non troppo poesia ma non troppo di Arbel a esplicarci la situazione.
 
-Giunti al quinto capitolo dovrebbe succedere qualcosa, ma sono talmente breve che devo dilungarmi ancora un po’ sui pensieri di tutti i personaggi. Per cui. –
 
Giuditta: Ho sentito che Arbel è un tipo un po’ strano, sempre per i fatti suoi ma anche degli altri, e vorrei capire come mai è finito nel mio territorio. Il Nebraska è da sempre un posto poco raccomandato, anche se non ho capito il perché. E il dove. E il quando. Ma penso d’estate. D’inverno il mondo è tutto Nebraska. O il Nebraska invade il mondo? Non dovevo parlarne dite? Ma questi sono solo miei pensieri. Tu, vattene o ti ammazzo.
 
Giumenta: Ihihihihihihi. Anche se sono un animale devo pensare perché altrimenti il capitolo non procede? Mhm… Mi piace l’erba. Soprattutto nelle cann… nei canneti. E poi io sono un ruminante, anzi no. Gli ippopotami cavalluti lo sono? Se lo sapessi non sarei un animale ma un sasso. Perché russo. IHIHIHIH.
 
Arbel: Perché proprio io dovrei essere protagonista di una stronzata simile? Era bello quando vivevo nei miei campi di grano non arati a grattarmi l’ano con le spighe. Però ora sono qui, al freddo, al caldo, all’Aldo. Mantoano per nascita, li parenti miei furon lombardi ambedui. Però ora mi sdraierei sotto il futon, a sentire sparare due passi con il tamburo acceso alle sei di mattina.
Senti,
Senti,
Due passi,
Senti,
Senti,
Così occupa tutta la pagina.
Però ora basta, spengo il cervello.
 
-Come se prima l’avesse tenuto acceso. Comunque, il V capitolo sta per finire. Oppure deve ancora cominciare? Mentre lo scrivo ancora non ho deciso, getterò l’ancora e vedrò. Domani. E voi non saprete che giorno è oggi e che giorno è domani. Tantomeno ieri. Ma oggi è solo l’ieri di domani, e il domani è solo l’oggi di domani. Comunque, fatemi poi sapere se il capitolo finisce o meno. Al me del passato. Così tolgo tutta questa solfa inutile. Come se ci fosse qualcosa di utile in questo romanzo. Però mi piace il manzo. -
   
 
Siccome ho deciso di continuare questo capitolo, da un futuro imprecisato, vi dico di smetterla di leggerlo. Smettetela, basta. Non so più cosa scrivere e mi sono ridotto a vivere in mezzo a una strada e a scrivere da un internet point per trovare l’ispirazione. E l’espirazione. E l’inspirazione. Se me ne dimentico muoio. Ed è una cosa brutta da farsi. Molto meglio comprare i tuberi al discount. E di tuberi parlerò ora.
Ho bisogno di una patata. Sbucciata, perché il coltello non ce l’ho più. Mi resta solo un cavatappi.
Però i tappi non ce li ho. Perché li ho cavati.
Sto usando troppe congiunzioni, mi verrà la congiuntivite. E sto scrivendo in corsivo affinché crediate alle balle che scrivo. SONO OLTREMODO INTELLIGENTE, IO.
Comunque.
Questo libro non è un libro, tantomeno un labrador.
 
 
E se io fossi l’oscuro personaggio celato dietro il baule?
  
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