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Autore: xla    27/01/2013    1 recensioni
Tolte le cuffie, prendevano in mano gli strumenti. E questi erano gli unici momenti in cui Frank poteva sentire la voce di Gerard, e tornare finalmente a respirare. Anche la sua voce era diversa. Quasi una presa in giro, o almeno, era questa l’idea che si era fatto Frank. Forse perché non riusciva ancora a mandare giù tutta quella faccenda… non era solo un cambio estetico. Era un forzamento a essere chi non sei.
Ma con Revenge. Oh, con Revenge era tutt’altra cosa.
-Sei ubriaco. -
-Suppongo di sì. -

Gerard non è più lo stesso. Per quanto ancora resisterà Frank, senza il suo Gee?
[Parade Era - Frerard]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Readmereadme,pls!
Che assurda coincidenza che il titolo di questa storia sia la stessa frase che ho scritto stanotte sulla mia porta.
Penso di non aver scritto nulla di nuovo. Forse anche perché alla fine, quello che pensavamo di loro durante la Parata alla fine, è la pura verità.
Per scrivere mi sono molto ispirata alla canzone The Sharpest Lives, è stata una tentazione troppo forte. Non posso farci nulla.
Probabilmente è anche abbastanza confusa, come cosa…
Spero che la storia che è stata partorita senza che neanche me ne accorgessi vi piaccia.
Buona lettura, ci vediamo in fondo alla storia, guys.
Ridete e mangiate tanta cioccolata
xla

 
 

A kiss and I will surrender
capitolo unico

 
 
Tour della Parata. Welcome to the Black Parade. Nessuno si parla, sempre con la musica, perché la pressione è troppa.
Da quanto tempo sono in viaggio? Ma sopratutto, dove erano questa volta? A quale città appartenevano quelle finte luci?
C'era sempre qualcuno che indicava loro dove si trovava il palco e loro andavano. Avvolti nelle loro divise nere, facevano finta che il nero non stesse coprendo anche le loro anime. Perché non poteva essere, perché avevano calcolato tutto, perché non si sarebbero fatti prendere dall'istinto: non si potevano permettere di perdere il controllo, non ancora. Non volevano tornare a vivere le stesse situazioni di prima. Ma quanto era pesante questa vita da finti ripuliti? Che poi, davvero puliti, loro, non lo erano mai stati. Ma era bello pensare che bastasse cambiare aspetto per non essere più quelli di una volta, era bello credere che bastasse così poco.
Tolte le cuffie, prendevano in mano gli strumenti. E questi erano gli unici momenti in cui Frank poteva sentire la voce di Gerard, e tornare finalmente a respirare. Anche la sua voce era diversa. Quasi una presa in giro, o almeno, era questa l’idea che si era fatto Frank. Forse perché non riusciva ancora a mandare giù tutta quella faccenda… non era solo un cambio estetico. Era un forzamento a essere chi non sei.
Ma con Revenge. Oh, con Revenge era tutt’altra cosa. Era tutto così vivo. Forse non stavano bene… era più il tempo che passavano da ubriachi che altro, però almeno erano loro stessi, semplicemente ragazzi che facevano quello che volevano con persone che amavano. Ora invece… Non erano più persone. Erano delle divise nere che guidavano una marcia contro l’accettazione della morte. Erano persone che facevano quello che facevano non perché volevano, ma perché dovevano.
Il malato di cancro stava accettando la sua morte. Lo avevano fatto anche loro?
Frank stava quasi per farsene una ragione, e forse ci sarebbe anche riuscito, a scenderci un po’ a patti, con tutta questa cazzata. Forse tutto sarebbe andato bene, se non avesse trovato quel giorno Gerard che passava davanti uno specchio, lanciarsi un’occhiata e, senza la minima reazione, continuare per la propria strada.
Gerard. Sempre lui. Sempre e solo lui. Diceva di essere il salvatore dei dannati. Ma si sarebbe mai salvato lui? Che fine aveva fatto quel poeta maledetto? Gerard. Il suo Gerard. Non avrebbe mai guardato il proprio riflesso in quel modo. Aveva sempre una smorfia, quando lo faceva. Non aveva mai avuto quel modo così… superficiale. E Gerard non era superficiale. Quello, non era Gerard. Dove cazzo era il poeta? Frank non lo sapeva, non poteva prendersela con nessuno, non aveva di chi prendere i pugni, per sfogarsi e per risentire anche una volta quella scarica di vita di tempo prima. Non sapeva dove fosse il poeta. Forse aveva paura. Di lui. Di lui e di quello che gli avrebbe fatto, se mai si fosse rifatto vivo.
Sarà quindi per nostalgia, e appena poteva, si rintanava in qualche squallido locale? Bere fino a ubriacarsi, gli faceva apparire più vivida l’immagine del vero Gerard.
Quando tornava in albergo, Gerard dormiva sempre. Sua Maestà, dopotutto, aveva la sua camera singola, no? Per non essere disturbato. Mentre lui divideva la stanza con Mikey. Ma stanotte… stanotte no. Forse stavolta aveva davvero esagerato con l’alcool ma ehy, non sarebbe di certo stato Gerard a fargli la morale!
Bussò alla porta e quando gli aprì un Gerard in boxer, ci fece appena caso. Entrò in quella stanza d’hotel del cazzo e basta.
-Frank. Dove sei stato? –
Lo guardò. – Fuori. –
E fuori pioveva e lui aveva i vestiti che pesavano il doppio. Gli si erano attaccati alla pelle. Si sarebbe preso il raffreddore. Gli sarebbe venuta la febbre. E non avrebbe potuto suonare. Fanculo!
-Sei zuppo. – Gerard, invece, non lo guardava. Diceva poco a nulla. Forse per educazione. – Senti. Se vuoi, il bagno è lì e- ehy, che fai? –
Aprì gli occhi per trovarsi ancora davanti la figura di quel ragazzo biondo dalla pelle pallida.
-Dormo. –
-Sul divano? –
-Già. –
-Sei ubriaco. –
-Suppongo di sì. – ridacchiò – Dovresti farlo anche tu, sai? –
Gli occhi di Gerard si spalancarono. Sì, Frank aveva proprio detto questo. Il punto è che Frank era ubriaco e pensava che se Gerard avesse bevuto, sarebbe tornato a essere davvero, Gerard.
-E perché? –
-Così torneresti a essere Gee. –
-Tu sei davvero ubriaco. –
-No… - sospirò – Rivoglio il mio Gee. –
-Sono io Gee. Stupido ragazzino. – sputò fuori. Frank pensava che lo facesse perché si sentiva punto sul vivo.
-No. Tu non sei Gee. Scherzi? Non ci somigli neanche per sogno! – scoppiò a ridere.
-Cosa ci trovi di così divertente nelle cazzate che dici? –
-Oh, ma io non sto ridendo. Se ti sembra che stia ridendo, in realtà, ti sto solo chiedendo di andartene. Di farti fottere. E di ridarmi il mio Gee. –
Sentì Gerard sospirare. Sicuramente non aveva preso sul serio le sue parole. Dopotutto, era tutto un fottuto ragionamento del cazzo.
-Non serve che mi citi pezzi di canzoni, Frank. –
-Se non serve, allora vieni qui. –
Gerard lo mandò a fanculo. – Non ci penso neanche. Finiscila. Se sei venuto qui per rompermi sappi che non ho voglia di sentire i tuoi discorsi da ubriaco del cazzo. Buonanotte, Frank! – andò verso il letto. E Frank provò a resistere, davvero, ma non ci riuscì: si alzò dal divano, togliendosi la giacca.
Era quasi certo che Gerard lo facesse apposta. Non poteva non aver capito quello che intendeva dire con quella canzone. Probabilmente ora lo detestava, ma non se la sarebbe presa. Ora come ora, anche Frank lo detestava. Sperava solo che lui fosse l’unico di cui avesse bisogno. Perché Frank aveva un disperato bisogno di Gerard. Di quel Gerard dannato con la faccia trasognata.
Si stava corrodendo dentro e Gerard sapeva cosa sarebbe successo se avesse tirato troppo la corda- sarebbe uscito fuori lui, quel mostro che Frank tentava sempre di tenere a bada. Quella parte di se stesso che riusciva a trovare sfogo con Revenge ma che ora, con la Parata, era del tutto legata.
Si avvicinò a Gerard, da dietro, abbracciandolo e sentendolo sussultare.
-Frank? Cosa cazzo? –
Prese a baciargli il collo – Forse hai solo bisogno di un colpo, per ricordarti com'era una volta… -
-Frank… tu sei ubriaco. Basta. Non sai quello che dici… -
Eppure non lo allontanava. Non acconsentiva, ma neanche lo aveva cacciato. Come doveva interpretare tutto questo, Frank?
-Non voglio farti del male… - sussurrò e lo sentì tremare, e prese a carezzare quel corpo, trovandolo più magro di una volta.
-Frank… basta. Per favore… - sembrava che il suo Gerard se ne fosse andato, perso come aveva perso quei chili di troppo. Quegli stessi chili di troppo che a Frank piace tanto mordere.
Quando la sua mano scese, afferrandogli il pacco e stringendo, sembrava come se l’avesse risvegliato da qualche strano incantesimo che gli impediva di muoversi. Si liberò da quella sorta di abbraccio strano e mise una piccola distanza tra di loro.
-Ho detto no, okay? –
Il suo Gerard non lo avrebbe mai respinto. Questa, per Frank, era l’ennesima prova che quello che aveva davanti, non era il ragazzo che lui amava.
-Vieni qui… - gli disse. Gerard negò con la testa. – Perché non mi guardi? –
-Sono stanco. Andiamo a dormire. Puoi… puoi restare qui, va bene. Ma sul divano. – ancora una volta gli aveva dato le spalle. Ma non capiva che questo era qualcosa che mandava in bestia Frank?
Lo prese per un polso. Tremava ancora. Che avesse paura di lui? Frank stesso non sapeva se provarne o meno.
-Gerard. Guardami. –
-Piantala. Sei ubriaco… ne parliamo domani. –
-Certo. Domani. Mentre sentiamo la musica ognuno per cazzi suoi? No, io non ci sto più, Gee. Guardami! –
-Ma di che diamone stai-- -
Frank strinse la presa e lo fece voltare verso di sé e quando capì che l’altro si rifiutava di guardarlo in faccia, lo costrinse a fare mettendogli le mani ai lati del volto.
E ora che poteva finalmente guardarlo negli occhi: capì. Capì che non riusciva più a leggere nulla, dentro quegli occhi. Che non brillavano più. Che erano muti e che non provavano più emozioni. Era per questo, che Gerard non voleva guardarlo?
-Sei contento ora? –
La voce flebile di Gerard, che provava in tutti i modi a mascherare l’amarezza, gli arrivò come un calcio nei coglioni.
-Oh, Gee… dove sei, Gee? –
-Io… io non lo so. –
Lo disse come se quella domanda se la fosse posta da solo mille volte, fino alla nausea. Forse Frank non era l’unico a non riconoscerlo più. Forse era per questo, che era così indifferente al suo riflesso: non sapeva chi era, quella persona riflessa.
Frank strinse gli occhi e poggiò la fronte sulla sua. D’istinto, il suo pollice prese a carezzare quella guancia chiara.
-Mi dispiace. – sussurrò.
-Anche a me. –
Forse quella era la fine della conversazione.
-Frank. Ora va. E’ tardi… -
Frank riaprì gli occhi e lo guardò. Sapeva che a Gerard faceva male tutto questo. Forse prima era vicino l’inferno, ma almeno non era perso, era sempre se stesso. Non come ora.
-Gee. Perché non lasci che io ti salvi? –
Lo vide sorridere ironicamente – Perché, posso salvarmi? C’è qualcuno da salvare, qui? Ci sei solo tu, Frank, e tu non sei da salvare. Sei già salvo. –
Possibile che Gerard stesso non si vedeva neanche più come essere umano, ma come qualcosa di astratto come un quadro mai realizzato?
-Io sono salvo solo se lo sei tu. –
Questa volta, Gee ridacchiò – Allora siamo nella merda… -
-No. No. Non dire così… Senti. Forse… sono ubriaco, la sanità mentale mi avrà abbandonato da quando sono entrato-- -
-Beato te. Io non ho mai avuta una! – ma continuò;
-Ma possiamo ancora. Non è ancora finita. –
-E come? Frank, sono stanco si sentir raccontare belle favole e basta. – e lo sembrava davvero. Sembrava più stanco di quanto non lo fosse mai stato in passato.
Frank guardò fuori e non vide nulla. Era notte e pioveva forte. E magari i mostri erano usciti dalle loro case. Dando il cambio a quelli che riempivano le strade durante il giorno.
Forse stava per fare l’ennesima cazzata.
Guardò Gerard e capì che ne valeva la pena. Tutto. Pur di rivedere la luce in quegli occhi.
-Qui… qui nessuno può sentirci. Siamo soli. Io e te, Gee. Solo noi due. Quindi… vieni qui, piccolo mio. Sono io, sono Frankie. – sorrise piano.
Gee lo guardò perplesso, come se fosse davvero matto – Ma di cosa stai parlando? Con chi ce l’hai? –
-Parlo al mio piccolo vampiro. Parlo a te, amore mio. –
Gli occhi di Gerard, nel sentire quella voce calda e morbida, s’inumidirono. Non era la prima volta che piangeva, ma questo sembrava essere un pianto nato da qualcosa dentro di Gerard che voleva a tutti i costi uscire fuori. Per tornare dal suo Frankie.
Poteva bastare questo? Poteva davvero essere questa, la volta buona, che tornasse il vero Gerard? Frank lo sperava con tutte le sue forze.
Le lacrime scesero per le guance, bagnandole, e bagnandogli anche le mani. Si chinò verso di Gerard e gli baciò quella pelle bagnata, e lo vide chiudere gli occhi e mordersi le labbra per trattenere i singhiozzi.
-Shhh, sono io, tesoro. Stai tranquillo. E’ tutto okay… - provò a rassicurarlo.
-Frankie… ho paura… - le mani gli strinsero forte la maglia – Non mi lascerai solo, vero? –
-Oh, Gee… no. Mai. Sono qui. Sono sempre, qui. –
Gerard lo attirò a sé, tirandolo per la maglia e facendo combaciare le loro labbra. Era un bacio che sapeva di vecchi sogni, di nuove speranze. Di alcool e della gomma da masticare di Gerard.
-Frankie. –
-Mh? – gli morse le labbra piano e lo vide mentre lo guardava con gli occhi socchiusi, che erano un poco brillanti.
-Resti con me? –
Gerard aveva paura del sole, paura che qualcuno scoprisse che non era più lui.
-Sempre, tesoro mio. Non me ne andrò mai. –
Gerard sorrise e Frank lo baciò con dolcezza. Lo sentì sospirare di felicità in quel bacio.
-E’ davvero bastato un bacio, per farti arrendere… -
Frank lo strinse forte.
-Oh, amore… io mi sono arreso a te da molto tempo… -

 
 

Fine

 
 

Penso che siano evidenti le parti che ho preso dalla canzone e spero davvero che non abbiano dato fastidio.
A dirla tutta, ciò che mi ha ispirato questa storia è stata principalmente una frase di una canzone di Tiziano Ferro, che era solo un piccolo flash. Poi il tutto ha preso questa piega. Sarà che adoro questa canzone. Boh.
Non so se scriverò altre one-shot, durante la pubblicazione di I'm not drunk or anything. I'm a little stoned , perché mi prende molto e poi ho anche i lavori da consegnare durante le settimane. In cantiere però, ho delle storie che piano piano provano ad uscire, tipo come ha fatto questa. Più che altro, genere rosso, lemon e cose così. Ma non posso dare l’assoluta sicurezza di quando le scriverò e di quando le pubblicherò [forse una, tra queste, ha più possibilità].
Penso che sai davvero brutto, essere chi non si è. Ne meglio ne peggio… solo… non c’è cosa più bella che essere se stessi. Ci nascondiamo per paura forse ma primo o poi arriva un Frank che ci fa capire che non c’è nulla da temere, che basta essere se stessi, e tutto andrà bene.
Ed io spero davvero che ognuno di noi senta presto la voce di Frank che dica queste parole.
 

 
   
 
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