Serie TV > CSI - New York
Ricorda la storia  |       
Autore: margheritanikolaevna    27/01/2013    10 recensioni
Oggi è la Giornata della Memoria: nessuno di noi ricorda l'Olocausto, eppure ognuno di noi ha il dovere di ricordarlo.
Questa strana storia è il mio personale contributo per non dimenticare.
Vi siete mai chiesti come sarebbe la nostra vita se la Seconda Guerra Mondiale non fosse andata nel modo che conosciamo?
Partecipa ai contest "Worldwide" di Yuki e "Quando l'ispirazione bussa alla porta..." di Dominil B
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mac Taylor
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 “Il futuro è una terra straniera”
 

 
 
 
Esse coprirono tutto il paese, così che il paese ne fu oscurato, divorarono ogni erba della terra e ogni frutto d'albero che la grandine aveva risparmiato: nulla di verde rimase sugli alberi e delle erbe dei campi in tutto il paese d’Egitto. (1)
 
Esodo 10, 15.
 
 
Prologo
 
 
La notte tra il 9 e il 10 novembre 1938 si consumava in Germania uno dei più odiosi e ignobili attentati contro la comunità ebraica tedesca, passato alla storia e tuttora ricordato come la “notte dei cristalli”.
Lo spunto fu il gesto di un ebreo diciassettenne di nome Herschel Grynszpan il quale, per vendicare le sofferenze inflitte ai genitori durante il forzato esilio in Polonia, si recò presso l’ambasciata tedesca a Parigi ed esplose cinque colpi di pistola contro il diplomatico Ernst Eduard von Rath, ferendolo gravemente.
L’uomo, che a quanto sembra era stato scelto casualmente come bersaglio, morì il giorno successivo e la vendetta dei nazisti fu tremenda.
Cosa successe dopo lo dicono le cronache di allora.
Un’orgia di sangue e di violenza, magistralmente guidata, si abbatté sulla comunità ebraica tedesca: migliaia di vetrine di negozi ebrei infrante a colpi di mazze e bastoni, sessanta sinagoghe incendiate, trentamila ebrei tirati giù dai propri letti nel cuore della notte, in parte ammazzati a bastonate mentre altri “barbari” buttavano dalle finestre i mobili e in parte trattenuti in arresto per essere inviati a morire a Dachau e a Buchenwald.
Le piazze delle città si trasformarono in enormi bracieri, ove furono bruciati migliaia di libri non graditi ai nazisti.
Si avverava la profezia del poeta Heinrich Heine, che quasi un secolo prima aveva ammonito: “Ricordatevi che prima si bruciano i libri e poi si bruciano gli uomini”.
Quella notte cominciò il terrore; la brutalità, la violenza, la devastazione della “notte dei cristalli” furono il preludio della soluzione finale.
L’antisemitismo, fino ad allora rimasto seminascosto, esplose mostrando tutta la sua barbarie: da lì ad Auschwitz il passo fu breve.
 
Mac Taylor finì di leggere e richiuse la brochure che aveva trovato nella busta insieme all’invito; sospirò e spostò lo sguardo sulla facciata anteriore del cartoncino, ove campeggiava la riproduzione di una delle fotografie cui era dedicata la mostra alla quale aveva deciso di consacrare uno dei suoi rarissimi giorni di libertà dal lavoro.
Il plico gliel’aveva mandato Ben Lesnick, presidente della “Foundation for Remembrance”, l’associazione con cui era entrato in contatto l’anno prima, quando stava indagando su un traffico di reperti appartenuti alle vittime dell’Olocausto venduti all’asta sul web a collezionisti dell’orrore da un gruppuscolo di neonazisti fanatici, che intendevano così finanziare le loro attività di propaganda (2).
I suoi membri raccoglievano e catalogavano le testimonianze dei sopravvissuti allo sterminio e grazie a loro Mac aveva fatto una commovente scoperta su suo padre: forse era proprio in nome di ciò che aveva saputo allora che adesso si trovava lì, nel settantesimo anniversario di quella notte atroce, non sufficientemente graziata dal bellissimo nome di “Kristallnacht”.
Guardò in alto, laddove la mole finto-gotica della sinagoga di Eldridge Street si stagliava contro il cielo ancora terso: l’aria era tiepida per essere novembre e un venticello gentile spirava dall’oceano, spettinando i capelli e sollevando appena le foglie secche cadute sui marciapiedi.
Intorno all’edificio, un piccolo assedio silenzioso: qualche agente di polizia in uniforme blu e transenne a rimarcare l’atroce poesia di una cautela che rivelava tempi nuovi e, insieme, condizioni di rischio ancora attuali.
Settant’anni dopo quella notte di sangue, Mac Taylor faceva parte della modesta coda di visitatori che superava lentamente i metal detector e le perquisizioni all’ingresso della grande sinagoga; osservava i pochi turisti stranieri e i pochissimi newyorkesi alzare le braccia per lasciarsi esaminare e depositare gli oggetti personali in una vaschetta di plastica, proprio come in un aeroporto. Poi, un gruppetto di ragazzini accompagnati dagli  insegnanti che, tutti intenti a ridere e a scherzare tra loro, parevano i soli del tutto inconsapevoli della solennità del luogo e dell’occasione.
Sbuffò e distolse lo sguardo, chiedendosi se veramente l’orrore del passato potesse dirsi del tutto superato, oppure se in qualche modo l’umanità fosse sempre, pericolosamente, allo stesso punto.
In una sala del piano terra era stata allestita la mostra fotografica: immagini di allora, di quella notte, dei roghi di libri che accesero le piazze della Germania nazista, delle strade ricoperte dei frammenti delle vetrine infrante con violenza.
Non solo fuoco, cocci e macerie, tuttavia: anche uomini e donne, vivi ma trascinati per strada con la stella di David al collo dalle guardie naziste. Intorno, la gente che guardava e, a volte, rideva.
La dignità cancellata.
L’identità di un intero popolo violata e calpestata.
Mac si soffermò davanti all’immagine che già aveva visto sull’invito: il bianco e nero disegnava lo scorcio di una via elegante, fiancheggiata da giovani alberi ancora ornati da foglie, con in primo piano le vetrine dei negozi ebrei frantumate. Cocci aguzzi, schegge appuntite sparse al suolo, le intelaiature spoglie come le orbite vuote di un teschio.
Poi, la gente: uomini eleganti che passavano oltre senza degnare di uno sguardo quella devastazione, come se l’orrore non li avesse riguardati, come se la responsabilità non gravasse su ciascuno di loro anche solo per non aver reagito.
E, separati da quelli, coloro che cercavano nonostante tutto di rimettere ordine, rimuovendo i vetri infranti: un ragazzo ben vestito - capelli impomatati, cravatta e corti calzoni di foggia antiquata - che brandiva uno spazzolone.
Il gesto dimostra energica risoluzione - rifletté il poliziotto - ma il volto tradisce lo sbigottimento per ciò che ha visto e subito.
Forse ha già capito che la fine era iniziata quella notte?
Mac socchiuse le palpebre, avvicinandosi alla foto e lasciando scivolare lo sguardo sulla smorfia di angoscia che deformava quel viso, e non poté fare a meno di domandarsi chi fosse il giovane della fotografia e quale fosse stata la sua sorte.
Suo malgrado divenuto immortale, forse anche l’esistenza di questo ignoto testimone della storia si spense in una camera a gas, terminò nel gelo di una baracca o tra le fiamme di un crematorio?
 

Uploaded with ImageShack.us

 
Seduto in una delle prime file, nell’auditorium dove era stata organizzata la conferenza di apertura della mostra, Mac Taylor si guardò ancora una volta intorno, osservando che le poltroncine ricoperte di velluto beige erano quasi tutte vuote, fatta eccezione per il settore occupato dalla scolaresca che aveva visto all’ingresso e che ancora rumoreggiava, incurante dei rimproveri degli insegnanti. Era evidente che i ragazzi si trovavano lì solo perché vi erano stati costretti e che avevano tutta l’intenzione di occupare allegramente quelle ore sottratte ai compiti, godendosi la possibilità di stare un po’ insieme al di fuori della scuola.
Probabilmente per molti di loro era la prima volta che sentivano parlare della “notte dei cristalli” e la parola “Olocausto” puzzava di muffa e di vecchio: si trattava di storie legate a un mondo che non avevano conosciuto e che doveva apparire terribilmente lontano dai loro problemi quotidiani, tanto da non poterlo nemmeno immaginare.
Tronfi paroloni scritti nei libri di storia e non già pagine vergate col sangue di esseri umani innocenti. 
Il detective si agitò sulla sedia, indeciso se intervenire o meno, considerando con rabbia strisciante che in quella stanza nessuno oltre a lui sembrava rendersi conto di quanto fosse importante coltivare il ricordo di un passato solo in apparenza remoto, per impedire che simili atrocità potessero ripetersi in futuro.
Le generazioni cresciute in un’epoca di pace non potevano capire quanto fossero fragili le conquiste dei moderni stati democratici e come ciò che veniva dato per scontato, quasi fosse un diritto acquisito, facilmente potesse essere spazzato via dal fanatismo e dall’odio.
Del resto, la storia l’aveva dimostrato incontrovertibilmente - e neppure tanti anni prima - proprio sulla loro sponda dell’Atlantico…
C’era stata un’epoca in cui libertà, democrazia e giustizia erano solo concetti astratti; c’erano state intere generazioni di persone che avevano sperimentato sulla propria pelle la disperazione, il disprezzo e il sadismo dell’uomo armato contro l’uomo.
Famiglie smembrate e sterminate, un popolo che aveva rischiato di scomparire per sempre dalla faccia della Terra in nome di ideali malati di superiorità razziale. Eppure adesso a nessuno sembrava importare più di tanto…
A un tratto le luci si abbassarono e Mac volse lo sguardo verso il centro della sala, dove era appena entrata una vecchietta canuta, accompagnata da quello che a giudicare dall’abbigliamento doveva essere un rabbino e da un signore di mezza età che il tenente riconobbe nello stesso Lesnick.
Dopo una breve presentazione, i due le cedettero la parola e Mac si rese conto che stava per avere il privilegio di ascoltare una testimonianza dalla viva voce di una persona che la “notte dei cristalli” l’aveva vissuta davvero.
 
(1)la citazione, dall’Ecclesiaste,è un richiamo al fantalibro “La cavalletta non si alzerà più”, di cui P.K. Dick scrive in “La svastica sul sole” e che descrive il futuro che conosciamo inteso come ucronia in una realtà, costruita invece nel romanzo, in cui effettivamente i nazisti hanno vinto la guerra e dominano il pianeta;   

(2)Il riferimento è tratto dall’episodio “Yahrzeit” (“Il ricordo”).
 

  
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > CSI - New York / Vai alla pagina dell'autore: margheritanikolaevna