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Autore: shirley_poppy    28/01/2013    2 recensioni
Immaginatevi un platinato Draco Malfoy un po’ diverso dal personaggio della cara zia Rowling, sposato con una bella donna dai capelli neri e responsabile, almeno in parte, della sconfitta di Voldemort. Ora immaginatevi la sua rivalità con Potter e Weasley e la sua volontà di batterli in qualsiasi campo, compresa la produzione di nuovi piccoli maghi e streghe. Otterrete il mix vincente di sette, ops no, otto rampolli Malfoy, sommate la loro inevitabile amicizia con il clan dei giovani Weasley-Potter e aggiungete un pizzico di mistero. Il 2 maggio 1998, infatti, la vita del mondo magico è cambiata definitivamente per vari motivi, che tutti oggi conoscono, per esempio è stato sconfitto Voldemort e si è svelato chi fosse in realtà Draco Malfoy, tuttavia ce n'è uno che ancora nessuno conosce ed è stato custodito per venticinque lunghi anni all'ultimo livello del Ministero della Magia.
L'idea mi frullava in testa da un po' e se ne stava, in parte scritta, nei recessi del mio pc quindi eccola a voi! Buona lettura!
Genere: Avventura, Comico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Prologo



2 maggio 1998, Hogwarts

 

“Forza ragazzo muoviti!”

Un tizio incappucciato gli stava sbraitando nell'orecchio, mentre altri due lo sollevarono a viva forza per le braccia, lo fecero alzare e lo cominciarono a strattonare verso l'entrata dei sotterranei. Il ragazzo stava tremando visibilmente. Non sapeva neppure cosa ci facesse lì, vicino ai sotterranei che portavano alla Sala Comune di Serpeverde, non aveva idea di come ci fosse arrivato. Fuori, nel cortile del castello e in giro per i corridoi si stava svolgendo una battaglia, La Battaglia. Schianti, schiocchi, scintille, luci immediate, grida, pietre che volavano e si spaccavano, fumo, colori forti che improvvisamente facevano sembrare tutto il resto del mondo grigio e sangue, tanto sangue e tanta morte. Era scappato. Aveva paura, non era mai stato coraggioso, solo desideroso di dare una mano, di cambiare qualcosa, di dare un senso alla propria vita. Era un ragazzo intelligente, “molto brillante, che farà strada...” ripetevano i suoi professori, ma stava per morire e l'unica strada che avrebbe fatto sarebbe stata quella verso la propria tomba. Non voleva morire, non era giusto! Ma aveva appena visto cadere al suolo davanti a suoi occhi tanti suoi compagni, amici, che differenza poteva fare lui? Christopher Lesley non era nessuno, nessuno si sarebbe ricordato di lui, nessuno avrebbe pianto eccetto la sua mamma, ma forse neanche lei. Perché Christopher Lesley era il disonore della propria famiglia, perciò tanto valeva morire senza fare storie.

“Come ti chiami?” gli gridò il solito tizio incappucciato.

“Lesley, Christopher Lesley” si chiese se aveva fatto bene a rispondere, ma il tizio dietro di lui stava stringendogli forte il braccio e gli faceva male. Quello comunque non allentò la presa.

“Lesley...sono una famiglia di Serpeverde...va bene, prendiamo questo. Muoviamoci!” ordinò l'incappucciato. Forse doveva informarli che non era un Serpeverde, ma allora l'avrebbero ucciso e lui voleva vivere.
Si lasciò sballottare per tutti i corridoi fino all'entrata della Sala Comune Serpeverde, davanti alla quale si fermarono.

“Aprila!” gli ordinò il tizio dietro di lui in un sussurro. Ma lui non poteva, non sapeva la loro dannatissima parola d'ordine. Ora l'avrebbero ucciso.

“Non posso...” gemette.

“Oh si che puoi!” gli sibilò il tizio che sembrava il capo, stringendogli il viso in una presa ferrea che gli fece lacrimare gli occhi per il dolore.

“Non so la parola d'ordine...i-io s-sono un Corvonero...” sussurrò il ragazzo.

Non era coraggioso. Il suo tono assomigliava molto più ad una scusa che ad una constatazione. Era la vergogna della propria famiglia: tutti i suoi parenti a partire da generazioni e generazioni prima erano Serpeverde, sposati con Serpeverde. Si erano sempre tenuti fuori dal raggio d'azione del Signore Oscuro, ma non negavano di simpatizzare con le sue idee; Christopher, invece, era entrato a far parte dell'Esercito di Silente, durante il suo sesto anno, e della resistenza degli studenti dentro le mura di Hogwarts durante quell'anno. Christopher era la vergogna della famiglia Lesley. Christopher aveva scelto di essere la vergogna della propria famiglia, non era coraggioso, ma se doveva morire avrebbe cercato di capire cosa volevano quegli uomini dalla Sala Comune di Serpeverde.

“C-ci posso provare, però, a trovarla...la parola intendo” aveva paura e i suoi discorsi erano sconclusionati.

Christopher Lesley non era un eroe. Si era difeso alla bell'e meglio quando si era imbattuto nei Mangiamorte. Aveva schiantato uno di loro e disarmato un altro, poi era stato colpito da una maledizione Cruciatus alle spalle e si era contorto sul pavimento, dal quale era stato raccolto da due ceffi. Ora stava andando contro al suo spirito di sopravvivenza, ma voleva capire cosa stesse succedendo.

“Hai un tentativo, Lesley - il capo del gruppetto sputò fuori il suo nome come se fosse stato un insulto - Poi ti faccio secco e non ne parliamo più.” concluse con freddezza. Almeno non era uno di quei sadici che si divertivano a torturare, sarebbe finita in fretta. Il ragazzo annuì, ormai la paura si era trasformata in adrenalina e in una punta di rassegnazione: sarebbe morto in ogni caso, tanto valeva provare a scoprire perché sarebbe morto.
Christopher era intelligente, molto intelligente. Cominciò a riflettere e se ne saltò fuori con un'improbabile:
“Globstones” ricordandosi che l'attuale Caposcuola Serpeverde era un fissato delle Gobbiglie.

Incredibilmente l'entrata si aprì consentendo al gruppo di scivolare dentro la Sala, dove dominava il colore verdastro delle acque del lago sotto il quale era situata. Lo cacciarono in un angolo, sorvegliato da uno dei due che lo avevano sorretto prima, era lo stesso che aveva raccolto la sua bacchetta e ora la portava alla cintura. Non sembrava particolarmente sveglio, ma aveva ancora in mano una bacchetta e sarebbe stato impossibile disarmarlo. Christopher se ne stette buono e zitto mentre i tizi incappucciati frugavano tutta la Sala, distruggendo le pareti e i mobili. Non trovarono quello che stavano cercando, evidentemente, perché il loro capo prese Christopher per un braccio e lo scrollò forte, gridandogli che sarebbe andato con loro, perché dovevano aprire la Sala dei Corvonero, gli intimò di sbrigarsi pungolandolo con la punta della bacchetta che sentiva calda contro la schiena.
Il ragazzo non aveva paura, non più, era solo curioso. Durante l'infuriare della battaglia più tremenda di tutte, la battaglia che avrebbe segnato il destino del Mondo Magico e i cui rumori si sentivano forti perfino nei sotterranei, chiusi nella Sala, un gruppo di Mangiamorte cosa poteva volere dalle Sale Comuni di due Case così distanti tra loro?
Il frastuono degli scontri si faceva sempre più vivido, il Mangiamorte più vicino gli tolse la voce con un incantesimo per impedire che potesse gridare. Christopher doveva recuperare la propria bacchetta, ma non avrebbe mai potuto battersi alla babbana con quei figuri per riprenderla. Così finse un cedimento delle gambe, si accasciò al suolo e si contorse cercando di evitare i calci che lo raggiunsero allo stomaco, alla schiena e a un braccio, prima che il capo fermasse quell'inutile spreco di tempo. Raccolse di peso il ragazzo da terra, come se fosse stato un sacco, e proprio come un sacco vuoto lui tornò ad accasciarsi. Che inutile pavido bamboccio! Avrebbe fatto perdere loro il tempo prezioso che già scarseggiava. Avevano avuto un ordine diretto e non potevano permettersi contrattempi, d'altra parte avevano bisogno di quel ragazzino senza spina dorsale, che per una strana ragione era riuscito a indovinare la parola d'ordine dei Serpeverde. L'uomo prese in braccio il ragazzo e lo caricò sulla spalla di un suo compagno, non era un uomo molto intelligente quello a cui l'aveva affidato, ma non ci voleva un genio per trasportare un ragazzino semi svenuto che non avrebbe dato problemi di sorta, in più i muscoli al tizio non mancavano.

“Forza muoviamoci! Non abbiamo più molto tempo.” comandò al suo sparuto gruppetto. Cinque persone erano troppo poche, si era lamentato con il Signore Oscuro, prima che questi lo minacciasse e lo accusasse di vigliaccheria. Non era un vigliacco, semplicemente obiettivo, ma non avrebbe potuto disobbedire ad un ordine diretto. Era filato tutto liscio, finché non avevano incontrato quel ragazzino che, in preda al panico, aveva schiantato il suo secondo. Lo avevano lasciato lì, appoggiato al muro: non c'era tempo e se lo sarebbero ripresi dopo. Si avviarono verso la torre ovest del castello, dovevano correre o non avrebbero concluso niente. Accelerò il passo mettendosi a correre.
Christopher si assicurò di sbattere per bene contro il corpo dell'energumeno che lo stava trasportando, non aveva sperato tanto, ma evidentemente dovevano avere molta fretta e quel tipo era veramente stupido. Piano piano il ragazzo cominciò a far oscillare la mano verso la cintura del Mangiamorte. Fece scivolare le dita lungo la bacchetta, ma sentendosi osservato le ritirò, fortunatamente era stata solo una sua impressione. Ripeté l'operazione riappropriandosi della bacchetta e con mosse lente la nascose nella manica del largo maglione che indossava; per una volta sua madre aveva fatto qualcosa di buono inviandogli quell'orrendo maglione terribilmente in crescita. Giunsero davanti alla sua Sala Comune e lui venne depositato di mala grazia a terra, tentò di alzarsi in piedi e finse un barcollamento appoggiandosi all'uomo che l'aveva trasportato, mentre nascondeva meglio la bacchetta nella manica. Gli rimossero l'incantesimo e lui finalmente poté parlare. Ascoltò attentamente la domanda che gli veniva rivolta dal guardiano della propria Sala Comune, che recitò:
“La notte è fonda e io sono presente,
ma basta un sospiro e nessuno mi sente;
ci sono eppure se mi pronunci
a stare con me infine rinunci.
Chi sono?”
Questa era facile, quella cosa che c'è finché non la nomini. Avrebbero potuto indovinarla anche da soli! O forse li stava sopravvalutando perché nessuno proferì parola.
“Il silenzio, la risposta è il silenzio.” riferì con sicurezza, una leggera inflessione d'orgoglio nella voce, perché ancora una volta l'intelligenza era prerogativa dei Corvonero. Christopher Lesley amava la propria casa, anche se facendone parte era diventato la vergogna della propria famiglia. Si infilò dentro per primo e si posizionò in un angolino, rannicchiato ed invisibile, guardando i Mangiamorte portare nella sua Sala Comune la stessa distruzione che avevano portato in quella di Serpeverde. Li odiò, ma cercò di non dare nell'occhio: se la resistenza avesse vinto la guerra, ci sarebbe stato tempo per rimediare ai danni e rimettere insieme tutti i pezzi, se avessero perso non avrebbe avuto alcuna importanza, perché ai morti e agli sconfitti non rimane niente della propria vecchia vita per cui preoccuparsi.
Il Mangiamorte scemo fece saltare il busto di Cosetta Corvonero[1] e Christopher tremò di rabbia, ma rimase fermo fingendo di avere paura. Non aveva paura, quella se n'era andata da un po', ma sapeva che non era il momento di fare la propria mossa. Nel frattempo il capo tornò dai dormitori delle ragazze, il passo fiero e trionfante facendo levitare a mezz'aria un vecchio baule polveroso, di media grandezza e dall'aria vissuta. Fece un cenno ai suoi compagni, che si avviarono verso l'uscita, poi disse al solito stupido energumeno:

“Pensaci tu.” indicando il ragazzo. Non gli serviva più e doveva starsene zitto, certo non potevano rischiare di inimicarsi i Lesley, meglio specificare prima che quell'idiota facesse qualcosa di irreparabile:

“Cancellagli la memoria.” si affrettò a comandargli.

Chritopher Lesley aveva temuto il peggio e si era preparato alla fine, ma non poteva morire senza aver capito cosa ci fosse dentro quel baule. Christopher Lesley era un Corvonero degno della propria Casa e aveva un asso nella manica: al suo secondo anno, il professore di Difesa Contro le Arti Oscure, Gilderoy Allock era stato colpito da un incantesimo di memoria che lo aveva riportato ai livelli di un bambino di cinque anni, non che fosse di molto più intelligente a dire la verità. In ogni caso il ragazzino era stato colpito dalla rivelazione che la sua paura più grande fosse quella di rimanere vittima dello stesso incantesimo e di dimenticare tutto ciò che aveva appreso, di dimenticare se stesso o molte altre cose: il vero terrore di un amante della conoscenza non poteva che essere quello di perderla per sempre. Ecco perché Christopher Lesley aveva creato un contro-incantesimo difensivo. Il ragazzo era particolarmente abile in campo di incantesimi non verbali, perciò gli bastò stringere la propria bacchetta sotto la manica del maglione, pensare intensamente all'incantesimo che voleva formulare ed effettuare la magia nel momento esatto in cui il Mangiamorte pronunciava il proprio incantesimo.

“Oblivion”

Christopher Lesley cominciò a ridere e si gettò al suolo ridendo e rotolandosi. Era un bravo attore e aveva osservato bene, anni prima, quell'omino dai capelli fluenti e il sorriso smagliante, mentre lo trascinavano fuori dal castello tentando di fargli mantenere un contegno dignitoso.
L'energumeno si voltò come tutti gli altri, erano in fila davanti all'uscita e nessuno badava a lui; Christopher Lesley non smise di ridere, una risata di trionfo, sfoderò la bacchetta e li schiantò. Ricevette un contrattacco da parte del capo del gruppo, ma schivò nascondendosi dietro ad un divano sventrato, con l'imbottitura che volava da ogni parte. Il Mangiamorte non si accorse che il ragazzo aveva preso il controllo del baule che ora fluttuava sopra la sua testa; il Corvonero interruppe l'incantesimo e, con un sibilo, il baule si schiantò sulla testa dell'uomo facendolo cadere a terra svenuto e con un probabile trauma cranico. Christopher Lesley non era coraggioso e li aveva schiantati alle spalle, ma Chritopher Lesley era un Corvonero e sapeva usare la propria testa. Li legò per bene con un “Incarceramus”. Poi fece levitare il baule, e uscì dalla Sala Comune scavalcandoli.

C'era odore di fumo per i corridoi che stava percorrendo a passo spedito, probabilmente da qualche parte era scoppiato un incendio. Corse fuori, con il vecchio baule che lo seguiva come un palloncino. Christopher Lesley non era un eroe, era solo un ragazzo curioso di conoscere; forse avrebbe dovuto dire a qualcuno della propria scoperta, ma se avessero vinto ci sarebbe stato tempo. Prima ci sarebbero state tante cose da fare, tanti pezzi da rimettere insieme e anche se non era coraggioso, avrebbe fatto la sua parte. Nascose il baule in una nicchia segreta vicino alle scale del secondo piano e si precipitò giù dalla rampa successiva, schiantò un Mangiamorte e proseguì.
Non aveva la forza dei Grifondoro, ma avrebbe fatto la sua parte, c'era tempo per capire a cosa servisse quel baule, ma per capirlo dovevano vincere o qualsiasi cosa ci fosse dentro sarebbe finita nelle mani del Signore Oscuro. Christopher Lesley voleva vincere.








Nda:
Ciao a tutti! Non so bene cosa dire se non che vi ringrazio se siete arrivati a leggere fin qui. Questo è il prologo della storia (ripetere cose ovvie mi piace) di cui è già quasi pronto un altro capitolo pieno di avvenimenti e in cui faremo conoscenza con i nostri protagonisti. Non c'è molto da aggiungere, credo, alla fine di questo capitolo se non che sono contenta di avere cominciato a pubblicare la storia, non so bene quando potrò proseguire (la sessione d'esame è un periodo drastico!), ma, ispirazione permettendo, vi tormenterò ancora.   Era tanto davvero che volevo prendere il coraggio a due mani e almeno provare a lanciarmi nella pubblicazione di questa storia che, devo dirlo, man mano che procede si evolve un po' per i fatti suoi dando voce a tutti i miei più strani pensieri sui personaggi che presto imparerete a conoscere. Grazie a tutti per la lettura, se volete lasciarmi un pensiero sarà gradito, altrimenti non preoccupatevi anche solo la lettura sarà apprezzata! 
A presto, 
Shir.


[1] * Ho usato il nome che le viene dato nei film, anche se credo nei libri si chiamasse Priscilla
 
   
 
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