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Autore: cranium    28/01/2013    5 recensioni
Breve One shot sui pensieri di Peeta a cui hanno modificato i ricordi durante la prigionia a Capitol City e che trova in Annie tutto ciò che Katniss, la ragazza che amava, non è.
È una Peeta/Annie senza alcuna pretesa.
"Avrei voluto conoscerti in un giorno d’estate per vederti sorridere, perché in questa prigione di te ho assaporato solo le lacrime, i sospiri e i sogni turbati.
Avrei voluto vedere i raggi del sole giocare con i nodi dei tuoi capelli scuri, cercare di districarli con le dita all’ombra di un albero e vedere il tramonto, l’unica macchia di sangue in una vita immacolata come noi.
Avrei voluto incorniciare il tuo viso con mille parole, mille poesie, mille colori e baciarti, tanto fino a stancarmi.
Avrei voluto vedere il mare, non la pallida imitazione dell’Arena, e sentire di poter essere finalmente libero, socchiudere le palpebre, risvegliarmi accanto a te e ridere."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: L’autrice, come Peeta –protagonista della One Shot- è stata sottoposta al veleno degli Aghi Inseguitori da Capitol City e quindi, per qualsiasi recriminazione, si ritiene incapace di intendere e volere.

Lasciando perdere le cavolate, Peeta ama Katniss (e sempre sia lodata la Collins), ma vi ricordate quelle paroline che Peeta pronuncia a Finnick in “Il canto della rivolta”? –Sii carino con lei Finnick. O sarò tentato di portartela via.- ?

A me questo piccolo dettaglio ha scatenato un grande uragano in testa.

Peeta è sconvolto e i suoi ricordi non sono più gli stessi? Bene! Vediamo cosa esce fuori da un piccolo Missing Moment sulla sua prigionia a Capitol!

 

 AVREI VOLUTO CONOSCERTI

IN UN GIORNO D'ESTATE.


 

Avrei voluto conoscerti in un giorno d’estate per vederti sorridere, perché in questa prigione di te ho assaporato solo le lacrime, i sospiri e i sogni turbati.

Avrei voluto vedere i raggi del sole giocare con i nodi dei tuoi capelli scuri, cercare di districarli con le dita all’ombra di un albero e vedere il tramonto, l’unica macchia di sangue in una vita immacolata come noi.

Avrei voluto incorniciare il tuo viso con mille parole, mille poesie, mille colori e baciarti, tanto fino a stancarmi.

Avrei voluto vedere il mare, non la pallida imitazione dell’Arena, e sentire di poter essere finalmente libero, socchiudere le palpebre, risvegliarmi accanto a te e ridere.

Anche tu con gli occhi cerchi il mare, lo vedo, lo sento, ti hanno strappato a forza dalle tue onde, ti hanno portata via per i capelli dal tuo Distretto e adesso siamo qui, uno di fronte all’altra, a guardarci tra le sbarre di queste piccole celle e mi distruggo perché ho paura che tu sia solo un’allucinazione causata dal veleno che mi hanno iniettato, ma so che tu sei vera, lo devi essere per forza.

Sento Johanna che continua a dirti di non piangere e non chiamare Finnick perché tanto non verrà, ed ha ragione Annie, non verrà nessuno, Katniss ucciderà tutti senza che io abbia potuto fare qualcosa per salvarli.

Lei è il male, e se vederti soffrire qua è un prezzo per la tua vita, sono contento di pagarlo.

La sogno, sai? Di notte, ogni dannata notte, sento le sue labbra sulle mie, così fredde, così finte, e poi il coltello che preme sulla pelle del mio collo e mi coglie di sorpresa, i suoi occhi, prima grigi, diventano neri e poi rossi, come tizzoni di carbone che prendono fuoco sotto un odio inumano.

Lei è una macchina da guerra Annie, non è la scintilla della rivoluzione, ma la fiamma distruttrice del rancore, della separazione e tutti, vittime inconsapevoli, ci siamo fatti abbindolare dalla speranza che cercavamo in lei.

La disperazione può tante cose, ci fa credere che un grande incendio distruttore sia solo un fuocherello intorno al quale ritrovarsi per partire, peccato che lei non sia il punto di partenza, ma quello di fine, è le tenebre di un abisso nel quale sono caduto e dal quale non riesco ad uscire.

Sai quando ho capito che non ero del tutto morto dentro?

Quando, per la prima volta, ho visto i tuoi occhi, e non importa se le luci intermittenti dei neon e le botte che mi avevano appena dato possono aver alterato le mie sensazioni, ma, appena ho incrociato i miei con i tuoi, ho capito che quello era l’unico abisso in cui dovevo perdermi, uno in cui annegare non vuole dire perdersi, ma trovarsi.

Non mi ricordo neppure cosa avevo fatto quella volta, probabilmente nulla, però non me avevano mai date così tante; continuavano a dire che finché non avessi reagito le avrei prese e che, pugno dopo pugno, mi avrebbero reso più aggressivo, io non reagivo, non sarei diventato un mostro per loro, non lo avrei fatto.

Mi riportarono in cella senza cena quella sera, e fu lì che ti vidi, davanti a me per la prima volta.

Stavi sempre in un angolo raggomitolata e poi ho scoperto ciò che sei veramente: hai aspettato che non ci fosse nessuno e mi hai lanciato il pezzo di pane in cui consisteva la tua cena, mi hai guardato e sorriso.

Non pensavo che così poco potesse farmi così bene.

Non pensavo che tu potessi farmi così bene.

Non pensavo che tutto potesse ribaltarsi così rapidamente.

Forse nella mia vita ho davvero inseguito solo qualcosa di imprendibile, e alla fine avevo solo bisogno di tutt’altro, della purezza del tuo sguardo, della limpidezza del tuo sorriso e delle tue labbra rosse e screpolate.

Ho bisogno della quiete dell’acqua e dello sciabordio lento delle onde, dei tuoi occhi blu come il mare più profondo e delle tue mani che non posso toccare.

Mi sono bruciato Annie, e fa male, tanto, e solo tu puoi sanare le mie ferite, ma di te devo accettare anche il sale e quello non aiuta a placare il dolore, lo rende solo più vivido.

Non posso più sentirti chiamare il suo nome, non ce la faccio, fa troppo male.

Finnick”, “Finnick”, rimbomba nella testa e anche io vorrei portare le mani alle orecchie, come fai tu, per non sentirti.

Capirai anche tu che lui non è la persona giusta per te.

Lo capirai.

Avrei voluto conoscerti in un giorno d’estate, tra i fiori rossi di un campo bianco, piccoli graffi su una pelle immacolata come la nostra.

Avrei voluto graffiare anche io la tua, per sentirti mia una volta e mille.

Avrei voluto stringere la tua mano nella mia per non farti mai sentire sola, ma la distanza ce lo impedisce, come ce lo impediscono le sbarre e l’amore che ha avvelenato entrambi.

Avrei voluto conoscerti e basta, conoscerti e bastarci.

 

NdA: è un delirio, lo so, ma mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate.

A presto!

cranium

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