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Autore: Lore Torri    28/01/2013    1 recensioni
Anche durante una guerra, il giorno di Natale è molto importante. Gli inglesi ed i tedeschi lo sanno, e metteranno fine ad uno scontro stupido per questa evenienza. Il Male però trionfa sempre ed i coraggiosi soldati dovranno tornare a combattere
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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SIAMO TUTTI UGUALI
 
Abel si gettò sulla minestra che era stata servita nella trincea. Sapeva di poco, ma era il miglior pasto che riceveva da mesi, visto che ormai era il giorno di Natale, il 25 dicembre 1914. Si trovava ad Ypres, nei pressi di Parigi, e stava combattendo contro l’esercito inglese, intervenuto a difesa del Belgio e della Francia già da giugno.
Il suo plotone, dopo parecchi mesi di guerra, era stato ridotto a soli cinque uomini, tutti stremati ed infreddoliti: oltre ad Abel, c’erano i suoi compagni Burkhard, Dagobert, Gert e Horst. Erano tutti e cinque originari di Berlino, e si erano arruolati volontariamente, anche se in realtà sarebbero comunque stati convocati dal servizio di leva obbligatorio.
Quel giorno, visto che era Natale, la giornata era trascorsa tranquilla, senza sparatorie, e la cena era stata misera, ma più abbondante del solito. I soldati che avevano già finito di cenare stavano perfezionando gli addobbi all’albero: ne era infatti concesso uno ogni tre plotoni. Quello che era stato consegnato anche al suo plotone era addobbato con alcuni degli effetti personali dei soldati: che metteva calze, chi foto della moglie, che ricordi dei genitori, Horst aveva persino legato ad un ramoscello il primo dente di sua figlia, che ancora non aveva compiuto il suo secondo anno quando il padre era andato in guerra. Personalmente, Abel aveva segretamente baciato l’immagine della fidanzata, Giulia, che purtroppo non sapeva se avrebbe mai rivisto, poiché lei era italiana, mentre Abel era tedesco, e l’Italia era sempre più propensa a combattere a favore dell’Intesa.
Quando tutti ebbero finito di cenare e di addobbare l’abete natalizio, il sottoufficiale Holdger ed il suo immediato superiore Helward diedero ordine di rientrare nei rifugi, nascondigli di legno e mattoni all’interno delle trincee che servivano a proteggere i soldati tedeschi dal terribile fuoco di sbarramento inglese. Una volta riuniti nel rifugio, i soldati intonarono tutti assieme “Oh tannenbaum, oh tannenbaum” e Abel si sentì quasi bene. Tutti quei corpi ammassati nella struttura e abbracciati che cantavano allegramente lo facevano sentire bene, e quasi tutti i soldati avevano le lacrime agli occhi. Quando il canto finì, tutti scoppiarono a piangere di gioia, finché non ammutolirono tutti: altre voci erano nell’aria. Sentendo urlare in inglese, Helward si precipitò a dare l’allarme, ma Abel, che conosceva l’inglese, distinse le note di “Merry Christmas”, ed urlò con tutte le sue forze: «Tenente Helward, signore, non ci stanno attaccando! È il loro canto di Natale! Non sente il loro canto felice?» domandò.
«Non dica stronzate, von der Helbald! I cani inglesi non sono capaci di buone intenzioni, è un trucco per ingannarci ed attaccarci di soppiatto! Soldati, seguitemi!» ordinò il tenente, e Holdger, suo diretto inferiore, si affrettò a far obbedire agli ordini i soldati.
Tutti i tedeschi si misero in marcia, ma le ombre proiettate dagli elmetti prussiani sul terreno non sembravano più minacciose, anzi avevano sagome quasi allegre e danzanti, ed alcuni soldati continuavano a cantare “Alle Jahre wieder” in tono sommesso, per non farsi sentire da Holdger, il quale però non solo sentiva, ma a volte apriva le labbra come se una parte di lui volesse unirsi al canto, per poi richiuderle immediatamente e tornare ad assumere il suo caratteristico cipiglio severo.
Quando arrivarono al centro della loro trincea, gli inglesi intonavano “Jingle Bells” e dal loro canto Abel sentì trasparire le stesse emozioni che poco prima aveva provato. Forse gli Inglesi sono come noi. Forse siamo uguali pensò, e guardò i suoi compagni di plotone. Li conosceva bene, e vide dalle loro espressioni che anche Dagobert e Geert la pensavano come lui, ma al contempo notò un altro dettaglio: nessuno dei due aveva con sé il fucile. Poi si accorse che nemmeno lui l’aveva preso e si diede dello stupido.
Gli ufficiali li fecero fermare lì ed entrarono in un rifugio. Abel decise di arrischiarsi a guardare oltre il bordo della trincea. Alzò un ramo trovato a terra sul quale aveva issato l’elmetto, ma, non sentendo spari, lo ritrasse e guardò oltre con la propria testa. Quello che vide lo sconvolse. Dalle trincee nemiche uscivano le luci tipiche delle decorazioni natalizie.
«Burkhard, Dagobert, Geer, Horst! Venite a vedere, presto! Anche voi, dovete vedere!» gridò, e molti soldati si avvicinarono e aprirono le bocche stupiti. Avevano detto a tutti fin dall’inizio che gli inglesi erano porci, infami e criminali senza cuore, eppure anche loro stavano festeggiando.
Abel non resistette: «Merry Christmas!» gridò in inglese, ed alcune facce nemiche, dopo aver smesso di cantare, sporsero gli occhi oltre il filo spinato e risposero, chi in tedesco, chi in inglese. Dopo che i primi auguri furono stati scambiati, Abel, Dagobert e Horst uscirono dalla trincea, saltarono il filo spinato e corsero nella terra di nessuno, seguiti a ruota dai loro compagni.
Arrivati dai nemici, gli porsero le mani per aiutarli a salire e, una volta che i due eserciti furono radunati nella terra di nessuno, tra le granate inesplose ed i cadaveri di entrambi gli schieramenti, due uomini salirono su un ceppo di legno che li rendeva visibili a tutti. Entrambi avevano in mano una Bibbia, l’una scritta in inglese, l’altra in tedesco.
L’inglese prese la parola e disse nella sua lingua: «The Lord is my shepherd, i did not miss anything. On green meadows he lets me lie, he leads me beside still waters. The Lord gives me new strength, comfort me, reassures me. On straight pass guide me, for his name’s sake. Even if I went to a dark valley I fear no evil for thou art with me.»
Poi prese la parola il tedesco: «Der Herr ist mein Hirte, ich habe nichts verpasst. Von grünen Wiesen lässt er mich angelogen, führet mich zum frischen Wasser. Der Herr gibt mir neue Kraft, mich trösten, beruhigt mich. Auf geraden Bahnen zu lenken mich, um seines Namens willen. Selbst wenn ich ein dunkles Tal ging ich fürchte kein Unheil, denn du bist bei mir.»
Era un passo del salmo 23: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Su prati verdi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Il Signore mi dona nuova forza, mi consola, mi rinfranca. Su sentieri diritti mi guida, per amore del Suo nome. Anche se andassi per una valle oscura non temerei alcun male perché tu sei con me.” Finito di declamare il salmo, i due soldati corsero tra la folla, che si stava abbracciando, e seguì il suo esempio. Poco dopo un altro soldato trovò un pallone, e si fecero due squadre di calcio mischiando i soldati. Quando il gioco finì, dal momento che il pallone si era bucato nel filo spinato, altri soldati portarono del vino e della birra tedesca, e tutti quanti bevvero e risero insieme. Nemmeno il fatto che parlassero lingue diverse poteva distrarli dalla loro euforia.
Abel si sentiva come in un sogno, stava bene. Tuttavia, come tutti i sogni, anche quello doveva finire. Si udirono spari all’aria, tutti ammutolirono, gli inglesi tornarono alle trincee ed i tedeschi si voltarono a guardare chi aveva sparato. Erano stati due capitani inglesi, che Abel riconobbe: John French e Horace Smith-Dorrien. Al loro fianco c’era Helward, con espressione arcigna, seguito da Holdger.
< Il plotone di Abel rimase fermo dov’era.
«Buon Natale, signore.» dissero, e si avviarono verso la trincea inglese.
«Ma che diavolo fate? Abel, Burkhard, Dagobert, Geer e Horst, tornate qui immediatamente!» urlò.
Abel si voltò.
«Signore, voi ci avete mentito fin dall’inizio. Avete visto quei “cani inglesi”? hanno ballato, cantato, giocato e bevuto con noi. Le sembrerà strano, ma a me non sono sembrati affatto mostri. Sono esattamente come noi. Sono uomini. Siamo tutti uguali!» urlò, e tutti assentirono rumorosamente, ma le loro voci vennero zittite dallo sparo di Helward, che colpì Abel in piena fronte.
Il soldato non sentì più niente e ci vedeva a malapena. Riuscì chissà come a trarre di tasca la foto di Giulia.
«Anche voi italiani siete come noi» mormorò «e spero che quello che ho fatto oggi faccia capire al mondo che tutti gli uomini sono uguali.»
Mentre la sua vista progressivamente si offuscava, Abel vide cadere a terra i corpi dei suoi amici. L’ultima cosa che sentì fu «Siamo tutti uguali». Era stato Horst a dirlo. Lui non avrebbe  mai più visto sua figlia.
 
Nota per il lettore: la tregua di Natale del 25 dicembre 1914 non è frutto di fantasia, ma si è verificata realmente lungo il fronte anglo-tedesco in Francia. Sebbene ciò che è narrato sopra non sia una narrazione fedele degli eventi, ma sia stata modificata al fine di far percepire un chiaro messaggio, la tregua è veramente esistita. E, inoltre, sono personaggi storici entrambi i comandanti inglesi citati, John French ed Horace Smith-Dorrien.
 
Torri Lorenzo
   
 
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