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Autore: Blusshi    28/01/2013    4 recensioni
Estratto dal capitolo 1~
Kate- la fronte inondata di sudore- spingeva e gridava; percepiva i movimenti del bambino che si faceva strada nel canale del parto. Si augurò che andasse tutto bene e che finisse in fretta; si sentiva come una bambina spaventata anche se ormai, a venticinque anni e con due gemelli in arrivo più che imminente, una bambina non era più.
Sapeva che quella nascita stava presentando complicazioni: i dottori le stavano dicendo che il primo dei due bambini non riusciva a uscire e che di conseguenza l’altro stava soffrendo.
Ho fatto una scelta originale, narrando la storia dei due protagonisti a partire da un punto che in genere non viene scelto. Spero, davvero, di non doverla pagare troppo cara questa mia originalità :) ~ Blusshi
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 17, 18, Altri, Dr. Gelo, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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ssiao bellissimi! <3
allora, innanzitutto GRAZIE :*
per essere arrivati fin qui,per aver letto e recensito.
come al solito un bacio specialissimo alle mie donne
Lady_Charme e Kjria91.
temo che con questo capitolo conclusivo dovremmo salutarci, miei cari. Grazie di essere stati con me :)
Hasta luego 
Blusshi*






Fuori la luce lunare era chiara e limpida, la notte splendeva fra le vette innevate.
La bella stufa di ceramica smaltata diffondeva il tepore nel salotto di legno di quella specie di chalet nella foresta.
17 era disteso sul grande divano di stoffa, Carly gli si era messa addosso a cavalcioni e lui la accarezzava con dolcezza; indossavano solo la biancheria e i lunghissimi capelli rossi fungevano da copertina per entrambi.
Per l’ennesima volta lei era pronta a farsi raccontare quell’incredibile avventura vissuta solo tre anni prima.
Le sembrava che fosse trascorso così tanto tempo.
Ne erano passati sei, invece, da quando era iniziato tutto: se suo padre non l’avesse chiamata ad aiutarlo, in quel pomeriggio uggioso, probabilmente Carly non avrebbe mai incontrato l’uomo della sua vita.
E se Kate non l’avesse accompagnato a comprare la macchina, chissà se 17 avrebbe mai potuto conoscere quella ragazza dagli occhi color della giada?
In mezzo c’era stato quel periodo in cui Carly era diventata l’ombra di se stessa, ma nel frattempo aveva dovuto tirare avanti e dopo la scuola aveva voluto lavorare nella concessionaria. Aiutava i clienti nelle pratiche, sempre sorridente, sempre aggraziata, con quel grande chignon rosso e il tailleur che sembrava esplodere sul seno.
Sorrideva sì, mentre dentro gridava, straziata dal dolore per il suo amore perduto.  Ormai Carly non riusciva nemmeno più a starci male; le sue giornate trascorrevano così noiose.
Carly guardava i suoi capelli crescere, il suo viso farsi scavato, la sua gioventù come appassire.
La sua vita si lasciava vivere senza un fine, a lei non importava più niente.
Il suo fine era Eric; senza di lui che senso aveva cercarne un altro? Avevano fatto così tanti progetti: un pensiero che l’aveva sfiorata erano stati i nomi dei loro figli.
Quali figli? Eric se n’era andato, era corso via troppo veloce e lei non ce l’aveva fatta a tenere il suo passo; troppo improvvisamente, era stato come svegliarsi in una stanza buia e ritrovarsi ciechi; il loro sogno insieme era stato sommerso da qualcosa di più grande.
 Avrebbe dovuto accompagnarli giorno dopo giorno nella loro vita… Tuttavia proprio la vita aveva voluto dar prova della sua imprevedibilità e in un certo senso –entrambi ce ne avevano messo di tempo per trarre questa conclusione- li aveva fatti crescere mettendo alla prova il loro amore.
“Molto bene, si ricordi di fare la revisione” il cliente era uscito e Carly era di nuovo sola nel suo ufficio, in compagnia di un freddissimo computer e di una scrivania scialba.
Non voleva portare sul luogo di lavoro le foto di lei e Eric insieme, avrebbe rischiato di piangere davanti a tutti quegli estranei.
Continuava a bere caffè anche se sapeva che era sensibile alle sostanze eccitanti: solo quel liquido scuro dal sapore così intenso le regalava un momento di piacere, facendole tacere dentro il peso del suo fardello, la paura e la tristezza.
Era stato come un sogno uscire dall’ufficio per bersi l’ennesimo caffè e ritrovarselo di fronte.
Così tanto bello come se lo era sempre ricordato, come l’ultima sera quando l’aveva accompagnata a casa dalla festa.
Così maledettamente bello con quel suo sorriso tra l’allegro e lo strafottente, quell’aria da spaccone con le mani in tasca, quei bei capelli lunghi da asiatico, quegli occhi al limite del chiaro che del ghiaccio avevano solo il colore, quei tratti splendidi: era l’immagine di lui che si era sempre portata nel cuore.
Un miraggio, il frutto della sua immaginazione addolorata. Aveva proseguito la sua strada verso la macchinetta, passando accanto a quell’idea di angelo maledetto senza guardarlo troppo, finchè una mano, una mano quasi reale l’aveva afferrata delicatamente per il polso.
Quanto avrebbe voluto che fosse vero! Ma nel preciso istante in cui lui l’aveva chiamata e poi presa tra le braccia, Carly ci aveva creduto e basta; alcune cose non hanno bisogno delle parole per essere descritte, perché le parole le imprigionerebbero in concetti in cui non possono essere incatenate.
Carly non ci aveva mai creduto, ma ritrovarsi di fronte il suo Eric era stato proprio così.
 
“Vieni via con me”.
Le aveva detto questo, prendendola per mano e stringendola così forte che Carly temeva di morire.
Tante volte si era sentita come se stesse per accadere, ma morire fra le braccia del suo amore sarebbe stata la cosa più triste e romantica che avrebbe potuto succederle.
L’aveva portata al nord.
Nella pace assoluta delle foreste le aveva raccontato tutto; Carly era rimasta incredula, tra le lacrime e lo sgomento, prima di accorgersi che non era rimasta sconvolta. Era strano. Quello che le aveva detto non l’aveva spaventata, non l’aveva cambiata.
“Non sei rimasta sconvolta?” la punzecchiava 17, ma in realtà era lui ad essere frastornato per la sua non-reazione.
Lei l’aveva stretto, lasciando che lacrime di gioia scorressero libere giù per il viso: “Sappi che nulla cambierà quello che provo per te”.
Di certo 17 non si aspettava che Carly lo mollasse, ma che forse avesse paura di lui.
Non era stato così: “Sono felice di aver scelto te”.
Avevano ricominciato insieme, costruendo su tutto l’amore che c’era stato prima.
“Una storia come questa potrei sentirla mille altre volte, ne sono certa”.
Parlavano sempre a lungo, non finivano mai di scoprire risvolti nuovi in quell’avventura.
Carly gli chiedeva spesso se gli mancasse Alice: si erano separati quel giorno, sulla soglia della casa di Kate, ma 17 non aveva smesso di tenersi in contatto con lei e nemmeno con la madre.
18 ora si era sposata con il ragazzo che amava, vivevano insieme in una casa sulla costa, proprio vicino al mare. Ironia della sorte era la stessa casa in cui, tre anni prima, loro due e 16 erano atterrati per uccidere il nemico del dottore.
Stava bene, gli incubi non la visitavano più, aveva il suo uomo accanto ed era anche diventata mamma di una bambina.
17 non poteva credere che ancora potesse, 18 non gliene aveva mai parlato!
“Guarda com’è cresciuta Marron! È uguale a mia sorella” 17 aveva preso il computer, dove 18 gli aveva inviato le ultime foto della sua piccolina.
Carly si trascinò faticosamente fino alla scrivania e si sedette sulle ginocchia di 17: “E’ davvero bellissima. Una piccola Alice”.
Marron aveva quasi un anno, era bionda e bella proprio come la sua mamma.
E anche dolcissima: 17 e Carly andavano spesso a trovarla e lei non si tirava mai indietro da sfoderare un adorabile sorriso sdentato e di assalirli di abbracci e baci.
Carly amava i boschi che si stendevano per ettari, amava quando lei e 17 facevano lunghe passeggiate mano nella mano.
Quando non faceva troppo freddo era bello anche fare l’amore; sotto quel cielo stellato e nelle alcove segrete della foresta sembrava di essere più vicini all’infinito, ai ragazzi pareva di sentirsi parte di quel mistero arcano e meraviglioso che era la natura incontaminata del nord.
Lì c’era spazio solo per loro e per il loro grande amore.
Verso la fine della primavera Carly aveva iniziato a non sentirsi bene; 17 aveva deciso che quell’aria pulita l’avrebbe rinforzata, per questo se la portava in spalla e facevano incredibili gite a volo d’aquila. La sua parte preferita era quando rasentavano la superficie di un lago e lui la teneva facendole fare una specie di sci d’acqua.
Arrivava l’estate con i suoi prati verdi, i laghi diventavano tiepidi; a volte Carly si sentiva ancora male, ma aveva guadagnato un appetito da leone.
L’alta montagna? In segreto, la ragazza cominciava a nutrire qualche lieto dubbio.
In una delle loro gite avevano trovato una striscia di terra in cui crescevano i quadrifogli; a Carly piacevano tanto anche se non riusciva mai a trovarne.
Un giorno di quell’estate ne trovò ben due, una vera sorpresa! Ma quel giorno le sorprese non finirono con i quadrifogli.
Adesso era inverno, 17 sfogliava le foto di sua nipote: “Meno male che somiglia a mia sorella, altrimenti poverina, che brutta sarebbe stata…Ti immagini?”
“Che cattivo sei! I bambini sono tutti belli!”
17 increspò il labbro: “Non tutti. Io sì, ero bellissimo” poi diede un bacio a Carly e tornò a strofinarle teneramente i fianchi e il pancione “e anche il nostro lo sarà”.
Ogni volta che Carly si toccava la pancia e sentiva quel guizzo di pesciolino che ormai le era tanto familiare, non riusciva a non pensare a quel messaggio di tanto tempo prima, in cui quella meraviglia del suo moroso le aveva scritto voglio dei figli con te.
Eccoli lì; e ormai mancava così poco…
“Non sai dirmi cos’è? Sono così curiosa!”
“Carly, non ho la vista a raggi X e tantomeno sono un apparecchio a ultrasuoni; i miei sensori mi dicono solo che è vivo e sta bene, nulla di più”.
Carly aveva scoperto di aspettare un bambino proprio il giorno dei quadrifogli; in teoria avrebbe dovuto essere lei quella sorpresa, ma 17 era rimasto sbalordito.
Ed estremamente felice: mille a zero per lui, lo schifoso non aveva distrutto la sua umanità, non era riuscito a impedirgli di essere una persona. Gli incubi avevano smesso di perseguitare anche lui e si era accorto che la sua Carly, con il suo amore e la sua solarità, aveva dissipato tutti i suoi brutti ricordi.
 Gli aveva restituito la gioia, presto sarebbe diventato papà,  quel dono inaspettato avrebbe coronato il loro amore; 17 sperava che fosse una bambina, bella come lui e radiosa come Carly.
“Io tra poco darò alla luce il nostro bambino. Seguiranno tanti anni e poi anche io passerò; mi vedrai sfiorire e invecchiare e impazzire, mentre tu resterai per sempre così come ti vedo adesso, con la tua bellezza e i tuoi modi da ragazzino irrequieto e disobbediente”.
Carly ci pensava spesso e si preoccupava. Anche in quel momento, si accorse di avere gli occhi cupi.
“Cosa c’è?” le chiese 17 “sei turbata?” la strinse forte a sé.
Lei gli diede un bacio e affondò le dita fra i suoi capelli neri : “Se sarà un maschio voglio chiamarlo Eric”.
“Ti do il permesso di farlo?” ammiccò lui, con quel sorriso da furbastro.
Carly non gli badò e non diede adito a quei pensieri; il presente doveva viverlo adesso, un presente che mai si sarebbe aspettata, ma che era stato il suo sogno tante volte. Il presente fiorito di cui il loro primo incontro era stato il germe.
In mezzo c’era stato un inverno in anticipo, ma poi era arrivata la primavera con la sua luce e adesso un’altra primavera fioriva dentro di lei.
Carly si tirò su la canotta aderente: vedere il suo pancione che rimbalzava di qua e di là? Non aveva prezzo.
 “Sì, se sarai un bambino ti chiamerai Eric e sarai tanto bello e tanto fuori come tuo padre”.
Ma a lei piaceva pensare che sarebbe stata una bambina, la sua piccola pesciolina.
17 diede un ultimo buffetto a quella bella pancia rotonda: “Io mi chiedo sempre come fa a diventare così grossa…anche a mia sorella; voi donne non vi capisco”.
Carly si mise a ridere rischiando di cadere all’indietro: perché i maschi erano sempre così tonti?
“No, la mia pesciolina sarà una bambina sveglia”.
“Sono così felice di aver scelto te” sussurrò Carly, abbracciandosi a lui.
Fuori era abbastanza tardi, ma loro non avevano sonno. La notte era tutta loro.
Ancora per un po’.
 
 
 
                                                         *FINE*
   
 
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