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Autore: Keyth    28/01/2013    0 recensioni
[Il Seggio Vacante ]
La vita, a Pagford, non è finita con un funerale. Dieci anni dopo ritroviamo i nostri personaggi di nuovo a Pagford, qualcuno cambiato, qualcuno no. Alcuni cercano ancora tracce del loro passato, altri cercano un futuro. E di nuovo le storie dei cittadini si intrecciano, e si ripetono gelosie, trame e incomprensioni che avevano logorato, o altre volte intrecciato, le vite della scorsa generazione. Ci sarà almeno un nuovo personaggio, e si vedrà una versione più cresciuta di quelli che abbiamo amato nel libro della Rowling, da Ciccio a Andrew, da Gaia a Cincia. Questo è il mio seguito.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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La redazione dello Yarville era al fondo di Church Road, al confine con la cittadina di Pagford. Si trovava in un edificio basso, di tre piani. Non era il New York Times, ma i sorrisi della segretaria all’entrata facevano ben sperare. Rose si avvicinò al lungo bancone che faceva da reception «Salve, sono Rosamunde Chat. Dovrei incontrare il signor Andrew Price, dovrebbe lavorare qui…». «Sì, direi che lavora qui, signora Chat. Secondo piano, bussi alla porta di legno alla sua sinistra» la segretaria ammiccò, e tornò sulle sue scartoffie. Rose oltrepassò la porta scorrevole che le si era appena aperta alle spalle, e imboccò le scale. Al secondo piano si aprivano due porte, in quella a destra, a vetri, si poteva vedere parte dell’open space della redazione. Un paio di uomini piuttosto in carne discutevano tra loro in tono concitato, con camicie aperte e maniche arrotolate. A sinistra sulla porta di legno era appuntata una targa di ottone con la parola “Direttore” incisa in blu. Rose si sistemò la gonna del tailleur, leggermente corta, e si decise a bussare.
«Un attimo» sbuffò l’uomo dietro la porta. Bofonchiò qualcosa, e dopo pochi secondi aprì. «Buongiorno, lei deve essere Rosamunde Chat» sorrise «io sono Andrew Price, direttore dello Yarville and district Gazzettine». Le allungò una mano e la invitò ad entrare.
«Va bene caro, io vado…» una donna bellissima, alta e con i capelli color oro si alzò da una poltrona in fondo alla stanza, salutò con un cenno del capo Rose, diede un bacio leggero sulle labbra del marito e uscì con il suo tailleur di bouclè rosa, lasciando un velo di profumo nell’aria. Rosamunde arrossì, e anche Andrew «Lei era mia moglie, Gaia Bawden, si occupa della sezione “spettacoli” qui al Gazzettine». «Oh, certo» tagliò corto Rose. Santo cielo, si era dimenticata di ripassare l’elenco dei redattori.
 
Poche ore dopo alla porta di Andrew bussò Stuart Wall. «Ehi Ciccio, come stai?» il direttore scattò in piedi, e andò ad abbracciare l’amico che non amava bussare. «Bene Arf, un po’ stanco» «E stanco di cosa?» Andrew scoppiò in una risata, battendo una mano sulla spalla di Stuart. «Simpatico. Senti, ti va una birra?». I due amici si guardarono «Ti raggiungo tra un quarto d’ora Ciccio, lo sai che sono l’ultimo a uscire da qui…».
Stuart lo aspettò sulla porta, fumando una sigaretta dopo l’altra. «Su, andiamo» incalzò Andrew mentre si chiudeva la cerniera del piumino. Salirono sulla decappottabile di Ciccio, e raggiunsero la loro birreria di fiducia.
«Allora, Nocciolina, sempre tanto lavoro?» chiese Stuart al primo sorso di birra «Oh, Ciccio, non rompere. Quel soprannome avrà vent’anni, e poi da quando ti interessa del mio lavoro?». «Il soprannome ha tanti anni come la tua allergia alla frutta in guscio, Arf» tagliò corto Stuart. «Va be’, insomma, come stai? Qualche problema?» «Ora non posso nemmeno più prendere una birra con il mio migliore amico?». Ad Andrew ronzarono per un attimo le orecchie: Stu non gli aveva mai detto esplicitamente che era il suo “migliore amico”. Doveva essere grave.

«Senti, andrò al punto, ma non giudicare». Stuart tirò un sospiro. Si era chiesto per tutto il giorno se fosse il caso di parlarne con qualcuno, non amava piagnucolare come una femminuccia sulla spalla di Andrew, che da sempre lo considerava il più forte della loro coppia. Preferiva che l’amico indovinasse il suo stato d’animo e si adattasse, come sempre. Ma quelle domande nate al cimitero continuavano a ronzargli in testa, quel volto coperto di lentiggini, così bello, così fresco, l’aveva letteralmente sconvolto. «Non lo so, Arf, sono confuso. Oggi ho avuto una visione mentre ero al cimitero». «Cimitero? Come al cimitero?» Andrew si risistemò sulla sedia, a disagio. «Sì, al cimitero. Andavo a trovare quella nostra amica». Ciccio arrossì. «Parli di Krystal? Ciccio non c’è niente di male» a Andrew scappò quella rassicurazione, e Stuart si sentì ancora più in imbarazzo. «Comunque – si affrettò ad aggiungere – cosa vuol dire una visione? Hai perso qualche rotella?» Andrew tirò una gomitata d’intesa all’amico, versandosi un po’ della birra del boccale sulla mano. «Sono confuso, Arf» ripeté «insomma, c’era una ragazza sulla tomba di Robbie oggi». «Di Robbie o di Krystal?» «Cambia qualcosa?» ruggì Stuart. A Andrew non era mai venuto in mente che l’amico pensasse ancora all’incidente di dieci anni prima, quando un bambino era annegato nel fiume di Pagford, e Krystal, una delle tante fiamme di allora, si era suicidata. Per gli anni appena successivi alla tragedia si erano limitati a parlarne come “l’incidente”, termine vago e sterile. Invece Ciccio andava ancora a pagare il suo pegno per essere sopravvissuto a quella tragedia e a quella vergogna.

Fu quando lo Yarville titolò la notizia «Una drogata uccide nel fiume il fratello» che Andrew ebbe la vocazione. Non voleva diventare giornalista, ma piuttosto entrare in quella fortezza editoriale, così piccola, che però sapeva controllare l’informazione di città e distretti. Voleva averla in pugno, e limitare tutti i danni che in quegli anni aveva fatto. Come avevano potuto, quei giornalisti di provincia, storpiare così l’accaduto? Krystal non era una drogata, non si era mai fatta più di qualche canna. Aveva una madre drogata, ma di questo si vergognava e si dannava, non aveva certo intenzione di seguirne le tracce. E il termine “uccide” per titolare l’annegamento fortuito di Robbie era stata una vergogna. È vero, nell’articolo il giornalista spiegava come fossero andate le cose, ma non erano molti i cittadini che leggevano più delle prime due righe. Il titolo era tutto, e quelle matrone pettegole e ignoranti che vivevano a Pagford ne avevano costruito sopra un’antologia di bugie.

«Ti dicevo…» intervenì Ciccio infastidito dalla distrazione di Andrew «che oggi, al cimitero, ho incontrato una ragazza. Mentre si avvicinava ho pensato fosse bellissima, una visione…» sul viso di Arf comparve un sorriso malizioso che cercava complicità «…ma poi ci ho pensato Andrew, non potrebbe essere mia sorella? Arf, ti ricordi quando hai fatto quelle ricerche per me, nell’archivio del giornale? Dicevi che la mia madre naturale qualche anno dopo avermi dato in affidamento aveva avuto una figlia, ti ricordi?». “Ci risiamo”, pensò Andrew «Ciccio, Ciccio, ferma! Stai sognando, hai capito? Avevi giurato di smetterla con le ricerche, hai perso anni della tua vita dietro la tua famiglia d’origine, devi smetterla. La tua famiglia sono gli Wall, Cubicolo e Tessa, sono loro che ti hanno cresciuto, gli altri sono sconosciuti. Sco-no-sci-ti» scandì sempre più accaldato. «Ma Arf, non capisci… Veniva verso di me, aveva un’aria incantata quando mi ha guardato. Forse ha visto qualcosa, forse mi cercava!». «Ma Stuart, sveglia! Era sulla tomba di Robbie, cosa c’entri tu? Come fai a pensare che fosse lì per te? Non lo sapevo nemmeno io che frequenti il cimitero, figurati tua sorella!». Ciccio restò in silenzio. In resto della serata fu piatto, e venne interrotto, con il sollievo di Arf, da una telefonata di Gaia che chiedeva al marito di tornare a casa. «Va bene caro, io vado…» una donna bellissima, alta e con i capelli color oro si alzò da una poltrona in fondo alla stanza, salutò con un cenno del capo Rose, diede un bacio leggero sulle labbra del marito e uscì con il suo tailleur di bouclè rosa, lasciando un velo di profumo nell’aria. Rosamunde arrossì, e anche Andrew «Lei era mia moglie, Gaia Bawden, si occupa della sezione “spettacoli” qui al Gazzettine». «Oh, certo» tagliò corto Rose. Santo cielo, si era dimenticata di ripassare l’elenco dei redattori.
 
Poche ore dopo alla porta di Andrew bussò Stuart Wall. «Ehi Ciccio, come stai?» il direttore scattò in piedi, e andò ad abbracciare l’amico che non amava bussare. «Bene Arf, un po’ stanco» «E stanco di cosa?» Andrew scoppiò in una risata, battendo una mano sulla spalla di Stuart. «Simpatico. Senti, ti va una birra?». I due amici si guardarono «Ti raggiungo tra un quarto d’ora Ciccio, lo sai che sono l’ultimo a uscire da qui…».
Stuart lo aspettò sulla porta, fumando una sigaretta dopo l’altra. «Su, andiamo» incalzò Andrew mentre si chiudeva la cerniera del piumino. Salirono sulla decappottabile di Ciccio, e raggiunsero la loro birreria di fiducia.
«Allora, Nocciolina, sempre tanto lavoro?» chiese Stuart al primo sorso di birra «Oh, Ciccio, non rompere. Quel soprannome avrà vent’anni, e poi da quando ti interessa del mio lavoro?». «Il soprannome ha tanti anni come la tua allergia alla frutta in guscio, Arf» tagliò corto Stuart. «Va be’, insomma, come stai? Qualche problema?» «Ora non posso nemmeno più prendere una birra con il mio migliore amico?». Ad Andrew ronzarono per un attimo le orecchie: Stu non gli aveva mai detto esplicitamente che era il suo “migliore amico”. Doveva essere grave.
«Senti, andrò al punto, ma non giudicare». Stuart tirò un sospiro. Si era chiesto per tutto il giorno se fosse il caso di parlarne con qualcuno, non amava piagnucolare come una femminuccia sulla spalla di Andrew, che da sempre lo considerava il più forte della loro coppia. Preferiva che l’amico indovinasse il suo stato d’animo e si adattasse, come sempre. Ma quelle domande nate al cimitero continuavano a ronzargli in testa, quel volto coperto di lentiggini, così bello, così fresco, l’aveva letteralmente sconvolto. «Non lo so, Arf, sono confuso. Oggi ho avuto una visione mentre ero al cimitero». «Cimitero? Come al cimitero?» Andrew si risistemò sulla sedia, a disagio. «Sì, al cimitero. Andavo a trovare quella nostra amica». Ciccio arrossì. «Parli di Krystal? Ciccio non c’è niente di male» a Andrew scappò quella rassicurazione, e Stuart si sentì ancora più in imbarazzo. «Comunque – si affrettò ad aggiungere – cosa vuol dire una visione? Hai perso qualche rotella?» Andrew tirò una gomitata d’intesa all’amico, versandosi un po’ della birra del boccale sulla mano. «Sono confuso, Arf» ripeté «insomma, c’era una ragazza sulla tomba di Robbie oggi». «Di Robbie o di Krystal?» «Cambia qualcosa?» ruggì Stuart. A Andrew non era mai venuto in mente che l’amico pensasse ancora all’incidente di dieci anni prima, quando un bambino era annegato nel fiume di Pagford, e Krystal, una delle tante fiamme di allora, si era suicidata. Per gli anni appena successivi alla tragedia si erano limitati a parlarne come “l’incidente”, termine vago e sterile. Invece Ciccio andava ancora a pagare il suo pegno per essere sopravvissuto a quella tragedia e a quella vergogna.
Fu quando lo Yarville titolò la notizia «Una drogata uccide nel fiume il fratello» che Andrew ebbe la vocazione. Non voleva diventare giornalista, ma piuttosto entrare in quella fortezza editoriale, così piccola, che però sapeva controllare l’informazione di città e distretti. Voleva averla in pugno, e limitare tutti i danni che in quegli anni aveva fatto. Come avevano potuto, quei giornalisti di provincia, storpiare così l’accaduto? Krystal non era una drogata, non si era mai fatta più di qualche canna. Aveva una madre drogata, ma di questo si vergognava e si dannava, non aveva certo intenzione di seguirne le tracce. E il termine “uccide” per titolare l’annegamento fortuito di Robbie era stata una vergogna. È vero, nell’articolo il giornalista spiegava come fossero andate le cose, ma non erano molti i cittadini che leggevano più delle prime due righe. Il titolo era tutto, e quelle matrone pettegole e ignoranti che vivevano a Pagford ne avevano costruito sopra un’antologia di bugie.
«Ti dicevo…» intervenì Ciccio infastidito dalla distrazione di Andrew «che oggi, al cimitero, ho incontrato una ragazza. Mentre si avvicinava ho pensato fosse bellissima, una visione…» sul viso di Arf comparve un sorriso malizioso che cercava complicità «…ma poi ci ho pensato Andrew, non potrebbe essere mia sorella? Arf, ti ricordi quando hai fatto quelle ricerche per me, nell’archivio del giornale? Dicevi che la mia madre naturale qualche anno dopo avermi dato in affidamento aveva avuto una figlia, ti ricordi?». “Ci risiamo”, pensò Andrew «Ciccio, Ciccio, ferma! Stai sognando, hai capito? Avevi giurato di smetterla con le ricerche, hai perso anni della tua vita dietro la tua famiglia d’origine, devi smetterla. La tua famiglia sono gli Wall, Cubicolo e Tessa, sono loro che ti hanno cresciuto, gli altri sono sconosciuti. Sco-no-sci-ti» scandì sempre più accaldato. «Ma Arf, non capisci… Veniva verso di me, aveva un’aria incantata quando mi ha guardato. Forse ha visto qualcosa, forse mi cercava!». «Ma Stuart, sveglia! Era sulla tomba di Robbie, cosa c’entri tu? Come fai a pensare che fosse lì per te? Non lo sapevo nemmeno io che frequenti il cimitero, figurati tua sorella!». Ciccio restò in silenzio. In resto della serata fu piatto, e venne interrotto, con il sollievo di Arf, da una telefonata di Gaia che chiedeva al marito di tornare a casa.
  
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