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Autore: amanda91    28/01/2013    3 recensioni
Elena brama la vita, ma vive di menzogne. Damon è fuggito anni prima. Un incontro inatteso, destinato ad unirli. Due vite destinate ad incontrarsi, due anime destinate ad amarsi.
N.B= Tutti umani
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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“Caroline sai come la penso su queste feste! Finisce sempre male per me!” sbuffò indispettita sistemandosi sul sedile del passeggero.  Non riusciva a spiegarsi come avesse fatto quella biondina impertinente a convincerla, ma tanto valeva mostrarle almeno il suo disaccordo. Era tanto, forse troppo che non uscivano. Prima adoravano andare alle feste, sballarsi e divertirsi, come normali adolescenti insoddisfatte. Prima…
“Intanto sei qui! Ciò vuol dire che in fondo non ti dispiace. Conoscendoti non saresti venuta altrimenti”
“No, ciò vuol dire che sei petulante e anche abbastanza ripetitiva… senza offesa”  le precisò fingendosi risentita.
“Ma dai che ti sto chiedendo in fondo? Una serata normale, divertente, spensierata – ammiccò – come i vecchi tempi”
Prima che l’amica potesse contraddirla parcheggiò ed estrasse dalla borsa una bottiglia di Champagne bianco dolce. Il loro preferito. Elena ridacchiò arrendevole.
“E facciamolo!” acconsentì rubandole l’alcolico. In pochi minuti furono lì, in un locale alle porte di Atlanta, rustico e ben tenuto, circondate da musica assordante e dilettanti giovani ballerini ubriachi.
Nonostante avesse opposto resistenza fino a qualche ora prima non riuscì a non farsi trasportare dal ritmo metallico e orecchiabile, o forse dall’adorabile bottiglia agrodolce che scolarono in pochi minuti, o ancora dall’indefinibile quantità di vodka che la bionda lì con lei si premunì di ordinare per entrambe.
Non seppe dopo quanto riuscì ad abbandonare remore, dolori, responsabilità, che riuscì a scrollarsi di dosso persa in una folla di cuori scalpitanti, musica assordante, e balletti scoordinati. La sua stessa intera storia le scivolò via scoprendo una giovane donna bisognosa di ossigeno e vita, avida di passione e divertimento. Illuminando la ragazza che era stata, in un passato non troppo lontano.
Ancheggiò, saltellò, gettò la testa all’indietro e chiuse gli occhi, ballò spalla a spalla con perfetti sconosciuti, in una folla anonima e ignara, per un tempo che parve infinito, sospeso.
Finchè i piedi, costretti in tacchi alti quanto scomodi, le chiesero insistenti una tregua, portandola ad abbandonarsi lontana dal caos, all’esterno del locale. Una ventata d’aria fresca e umida le procurò la pelle d’oca.
L’estate volgeva al termine, come quella serata fin troppo sconsiderata per i suoi gusti. La testa non smetteva di girarle, e le venne da ridere, e poi da imprecare contro l’amica dispersa tra la gente, contro i tacchi sommersi ormai nel fango, contro il vestitino troppo corto, e indecorosamente aderente, che sua zia l’aveva convinta ad indossare.  
Il suo cellulare squillò, beccandosi uno sbuffo inviperito. Era Stefan, apprensivo e pressante come sempre, in disaccordo con quell’uscita, ma non aveva voglia di discutere ancora. Non quella sera, forse neanche quella dopo. Che scocciatura! Chi aveva sintonizzato quell’orrida suoneria come avviso di chiamata? Il cellulare le scivolò dalle mani non appena fece per riporlo in borsetta dopo aver messo il silenziatore. Ok, forse aveva esagerato con l’alcool quella sera.  Senza preoccuparsi di riprenderlo chiuse semplicemente gli occhi. Forse lui dopotutto aveva avuto ragione: non sarebbe dovuta andare a quella festa, tanto sapeva come sarebbe finita. Lei ubriaca persa, con la testa nel cesso, Stefan e la sua aria saccente che avrebbe borbottato “tel’avevo detto io!”; un terribile mal di testa post-sbornia, e se tutto fosse andato secondo i piani a rallegrarla ulteriormente l’immancabile vomito nel pieno della notte.
“Scusa, è tuo questo?”
Un timbro sconosciuto e appena sussurrato la spaventò a morte inducendola a sgranare gli occhi impaurita.
Un giovane uomo le porgeva il cellulare, con un sorrisetto impertinente e imperturbabile disegnato sulle labbra. Lo osservò un solo istante, risalendo con lo sguardo lungo un viso scolpito e armonioso. Due luminose pozze oceaniche la squadravano incuriosite. Affascinata e intimorita gli strappò l’apparecchio dalle mani borbottando un timido ringraziamento. Una chioma ribelle corvina gli ombrava la fronte, ornando un viso chiaro e delicato. La sola bellezza e sfrontatezza di quell’uomo la stava imbarazzando.
“Dovresti rispondere” le fece notare sornione indicando il cellulare vibrante tra le dita.
“Non ne ho la minima intenzione! Ho litigato con il mio ragazzo e questa è la decima volta che richiama” bisbigliò prima di rendersi conto di averlo fatto ad alta voce. Abbastanza alta perché lo sconosciuto captasse le sue parole.
“Per cosa? Se posso chiedere” alzò le braccia in segno di rispetto, e lei non seppe perché non lo stesse semplicemente mandando a quel paese invece di rispondergli.
“La vita… il futuro. Lui ha già pianificato tutto”
“E tu non lo vuoi?” le rimandò con un’adorabile espressione sul viso. Da quanto tempo qualcuno non le chiedeva cosa volesse lei? Non era pronta a una domanda che mai nessuno si era degnato di farle. Da quel giorno almeno.
“Non lo so cosa voglio”
“Beh questo non è vero – si affrettò a contraddirla lui, con fare saccente di chi ha tanto da raccontare – vuoi quello che vogliono tutti…”
Ok adesso era curiosa. Quell’adorabile faccino aveva tutta la sua attenzione. Sorrise.
“Cosa? Uno sconosciuto misterioso che ha tutte le risposte?”
Alla sua domanda lui rise appena con una sincerità che la disarmò.
“Beh diciamo che sono in giro da un po’… ho imparato una cosetta o due”
“Allora, dimmi cos’è che voglio?”
“Vuoi un amore che ti divori, vuoi passione, e avventura, ed anche un po’ di pericolo…” le suggerì sicuro di sé con voce scandita, avvicinandosi a lei di qualche passo. Lo scrutò sorpresa, disarmata forse, semplicemente spiazzata. Forse era l’alcool, forse era lui che le stava indicando il desiderio di qualsiasi giovane donna, ma tutto ciò che provò fu stupore. Era come ammaliata da lui, dal suo modo di porsi, di rivolgerle la parole, di osservarla. Tutto ciò che lei non poteva permettersi di vivere e sperimentare, non più… era esattamente ciò che quel perfetto sconosciuto le aveva appena ricordato di dover provare.
“E tu cosa vuoi?” gli chiese di rimando, scatenando sul suo viso un’espressione che le parve di puro panico, come se non lo sapesse, o se avesse smesso di chiederselo da tempo.
Quando sembrò che stesse per aprir bocca, dopo qualche attimo che parve interminabile, fu la voce di Caroline quella che le arrivò alle orecchie invece della sua. La stava chiamando, probabilmente dall’uscio dell’entrata.
“Senti io… dovrei andare. E’ stato un piacere” a malincuore aveva dovuto metter fine a quell’insolito incontro che le aveva stranamente migliorato la serata.
“Piacere mio”
Dovette andare, e non osò girarsi e guardare se fosse ancora lì, casomai intento ad osservarla andar via… ok era decisamente arrivato il momento di tornare in sé!  
  
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