Le dita affusolate di Sherlock si erano unite toccandosi morbidamente e lo sguardo seguiva la loro punta, alzandosi verso il soffitto annerito. 
John leggeva distrattamente il giornale, guardando di tanto in tanto il volto immobile e pensieroso del consulente investigativo.

Era riapparso come niente, all'improvviso e la loro vita aveva ripreso normalmente.
...O quasi. 
Nessun caso a scuotere le loro giornate, nessun criminale a far cessare gli spari di noia contro il muro.
Ma era bello averlo lì di nuovo: la solitudine era svanita da sette giorni.

L'orologio suonò cinque battiti; il dottore sospirò, ripiegando il giornale per poi adagiarlo sul cuscino patriottico.

"Del tea?"
"Come sempre."

Come sempre. Sembrava quasi che si fosse scordato della sua scomparsa.

Il dottore mise a bollire l'acqua, preparando nell'attesa le due tazze bianche e tutto il necessario; il tra preferito dal moro non era mai mancato nella dispensa per tutto quel tempo.
Sherlock si alzò con un grande sospiro, montando sul tavolo pieno di fogli e gingilli per poi raggiungere l'altro in cucina.

"Manca molto?"
"Pazienza..."
Lui sbuffò ancora, gettandosi sulla sedia di legno, che scricchiolò. "Che noia."

La porta si aprì e si chiuse, lasciando entrare la voce della cara Mrs.Hudson; squillante, certo, ma non più come una volta. 
John si affacciò dalla cucina, con un grande sorriso.

"Buon pomeriggio, signora Hudson." 
Aveva in mano una delle due tazze ancora vuota. L'acqua aveva iniziato borbottare nel pentolino.
"Stavo giusto preparando il tea. Vuole unirsi a me e Sherlock? Ci farebbe piacere."

Mrs. Hudson guardò la sedia che il dottore gli indicò con un cenno del capo. Una grossa lacrima gli scivolò dagli occhi tristi.