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Autore: KikiWhiteFly    30/01/2013    4 recensioni
{Dedicata ad Emiko e Roro}.
"Erano sotto la pioggia, fortunatamente nessuno sembrava averli visti, nascosti dietro una colonna che celava molto più di quanto loro pensassero – oltre quel semplice pezzo di pietra c'erano le insidie, i pregiudizi e l'ignoranza della gente, cose che avrebbero potuto solamente arginare negli anni a seguire.
Nella mente delle persone si rifletterà sempre uno specchio: inutile tentare di guardarsi dentro, il riflesso manderà loro una immagine sempre più vera del reale.
«C-Cosa stai facendo?», disse Arthur, scostandolo forzatamente da sé.
«Non ti stavi opponendo, mi sembra», fu la blanda scusante del compagno.
«Alfred! Siamo... ragazzi, non puoi farlo!», esclamò agitato Arthur, strofinandosi la manica della giacca nuovamente contro le labbra.
«D'accordo, non lo farò più»".
{Alfred/Arthur}.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tutto il resto del mondo



III.



{Prima parte}







Londra, 1973.



Un uomo giovane, aitante e professionale – almeno a giudicare dalla ventiquattrore, tenuta saldamente in una mano – scese da un treno regionale. Il suo passo era sicuro, la sua espressione imperiosa: guardò per un momento intorno a sé, sperando forse di scorgere qualche sagoma familiare.

Poggiò la ventiquattrore a terra, allora, sfilando dalla manica del giaccone un orologio da polso: regalo prestigioso, non v'era dubbio, sua madre aveva tanto insistito affinché lo indossasse.

Arthur indugiò per un sol momento lo sguardo sulle persone che gli passavano accanto: non era strano trovare una massa di rivoltosi oppure dei messaggeri della pace, i quali distribuivano volantini a destra e a manca. Erano gli anni delle ribellioni, dei nuovi ideali, dei movimenti più o meno radicali, i quali indicavano una situazione di grave instabilità sociale.

Quando Arthur drizzò il capo e vide quel che stava cercando da alcuni minuti, ormai: certo, gli anni erano passati e le rughe d'espressione iniziavano a farsi vedere, così come qualche ciuffo bianco. Eppure, gli occhi di suo padre erano sempre gli stessi: profondi e pieni d'orgoglio. D'altronde, come sarebbe potuto essere il contrario?

Poco dopo l'effettiva separazione dei suoi genitori, sua madre aveva deciso di portarlo con sé in Francia: il suo amante, il quale col tempo sarebbe diventato suo marito, era di origini francesi. Quest'ultimo, poi, aveva a sua volta un figlio, pressappoco della stessa età di Arthur. Si trattava di Frances Bonnefoy, giovane rampollo francese dalle alte qualità intellettive ma non altrettanto morali.

Pur tuttavia, Arthur non si era potuto lamentare: era stato educato da rigorosi damerini francesi, aveva imparato diverse lingue e, inoltre, aveva ampliato i suoi interessi, a partire dall'arte sino ad arrivare all'equitazione. Una educazione a trecentosessanta gradi, così com'era stato suggerito da sua madre.

Non era difficile immaginare che Arthur Kirkland, a vent'anni appena compiuti, fosse un uomo di tutto rispetto: quell'anno, in particolare, aveva deciso di prendere in mano la propria vita e vivere un'esperienza a dir poco formativa nella rinomata Università di Oxford. Ragion per cui, suo padre poteva gonfiarsi d'orgoglio; eppure, quando gli fu abbastanza vicino da poterlo abbracciare, preferì accoglierlo con una sonora pacca sulla spalla e un banale: «Come sei cresciuto, figliolo».

Arthur intese quel gesto come una manifestazione d'affetto, suo padre non aveva tradito le sue aspettative: gli anni che aveva trascorso in Francia, seppur allevato da un patrigno, lo avevano fatto maturare, soprattutto dal punto di vista psicologico. La sua fragilità, che taluni avrebbero potuto catalogare come sensibilità, si era evoluta in una corazza quasi impenetrabile, se non altro quanto bastava per ritenersi un uomo dalla personalità scostante. E la cosa davvero triste di tutta quella situazione era che, nonostante tutto, era davvero figlio di suo padre.

«Il viaggio è andato bene? Dove sono i tuoi bagagli?», chiese l'uomo, osservando con un sopracciglio all'insù la ventiquattrore.

«Mia madre me li farà recapitare, abbiamo convenuto che fosse meglio così».

Suo padre allora annuì, dopodiché borbottò per l'ennesima volta qualcosa sul fatto che fosse cresciuto. Poi, lo sguardo di Arthur andò al quotidiano arrotolato che egli teneva saldamente sottobraccio. Non vedeva un quotidiano inglese da dieci anni a quella parte, provò una piacevole sensazione. A quel punto suo padre, forse nel tentativo di stabilire un rapporto tra di loro, glielo porse; Arthur si lasciò persuadere, poi lo sguardo gli cadde sulla prima pagina.

Il vecchio Arthur Kirkland si sarebbe lasciato sopraffare dalle proprie emozioni, balbettando qualcosa di sconnesso ma il nuovo, molto più prudente, se stesso gli suggerì di mantenere un contegno decoroso.

Si trovava a Londra da pochi minuti e il passato era già pronto ad assalirlo, da non crederci.




~



Alfred Jones osservò con aria compiaciuta l'edicola di fronte a sé, la quale occupava quasi per intero la notizia che, ormai da una settimana, si poteva considerare la principale: “La giovane ereditiera Mary Jane Stuart, figlia del rinomato imprenditore Hartley Stuart, è convolata a giuste nozze con un giovane scapolo di origini americane, tale Alfred Jones”, titolavano i quotidiani.

«Sai, dovresti smettere di fermarti ad ogni edicola».

«Dovrei. Ma dovresti anche tu», rispose prontamente Alfred.

I due risero di gusto, poi s'incamminarono verso la piazza principale: Londra si era svegliata, come quasi ogni mattina, uggiosa. Nell'aria si respiravano tanti odori, molteplici profumi, i quali mascheravano lo smog cittadino. I coniugi Jones ne avevano approfittato per fare una passeggiata, da quando si erano sposati la quotidianità non era mai parsa loro più godibile: probabilmente erano ancora nella “fase luna di miele”, tutto sommato era una condizione che non li turbava.

Forse si erano sposati troppo presto, quella critica era stata mossa da parecchie malelingue, forse Alfred Jones aveva voluto approfittare solo dell'ingente ricchezza che sua moglie avrebbe ereditato, avevano supposto altri. La verità era che Alfred Jones era riuscito a farsi una nomina, si era costruito con le sue mani, si potrebbe dire.

Quando aveva deciso di spostarsi in pieno centro, dopo aver accumulato un modesto gruzzolo, il suo obiettivo principale era diventato quello di arrivare alle vette del successo. E, in verità, la fortuna era piovuta dal cielo – come poche nella vita, invero –, letteralmente: aveva conosciuto Mary Jane Stuart quasi per caso, in una serata come tante altre.

Alfred l'aveva potuta ammirare in tutto il suo splendore: seduta sul bordo di una fontana, con il suo abitino luccicante, un indubbio belvedere per gli occhi di chiunque la guardasse. Alfred si era avvicinato a passi lenti e misurati, per ammirare quella travolgente figura da vicino; Mary Jane aveva alzato gli occhi, piuttosto sconsolata invero, esordendo con un sonoro: «Se siete un borseggiatore questa non è la vostra serata. Se siete un maniaco, temo che questa serata non potrebbe andare in maniera peggiore».

Alfred aveva ridacchiato tra sé e sé, un provinciale come lui non aveva imparato la buona educazione. O, meglio, non aveva avuto l'occasione di poterla apprendere. In ogni caso, passeggiando per le vie londinesi più mondane, aveva avuto l'occasione di osservare il comportamento dei giovani rampolli inglesi e ne aveva potuto trarre ispirazione.

«Non sono né l'uno né l'altro. Vorrei potervi dare una mano, se permettete».

Mary Jane parve rilassarsi, allora, gli porse la scarpa e lasciò che Alfred la esaminasse a fondo. Negli anni aveva svolto tanti lavoretti diversi, apprendendo l'arte manuale. Pur tuttavia, quel tacco non si sarebbe potuto aggiustare senza il magico tocco di un calzolaio e quindi Alfred, desolato, si trovò a dover dare una brutta notizia alla ragazza. Mary Jane in realtà non si mostrò molto dispiaciuta – per una ragazza di classe come lei quelle feste erano ordinaria quotidianità –, più che altro si rammaricò per via del fatto che camminare si sarebbe rivelato difficoltoso.

Alfred esordì con una battuta, allora, che avrebbe segnato l'inizio della loro storia: «Potrei invitarvi a camminare con me. Se accettate il mio braccio», disse, abbassandosi alla sua altezza e porgendoglielo. Mary Jane, da quel momento in avanti, non esitò ad aggrapparsi al suo braccio ogni qual volta uscivano insieme.

Poi, il resto era venuto da sé: Alfred aveva fatto la conoscenza di Hartley Stuart, imprenditore di successo, il quale lo aveva invitato a lavorare come suo assistente – anche se non l'avrebbe mai detto, era facilmente intuibile la ragione: non avrebbe mai potuto permettere che sua figlia uscisse con un uomo di levatura così inferiore.

Avevano deciso di sposarsi due anni dopo, senza pensarci troppo, una cerimonia intima ma deliziosa. Alfred aveva accanto a sé una donna che lo amava, un lavoro di successo ed un enorme abitazione. Tutto ciò che aveva sempre desiderato in passato, tutti i suoi sogni erano divenuti realtà. Ecco, la vita che aveva sempre voluto, che aveva sempre invidiato ad Arthur Kirkland.

Lui, ogni tanto, ritornava nei suoi pensieri e si annidava come un tarlo all'interno di una tarsia in legno: seppure fossero passati dieci anni ogni tanto emergeva nella sua memoria e, in mattinate uggiose come quella, la mente non poteva fare a meno di rivangare il passato.



Tuttavia, ben presto avevano iniziato a circolare delle voci riguardo al fatto che Alfred fosse inserito all'interno del business per puro diletto. Ed erano state quelle voci, nonché un certo risentimento morale, a convincerlo a compiere un'azione per la quale nessuno avrebbe mai potuto deriderlo: Alfred Jones si era iscritto nella prestigiosa Università di Oxford e, proprio in quel momento, si trovava di fronte ai cancelli dell'austero edificio.

Lo aveva fatto per se stesso, a dire il vero, per dimostrarsi che con impegno e costanza chiunque poteva arrivare a degli eccellenti risultanti. Erano gli anni Settanta, le università cominciavano ad essere di dominio pubblico, la borghesia iniziava ad avere contorni sempre meno definiti e, allo stesso modo, l'aristocrazia. Il futuro era alla portata di qualunque individuo, in pratica, si iniziava ad affermare una classe di intellettuali senza distinzione e discriminazione sociale. Dai tempi della ribellione universitaria del 1968, erano iniziate a cambiare parecchie cose: il fatto stesso che gli studenti prendessero coscienza di sé, in realtà, era un progresso.

E, quanto più la modernità avanzava, tanto più Alfred Jones si univa a quel grande movimento e varcava i cancelli dell'università della quale aveva tanto sentito parlare da bambino. Pensò a sua madre, a quel punto, la quale avrebbe pianto di gioia al sol vedere quella scena. E poi pensò a suo padre, la visione si fece molto più offuscata, non era un bel ricordo e Alfred si promise che non sarebbe mai arrivato a tanto. Dopotutto, i tempi erano diversi e le possibilità infinite.

«Nessuno che conosci, caro?», domandò Mary Jane, cercando con lo sguardo qualche conoscente.

Alfred negò placidamente con il capo, ancora non sapeva di aver parlato troppo presto.



~



Se c'era una cosa che Arthur aveva imparato ad odiare in Francia erano le abitazioni a più piani. Erano immense e, allo stesso tempo, vuote: a cosa serviva tutto quello spazio se poi, a conti fatti, non veniva adoperato?

Ecco perché aveva silenziosamente ringraziato suo padre per aver comprato una casa più piccola, un appartamento grande quanto bastava per accogliere degli ospiti ma non troppo da perdersi all'interno.

Arthur poggiò le valigie nella camera, esaminando l'aspetto della stanza: un arredamento spartano, proprio come aveva intimamente desiderato. Nella sua abitazione francese era stato abituato al lusso, allo sfarzo, a una serie di cameriere che di volta in volta eseguivano ogni piccolezza. Era bello, per una volta, potersi permettere il lusso dell'indipendenza, quella era una delle ragioni che lo avevano convinto a proseguire gli studi in Inghilterra.

«Se hai bisogno di qualunque cosa...», dichiarò suo padre, lasciando cadere il discorso.

Arthur intuì all'istante, lo congedò con un semplice cenno di capo. Guardò al di fuori della finestra, poi, si accorse per la prima volta dopo tanto tempo quanto gli fosse mancata la pioggia londinese. Era cauta, non faceva troppo rumore, rischiarava l'aria e riempiva la città di odori inesprimibili a parole. Decise di andare a fare una passeggiata, approfittandone per dare una prima occhiata alla futura università. Passeggiando tra le vie, tutto era perfettamente come ricordava: la piazza principale, il celebre orologio che la sovrastava, la residenza della regnante e persino le cose più piccole, i dettagli apparentemente più insignificanti.

Arthur aveva dovuto prendere un autobus che lo conducesse all'interno dell'Università. Solo una volta arrivato alla soglia della rinomata struttura, si accorse di ciò che aveva di fronte: Arthur si addentrò per un sentiero dritto, guardando di tanto in tanto in alto. In Francia ne aveva viste di strutture di quel tipo, pur tuttavia la maestosità era ben diversa; le fronde degli alberi si agitavano smaniosamente, quasi preannunciando i primi venticelli autunnali e fu proprio una folata di vento a scuoterlo con vigore e a fargli scivolare qualche opuscolo informativo.

«Mi scusi, signor- », Arthur notò un brillante, seguito da una fede nuziale, sull'anulare della donna e si corresse: «Volevo dire, signora...».
Arthur fu costretto a lasciare in sospeso la frase, la donna si chinò per afferrare i suoi opuscoli. Poi sorrise in sua direzione e commentò: «Gran bei corsi. Anche mio marito ha scelto questi!».
«Domani è il mio primo giorno, sa», disse Arthur, inserendo gli opuscoli nella tasca del giaccone.
La donna sorrise di nuovo, poi iniziò a farfugliare una serie di futili pensieri. Non era abituato a conversare troppo con le persone, figurarsi con i perfetti estranei. Dopo un tacito momento di silenzio, si scusò e prima di voltarsi e riprendere il suo giro disse solamente: «Beh, penso che conoscerà mio marito allora».



____________



Note.

Okay, non mi faccio viva da un po'. E originariamente dovevano essere quattro capitoli, ma ho preferito dividere ulteriormente perché il prossimo è il “capitolo centrale”, diciamo, per non appesantire troppo ho preferito optare per questa soluzione. Questa è una panoramica generale, avrete notato qualche cenno storico... l'ho inserito per contestualizzare, ma anche per far capire come in quegli anni fossero importanti gli ideali di libertà, di uguaglianza, di riconoscimento sociale.
Prossimamente arriverà la seconda parte, il tempo di correggerla e revisionarla.
Comunque, vorrei ringraziare tanto tutti coloro che leggono questa storia. Mi sono arrivate tantissime recensioni – e dire che è la prima volta che mi cimento “seriamente” in questo fandom. Che dire, grazie, sono commossa! ç__ç –, ho notato tante letture e tante persone che la inseriscono tra le preferite-seguite-ricordate. Vi ringrazio di cuore per le meravigliose parole. (':

- Kì.


   
 
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