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Autore: Odlisny    30/01/2013    2 recensioni
“Vedi, te l’ho detto che sarei entrato.” Sussurrò Zayn, sorridendo, compiaciuto di sé stesso. “E ora, mi mostri la casa.. partiamo da camera tua se vuoi, io non mi offendo.” Fece un piccolo passo verso di me, ma tanto quanto bastasse per far quasi sfiorare i nostri nasi. Riuscivo a sentire i nostri respiri, per il momento tranquilli, e alzai lo sguardo ai suoi occhi. Lui divenne del tutto serio, era la prima volta che lo vedevo così, e mi sembrò ancora più bello. I suoi occhi color miele, erano posati suoi miei, e io non capivo.. non capivo perché non mi muovevo, non capivo perché non parlavo, non capivo perché non lo sbattevo fuori da casa mia, perché era ciò che avrei dovuto fare. Ma soprattutto, non capivo perché ogni singola parte del mio corpo mi supplicasse di cadere alle sue braccia. Mai prima di allora mi ero sentita così.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arrivare al centro di Londra era sempre stato difficile, soprattutto il lunedì mattina e io, presa dall'ansia, avevo già cominciato a mangiarmi le unghie, brutto difetto. L'ultima cosa che volevo era arrivare in ritardo il primo giorno di lavoro, un lavoro che per altro mi rendeva molto entusiasta, certo fare la commessa non era mai stato il mio sogno, ma fare la commessa in un negozio di Cd, dove avrei ascoltato sempre musica, e dove avrei potuto comprare dei dischi con lo sconto, non mi dispiaceva affatto.
Intanto però il mio taxi non si muoveva, così lasciando venti sterline sul sedile e ringraziando, scesi dalla macchina e cominciai a correre mentre sorrisetti mi scappavano sentendo l’autista imprecarmi alle spalle.
Per fortuna non avevo messo niente di scomodo e la mia borsa a tracollo non perdeva ancora niente, come spesso mi capitava quando correvo.
Corsi per quindici minuti buoni e lunghe ciocche rosse di capelli stavano cominciando a cadermi sul viso mentre la coda di cavallo si scioglieva.
Arrivai alle 9.10 con dieci minuti di ritardo, sudata come solo una donna della mia classe poteva essere.
All’entrata del negozio c’era un uomo alto, dalla pelle ambrata e folti capelli neri. Era Jack, quello che sarebbe dovuto diventare di lì a poco il mio capo, sempre se non mi avesse licenziata.
“Chirstabel, hai visto che ore sono?”  il suo tono era di rimprovero, e ontinuava a sbattere un piede al suolo, riuscendo a mettermi leggermente in ansia.
“Sì, scusi capo. E’ che c’era traffico e sono dovuta venire a piedi” Mi scusai io, cercando di fare una faccia da cucciolo mentre mi ricomponevo la coda di cavallo.
Per mia grande fortuna si limitò ad annuire per poi dirigersi all’interno del negozio. Appena entrammo mi diede velocemente alcune indicazioni su ciò che bisognava fare e, dopo avermi dato una magliette blu con su scritto 'Ray's', il nome del negozio,mi mandò a lavoro.
Il posto era carino, l’avevo visto la settimana prima quando ero entrata a chiedere informazioni per il lavoro. Non era grandissimo e nemmeno un posto in cui sarebbero entrati ricconi. Diciamo che era un posto in cui sarei entrata io però.

Ray's era aperto già da mezz'ora e i clienti erano neanche mezza dozzina. Oltre a me, a lavorare in questo posto, c'erano altri due ragazzi, Susan e Matt credo si chiamassero. Ma sinceramente, non avevo fatto attenzione a quando erano venuti da me a presentarsi, troppo strafonttenti per i miei gusti. Personalmente avevo il sospetto che stessero insieme, perché continuavano a mandarsi sguardi fastidiosamente dolci, mentre lavoravano.
Il caldo di luglio mi faceva soffocare e in questi giorni non aveva piovuto neanche un po’. Io intanto mi stavo occupando di alcuni cd, dovevo sistemare i nuovi arrivati e spostare quelli vecchi, insomma, cose abbastanza semplici, che mi facevano piacere ancora di più il mio lavoro.
La musica era sempre stata la mia passione e ogni tanto mi soffermavo più del dovuto a leggere i titoli delle canzoni di un album che magari mi sembrava familiare, beccandomi, a volte, delle sgridate da parte di Jack.
Speravo con tutta me stessa di stargli a genio, era un brav'uomo,sulla mezza età, gentile e con davvero un bel sorriso, che sfoggiava spesso. Aveva origini orientali, pakistane se non sbaglio che si potevano dedurre anche dalla sua carnagione.
La mia giornata di lavoro terminò alle 12.30 e dopo essermi rimessa i miei vestiti, salutato i ragazzi e Jack, e dopo aver comprato un paio di dischi uscii dal negozio.
Tornando a casa decisi di fermarmi in un bar dove presi un panino al tonno per mangiarlo lungo la strada, perché sarebbe stato inutile sperare che Michelle, la mia migliore amica, con la quale condividevo l'appartamento, avesse cucinato qualcosa.
Il mio panino era delizioso e io lo guardavo, sorridendo compiaciuta, prima di ogni singolo boccone, mentre la gente che mi passava accanto mi fissava con occhi in cui si poteva leggere quanta pena provassero per la ragazza che sorrideva ai panini.
"Cookie sono a casa!" Urlai mentre aprivo la porta del nostro appartamento. Non passarono nemmeno due secondi che mi investì una terribile puzza di bruciato proveniente dalla cucina, sicuramente di qualcosa che la mia dolce e cara migliore amica aveva bruciato mentre giocava a fare la cuoca.
"Miichh che hai fatto?" Strillai io, non che fossi sorpresa, faceva sempre bruciare il cibo, e dentro di me mi rallegrai di avere già lo stomaco pieno.
"Volevo fare la carina e cucinarti qualcosa per il tuo primo giorno di lavoro" Disse una vocina non lontana da me, e poco dopo vidi comparire da una nube di fumo una figura alta e snella con una carnagione scura e lunghi capelli folti e ricci che muoveva ripetutamente la mano davanti al viso per mandare via la puzza. Ecco la mia migliore amica, in tutto il suo splendore e, ancora in pigiama, se pigiama poteva essere chiamata una maglietta lunga e malandata che apparteneva a non so quale suo ex ragazzo.
“Che carina, la prossima volta evita però.”  Le dissi con tono scherzoso mentre toglievo la tracolla e la posavo per terra, per poi avvicinarmi a lei e scoccarle un bacio sulla guancia.
“Stronza” Mi sorrise, prima di allontanarsi da me e dirigersi verso camera sua con la camminata di chi non ha voglia di fare niente.
Io e Michelle abitavano insieme già da tre anni e ci conoscevamo da quando ne avevamo sette. I suoi genitori erano francesi e la sua pelle scura era dovuta alle origini africane del padre. Lei, al contrario di me però, non lavorava, era al terzo anno di università e studiava giurisprudenza. Con l’affitto era aiutata dai suoi genitori che, da alcuni anni, erano tornati in Francia.
Da piccole avevamo sognato di fare insieme l’università, ma al liceo il mio andamento scolastico divenne così disastroso che fu un miracolo il semplice fatto che lo abbia terminato prima dei vent’anni. Tutto ciò però non ci aveva fermate dal mantenere la promessa più grande che ci eravamo fatte, quella di abitare insieme. Anche in giorni come questi, in cui tentava di bruciare la nostra cucina, maledicevo quella promessa.
“Però io ho fame!” La sentii urlare mentre usciva dalla sua camera e si dirigeva verso di me con le braccia incrociate e un finto broncio. Si era vestita per uscire e aveva tra le mani le chiavi della sua macchina, e ciò annunciava, per mia grande gioia, che mi avrebbe invitato fuori a mangiare.
“Pure io” Mentii entusiasta, già pensando al cibo. Avevo già mangiato, ma era solo un panino, e di certo non l’avrei lasciata mangiare da sola. Che razza di amica sarei stata?




Saaalve bellezze! eccomi con la mia seconda ff.
il primo capitolo non dice niente, lo so, ma pubblicherò prestoil secondo
perchè ne ho gia pronti un po'. Beeene fatemi sapere se questo vi è piaciuto o almeno incuriosito,
ve ne sarei grata. Un bacione, josselyn.


           Twitter: @Odlisny

  
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