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Autore: Knitting    30/01/2013    2 recensioni
Lidia, un'invasata di 24 anni, ha due ragioni di vita: i dolci e l'amore eterno.
Quando quest'ultimo la delude per l'ennesima volta decide di voltare pagina definitivamente, ormai le principesse sono in grado di salvarsi da sole e lei non sarà da meno.
Potranno un imprevisto, uno psicologo apocalittico e quello che sembrerebbe un principe farla ricadere nel capitolo della sua vita che aveva chiuso per sempre?
Una storia romantica immersa nell'umorismo,, meno superficiale di quello che sembra se si ha voglia di scavare.
Dal cpitolo 9:"Gli alberi divenivano viola, il cielo verde, gli occhi di un personaggio un arcobaleno empio di sfumature, di ricordi e immagini in cui poter sognare, in cui poter andare lontano."
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Un cupcake è meglio dell'amore

Lidia aveva due motivi per essere al mondo: l'amore eterno e i dolci.
Il secondo, fin troppo presente, era il tappo che soffocava le delusioni, fin troppo ricorrenti, che provocava il primo. Non poteva fare a meno di accoccolarsi in quel dolce abbraccio, si sentiva sicura, un cupcake non l'avrebbe mai tradita e l'avrebbe accettata per quello che era, era obbligato a farlo.
La conclusione quindi era solo una, i cupcake erano meglio dell'amore, per essere più precisi, meglio dei ragazzi stronzi.
Se da quel punto di vista appunto gli si apriva un mondo da quello sentimentale gli si chiudeva una porta in faccia, una serie innumerevole di porte in realtà, la cui chiave scompariva magicamente, non potevano più essere aperte, non da lei almeno.
Tutti quei fallimenti erano accatastati all'interno di una cartellina giallastra, senza nome o etichetta destinata a rimanere anonima.
Ormai una donna non aveva più bisogno di una mano da afferrare nel buio, perfino le principesse erano diventate capaci di salvarsi da sole. Se l'uomo c'era bene, altrimenti evadevano dalla torre a modo loro.
Il suo ultimo ragazzo l'aveva lasciata, come quelli precedenti, una schiera di ex che avevano raggiunto una cifra fin troppo alta, era giunto il momento di sciogliere i capelli e andare.
Fissò la cartellina con sguardo di sfida. << A noi due! >>
Lidia puntellò le mani sul tavolo, fece leva e si alzò piano con decisione, come stesse fronteggiando l'antagonista della storia.
Era la battaglia finale.
Afferrò il contenitore impotente ignorando le immaginarie implorazioni di pietà.
<< È la tua fine! >>
Nessuna pietà.
I lamenti inesistenti cessarono, sopraffatti dal tonfo dei fogli sul fondo del cestino, svuotato per l'occasione.
Era libera.
Nella sua mente la manovella della radio ruotò e la canzone dei Queen cominciò a riempirgli la testa. “We are the champions!”
Chiunque l'avesse vista dalla finestra avrebbe dubitato della sua sanità mentale ma libertà aveva un sapore troppo bello a cui non potevano essere messi limiti.
Il ritmo nella sua testa la fece ballare per tutta la stanza, per la prima volta piccola misurata dalle sue falcate da gamba corta.
Quasi inciampò ma non interruppe la sua corsa lanciandosi verso il divano. Afferrò un mal capitato cuscino, lo sorte non era con lui quel giorno ma mister piume d'oca fu solo la prima vittima.
Saltò sul divano, sul piedistallo della vittoria.
Ma dopo l'apice vi è sempre un rovinoso declino.
Così cadde, inesorabilmente, scivolando sul bordo traditore e si ritrovò supina sul tappeto che odorava di gocce di caffè fuggite dalla tazzina.
Il cuscino assunse una piega particolare, simile un sorriso di derisione, i suoi occhietti rappresentati dai vuoti dell'imbottitura gli ricordarono che non si deve mai abbassare la guardia.
<< Va bene! Ho capito, non potevi lasciarmi sognare? >> Rimproverò risentita l'oggetto e lo posò calma sul divano, vuota di euforia distruttiva.
Superato il mobile però la musica torna a rimbombarle nella testa, si volta complice verso il cuscino lontano e riprende la sua corsa per poi inciampare nel nulla, rotolare nel corridoi e sfondare lo specchio.
Mm, la gloria faceva male.

Se ne stava seduto dietro la scrivania con una portamento da padre eterno e osservava la sua ospite, le mani incrociate sulla superficie.
Una ventina di minuti erano trascorsi in quel modo.
Lidia stava sprecando tempo, preziosi momenti della sua nuova vita, che probabilmente avrebbe impiegato a dormire, ma ciò era irrilevante.
<< La mia presenza qui non ha senso! >>
Lei doveva essere fuori da lì. A vivere! Ad andare al cinema, diventare scienziata, astronauta...
La statua finalmente si mosse. << Molti sono nelle sue condizioni. La depressione è qualcosa di difficile da superare da soli, certe volte scava così a fondo da togliere qualsiasi ancora di salvezza, se non una. La morte. >>
Per tutto il tempo Lidia era rimasta a bocca aperta, a tenere il fiato prima del grande salto.
<< Ma io non ho tentato il suicidio! >>
<< È comprensibile che lei tenti di negare... >>
<< Mi creda, se avessi voluto suicidarmi avrei trovato un altro modo! Di certo non avrei sfondato uno specchio! >>
<< Certamente... >>
<< Non mi tratti come una pazza! È così! Ammetto che tutti i miei ragazzi mi lasciano, uno dopo l'altro, nessuno riesce ad amarmi e così affondo i miei dispiaceri nel cibo e stupidi film. Ho visto persino Via col vento! Dico Via col vento! Quante ore sono? Quattro e mezzo? La mia vita è un disastro... >>
L'altro si limitava a guardarla con un sopracciglio alzato, lo sguardo di chi ha a che fare con una scena penosa che affronta senza la minima compassione.
Intanto la ragazza aveva sbattuto la testa sulla scrivania chiudendo il discorso e continuando un monologo con se stessa.
<< Sta bene? >> Non che gli interessasse granché ma doveva almeno assicurarsi della sua permanenza mentale secondo la convenzione, quanto odiava il galateo.
La ragazza fece scivolare la fronte poggiando così il mento.
<< Shh! Stia zitto! Sto cercando di trovare il lato positivo di tutta la faccenda... >>
<< Signorina, ha già le visite pagate. Ne approfitti se non per il suicidio per i suoi indubbi problemi emotivi. >>
Quella donna non aveva idea di come si fosse sforzato per fare uscire quello che aveva detto nella sua prosa originale.
Le ciglia femminili sbatterono veloci,gli occhi dolci ben aperti. << Lei assomiglia al mio primo ragazzo, sa? Era davvero uno stronzo...Mi lasciò per mettersi con la ragazza che aveva reso la vita un inferno, quanto mi odiava e la cosa era reciproca. Fu la prima volta che associai un trincia pollo a un omicidio. >>
<< Idea originale. >> L'uomo alzò appena le spalle, tanto per dimostrare di non essere un miraggio.
<< Vero? L'inventiva dei sedici anni. >>
<< Rimpiange quell'età? >>
<< No, io volevo crescere. A me piaceva stare sola, non aveva il bisogno perenne di qualcuno...quando sono diventata così? >>
Lidia aveva abbandonato la scrivania ed era tornata a sedere dritta.
<< Avere bisogno di qualcuno non è un male, basta farlo nei limiti consentiti. Le do il benvenuto nella vera età del dubbio. >>
Allora lei allungò placidamente la mano.
<< Che fa? >> Ora un pochino lo psicologo era perplesso.
<< Aspetto che mi dia la tessera di membro onorario... >>

  
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