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Autore: NickDnd    31/01/2013    1 recensioni
Light Yagami è morto. Misa Amane è distrutta. Near ripensa a tutti gli avvenimenti. Che cosa accadrà ora?
Genere: Avventura, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Misa Amane, Near, Sayu Yagami
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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PARTE INTRODUTTIVA

DIARIO
 

Capitolo 0

1 Febbraio 2011 -  Misa Amane 

 

A stento riesco a trovare le forze per riprendere a scrivere… 

La mano mi trama di continuo… 

A stento riesco a tenere in mano la penna a sfera che adesso sta lasciando una sottile linea di inchiostro blu scuro…. 

Fin da bambina avevo sempre avuto l’abitudine di tenere un diario.  Non mi ricordo nemmeno quando avevo interrotto. Devo aver perso totalmente la cognizione del tempo, persino ora, chiusa in questa piccola stanza buia, con le tapparelle abbassate fino a coprire il più ben che minimo spiraglio di luce che di aria; non so neppure se sia giorno o notte. In fin dei conti non mi interessa. Non voglio rivedere il sole, non voglio vedere nessuno.

Dopo tutto che cosa importa del mondo se lui non è più con me. Mi è stato strappato via con la forza. Non mi è stata data nemmeno l’occasione di salutarlo, di baciarlo un’ultima volta.  L’ultima cosa che ricordo di lui sono le sue spalle quando è uscito da quella porta per andare al lavoro, con Riuk che gli saltellava dietro mangiando una mela. In quei giorni aveva la sensazione che tutto fosse eterno, che durasse per sempre, che mai le cose sarebbero rimaste sempre le stesse, che io avrei potuto invecchiare e morire al fianco di Light.

 

Perché? Perché? Perché? PERCHE'? 

 

Sono quasi quattro giorni che mi faccio questa domanda. L’ho sussurrata tra le mille lacrime che ho versato, l’ho urlata alle pareti della mia stanza, alla mia manager al telefono, al povero Matsuda e al gentile Mogi, che poco fa sono venuti a bussarmi alla porta per chiedermi come stavo, o almeno credo che sia stato poco fa, credo di aver perso davvero la cognizione del tempo.

Come volete che stia, stupidi idioti, cretini, imbecilli, falsi, traditori?!

 

Sì! ...Traditori, Traditori, Traditori.

 

Light vi aveva risparmiato, perché vi considerava persone buone, io vi volevo bene, perché ci avete pugnalato alle spalle in questo modo? Perché lo avete fatto? 

 

Perché? perché? PERCHE'?

 

Non voglio vedere più nessuno, non mi interessa più niente. La mia vita, la mia carriera… Che si fottano! Ormai sono cosciente che non ho più nulla per cui continuare a vivere. Light ormai non c’è più, quel maledetto Near me lo ha portato via. Ma la cosa che mi fa più male di tutte è il fatto che non posso nemmeno ucciderlo: non ho più il quaderno, so che lo hanno distrutto e non so nemmeno che faccia abbia questo tizio, quello che tutti chiamano l’erede di quel bastardo di Ryuzaki.

 

Bastardo, bastardo, BASTARDO!

 

Quanto vorrei essere forte, ma non lo sono. Mi sento vuota, distrutta. Avrei preferito essere io quella a morire, io quella a scomparire da questo modo. Tutto ora è diventato così ingiusto...

Tutto quello che voglio è raggiungere Light, rivederlo, anche se questo comporterebbe la mia morte. Dopo tutto non voglio più vivere in un mondo, non senza di lui.

Ci ho provato a togliermi la vita. Devo averci provato la stessa sera in cui mi sono venuti a dire che Light, il mio amato Light, è morto. Quella volta mi sono guardata intorno, ma non avevo niente con cui ferirmi o impiccarmi. Avevo provato a rompere la finestra della suite dove mi trovavo ma purtroppo non sono riuscita a romperla, le forze mi avevano abbandonato. 

Fu un qualcosa di soprannaturale che mi spinse senza alcun motivo nella cucina e a notare il forno a gas che davano in dotazione in tutte le camere. Non era molto potente ma pensavo che sarebbe stato sufficiente aspettare che il gas si spargesse per tutta la stanza… Peccato che Mogi, che stava dormendo nella stanza attigua alla cucina dove mi trovavo io, aveva sentito l’odore e sfondando la porta che avevo chiuso. Mi trascinò fuori dalla stanza e ruppe la finestra che io non ero stato capace di infrangere. Non mi ricordo molto di quello che mi disse o di quello che fece, ero ad un passo dal cadere in uno stato di incoscienza. Mi ripresi solo molto tempo dopo, proprio in questa stanza. Appena tornai lucida mi misi a maledire Mogi, che si trovava ai piedi del mio letto, seduto su una piccola sedia di legno. Lo so che mi ha solo voluto aiutare, ma io volevo e lo voglio ancora.

 

Voglio morire. Voglio Morire. VOGLIO MORIRE!

 

Non ce la faccio a vivere in un mondo dove anche la più piccola cosa mi fa ricordare Light. Ho persino paura di tornare nel nostro vecchio appartamento certa di ricadere nella angoscia che ho provato il giorno in cui mi hanno detto che era morto. 

 

Morto. Morto. Morto

 

Oh Light, non portò più rivederti, non potrò più sentire la tua voce, né vedere i tuoi occhi, né accarezzare i tuoi capelli. Avevo saputo fin dalla prima volata che ti avevo visto che tu per me eri l’unico, quello che cambia la vita. Mi sei stato portato via troppo presto, senza alcun avviso, senza l’occasione di un ultimo saluto.

A volte sono sicura di sentire ancora la tua voce, non so il motivo, ma sento veramente la tua voce che riecheggia in questa stanza buia, sento che tu sei ancora qui con me...  Sì, deve essere così. Tu sei qui con me, come sempre e come sempre sarà.

Mio Dio ti sento anche adesso, sento che mi stai parlando, ma  non ti capisco. Perché non riesco a capirti?

 

Perché? Perché? Perché?

 

Leggendo quello che sto scrivendo, stento a riconoscermi; non credevo che la morte di una persona mi avrebbe cambiata tanto. 

Ma che dico, Light non era solo una persona, anzi, lui non era nemmeno una persona: era il mio centro, l’unica cosa che mi faceva andare avanti. Era la mia benzina, la mia energia che mi faceva affrontare la vita di ogni giorno. Quella cosa che mi faceva dormire serena la notte e che mi faceva aprire gli occhi con un sorriso.

Ora ho solo una grane paura dentro di me, ho paura di accendere la luce. Non voglio vedere come sono diventata. Ho paura di andare uscire da questa stanza, non voglio sentire più il nome Kira, mi farebbe ripensare a tutto. Ho paura di andare a dormire, potrei sognarlo e rivedere il suo volto. Ho paura anche di riprovare a morire, perché ho il timore di non poterlo riabbracciare nemmeno dopo.

Ma allora cosa dovrei fare? Per favore qualcuno mi dica che cosa devo fare.

 

Che devo fare? Che devo fare? Che devo fare?

 

Le pareti mi soffocano. Mi sento pian piano sempre più vuota, più debole, sempre più indifesa.

Anche i miei sentimenti stanno lentamente scomparendo e anche il dolore ogni minuto che passa mi sembra sempre più lontano e insignificante e questo mi fa stare ancora più male.

Come posso sentir scomparire l’amore, l’amore che provo per Light. Come posso farmi scivolare via il dolore che ho provato per la sua morte.

 

Come posso? Come Posso? Come Posso?

 

Non so nemmeno il motivo per cui sto scrivendo tutto queste cose sulle tue pagine. Dopo tutto a chi importa quello che la povera e sola Misa Amane sta provando in questo momento? 

Lo so benissimo io a chi importerà.

 

A nessuno, A nessuno, A nessuno...

 

Mi hanno lasciata qui, da un tempo che ormai non riesco più a calcolare, ma deve essere almeno più di due giorni.

Due giorni che non mi muovo da questa piccola stanza, due giorni che non voglio né accendere una luce, né aprire una finestra. La solitudine mi sta facendo diventare pazza, ma credo che mai tornerò ad essere quella di prima, l'unica compagna che non vorrei con me è la solitudine ma allo stesso tempo è l’unica cosa di cui ho veramente bisogno.

“ Ma cosa dici Misa, Mogi e Matsuda sono venuti a vedere come stavi, sei stata tu che non gli hai aperto “.

“ No, loro non si preoccupano per me. Vogliono solo vedere in quanto tempo mi porterò all’autodistruzione. In quanto tempo tenterò di nuovo il suicidio “.

“ Ma loro ti vogliono bene, Misa cara ”

“ Stai zitta Amane. Zitta, zitta Amane! ”

 

Solo Light mi voleva bene. Solo lui ha sempre voluto il mio bene. Solo lui era capace di proteggermi. Loro non sono altro che dei falsi, traditori. Perché ci hanno tradito, dopo tutto il tempo che abbiamo passato in compagnia, per tutto il tempo in cui ci siamo scambiati battute e risolini insieme. Li consideravo quasi una seconda famiglia, un rimpiazzo che aveva preso il posto di quella che mi è stata portata via con la violenza, quando ero ancora piccola. Gli volevo bene, mi fidavo di loro. Invece loro mi hanno… anzi, ci hanno traditi.

 

Falsi traditori, Falsi traditori, Falsi Traditori!

 

Per Mogi sono sempre stata soltanto un oggetto da sorvegliare e da controllare, Ai suoi occhi non ero altro che un cagnolino irrequieto che va tenuto costantemente sotto controllo e al guinzaglio. Invece per Matsuda ero solo una marionetta da mostrare a dei produttori o a dei fotografi.

Mi hanno solo usata, soltanto usata per tenere sotto controllo Light, per braccarlo e poi farlo cadere in trappola ed ucciderlo. 

Sì, sono quasi sicura che loro sono tra i responsabili della sua morte e chi mai, se non loro, potrebbero essere coinvolti nella morte di Light, oltre che a Near.

Mi ricordo ancora, nonostante mi faccia male il solo pensiero, il giorno in cui sono venuti a darmi la notizia della morte di Light. Non riesco a cancellare dalla mente le loro espressioni di finta tristezza e dolore.

 

Idioti! Idioti! IDIOTI!

 

Sono sicura che adesso mi stiano dando della pazza o magari pensano che io sia in preda ad un esaurimento nervoso. Certo, gli piacerebbe molto che io facessi quella fine, ma si sbagliano di grosso. Che parlino pure alle mie spalle, lo hanno sempre fatto e continueranno a farlo, ma io non sono pazza.

 

Non sono pazza, non sono pazza, non sono pazza... 

 

Aspetta Misa, forse pazza lo sei davvero. Anzi, dopo tutto che male c’è? 

Sì, forse hanno ragione loro, io sono pazza.

 

Pazza! Pazza! Pazza! Pazza! PAZZA!

 

1 Febbraio 2011 - Near

 

Mello!

La scorsa notte l’ho sognato un’altra volta; ormai sarà circa un mese che continuo a fare sempre lo stesso sogno: rivedo il suo volto che mi fissa e che mi dice che mi batterà catturando Kira per primo e io rispondo:

“ Vuoi fare una gara? ” 

Mi rattrista pensare che quelle sono state le ultime parole che gli ho detto.

Ogni volta questa scena mi perseguita come se la mia mente si volesse sforzare di ricordarlo, come se, inconsciamente, volessi continuare a ricordare l’ultima volta che l’ho visto e che ci ho parlato a quattr'occhi.

Forse quel giorno sapevo perfettamente che cosa avesse in mente di fare, ma non ho voluto fermarlo, probabilmente perché ritenevo quel suo piano il mezzo più veloce per arrivare all’arresto di Light Yagami.

Mai mi sarei aspettato che Mello venisse ucciso, anche se ovviamente immaginai che potesse sarebbe potuto succedere. Anche se ho cercato di apparire il più indifferente possibile con tutti gli altri, le prime volte, dopo la sua morte, durante i miei momenti di solitudine, mi sono ritrovato a piangere al solo ricordarlo; nonostante il nostro essere perennemente in competizione l'uno contro l'altro, Mello è stato per me come un fratello, anche se non ho mai avuto il coraggio e il tempo per dirglielo. 

Volevamo sempre fare a modo nostro, anche se alla fine univamo sempre le forze, che lo volessimo o meno.

Roger aveva ragione: io e Mello siamo le due facce della personalità di Elle. Forse anche lui lo aveva capito ed è per questo che non aveva ancora deciso chi fosse di noi due il suo successore o forse voleva che lo diventassimo entrambi.

Ma adesso tutto questo non conta più; in realtà non conta più da quando Mello è stato ucciso da Kiyomi Takada con un frammento del quaderno e io sono diventato il successore di Elle, anche se credo che mai mi sentirò degno di questo titolo nonostante sia riuscito dove Lui ha fallito.

Il quaderno. 

Anche a questo oggetto sono legati gran parte dei miei incubi. Ma questa cosa non occupa molto i miei pensieri, visto che ormai è stato distrutto.

Avevo pensato di tenerlo sotto chiave, ma col passare dei giorni mi sembrava troppo pericoloso giungendo alla conclusione che l’unica possibilità per evitare il ritorno di un eventuale successore di Kira fosse quella di struggerlo una volta per tutte. Dopo tutto era l’unica scelta che fin dall’inizio delle indagini mi ero prefissato.

Lo distruggemmo nello stesso Yellow Box, non credo molto lontano dal punto in cui morì Light. 

Non scelsi quel luogo perché era stato la chiave della mia vittoria su Kira, ma semplicemente perché era il posto più sicuro e isolato che conoscevo in Giappone.

Perciò decisi di farmi accompagnare solo da Gevanni, svegliandolo nel cuore della notte e ordinandogli di accompagnarmi allo Yellow Box.

Chiesi solo a Gevanni di accompagnarmi perché volevo evitare che ci fossero tanti testimoni di quella decisone che avevo preso, non certo per scarsa fiducia nei loro confronti, ma meno persone sapevano della distruzione del quaderno e meglio era. Non so bene il motivo per cui presi questa decisione e tanto meno me ne viene uno in mente in questo momento, ma qualcosa mi dice che ho agito per il meglio.

Appena arrivammo allo Yellow Box dissi a Gevanni di aspettarmi in macchina e entrai lentamente dentro il magazzino. Appena richiusi la porta ero immerso nella completa oscurità e nel più profondo silenzio, solo un lieve raggio di luna illuminava, con un sottile alone biancastro, il gigantesco magazzino.

Quando giunsi dentro allo Yellow Box i ricordi mi sommersero come una potente onda anomala, facendomi rivivere in pochi istanti tutto quello che era accaduto dentro quel magazzino pochi giorni prima.

La delirante confessione di Light Yagami, i colpi di pistola esplosi dal signor Matsuda, le urla disperate di Teru Micami… Tutto in un attimo.

Devo ammettere che in quel momento sorrisi al pensiero di essere stato io quello che aveva incastrato Kira e che gli aveva sottratto il quaderno salvando il mondo, ma mi sentivo anche in colpa per la sua morte; non volevo assolutamente che Light Yagami morisse, ma dopo tutto se Matsuda non gli avesse sparato, non sarei qui a scrivere queste riflessioni.

Scossi la testa per cercare di far tornare lucida la mia mente, cercando di mettere tutta la mia concentrazione in quello che stavo per fare. Non potevo permettermi il minimo errore.

Gettai il quaderno in un barile di ferro arrugginito e ci buttai dentro anche una generosa quantità di benzina che avevo preso nei magazzini del mio quartier generale.

Accesi un fiammifero e m’impressionai nel vedere la mia mano che tremava vistosamente.

Rimasi stupefatto perché era la prima volta che mi sentivo nervoso. Di solito mantenevo sempre la calma ma in quel momento era come se sapessi che stavo facendo qualcosa di importante, vitale, che andava ben oltre tutto quello che avevo fatto prima. Stavo per distruggere il quaderno della morte, il quaderno che poteva uccidere semplicemente scrivendo il nome di una persona basta che ne si conosca il volto.

Improvvisamente sentì una fitta dolorosa al dito. Il fiammifero si era consumato, scottandomi il pollice e l’indice, tutt’ora li ho fasciati.

Ne riaccesi un’altro e mentre stavo per dare alle fiamme il contenuto di quel bidone, mi venne la tentazione di prendere il quaderno e usarlo per il bene.

Scacciai immediatamente dalla mente quel pensiero; non sarei stato diverso da Kira se lo avessi preso e utilizzato per i miei scopi e senza pensarci gettai il fiammifero nel bidone.

Le fiamme divamparono immediatamente, illuminando il magazzino con luci tremolanti.

Rimasi a fissare il bidone finché non si consumarono del tutto. Credo di aver aspettato seduto per molto tempo. Non appena il fuoco ebbe finito il suo lavoro, trovai il coraggio di guardare dentro il bidone, ormai scurito dal fuoco, e con grande sollievo ne vidi solo il fondo nero, pieno di cenere.

Il quaderno era stato completamente distrutto e non ce ne era rimasto nemmeno un piccolo brandello. Mi sentii subito molto meglio, ma allo stesso tempo una strana inquietudine mi attanagliò lo stomaco come se mi sfuggisse qualcosa, come se non avessi concluso quella storia bruciando quel quaderno.

Questa sensazione la percepisco ancora oggi, anche in questo preciso momento, ma la allontano da me, non ci voglio pensare. Tutto è finito, Light è morto, il Death Note è stato distrutto e sono ormai passati quasi venti giorni dall’ultima volta che ho visto quello Shinigami, credo che si chiamasse Ryuk.

Uscii dallo Yellow Box dopo che ben tre ore, casa che Gevanni non mi fece mancare di notare, ma io lo ignorai e senza proferire alcuna parola entrai in macchina.

Gevanni non si era permesso di chiedere il motivo che mi aveva spinto a svegliarlo nel cuore della notte per potermi allo Yellow Box e tanto meno io glielo avevo detto, ma dopo pochi chilometri, mentre stavamo per rientrare al quartier generale, non resistette più:

“ Near, per quale motivo siamo venuti in quel magazzino? ”

Mi ero già preparato a quella domanda, ma non avevo la minima intenzione di riferirgli la verità, anche se credo che ormai l’abbia intuita.

“ Volevo essere certo di una cosa ” gli risposi fissando fuori dal finestrino.

“ Di cosa? ”

Immaginavo che non avrebbe mollato così facilmente, ma dovevo in ogni caso troncare il prima possibile quella conversazione, anche con il rischio di rispondere in modo sgarbato.

“ Pensi a guidare ” fu il meglio che riuscii a trovare in quel momento, ma la frase ebbe il risultato che speravo. Gevanni non fece altre domande per tutto il resto del viaggio.

Anche io rimasi in silenzio per tutto il tempo, l’unica cosa che mi chiedevo era se Gevanni avrebbe mantenuto il silenzio con gli altri membri del Spk, anche se sapevo che quel nome non era più riferito a qualcosa che effettivamente esisteva. Devo ammettere che mi è rimasta un po’ di nostalgia di quei momenti.

Arrivammo nel garage sotterrano del quartier generale verso le quattro del mattino, con il sole che ancora tardava a mostrarsi all’orizzonte. Gevanni mi venne ad aprire la portiera, senza rivolgermi nemmeno uno sguardo. In quel momento lo potevo capire, chiunque sarebbe rimasto disturbato da una risposta come quella che gli avevo dato prima.

Entrammo in ascensore senza proferire alcuna parola, ma in quel momento feci una cosa che ancora non mi spiego.

Con un movimento rapido premetti il tasto di arresto dell’ascensore, bloccandolo a metà tra il sedicesimo e il diciassettesimo piano.

Alzai lo sguardo e vidi gli occhi di Gevanni che mi fissavano interrogativi, e devo dire che un po’ mi divertì quella sua reazione, ma in quella circostanza cercai di mantenere  il mio solito atteggiamento freddo e distaccato.

Incomincia a arricciarmi una ciocca di capelli continuando a fissare il quadrante dell’ascensore. Credo di essere stato parecchi istanti in quella posizione.

“ Signor Gevanni “ dissi poi improvvisamente, senza voltarmi.

“ Dimmi Near “

Notai che la sua voce era molto preoccupata e forse anche un po’ spaventata, chissà cosa avrà pensato in quel momento.

“ Le chiederei di mantenere la più assoluta discrezione su questa nostra uscita notturna, spero di essere chiaro su questo punto “

Gevanni rimase un attimo in silenzio. Ero sicuro che mi stesse guardando negli occhi, ma comunque non ebbi il tempo di voltarmi per accertarmene.

“ Farò come dici, Near “ disse alla fine.

“ La ringrazio “ risposi io, sbloccando l’ascensore, che riprese a salire.

Arrivammo al ventiduesimo piano e le porte si aprirono con un silenzioso fruscio. Gevanni mi accompagnò fino alla porta della mia stanza; nessuno si era accorto della nostra assenza, nemmeno Roger, che dormiva nella stanza accanto alla mia.

Gevanni mi aprì la porta e io entrai senza rivolgergli nemmeno uno sguardo ma fu lui a parlare.

“ Io faccio quello che mi hai detto perché mi fido di te, Near “ la voce era bassa ma decisa. 

Non mi aveva mai parlato così, ne fui sorpreso, 

“ anche se credo che la cosa non sia reciproca ”  finì di parlare. 

Stava per chiudere la porta, quando lo fermai.

“ In fin dei conti ha ragione “ dissi io.

“ Su cosa? “

Mi voltai lentamente “ Non potete fidarvi di me, da ora in poi “.

Lui sorrise e richiuse la porta.

Non so se Gevanni prese sul serio quello che gli dissi quella notte, ma io ero sincero. 

La cosa che mi fece piacere è che ancora oggi si comporti come se nulla fosse successo e anche gli altri non stanno facendo molte domande sul fatto della scomparsa del quaderno.

Ma ormai sono convinto che devo riferire sia a Gevanni sia agli altri quello che ho fatto quella notte; dopo tutto è anche un affare che li riguarda. Avevo deciso di farlo di nascosto e di tenerlo segreto per evitare qualsivoglia tipo di problema, ma ora mi sento tranquillo.

Tra quattro giorni li convocherò per quella che ritengo sarà l’ultima riunione del’ SPK e gli dirò tutto riguardo alla distruzione del quaderno della morte e dei miei piani futuri che senza dubbio mi porteranno molto lontano dalle loro vite.

  
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