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Autore: EliCF    31/01/2013    4 recensioni
"E scelse di amare Kurt per entrambi. Di farlo sorridere e mantenere le sue promesse, i suoi buoni propositi. Si impose delle regole e cercò di lasciarsi l’infarto alle spalle, così come la notizia di quel brutto tumore. Cercò di dimenticare lo sguardo avvilito di Kurt in cui regnava anche il suo, quando gliene aveva parlato… e dimenticò totalmente di quando, da piccolo, lo sollevava dal pavimento e gli imponeva di non piangere. “La mamma è qui” gli diceva, indicandogli il cuore. E lui sorrideva, solo un po’, ma lo faceva."
Hummel Family a ore dodici!
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Burt Hummel, Kurt Hummel
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Smile for me one more time.


A volte la vita ti mette davanti ad una scelta.  Ma a Burt Hummel non era stato concesso di scegliere, non quella volta.
Non aveva scelto di rimanere vedovo, non lo avrebbe mai scelto: era successo e basta.
Tra una parola e un sospiro, Elizabeth se n’era andata. “Aspetta che Kurt cresca prima di iniziare la paternale su-“
Su quanto sia importante il rispetto di se stessi, sì. Se si fosse fermato a ripensare alla debole risata che emise sua moglie, avrebbe rabbrividito. “Hai sempre avuto questa fissazione – tentò di sventolare teatralmente una mano – di dover fare tutto al momento giusto.“
Elizabeth aveva lasciato scivolare la mano tra quelle di Burt, intrecciate sul letto. Si erano guardati negli occhi e gli sembrò quasi che lei gli stesse sorridendo; per salutarlo, così come faceva ogni mattina prima che Burt andasse in officina, per l’ultima volta. E i suoi occhi si spensero in quel sorriso.

In realtà, sembrò che l’intero mondo si fosse spento in quel sorriso.

Burt sollevò la lampada dal comodino e la schiantò sul muro di fronte al letto. Si aggrappò alla testiera mentre smontava l’apparecchio dell’ossigeno che giaceva inutilizzato e ne spaccava a metà ogni pezzo. Ruggì quando cadde in ginocchio, inerme sul pavimento azzurro della clinica. Distrusse l’intera camera. Nella sua mente, distrusse l’intera clinica. Perché, in realtà, non aveva la forza di muovere un muscolo.
Ebbe appena la forza di chiuderle gli occhi e lasciarle un bacio leggero sulla fronte prima che Kurt irrompesse nella camera e gli strattonasse la manica della giacca. “Papà? Vieni con me, lasciamola dormire.”

Oh, Kurt. Se solo avesse evitato di spaccargli il cuore un po’ in più…
Uscirono dalla stanza mano nella mano e Kurt gli sorrise come se volesse rassicurarlo, stringerlo in un abbraccio che profumava di speranza. E Burt ripercorse con lo sguardo il suo sorriso, così simile a quello di Elizabeth.
In quel momento decise che avrebbe lottato per tutta la vita affinché Kurt sorridesse sempre.

Non sarebbe stato facile e, dopotutto, nessuno lo aveva mai rassicurato su questo. Avrebbe cresciuto Kurt da solo, avrebbe dovuto ingoiare il dolore e cercare di alleviare quello del figlio, avrebbe dovuto cucinare da solo ogni venerdì sera e avrebbe dovuto farlo bene, come solo Elizabeth sapeva fare e-
Non ce l’avrebbe mai fatta.

Ne ebbe la conferma quando suo figlio scartò il suo regalo di compleanno, il primo che Burt fu costretto a scegliere da solo, e fece finta di esserne entusiasta. Era maggio e il suo viso riusciva a rimanere grigio anche in una giornata luminosa come quella, anche indossando la maschera più colorata che avessero mai disegnato.
Gli aveva regalato un casco. Uno di quelli che si mettono per andare in bicicletta, gli sembrava una buona idea. Kurt andava in bicicletta, ma non si teneva in piedi a lungo… così aveva pensato che sarebbe potuto servirgli… magari… durante una delle loro passeggiate della domenica… no. No, va bene, niente da fare. Non era stato nemmeno in grado di scegliere un regalo per suo figlio – non una persona qualsiasi, suo figlio! – senza l’appoggio di Elizabeth.
Per fortuna aveva conservato l’abitudine del “secondo regalo”. Quello che sua moglie comprava sempre in alternativa al primo; quello che Burt cacciò fuori all’ultimo minuto esclamando “ma davvero credevi ti avessi regalato solo un casco?! Insomma, ti piace andare in bicicletta?”
Kurt annuì, immerso nel suo ruolo di figlio pazzo del suo nuovo regalo. “Abbastanza.”
“E allora hai bisogno di un casco. Non puoi proprio farne a meno, ma capisco che un ragazzino alla moda come te abbia bisogno di qualcosa con cui sistemarsi – estrasse da una busta fucsia un kit completo di shampoo, balsamo e lacca – i capelli dopo averli tenuti in quella cappa sudaticcia tutto il tempo!”

Il bambino sorrise entusiasta e Burt appurò che gli avrebbe comprato altri cento kit di qualunque cosa pur di vederlo ancora sorridere in quel modo. Pur di rivedere il viso di Elizabeth nel suo… ancora una volta.

Il momento più difficile fu quello del non-dialogo.
“Vorrei solo capire come mi vede, sai… se gli sto tra i piedi. Se cerca attenzioni. Queste cose non le capisco, non le capisco proprio. Tu eri qui per questo…”
Le parlava la sera, prima di andare a dormire. Le raccontava di quanto desiderasse trascorrere con Kurt ogni istante della sua giornata, di quanto fosse diventato bello, forte, perfetto. Ridacchiava quando descriveva il modo in cui si acconciava i capelli, soprattutto quella volta in cui andò in crisi perché si accorse troppo tardi che la lacca che aveva comprato non era quella biologica. Si era rifiutato di spruzzarla ed era stato costretto ad uscire di casa con i capelli flosci e penzolanti da un lato, cocciuto com’era. “Capelli perfetti o imperfetti, sarai sempre mio figlio”.
E lui aveva sorriso ancora una volta perché sapeva il significato che nascondeva quella frase. Era una completa accettazione da parte del padre, attiva, consapevole e orgogliosa. E si chiese se potesse essergli più grato di quanto non fosse già…

A quel punto gli fu concesso di scegliere.
Scegliere tra il ricominciare una vita da capo, o il continuare quella in cui ogni sera si chiudeva in camera e pregava un Dio in cui a malapena credeva di aiutarlo a voltare pagina il prima possibile. Senza sapere che l’unico che avrebbe potuto voltare pagina, era lui.
E scelse di vivere. Scelse di continuare a parlare ad Elizabeth, ma di giorno. E scelse anche Carole, scelse il meglio. Scelse di rimettere in moto quell’auto ferma da troppo tempo e ripartire. Lentamente, all’inizio… sempre più velocemente, poi.

E scelse di amare Kurt per entrambi. Di farlo sorridere e mantenere le sue promesse, i suoi buoni propositi. Si impose delle regole e cercò di lasciarsi l’infarto alle spalle, così come la notizia di quel brutto tumore. Cercò di dimenticare lo sguardo avvilito di Kurt in cui regnava anche il suo, quando gliene aveva parlato… e dimenticò totalmente di quando, da piccolo, lo sollevava dal pavimento e gli imponeva di non piangere. “La mamma è qui” gli diceva, indicandogli il cuore. E lui sorrideva, solo un po’, ma lo faceva.

Ed era come se Elizabeth, da lassù, sospirasse insieme a lui.

Fu per quello stesso motivo che chiamò Blaine in tutta fretta, mentre recuperava il suo bagaglio all’aeroporto. “Ragazzo, se hai intenzione di riprenderti mio figlio fatti trovare nel posto che ti dirò all’ora che ti dirò. Ascolta il consiglio di Burt Hummel. Se non sai come ringraziarmi, sappi che mi accontenterò di un paio di birre. No, Kurt non avrà niente da ridire- solo aspetta una mia chiamata. Okay? – fece per attaccare, quando aggiuse – E non fare un altro passo falso.”
Blaine rabbrividì dall’altro lato della cornetta e Burt, immaginandolo mordersi un labbro nell’attesa, aggiunse: “Sto scherzando, figliolo. Kurt non ha mai sorriso tanto come da quando condividete i pettini. Capirà, così come ho capito io.” e chiuse la chiamata, perché era come se non stesse più parlando al fidanzato di suo figlio, ma a se stesso.

Capirà. Capirà, così come ho capito io. Capirà che a volte la vita non ti lascia scelta.
Kurt avrebbe capito che tutto quello che gli era rimasto da fare era perdonare Blaine, così come Burt aveva dovuto perdonare se stesso per non aver strappato sua moglie dalle mani della morte.
Kurt avrebbe perdonato se stesso per non aver strappato Blaine dalle mani della tentazione. E l’avrebbe piantata con tutta quella tristezza.

Magari, un giorno, glielo avrebbe detto. Forse sì, gli avrebbe confessato di aver pianificato tutto solo per vederlo sorridere per lui… ancora una volta. 



L’angolo di Eli (nel senso che Eli se ne va in un angolo):
Non so che dire se non che non so cosa sia questa cosa… dico solo che Burt Hummel è IL personaggio di Glee e che Kurt è stato amato infinitamente da lui. E dico anche che non mi sarei mai perdonata il fatto di non aver mai scritto di lui. Perché è un gran figo. Ed è il padre che tutti vorrebbero.
Spero di averlo reso al meglio… stay strong Burt. Il fandom sacrificherebbe la sua OTP per la tua sopravvivenza.
WE LOVE YOU.

Grazie ai coraggiosissimi che sono arrivati fin qui… alla prossima shot nonsense! (Per chi segue la raccolta su Blaine, a martedì!)
   
 
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