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Autore: GiuliaFray    31/01/2013    5 recensioni
Sono felice di essere tornata a pubblicare una storia! Comunque, questa è una FF abbastanza strana. Non riguarda nessun libro in generale. Cioè, riguarda i personaggi di Shadowhunters ma in nessuna parte della trama. Ogni tanto, nella mia mente perversa, si fanno strada delle lucine che mi dicono di scrivere questo o quell'altro, e anche se questo e quell'altro non hanno senso, be', lo scrivo ugualmente. Lo ammetto. Sono una shipper della coppia immaginaria Sabec (Sebastian-Alec) perché... non so esattamente il motivo, ma è così. Ho pensato che Alec fosse andato da solo a cercare Sebastian e si fosse imbattuto in questo edificio, ma invece che trovare Sebastian, è lui a trovare Alec. E da qui... il resto. Buona lettura!
Genere: Erotico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alec Lightwood, Jonathan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Oblio.


Alec sentiva un dolore acuto ai polsi, un dolore così forte come non aveva mai provato. Si voltò e
vide che al posto delle mani c'erano dei moncherini sanguinanti. Brandelli di pelle pendevano,
formando macabri tentacoli che gli provocarono un conato. Cominciò a urlare nelle tenebre
furiosamente, non vedendo altro che quel sangue scuro e luchio. Era come se nessuno lo sentisse o
percepisse minimamente la sua presenza.
Quei bruschi movimenti lo fecero svegliare da quell'incubo. Prese dei respiri profondi prima di
calmarsi del tutto. Era stato un sogno, un semplice sogno, continuava a ripetersi invano. Gli
tornarono alla mente ricordi che sembravano troppo lontani per essere riportati alla memoria
chiaramente. Freud diceva che le sensazioni nei sogni aumentavano a dismisura. Al suo risveglio,
Alec sentì un dolore ai polsi, ma di certo meno forte di quello nel sogno.
Aprì gli occhi e vide che erano effettivamente sanguinanti, circondati da strisce rossastre, segno di
sfregamento continuo. Erano cinti da un paio di manette legate alla testiera a sbarre di un letto di
metallo color ottone. Smarrito, scosse il capo e le mani, ma nemmeno la forza donnata dalle rune
angeliche avrebbe potuto smantellare quegli aggeggi, lo percepiva, come durante la caccia sentiva
la presenza di un demone. Era la medesima sensazione, anche se meno incalzante. Quindi si trattava
di metallo...
-Ti sei svegliato, finalmente.-
Alec sobbalzò al suono di quella voce chiara e netta che aveva squarciato il silenzio rotto solo dal
suo respiro che lo circondava. Puntò lo sguardo su colui che aveva parlato e fece una smorfia di
disgusto. Jonathan Morgenstern era appoggiato ad una parete della stanza con le braccia strette al
petto. Indossava un paio di jeans neri che gli fasciavano le gambe snelle alla perfezione e una
maglietta a maniche corte quasi trasparente. Sembrava un felino a riposo in attesa che una preda
succulenta gli passasse davanti. Quella posa ricordava ad Alec Jace, e subito si pentì di avere
paragonato il suo parabatai a quell'essere.
-Tu... - ringhiò Alec, stringendo convulsamente i pugni. Cercò di muovere le gambe, ma troppo
tardi si rese conto che anche quelle erano legate all'altra parte del petto. Scoccò un'occhiata
assassina a Jonathan, sentendo una forte ondata di odio montare in lui. Allora, era riuscito a
trovarlo. Si sentì segretamente fiero del traguardo raggiunto, che venne subito sostituito dal senso di
impotenza davanti alla consapevolezza che non avrebbe mai potuto uccidere Jonathan in quelle
dannate condizioni. Si guardò freneticamente attorno e notò che si trovava in una stanza dalle pareti
anonime colorate di bianco e dal soffitto alto di legno chiaro occupata solo dal letto su cui era steso.
Ovviamente, non c'era traccia delle sue armi con le quali si era recato lì. Per uno Shadowhunter
essere privato delle armi era come avere un pezzo di cuore strappato.
Con un certo senso di orrore, Alec mormorò a denti stretti: -Perché non approfitti della situazione e
mi uccidi? Vile. Non sei altro che questo. Incatenarmi ad un letto, spogliarmi delle armi solo per
uccidermi.-
Jonathan curvò le labbra eleganti in un sorriso enigmatico. I suoi occhi neri risaltavano così tanto
sulla pelle bianca come il latte che Alec si chiese se non avesse del trucco addosso. -Ci ho riflettuto,
sai?- disse, staccandosi con grazia dal muro e avvicinandosi di un passo al letto di Alec. -Di solito,
una tortura lenta e atroce è il trattamento che risevo agli ospiti indesiderati, ma... -
I loro sguardi si incrociarono e gli occhi scuri di Jonathan brillarono come oscure fiamme. -E' un
peccato sprecare un corpicino così, non credi? Almeno, penso che il tuo stregone lo abbia creduto.-
Nell'esatto momento in cui Alec si rese conto delle sue intenzioni, cominciò ad emettere gemiti
disperati nel tentativo di staccarsi da lì. Pregò l'Angelo di esaudire il desiderio di ogni sua fibra di
saltare al collo di quel mostro e di ucciderlo, una volta per tutte.
-Non... non puoi farlo! tu... sei pazzo!- urlò Alec pateticamente. Per un attimo, i ricordi di Alec
concentrati su un paio di occhi verdi da gatto si concentrarono sul finto Sebastian Verlac che aveva
ingannato tutti loro. Quel Jonathan non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
-E chi mi dice che non posso? Una vittima inerte legata ad un letto? Non potresti in alcun modo
liberarti, Lightwood dagli occhi blu. Questo- continuò, strattonando una manetta, -è metallo
demoniaco.-
Alec sbarrò gli occhi ed emise un verso di sbigottimento. -Per l'Angelo! Tu.. non sei...-
-Non sono gay, dici? Cosa te lo fa pensare?- domandò. -Amo ogni cosa che sia eccitante,
Lightwood.-
Alec era sicuro di non aver mai sfoggiato un'espressione di orrore così palese.
Jonathan cominciò a sbottonarsi i jeans e lo sguardo di Alec cadde inevitabilmente in quel punto.
Quando sentì Jonathan ridacchiare distolse lo sguardo. -Ah! Vedi che ti piaccio? Insomma, tutti
sappiamo che tu e Magnus Bane vi siete lasciati, Alexander. Non dirmi che non desidererai più
ricavare piacere in futuro.-
Alec sentì le guance ardere in fiamme al pensiero di Magnus e ciò che avrebbe fatti se lui fosse
stato lì. Il dolore causato dal ricordo bruciante della sua lontananza lo dilaniò come all'inizio del
periodo dalla loro rottura. Ma ora lui non c'era, si disse con un moto di rabbia. -Non potrei mai
trarre piacere da te. Tu... hai ucciso mio fratello.-
Jonathan alzò gli occhi al cielo come se avesse udito quell'affermazione decine di volte e imprecò.
-Quante volte devo dire a te e alla tua famiglia che è stato un dannato sbaglio? L'ho fatto solo per
metterlo fuori combattimento.-
-Era un bambino- ribatté Alec, pronunciando l'ultima parola con disprezzo.
Jonathan si mise a cavalcioni su di lui, in modo che i loro inguini di toccassero. O meglio,
sfregassero l'uno contro l'alrto. Alec gemette e si tirò indietro.
-Vai via. Lasciami stare.-
Jonathan gli posò una mano sul petto e la lasciò scorrere lentamente fino al collo teso. Alec si sentì
irrigidire sotto il suo tocco caldo. Era disgustato. -Quando mi libererai giuro sull'Angelo che ti
ucciderò.-
Jonathan si passò la lingua sulle labbra. -Intanto non puoi farlo, quindi...- Aveva parlato con un tono
roco e forzato. Alec non poteva credere che lo desiderasse davvero. Il figlio di Valentine si chinò e
lo baciò sulla bocca. Alec senì un conato più forte di quello dell'incubo salirgli lungo la gola e
spostò la testa. -No... no!- urlò, muovendo a scatti il capo. -Non voglio!-
-Io sì-, disse Jonathan prendendogli il viso tra le mani affusolate per fermarlo. I suoi occhi erano
diventati così neri che Alec pensò lo stesse per uccidere. Era così che succedeva con i demoni. I loro
occhi si scurivano un attimo prima di sferrare l'attacco mortale fino a creare due pozze del colore
del petrolio. -E, sottolineo, sono io la figura dominante, ora. Quindi... sta' fermo- continuò Jonathan,
fissandogli languidamente le labbra. Lo baciò ancora, muovendo la bocca sulla sua. Le loro lingue
si sfiorarono e Jonathan gemette. Alec sentiva il suo corpo tendersi sempre di più. Gli morse forte
un labbro ma, bocciando le sue speranze, Jonathan si limitò a sorridere tra il sangue che il morso gli
aveva provocato. -Non pensavo che potessi diventare così... eccitante in un letto.- Le mani di
Jonathan corsero ai jeans di Alec, che imprecò volgarmente quando l'altro gli abbassò la zip e glieli
tirò giù. -Ma guarda qua che bel gioiellino...- mormorò Jonathan, inarcando leggermente la schiena.
Alec emise un gridellino e rabbrividì sentendo una scossa di eccitazione salirgli lungo la colonna
vertebrale. Dopotutto, Jonathan era uno di quei ragazzi con il quale sarebbe volentieri andato a letto
se non fosse stato ciò che era.
Ma che diavolo gli passava per la testa?
-Jonathan...-
Lui alzò lo sguardo e l'osservò, inclinando leggermente il capo. -Sì?-
Alec socchiuse gli occhi. Non si aspettava che gli avrebbe prestato attenzione. -Io non voglio, ma...-
-Ma da una parte lo vuoi. Andiamo! Facciamo finta che non siamo nemici mortali, per una volta.
Nessuno ci sentirà se non faremo tanto rumore.- Si sfilò la maglietta dalla testa e si tolse i jeans con
movimenti fluidi, buttandoli entrambi in un angolo della stanza.
Alec socchiuse la bocca e sentì la salivazione aumentare.

Angolo autrice: avrete notato che questa FF non è molto sensata, ma è il puro frutto della mia fervida immaginazione. Quelle ho nella testa sono solo immagini che raramente riesco ad esprimere su carta come desidero. In questa FF, sono riuscita a fare un lavoro abbastanza coerente alla mia immaginazione, anche se non sono del tutto soddisfatta. Avrei voluto continuare, ma non riesco a provare a immaginare Alec impotente. Mi darebbe molto fastidio.
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono le mie FF, in particolare Giada. Le tue recensioni mi incoraggiano infinitamente. Un bacio a tutte! 
Post Scriptum: il titolo è ispirato a ciò che Alec penso sentirebbe in questo momento. Cercherebbe in ogni modo di ribellarsi, ma, sotto suggerimento di Jonathan, una piccola parte della sua mente dimenticherebbe la sua vera essenza, conducendolo appunto all'oblio.
  
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