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Autore: The Lady is a Tramp    31/01/2013    1 recensioni
Harper è una ragazza intraprendente, carismatica e capace di cambiare il sistema. diplomata da ben due anni non riesce a trovarsi un lavoro stabile.
Capirà che l'amore non necessita di un corpo maschile ed uno femminile per essere vissuto, non importa catalogare lì0amore, eterosessuale, bisessuale, omosessuale .. rimane sempre amore. Forse più bello. Forse più intenso
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Mancavano due minuti all'inizio del mio nuovo lavoro, ma io non ero ancora arrivata. Ricordo che mentre correvo per le strade di New York un solo pensiero affollava la mia mente” Cristo, ma perchè ho deciso di mettere i tacchi?”- I piedi mi facevano talmente male da decidere di levarli e correre scalza sul marciapiede, mi mancava solo una via, sono una piccola e affollata via ed ero arrivata.
Corsi più forte che potevo tenendo le scarpe in mano, le pietroline mi si infilavano sotto le piante dei piedi, Speravo vivamente che non fossero vetri.  Jesus. Avevo paura che qualche catastrofe stesse per incombere su di me, me lo sentivo, un qualcosa che mi avrebbe fatto  inciampare e sarei finita per terra come un salame affumicato. Mentre il mio cervello prendeva  il volo il mio corpo girò l'angolo per poi attraversare, entrando così dentro un palazzo. Era molto grande ed elegante, iniziai a temere che dovevo lavorare per una bacchettona, una di quelle ragazze che odiavo ed odio anche oggi. Mi rinfila le scarpe e decisa mi avviai alla reception.
"Salve, sono Harper Ginger la nuova parrucchiera e truccatrice di ..non so chi" sorrisi con fare gentile alla segretaria che aveva tutta l’aria di una povera pazza zitella.
La donna alzò gli occhi per fissarmi. Ricordo che sorrisi, cosa cacchio aveva da guardare? Mi stava mettendo in soggezione, io di mio guardai intorno schiarendomi la gola, perlustrando la zona insomma. Dire che sudavo  freddo era forse poco.
Pensare che mi ero vestita anche bene per l'occasione. Avevo tagliato il ciuffo la sera prima, lo avevo tinto di biondo, si scontrava con il castano scuro del mio colore naturale.
Guardai la segretaria, che ancora mi fissava, forse avevo sbagliato posto, il che per me era più che normale, ma lei, oh lasciatevelo dire era davvero spocchiosa. Vestita nel suo completo grigio quasi mi fissava con aria di disprezzo. Ma in fondo nella vita è sempre così no? C’è sempre qualcuno che si crede meglio di te in apparenza, si crede leggermente più bello o vestito meglio, forse è solo una maschera, una stupida maschera di cera che si indossa, perché è la regola, la massa vuole così, si è deboli e stupidi e ci si lascia sottomettere.
“Ok- iniziò a parlare con una voce nasale e fastidiosissima- la tua cliente è la signora Stefani, questo è il tuo pass, appendilo al collo. Ora prosegui lungo il corridoio, decima porta a sinistra”. Mi sorrise più falsamente che poteva ed io ricambiai il sorriso prendendole dalle mani il pass. Quasi me lo potesse contaminare con la sua cattiveria. Iniziando a camminare verso il corridoio, cercando di seguire le indicazioni che lady Mortisia mi aveva appena dato.
Ero arrivata a circa la quarta porta, iniziò a salirmi l’ansia. L’incensante ed il disperatissimo bisogno di caffè mi uccideva, aprii leggermente una porta per chiedere indicazioni. Ogni singola porta era uguale dannazione!
Marrone, con una delicata maniglia in oro e terrificante, non si poteva scegliere il marrone come colore, metteva  paura. 
Mi trovai davanti a quello che sembrava un camerino, mi guardai intono, e vidi che non c’era nessuno. Alla fine non ero poi in ritardo teoricamente perché ero dentro il palazzo. Questo fu quello che mi dissi.
Ok, la scusa non reggeva, ero un’ingrata  e Dante mi avrebbe punita per questo.
Entrai dentro la stanza e velocemente mi versai del caffè in una tazza di plastica. Misi lo zucchero ed iniziai a soffiare. Aveva un’ aria buona ed io non vedevo l’ora di far scorrere del liquido caldo tra le pareti della mia gola, per poi andarmi nello stomaco, avere tanta caffeina in corpo.
“umm del caffè, mettine un po’ anche a me”
Mi bloccai, cazzo. Non avevo il coraggio di guardare, una voce. Era una voce.
Mi avrebbero licenziata me lo sentivo. Per un caffè. La mia vita lavorativa sarebbe finita per un santissimo caffè.  Pregavo il Dio signore santissimo che non fosse un principale, un direttore, o qualcuno di importante. Nel girarmi e rispondere mi finsi serena, stampandomi un sorrisone sulla faccia.
“certo” Risposi.
Cristo santissimo. Lasciai cadere la tazza di caffè che si versò rovinosamente sul pavimento.
“Oh mio dio, tu.. tu..” Non riuscii a parlare. Di fronte a me una ragazza, un metro e sessanta, alta più o meno quanto me, occhiali quadrati da vista, belli grandi, eyeliner esagerato e tacchi da 20 centimetri. Rise, mentre si avvicinava al mio collo per prendere tra le mani il pass plastificato e leggere.
“Harper, umm, che bel nome che hai, la mia nuova truccatrice si chiama così..questo mi porta alla deduzione che sei tu” Si fermò per qualche secondo per ridacchiare “Io sono Gaga ,ciao” Mi strizzò l’occhio.
Gaga, lei era Gaga. Mi sedetti su una sedia “ Tu.. sei Lady Gaga? No.. non c’è la posso fare.. mi sto pure rincoglionendo, ora anche le allucinazioni.”
La figura di fronte a me rise, si era versata del caffè venendo poi  a sedersi vicino a me, mi diede un pizzicotto sul braccio .
 “Hey, sei sveglia, non hai le allucinazioni, ma sei in ritardo, di questo ne sono sicura perché ti stavano cercando”
“Oddio è vero” Mi alzai iniziando a cercare dei fazzolettini per pulire lo schifo che avevo combinato per terra, che giaceva la, nero su bianco, il segno del mio disastro. Mi bloccò la mano, io la fissai, ero confusa, lei era lady Gaga, la stessa Gaga che ascoltavo la notte prima di dormire, che mi aveva aiutata a non aver paura dei miei pensieri.
“lascia che ci pensino gli addetti alle pulizie, andiamo” mi sorrise e mi prese per mano portandomi fuori lungo il corridoio.
“Oddio scusa se sembro un vegetale ma non mi aspettavo di dover truccare lady gaga”
“oh che carina che sei, reggimi la mano perché ho fatto una storta”
“oddio io.. io non so che dire, insomma non vorrei risultare banale, tutti ti dicono che sei bravissima, quante persone te lo diranno ?
Mi diede la mano ed io gliela presi, stringendola nella mia, quasi stritolandola dall’emozione
“Dio non ..tu sei fantastica e perfetta, originale tu sei lady Gaga”
Dissi il suo nome con enfasi, tutto d’un fiato, lei rise, forse mi trovava buffa e sicuramente lo ero.
“E tu sei in estremo ritardo” Stetti zitta, era un sogno, un fottuto sogno da cui mi sarei svegliata.
“Vieni cara giriamo da questa parte. Ecco, lasciami qua, grazie del passaggio, tu devi andare da quella”
Si avvicinò e dandomi un bacio sulla guancia sparì poi dietro la porta.
Io rimasi ferma, immobile, davanti alla porta dove lei era appena entrata.
Mi sistemai la giacca, decidendo di bussare.
Uno, due, tre colpi. Nessuna risposta, abbassai la maniglia e decisi di entrare.
Aprii la porta, davanti a me il caos, alzai la mano “ciao!”
Non mi sentii nessuno. Un ragazzo con i capelli rasati da un lato mi fece spostare per passare con un asta di vestiti.
Decisi di riprovarci alzando la voce.
“Heylà”.
Niente, non mi sentivano. Mi guardai in giro e vidi che l’interruttore della luce era in bella mostra.  A mali estremi, estremi rimedi mi diceva sempre mia nonna. Spensi così la luce e tutta la stanza si bloccò, sembrava che il tempo si fosse bloccato, la riaccesi e mi trovai una cinquantina di persone che mi fissavano. Mi schiarii la voce.
“Salve a tutti.”
Sorriso accompagnando un cenno con la mano.
“Mi chiamo Harper e sono la nuova truccatrice”
Mi stavano sudando le mani, cazzo che vergogna, iniziai a gesticolare.
“Bè scusate la mia interruzione ma nessuno mi ascoltava”
Dissi a mò di scusa, mentre un ragazzo in jeans e camicia celeste con un pettine in mano mi si avvicinò, certamente un parrucchiere-
“Per fortuna sei arrivata, credevamo ti fossi persa.”
Gay. Risi, almeno ero in buona compagnia, e non sarei stata giudicata per i miei gusti sessuali. Per me infatti i gay avevano come dire qualcosa di artistico, è comune a tutti che non hanno vita facile, sin da bambini...blablabla. Si sa che hanno più palle di certi etero omofobi.
“Scusa il ritardo, prometto che non succederà più” abbassai la testa arrossendo, cazzo che vergogna.
“Tesoro non ti scaldare tanto, sei scusata da Lei -Si interruppe per fare un gesto con la testa, indicando la porta, come se stesse nominando Lord Voldemort, -se no ..puff, saresti stata già out, licenziata, io sono Lucas, quello che decide ogni singola cosa in questa stanza. Niente ritardi, niente incertezze, e non provarci con Mark, è mio.”
Risi iniziando a togliermi la giacca e la borsa.
“Mark?” Chiesi fissandolo non capendo di chi parlasse.
“Mark Kanemura, dovrai truccarlo tu” Bum, delusione pura, io speravo di truccare lei, povera sciocca illusa ed idiota.
“Stanno per entrare i ballerini, devono fare un esibizione, noi ogni giorno seguiamo Gaga, non abbiamo un luogo fisso. Ora mettiti la- mi indicò una poltrona iniziando ad indicare vari cassetti.
“ Qui spazzole, qui le tinte, qui phon, colori, blush, pennelli, se non trovi qualcosa chiedi a Judith.” Accompagnò il nome indicandomi una ragazza con un dito vicino ala mia postazione.
“Ciao”. Le rivolsi la parola tendendo la mano. Era carina, aveva dei capelli lunghi, mossi e biondi, sorrisi, mi ricordava vagamente la mia ex, Amber. Era stata la mia prima storia seria, una ragazza speciale, a me non piaceva il suo stile di vita, troppa droga.
Si aprì la porta ed in men che non si dica si scatenò il caos più totale. Ballerini da tutte le parte, si urlava, si rideva, erano tutti agitati, vedevo calze volare e magliette per terra, di Gaga manco l’ombra, io rimasi immobilizzata con la bocca leggermente aperta, non sapevo se scappare così, di punto in bianco oppure iniziare a rendermi utile.
Optai per la seconda opzione quando qualcuno si palesò nella sedia ai miei piedi, mi sporsi per osare la mia giacca nell’appendi-abiti, Mark, forse era lui, non che fosse la prima volta che lo vedevo, ma non sembrava lui, lo fissai attraverso lo specchio mentre sfogliava una rivista, no, decisamente non era lui, sollevò lo sguardo e mi sorrise come per intimarmi ad iniziare, chiusi gli occhi, sembrava quasi un ronzio di zanzare, invece erano urla, tutte reali, sorrisi iniziando a prendere il phon in mano, Parlai cercando di alzare la voce.
“Sono Harper, piacere”
Lui mi sorrise mimando un ciao con la mano allo specchio. Umm andava di male in peggio, forse mi sarei trovata male più di quanto pensassi. Ma alla fine, avevo visto una star! Insomma non era da tutti trovarsi in corridoio Gaga, quindi potevo ritenermi fortunata, anche se fossi stata licenziata in tronco quello stesso giorno, bè mi ritenevo felice, ero felice, avevo passato un giorno perfetto, lei lo aveva reso tale. La convinzione di vederla prepararsi per l’esibizione in quella sala scemava ogni secondo più velocemente, presto arrivai al ciuffo di quella chioma che mi si palesava davanti, non facevo più caso alle persone dietro me, ne tanto meno alla persona di fronte a me, uno schermo si accese alle mie spalle, sentivo un giornalista che urlava notizie con il suo microfono, io sorrisi guardando il ciuffo che mi era uscito alla perfezione, spruzzai la lacca, forse troppa, ma per lo meno reggevano, una ragazza si avvicinò non appena posai la lacca al suo posto, pronta a passare una spugnetta intrisa di fondotinta su tutta la faccia.
Dire che ero spaesata era forse un eufemismo, mi si affiancò una ragazza mentre vedevo che i ballerini andavano via.
“Cinque, solo cinque e vi voglio tutti la. Correre, correre” Una signora, forse quarant’anni, aveva una cartellina in mano, passava a prendere i ballerini per portarli da non so che parte, decisi di chiedere, alla fine, se proprio rispondeva male non sarebbe stata poi l’unica a farlo-
“Ma dove vanno?”
La ragazza si girò dalla mia parte, mi fissò per qualche istante per poi iniziare a riordinare la sua postazione, io la imitai per non risultare poco professionale. Avevo perso di vista Judith.
“Vanno in studio, entrano, si esibiscono e poi ritornano qui, allora li strucchiamo e poi andiamo a casa. Io per lo meno ci vado tu non so * Ridacchiò sedendosi su una sedia addentando una mela.
“Comunque mi chiamo Tara”
Sorrisi, in quella giornata era stata l’unica carina con me, tranne Gaga, oh lei. Non ero neanche sicura di averla vista, se non fosse che avevo ancora quel lavoro grazie alle sue parole, imitai Tara sedendomi vicino.
“Ciao, io sono Harper”
Il nostro dialogo si interruppe poiché calò un silenzio tombale, solo la televisione aveva il diritto di trasmettere colori e voci, qualcuno alzò il volume mentre riconobbi la chioma che avevo pettinato dar vita ad una coreografia, muoversi  e danzare, incorniciando la sua voce.
  
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