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Autore: Cali F Jones    01/02/2013    0 recensioni
La musica classica fa da filo conduttore a questa raccolta di 6 brevi one-shot di genere e ambientazioni diverse.
#1 - Rondo alla Turca (Danimarca/Norvegia)
#2 - Toccata e Fuga in Re Minore (Russia)
#3 - Adagio in Sol Minore (Francia/America)
#4 - Notturno Opera 9 No. 1 (Francia)
#5 - Humoresque No. 7 (America/Inghilterra)
#6 - ?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Humoresque No. 7



Personaggi: America/Alfred F. Jones; Inghilterra/Arthur Kirkland
Genere: Fluff, Romantico
Ambientazione: Moderna
Musica: Humoresque No. 7 di Antonín Leopold Dvořák

Si consiglia l'ascolto della musica durante la lettura.

Per Ama,
che adesso sta studiando e ha bisogno di qualcosa che le risollevi il morale.
Per la storia ho preso ispirazione dalla volta in cui sei venuta a Verona
e io ti ho portato in fumetteria, ma non alla Casa di Giulietta.
Ahahahahah! Ti prometto che la prossima volta ti ci porto! Parola di eroe!
Comunque, non so veramente come fare ad esprimere in queste poche righe
tutto il bene che ti voglio. Mi sei stata di sostegno durante i periodi difficili,
con te mi sento veramente libera di parlare di tutto, di confidarmi e di ridere.
Sei una delle amiche migliori che potessi trovare e in cui potessi sperare.
Grazie di tutto. Ti voglio un mondo di bene ♥



«No, Alfred! Non voglio andare da nessuna parte! Lasciami!»
L'inglese tentava invano di svincolarsi dalla presa ferrea che l'americano deteneva sul suo avambraccio. Ma quanto era forte quell'idiota?
«Vuoi darmi retta per una volta e fidarti di me?»
«Dopo il modo in cui mi hai trattato questo pomeriggio, no! E lasciami, mi fai male, deficiente!»
Alfred allentò progressivamente la presa, lasciandola, indi, andare del tutto. L'inglese incrociò le braccia al petto e lo guardò in cagnesco. Ebbene sì, avevano litigato ancora una volta. Ma, d'altronde, cosa poteva aspettarsi da uno stupido come Alfred? Comprensione? Romanticismo? Sensibilità? Il solo pensare il nome "Alfred" e una qualsiasi di queste parole nella stessa frase poteva spingerlo alle più matte ed irritate risate.
Era la prima volta che Arthur visitava l'Italia. Non che ci tenesse particolarmente, d'altro canto, lui rimaneva sempre quello che si suole definire un pantofolaio, metodico ed ordinato, e lo stress di un viaggio non faceva decisamente del bene ai suoi poveri nervi. Ma perché aveva lasciato la sua amata e pacifica casetta nella campagna inglese? Tuttavia, doveva ammettere che il viaggio attraverso la penisola, in compagnia dell'americano, era stato più piacevole del previsto. Almeno fino a quel momento.
Sarebbero rimasti a Verona solamente un paio di giorni, era la loro ultima tappa e, ben presto, sarebbero rientrati in patria. Quel pomeriggio, l'ultimo che avrebbero trascorso nel Bel Paese, Arthur, da bravo amante di Shakespeare, aveva insistito per visitare la Casa di Giulietta.
«La Casa di Giulietta? Ma fa schifo!» aveva commentato "l'esperto" americano, prima di costringere l'altro ad una giornata massacrante a spulciare pile di albi polverosi in tutte le fumetterie del centro.
Così era, infine, giunta la sera, con un Arthur ancora profondamente arrabbiato ed offeso e un Alfred munito di nove nuovi numeri di Batman, quattro di Superman e tre di Capitan America.
«Hey, sto cercando di farmi perdonare!»
«Idiot! Potevi farti perdonare questo pomeriggio!» sbottò, oltremodo indispettito, l'inglese «Se per te conto meno dei tuoi amati fumetti, puoi anche dirmelo!»
L'americano sbuffò, girando gli occhi al cielo. Possibile che dovesse sempre finire a quel modo? Si era accorto quasi subito delle occhiate feroci che il compagno gli aveva lanciato per tutto il pomeriggio; per questo motivo, quella sera, si era premurato di preparare una piccola sorpresa.
Gli servirono un'altra ventina di minuti di snervanti insistenze, prima che Arthur accettasse di seguirlo.
Raggiunsero in breve tempo il centro. Una leggera brezza soffiava quella sera di marzo e nel cielo, del tutto pulito dalle nuvole, splendeva la luna che, silenziosa, si specchiava nelle acque pacate dell'Adige.
Percorsero la via principale, sino a quando non giunsero davanti ad un cancello che Arthur riconobbe immediatamente. La voce gli morì in gola, mentre boccheggiava alla disperata ricerca di qualcosa da dire. Alfred sorrise e ruppe il silenzio: «Ci tenevi a vederla, no? Meglio così che non piena di turisti».
Così dicendo, si avvicinò al cancello e ne aprì appena un'anta, invitando l'inglese a seguirlo.
La famosa Casa di Giulietta si presentava come un piccolo cortile in acciottolato, illuminato da due flebili luci di lampioni medievali. Una statua in bronzo della donzella shakespeariana si ergeva appena sotto il suo balcone, dal quale era solita sporgersi per poter incontrare segretamente il suo amato. Un'alta edera rampicante percorreva tutta una parete, coprendo parte dei graffiti disegnati nel corso degli anni dalle coppiette innamorate. Arthur varcò la soglia che conduceva all'interno e, salendo una piccola e stretta scala, uscì sul balcone. Sotto di lui Alfred sorrideva radioso. Le guance dell'inglese si imporporarono leggermente; certe volte quell'americano rozzo, rumoroso e insensibile riusciva davvero a lasciarlo senza parole. Il suo cuore fece un balzo nel petto, quando lo vide arrampicarsi sull'edera ed arrivare sino al balcone. I loro visi vicini, quasi potevano sentire il fiato dell'altro sulle labbra.
«Chissà» cominciò Alfred «se Romeo rischiava l'osso del collo ogni volta solo per baciare Giulietta».
Arthur sorrise teneramente, prese il volto del più giovane tra le mani e posò le labbra sulle sue. Rimasero così qualche istante, con le menti totalmente immerse ed obnubilate da quel bacio. Un bacio che, come per magia, cancellava di colpo tutti i battibecchi, le discussioni e i litigi in quella dolce notte del cielo di Verona. Con infinita lentezza si separarono e l'inglese aiutò l'altro a raggiungerlo sul balcone, per poi cingergli con le braccia il torace in un caldo abbraccio ed appoggiare delicatamente la testa sul suo petto, lasciandosi cullare dal battito regolare del suo cuore.
«Avevi ragione, bloody git. Questo posto è veramente terribile» sussurrò Arthur, accennando una risata.
E rimase lì, stretto tra le braccia del suo Romeo, a pensare a quel pomeriggio, quando aveva rimpianto il suo errore. Ed allora capì che sposare quell'idiota e partire per quel romantico viaggio di nozze era stato l'errore più dolce che avesse mai potuto commettere.

  
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