Day 6: Hogwarts!Anderbros
Un coraggio da Tassorosso.
Alla mia Tassa, Clara.
Perché da Serpeverde – almeno secondo Pottermore –
penso tutto quello che ho scritto dei Tassorosso.
Blaine fece scivolare la
piuma sulla pergamena con grazia, cominciandola a riempire con la sua
calligrafia sottile ed aggraziata, quasi fosse musica e dovesse seguire
semplicemente il suo istinto per comporre. Adorava Difesa contro le Arti
Oscure, non poteva farci nulla se di qualsiasi argomento si parlasse durante
quelle ore di lezione, lui ne restava semplicemente affascinato, come se fosse
sempre stata la sua aspirazione nella vita. Gli altri ragazzi della sua Casa lo
guardavano chi straniti, chi ammirati: era raro dopotutto che un Tassorosso si
distinguesse così tanto, o almeno era quello che tutti quanti avevano imparato
a pensare.
Blaine non ci credeva.
Non credeva affatto che i Tassorosso fossero di natura mediocre e alle volte lo
infastidiva quello sguardo di generale sorpresa quando lui rispondeva per primo
ad una domanda o si distingueva dal resto della classe per un buon compito.
Solo perché la loro Casa era quella “dove
chi alberga è giusto e leale, la
pazienza regna infinita e il duro lavoro non è innaturale”, non significava
di certo che non si sarebbero fatti valere, com’era giusto che fosse, in
qualunque cosa li riguardasse.
Quindi Blaine scriveva,
studiava e si allenava nel Quidditch: era un portiere niente male ed era
riuscito a portare alla vittoria la sua squadra per la prima volta dopo anni,
facendo sì che la loro porta restasse inviolata per tutto il tempo dell’ultima
partita. Faceva tutto con una marcia in più, fosse anche solo per dimostrare
che ogni Casa aveva egual valore e che non era di certo un “crimine” essere
stato smistato a Tassorosso: il Cappello doveva aver avuto i suoi buoni motivi
e dopotutto lui ci si trovava bene, aveva ottimi amici e non avrebbe potuto
chiedere di meglio.
Se fosse stato in grado
di farlo capire anche ai suoi genitori, probabilmente sarebbe stato il ragazzo
più felice di Hogwarts. Ma ormai ci aveva rinunciato: era Marzo e se dopo sei
mesi non avevano cambiato idea a riguardo, di certo non lo avrebbero fatto in
seguito. La sua era una famiglia purosangue, una di quelle che poteva ancora
vantare un albero genealogico intatto: ce n’erano poche così ormai e andavano
preservate. Discendeva da una lunga tradizione di Serpeverde e per primo lui
aveva osato interromperne la stirpe scegliendo Tassorosso. Che poi, non si
poteva di certo chiamare scelta quella. Era qualcosa di innato e non avrebbe
finto di essere qualcosa che effettivamente non era solo per il buon nome della
Casata.
Il riccio alzò la piuma
dalla pergamena rileggendo le ultime righe appena scritte ed annuendo: per
quella sera aveva fatto abbastanza, poteva anche concedersi un po’ di riposo.
Diede uno sguardo all’orologio giusto in tempo per rendersi conto che stavano
per servire la cena e mise a posto gli appunti, prima di avviarsi alla sala
grande.
Era di buon umore quella
sera, il fischiettio con cui si accompagnava mentre camminava per i corridoi ne
era la prova e quando incontrò Sam, un ragazzo del primo anno smistato come lui
in Tassorosso, il suo sorriso si ampliò ancora di più.
«Il compito di Pozioni mi
sta mandando in corto il cervello», si lamentò quello dopo averlo salutato.
«Umh,
sì, stavolta il professore si è impegnato particolarmente per renderci la vita
impossibile. Dopo cena ti do una mano, ti va?».
Sam semplicemente sorrise
dandogli una pacca sulla spalla: sapeva di poter contare sempre su Blaine e la
gentilezza che lo contraddistingueva era stata la prima cosa che li aveva
portati ad essere amici. Voltando l’angolo, però, il sorriso scomparve
velocemente dalla faccia del biondo, che trattenne Blaine per la manica della
maglietta, provando a fermarlo finché era in tempo.
«Ma guarda un po’ chi
c’è! Schizzo!».
Troppo tardi. Il
gruppetto di Serpeverde dell’ultimo anno che sostava fuori dalla Sala Grande li
aveva appena visti e tra loro, ovviamente, non poteva mancare Cooper Anderson.
Il fratello di Blaine.
Il riccio storse il naso
al nomignolo con cui Cooper lo aveva chiamato, ma non disse nulla, cercando di
entrare nella sala evitando inutili e ripetitive scene in cui sottostava a
tutti gli insulti che lui e la sua banda riservavano praticamente a tutti i
ragazzi Tassorosso dei primi anni.
«Dico, ora non hai più
neanche un “buonasera” per tuo fratello?», lo fermò il più grande,
trattenendolo per la spalla
«Buonasera», soffiò, sperando che bastasse, che per una volta tutto
quello si potesse evitare.
«Mamma e papà hanno
ragione: chissà come diavolo sei uscito tu
da una famiglia come la nostra», continuò Cooper.
Blaine ingoiò senza dire
nulla: dopotutto la pazienza era uno dei punti forti della sua Casa e di certo
non si sarebbe lasciato buttar giù da qualche parola pesante. Ci si stava
abituando a quel tipo di attenzioni da parte di suo fratello e per quanto la
cosa lo ferisse ancora, aveva quanto meno imparato a far finta che gli
scivolasse addosso. Per questo scrollò le spalle con sufficienza, entrando
nella stanza e facendo segno a Sam di seguirlo, lasciando i ragazzi con dei
mezzi sorrisetti che nascondevano insoddisfazione.
«Il modo in cui riesci a
non rispondere alle loro provocazioni e anzi a farli morire dentro ogni volta è
ammirevole», si congratulò Sam sedendosi accanto a lui.
«Anderson e quegli
stupidi dei suoi amici continuano ad infastidirti?», si interessò Finn Hudson,
un ragazzo di qualche anno più grande di loro.
«Solite cose, basta
ignorare», minimizzò il ragazzo con un sorriso: si ripeté la stessa cosa nella
testa un altro paio di volte, prima di riuscire a ricacciare indietro la rabbia
e a tornare di umore quanto meno accettabile.
«Zuccherino, qualcuno
stasera sta fissando solo te».
La bella voce di
Mercedes, una delle sue migliori amiche, lo distolse dai suoi pensieri,
facendolo voltare verso il tavolo dei Serpeverde, dove un ragazzino del primo
anno gli sorrise, prima di continuare a parlare con una ragazza seduta al suo
fianco. Blaine lo conosceva appena, aveva parlato con lui quelle poche volte in
cui, tra una lezione e l’altra, si erano incrociati e gli era parso gentile e
disponibile, completamente diverso dalla maggior parte dei suoi compagni di
Casa.
«Quando ti deciderai a
parlargli?», gli chiese Tina, sedendosi accanto a lui «Insomma, sarebbe anche
ora che qualcuno di voi si facesse avanti».
Blaine arrossì. Lui…
avrebbe dovuto farsi avanti? I Serpeverde non erano così inclini a stringere
amicizie con membri di altre Case, soprattutto con i Tassorosso. Eppure, sapeva
che Kurt era diverso, tanto che molte volte si era chiesto perché fosse stato
smistato lì e non, ad esempio, in Grifondoro.
«Tranquillo, non ti
bandiremo mica se decidi di essergli amico!», lo prese in giro Sam.
«Non potresti
permettertelo, Evans: dopo chi ti farebbe i compiti di Pozioni, eh?», stette al
gioco il riccio.
La faccia del biondo
assunse un’espressione assurda.
«Non è vero… io me la
caverei comunque, sai… Insomma, non sono così
un disastro…», si difese, prima che tutti, lui compreso, scoppiassero a ridere
di gusto.
Blaine si voltò di nuovo
verso il tavolo dei Serpeverde, incontrando lo sguardo di Kurt e sorridendogli.
Non tutti erano uguali e sentiva che di lui poteva fidarsi.
***
Essere ansioso, in quel
caso, era un’espressione che a stento riusciva a descrivere quello che stava
provando. Blaine deglutì nuovamente, mentre insieme alla squadra di Quidditch entrava
in campo. Il pubblico si animò non appena li vide entrare, affiancati dalla
squadra dei Serpeverde, contro cui avrebbero dovuto giocare, capitanata
immancabilmente da Cooper Anderson.
Il riccio alzò la testa
verso la tribuna colorata di verde ed argento: lì, minuscolo, da qualche parte
tra la gente doveva esserci Kurt. Sapeva che c’era perché qualche sera prima
aveva finalmente trovato il coraggio di scambiare qualche parola con lui e lo
aveva invitato a vedere quella partita, anche se sapeva che non apprezzava
particolarmente quel genere di attività. E lui gli aveva garantito che ci
sarebbe stato.
Probabilmente Blaine era
più agitato per la sua presenza che per l’intero match. Per questo, quando
Cooper Anderson, eccellente cacciatore, segnò il suo primo punto, il Tassorosso
non poté fare a meno di irritarsi: era raro che violassero la sua porta e
questo non sarebbe dovuto succedere davanti a Kurt e soprattutto non ad opera
di suo fratello.
C’era un tempo infernale
quella mattina, la pioggia era così fitta che a stento riusciva a riconoscere i
giocatori che gli si avvicinavano. Quella prima rete fu solo l’inizio di una
valanga di goal che ben presto segnò la sconfitta dei Tassi. Alla fine della
partita Blaine era così stanco e demoralizzato che non provò nemmeno ad andare
al coperto: semplicemente, si accasciò a terra e aspettò che tutti andassero
via, rimanendo in poco tempo da solo.
Ce l’aveva con se stesso
per non essere stato abbastanza bravo. Aveva fatto una pessima figura con Kurt
ed aveva perso un’occasione d’oro per insegnare qualcosa a suo fratello. Ora
sarebbe stato solo peggio, adesso ad ogni insulto non avrebbe davvero potuto
replicare nulla, perché Cooper avrebbe avuto ragione, perché lui in fin dei
conti era un debole.
«Ehi, Schizzo! Che cosa
fai qua? Cerchi di beccarti un malanno?».
La voce lievemente
beffarda del fratello lo sorprese come uno schiaffo in pieno viso: insomma,
quando si dice “non c’è fine al peggio”… Alzò la testa per incontrare il suo
viso, in parte nascosto dal cappuccio del mantello che lo proteggeva dalla
pioggia battente.
«Va’ al diavolo, Cooper».
La risposta gli era
saltata fuori dalle labbra prima che potesse controllarla e capì che non era
affatto da lui quando lesse una nota di sincera sorpresa negli occhi del
fratello.
«Uh! Non credevo potesse
esistere una simile espressione nel tuo vocabolario», lo canzonò.
«Beh, ora sai che non è
così, che solo perché evito di risponderti e di fare il tuo gioco non significa
che non conosca le parole per metterti a tacere».
La rabbia stava montando
in lui con una facilità che non si sarebbe aspettato, ma sentiva in quel
momento di non avere la forza di reprimerla come suo solito.
«Sarebbe carino vedere
come tu-»
«Che diavolo vuoi,
Cooper? Umiliarmi? Infierire sulla mia sconfitta, su quanto patetico io possa
essere al momento? Perché diavolo sei qui, sotto la pioggia, a parlare con
me?!», lo interruppe il più piccolo, guardandolo dritto negli occhi e sputando
ogni parola come se non avesse potuto farne a meno.
Il Serpeverde per la prima
volta non seppe che cosa replicare.
«L’ho capito. Sono una
nullità. Una nullità che è finito tra le nullità. Una delusione per generazioni
e generazioni di Anderson che si sono vantati della loro fiera appartenenza
alla Casa dei Serpeverde. Una macchiolina da cancellare dall’albero genealogico
senza pensarci su due volte. L’ho capito. E sono stufo del fatto che tu e tutti
gli altri non facciate che ricordarmelo ogni volta che mi incontrate. Vuoi
saperla una cosa, però? Sono fiero di far parte dei Tassorosso, sono fiero
della mia Casa, dei suoi valori e delle persone che ne fanno parte. Ho stretto
con loro un magnifico legame e non li cambierei per nulla al mondo. E solo
perché non ti zittisco o ti mando al diavolo ogni volta che fai lo sbruffone
con i tuoi stupidi interventi non vuol dire che non ne abbia la forza o le
capacità, solo che non voglio. Non voglio perché sono superiore. A te, a quelli
come te, ai vostri insulsi modi di confrontarvi con la gente, credendo di
essere i migliori, ma senza sapere che alla fine vi troverete con nulla. Perché
io, nella mia mediocrità di Tassorosso, posso contare sul fatto che determinate
persone non mi lasceranno mai indietro, che quelli che davvero contano nella
mia vita al momento non mi abbandoneranno, ma posso scommettere che tu non puoi
dire lo stesso di quelli che ti circondano, perché in fondo, in silenzio, tutti
vi odiano e neanche tra voi riuscite a sopportarvi. Ti sei nascosto dietro gli
altri Serpeverde e che cosa hai fatto per questi sette anni? Nulla, Cooper.
Nulla. Sei solo stato in grado di entrare in una Casa in cui tutti, nella
nostra famiglia, sono stati smistati. Ma io, io ho avuto la forza di cambiare, di far valere me stesso e non le
tradizioni. Io ho avuto il coraggio di essere me stesso».
«Un coraggio da
Grifondoro».
«No, Cooper. Un coraggio
da Tassorosso».
Il più grande rimase
senza parole. Leggeva una forza ed un ardore negli occhi ambra di suo fratello
che mai si sarebbe aspettato di trovare nella compostezza e nell’ombra dietro
cui molto spesso si proteggeva. Aveva sbagliato tutto, aveva frainteso ogni
cosa. Blaine Anderson era una persona dieci volte migliore di quanto lui
sarebbe mai potuto essere.
Sorrise. Un sorriso vero,
stavolta, senza beffa o malizia. Sorrise e gli porse la mano. Il riccio lo
guardo scettico, prima di afferrarla e tirarsi su.
«Mi dispiace, Blaine. Mi
dispiace davvero tanto per tutto quello che ho fatto», si scusò con sincerità.
«Vedremo», gli concesse
il minore, perché in fondo non aveva mai smesso di sperarci.
«Vedremo, Blaine!», gli
confermò Cooper, perché aveva davvero intenzione di smetterla, perché in fondo
era andato lì per smetterla; perché non aveva mai creduto davvero agli insulti
che ogni volta gli lanciava, perché Blaine aveva avuto ragione: lui si era solo
difeso dietro gli altri membri della sua Casa.
«Non siamo tutti uguali,
noi Serpeverde», disse poi e il riccio annuì.
«Io l’ho sempre saputo;
eri tu quello che doveva capirlo».
Cooper rise. Ecco il suo
fratellino. Stavolta lo aveva davvero battuto.
«Umh,
a proposito di Serpeverde, c’è un ragazzino del primo anno che ti sta
aspettando in corridoio da quando è finita la partita. Quando sono rientrato in
campo era ancora lì. Non dovresti farlo attendere oltre».
Gli occhi di Blaine si
illuminarono in un istante. Kurt era lì. Kurt lo stava aspettando! Corse verso
l’uscita del campo quanto più velocemente possibile, fermandosi solo per
qualche attimo e voltandosi indietro verso il fratello. Aveva tolto il cappuccio
e rivolto il viso alla pioggia che ora lo stava bagnando con forza.
Non si era mai sbagliato
sul conto dei Serpeverde. E in fondo non si era mai sbagliato neanche su
Cooper.
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Ok, non so sul serio da dove esca questa shot… fatto sta che è qui, pubblicata, e spero vi piaccia. Fino a ieri non avevo uno straccio di idea e praticamente l’ho scritta senza sapere dove sarebbe finita. Ha fatto tutto da sola e non aveva una trama… fino a che ce l’ha avuta.
Bel mi ha passato il testimone e spetta a me concludere – si spera in bellezza – questa week.
Sembra più che altro un’apologia dei Tassorosso, ma vedevo la cosa troppo appropriata a Blaine per non fare un parallelismo tra le due cose.
Umh, come già detto, la dovevo per forza dedicare alla mia Tassa personale, Clara, perché beh, lei è l’avvocato di tutti i Tassi, li difende praticamente a spada tratta!
Detto questo… spero davvero che vi sia piaciuta e vi invito a farci sapere che cosa ne pensate a tornare anche domani per l’ultimo giorno: Chirldren!Anderbros!
Alch ♥