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Autore: Alchbel    02/02/2013    1 recensioni
Ebbene sì, eccoci di nuovo per una "AnderBros Week" a cui davvero non vedevamo l'ora di partecipare! Perché una sola puntata con quei due ha dato vita a davvero troppe cose nelle nostre teste e questa sarà una bellissima occasione per provare a riempire alcuni vuoti lasciati dal telefilm.
Enjoy it ♥
Day 1: Klaine break-up + Cooper.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Cooper Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Day 6: Hogwarts!Anderbros

 

Un coraggio da Tassorosso.

 

Alla mia Tassa, Clara.
Perché da Serpeverde – almeno secondo Pottermore –
penso tutto quello che ho scritto dei Tassorosso.

 

Blaine fece scivolare la piuma sulla pergamena con grazia, cominciandola a riempire con la sua calligrafia sottile ed aggraziata, quasi fosse musica e dovesse seguire semplicemente il suo istinto per comporre. Adorava Difesa contro le Arti Oscure, non poteva farci nulla se di qualsiasi argomento si parlasse durante quelle ore di lezione, lui ne restava semplicemente affascinato, come se fosse sempre stata la sua aspirazione nella vita. Gli altri ragazzi della sua Casa lo guardavano chi straniti, chi ammirati: era raro dopotutto che un Tassorosso si distinguesse così tanto, o almeno era quello che tutti quanti avevano imparato a pensare.

Blaine non ci credeva. Non credeva affatto che i Tassorosso fossero di natura mediocre e alle volte lo infastidiva quello sguardo di generale sorpresa quando lui rispondeva per primo ad una domanda o si distingueva dal resto della classe per un buon compito. Solo perché la loro Casa era quella “dove chi alberga è giusto e leale,  la pazienza regna infinita e il duro lavoro non è innaturale”, non significava di certo che non si sarebbero fatti valere, com’era giusto che fosse, in qualunque cosa li riguardasse.

Quindi Blaine scriveva, studiava e si allenava nel Quidditch: era un portiere niente male ed era riuscito a portare alla vittoria la sua squadra per la prima volta dopo anni, facendo sì che la loro porta restasse inviolata per tutto il tempo dell’ultima partita. Faceva tutto con una marcia in più, fosse anche solo per dimostrare che ogni Casa aveva egual valore e che non era di certo un “crimine” essere stato smistato a Tassorosso: il Cappello doveva aver avuto i suoi buoni motivi e dopotutto lui ci si trovava bene, aveva ottimi amici e non avrebbe potuto chiedere di meglio.

Se fosse stato in grado di farlo capire anche ai suoi genitori, probabilmente sarebbe stato il ragazzo più felice di Hogwarts. Ma ormai ci aveva rinunciato: era Marzo e se dopo sei mesi non avevano cambiato idea a riguardo, di certo non lo avrebbero fatto in seguito. La sua era una famiglia purosangue, una di quelle che poteva ancora vantare un albero genealogico intatto: ce n’erano poche così ormai e andavano preservate. Discendeva da una lunga tradizione di Serpeverde e per primo lui aveva osato interromperne la stirpe scegliendo Tassorosso. Che poi, non si poteva di certo chiamare scelta quella. Era qualcosa di innato e non avrebbe finto di essere qualcosa che effettivamente non era solo per il buon nome della Casata.

Il riccio alzò la piuma dalla pergamena rileggendo le ultime righe appena scritte ed annuendo: per quella sera aveva fatto abbastanza, poteva anche concedersi un po’ di riposo. Diede uno sguardo all’orologio giusto in tempo per rendersi conto che stavano per servire la cena e mise a posto gli appunti, prima di avviarsi alla sala grande.

Era di buon umore quella sera, il fischiettio con cui si accompagnava mentre camminava per i corridoi ne era la prova e quando incontrò Sam, un ragazzo del primo anno smistato come lui in Tassorosso, il suo sorriso si ampliò ancora di più.

«Il compito di Pozioni mi sta mandando in corto il cervello», si lamentò quello dopo averlo salutato.

«Umh, sì, stavolta il professore si è impegnato particolarmente per renderci la vita impossibile. Dopo cena ti do una mano, ti va?».

Sam semplicemente sorrise dandogli una pacca sulla spalla: sapeva di poter contare sempre su Blaine e la gentilezza che lo contraddistingueva era stata la prima cosa che li aveva portati ad essere amici. Voltando l’angolo, però, il sorriso scomparve velocemente dalla faccia del biondo, che trattenne Blaine per la manica della maglietta, provando a fermarlo finché era in tempo.

«Ma guarda un po’ chi c’è! Schizzo!».

Troppo tardi. Il gruppetto di Serpeverde dell’ultimo anno che sostava fuori dalla Sala Grande li aveva appena visti e tra loro, ovviamente, non poteva mancare Cooper Anderson. Il fratello di Blaine.

Il riccio storse il naso al nomignolo con cui Cooper lo aveva chiamato, ma non disse nulla, cercando di entrare nella sala evitando inutili e ripetitive scene in cui sottostava a tutti gli insulti che lui e la sua banda riservavano praticamente a tutti i ragazzi Tassorosso dei primi anni.

«Dico, ora non hai più neanche un “buonasera” per tuo fratello?», lo fermò il più grande, trattenendolo per la spalla

«Buonasera», soffiò, sperando che bastasse, che per una volta tutto quello si potesse evitare.

«Mamma e papà hanno ragione: chissà come diavolo sei uscito tu da una famiglia come la nostra», continuò Cooper.

Blaine ingoiò senza dire nulla: dopotutto la pazienza era uno dei punti forti della sua Casa e di certo non si sarebbe lasciato buttar giù da qualche parola pesante. Ci si stava abituando a quel tipo di attenzioni da parte di suo fratello e per quanto la cosa lo ferisse ancora, aveva quanto meno imparato a far finta che gli scivolasse addosso. Per questo scrollò le spalle con sufficienza, entrando nella stanza e facendo segno a Sam di seguirlo, lasciando i ragazzi con dei mezzi sorrisetti che nascondevano insoddisfazione.

«Il modo in cui riesci a non rispondere alle loro provocazioni e anzi a farli morire dentro ogni volta è ammirevole», si congratulò Sam sedendosi accanto a lui.

«Anderson e quegli stupidi dei suoi amici continuano ad infastidirti?», si interessò Finn Hudson, un ragazzo di qualche anno più grande di loro.

«Solite cose, basta ignorare», minimizzò il ragazzo con un sorriso: si ripeté la stessa cosa nella testa un altro paio di volte, prima di riuscire a ricacciare indietro la rabbia e a tornare di umore quanto meno accettabile.

«Zuccherino, qualcuno stasera sta fissando solo te».

La bella voce di Mercedes, una delle sue migliori amiche, lo distolse dai suoi pensieri, facendolo voltare verso il tavolo dei Serpeverde, dove un ragazzino del primo anno gli sorrise, prima di continuare a parlare con una ragazza seduta al suo fianco. Blaine lo conosceva appena, aveva parlato con lui quelle poche volte in cui, tra una lezione e l’altra, si erano incrociati e gli era parso gentile e disponibile, completamente diverso dalla maggior parte dei suoi compagni di Casa.

«Quando ti deciderai a parlargli?», gli chiese Tina, sedendosi accanto a lui «Insomma, sarebbe anche ora che qualcuno di voi si facesse avanti».

Blaine arrossì. Lui… avrebbe dovuto farsi avanti? I Serpeverde non erano così inclini a stringere amicizie con membri di altre Case, soprattutto con i Tassorosso. Eppure, sapeva che Kurt era diverso, tanto che molte volte si era chiesto perché fosse stato smistato lì e non, ad esempio, in Grifondoro.

«Tranquillo, non ti bandiremo mica se decidi di essergli amico!», lo prese in giro Sam.

«Non potresti permettertelo, Evans: dopo chi ti farebbe i compiti di Pozioni, eh?», stette al gioco il riccio.

La faccia del biondo assunse un’espressione assurda.

«Non è vero… io me la caverei comunque, sai… Insomma, non sono così un disastro…», si difese, prima che tutti, lui compreso, scoppiassero a ridere di gusto.

Blaine si voltò di nuovo verso il tavolo dei Serpeverde, incontrando lo sguardo di Kurt e sorridendogli. Non tutti erano uguali e sentiva che di lui poteva fidarsi.

 

***

 

Essere ansioso, in quel caso, era un’espressione che a stento riusciva a descrivere quello che stava provando. Blaine deglutì nuovamente, mentre insieme alla squadra di Quidditch entrava in campo. Il pubblico si animò non appena li vide entrare, affiancati dalla squadra dei Serpeverde, contro cui avrebbero dovuto giocare, capitanata immancabilmente da Cooper Anderson.

Il riccio alzò la testa verso la tribuna colorata di verde ed argento: lì, minuscolo, da qualche parte tra la gente doveva esserci Kurt. Sapeva che c’era perché qualche sera prima aveva finalmente trovato il coraggio di scambiare qualche parola con lui e lo aveva invitato a vedere quella partita, anche se sapeva che non apprezzava particolarmente quel genere di attività. E lui gli aveva garantito che ci sarebbe stato.

Probabilmente Blaine era più agitato per la sua presenza che per l’intero match. Per questo, quando Cooper Anderson, eccellente cacciatore, segnò il suo primo punto, il Tassorosso non poté fare a meno di irritarsi: era raro che violassero la sua porta e questo non sarebbe dovuto succedere davanti a Kurt e soprattutto non ad opera di suo fratello.

C’era un tempo infernale quella mattina, la pioggia era così fitta che a stento riusciva a riconoscere i giocatori che gli si avvicinavano. Quella prima rete fu solo l’inizio di una valanga di goal che ben presto segnò la sconfitta dei Tassi. Alla fine della partita Blaine era così stanco e demoralizzato che non provò nemmeno ad andare al coperto: semplicemente, si accasciò a terra e aspettò che tutti andassero via, rimanendo in poco tempo da solo.

Ce l’aveva con se stesso per non essere stato abbastanza bravo. Aveva fatto una pessima figura con Kurt ed aveva perso un’occasione d’oro per insegnare qualcosa a suo fratello. Ora sarebbe stato solo peggio, adesso ad ogni insulto non avrebbe davvero potuto replicare nulla, perché Cooper avrebbe avuto ragione, perché lui in fin dei conti era un debole.

«Ehi, Schizzo! Che cosa fai qua? Cerchi di beccarti un malanno?».

La voce lievemente beffarda del fratello lo sorprese come uno schiaffo in pieno viso: insomma, quando si dice “non c’è fine al peggio”… Alzò la testa per incontrare il suo viso, in parte nascosto dal cappuccio del mantello che lo proteggeva dalla pioggia battente.

«Va’ al diavolo, Cooper».

La risposta gli era saltata fuori dalle labbra prima che potesse controllarla e capì che non era affatto da lui quando lesse una nota di sincera sorpresa negli occhi del fratello.

«Uh! Non credevo potesse esistere una simile espressione nel tuo vocabolario», lo canzonò.

«Beh, ora sai che non è così, che solo perché evito di risponderti e di fare il tuo gioco non significa che non conosca le parole per metterti a tacere».

La rabbia stava montando in lui con una facilità che non si sarebbe aspettato, ma sentiva in quel momento di non avere la forza di reprimerla come suo solito.

«Sarebbe carino vedere come tu-»

«Che diavolo vuoi, Cooper? Umiliarmi? Infierire sulla mia sconfitta, su quanto patetico io possa essere al momento? Perché diavolo sei qui, sotto la pioggia, a parlare con me?!», lo interruppe il più piccolo, guardandolo dritto negli occhi e sputando ogni parola come se non avesse potuto farne a meno.

Il Serpeverde per la prima volta non seppe che cosa replicare.

«L’ho capito. Sono una nullità. Una nullità che è finito tra le nullità. Una delusione per generazioni e generazioni di Anderson che si sono vantati della loro fiera appartenenza alla Casa dei Serpeverde. Una macchiolina da cancellare dall’albero genealogico senza pensarci su due volte. L’ho capito. E sono stufo del fatto che tu e tutti gli altri non facciate che ricordarmelo ogni volta che mi incontrate. Vuoi saperla una cosa, però? Sono fiero di far parte dei Tassorosso, sono fiero della mia Casa, dei suoi valori e delle persone che ne fanno parte. Ho stretto con loro un magnifico legame e non li cambierei per nulla al mondo. E solo perché non ti zittisco o ti mando al diavolo ogni volta che fai lo sbruffone con i tuoi stupidi interventi non vuol dire che non ne abbia la forza o le capacità, solo che non voglio. Non voglio perché sono superiore. A te, a quelli come te, ai vostri insulsi modi di confrontarvi con la gente, credendo di essere i migliori, ma senza sapere che alla fine vi troverete con nulla. Perché io, nella mia mediocrità di Tassorosso, posso contare sul fatto che determinate persone non mi lasceranno mai indietro, che quelli che davvero contano nella mia vita al momento non mi abbandoneranno, ma posso scommettere che tu non puoi dire lo stesso di quelli che ti circondano, perché in fondo, in silenzio, tutti vi odiano e neanche tra voi riuscite a sopportarvi. Ti sei nascosto dietro gli altri Serpeverde e che cosa hai fatto per questi sette anni? Nulla, Cooper. Nulla. Sei solo stato in grado di entrare in una Casa in cui tutti, nella nostra famiglia, sono stati smistati. Ma io, io ho avuto la forza di cambiare, di far valere me stesso e non le tradizioni. Io ho avuto il coraggio di essere me stesso».

«Un coraggio da Grifondoro».

«No, Cooper. Un coraggio da Tassorosso».

Il più grande rimase senza parole. Leggeva una forza ed un ardore negli occhi ambra di suo fratello che mai si sarebbe aspettato di trovare nella compostezza e nell’ombra dietro cui molto spesso si proteggeva. Aveva sbagliato tutto, aveva frainteso ogni cosa. Blaine Anderson era una persona dieci volte migliore di quanto lui sarebbe mai potuto essere.

Sorrise. Un sorriso vero, stavolta, senza beffa o malizia. Sorrise e gli porse la mano. Il riccio lo guardo scettico, prima di afferrarla e tirarsi su.

«Mi dispiace, Blaine. Mi dispiace davvero tanto per tutto quello che ho fatto», si scusò con sincerità.

«Vedremo», gli concesse il minore, perché in fondo non aveva mai smesso di sperarci.

«Vedremo, Blaine!», gli confermò Cooper, perché aveva davvero intenzione di smetterla, perché in fondo era andato lì per smetterla; perché non aveva mai creduto davvero agli insulti che ogni volta gli lanciava, perché Blaine aveva avuto ragione: lui si era solo difeso dietro gli altri membri della sua Casa.

«Non siamo tutti uguali, noi Serpeverde», disse poi e il riccio annuì.

«Io l’ho sempre saputo; eri tu quello che doveva capirlo».

Cooper rise. Ecco il suo fratellino. Stavolta lo aveva davvero battuto.

«Umh, a proposito di Serpeverde, c’è un ragazzino del primo anno che ti sta aspettando in corridoio da quando è finita la partita. Quando sono rientrato in campo era ancora lì. Non dovresti farlo attendere oltre».

Gli occhi di Blaine si illuminarono in un istante. Kurt era lì. Kurt lo stava aspettando! Corse verso l’uscita del campo quanto più velocemente possibile, fermandosi solo per qualche attimo e voltandosi indietro verso il fratello. Aveva tolto il cappuccio e rivolto il viso alla pioggia che ora lo stava bagnando con forza.

Non si era mai sbagliato sul conto dei Serpeverde. E in fondo non si era mai sbagliato neanche su Cooper.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________

 

Ok, non so sul serio da dove esca questa shot… fatto sta che è qui, pubblicata, e spero vi  piaccia. Fino a ieri non avevo uno straccio di idea e praticamente l’ho scritta senza sapere dove sarebbe finita. Ha fatto tutto da sola e non aveva una trama… fino a che ce l’ha avuta.

 

Bel mi ha passato il testimone e spetta a me concludere – si spera in bellezza – questa week.

Sembra più che altro un’apologia dei Tassorosso, ma vedevo la cosa troppo appropriata a Blaine per non fare un parallelismo tra le due cose.

 

Umh, come già detto, la dovevo per forza dedicare alla mia Tassa personale, Clara, perché beh, lei è l’avvocato di tutti i Tassi, li difende praticamente a spada tratta!

 

Detto questo… spero davvero che vi sia piaciuta e vi invito a farci sapere che cosa ne pensate a tornare anche domani per l’ultimo giorno: Chirldren!Anderbros!

 

 

Alch

 

 

   
 
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