Fanfic su artisti musicali > David Bowie
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Autore: MadnessInk    02/02/2013    2 recensioni
-Mi spiega come faccio a truccarle l'occhio se non lo chiude? Vuole che le trucchi il bulbo oculare?-. E David si limitò solamente a dire:-Trevor, dopo lo show provvedi a licenziare questa dipendente inutile-. -Ma mr. Bowie, che sta dicendo? È la m...- e lui, sbraitando letteralmente: -Taci, fa' quello che ti ho detto!-. A quel punto Mya non resse più.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel frattempo il concerto del Duca Bianco era finito. Fra applausi e grida di adolescenti esasperate, David tornò a torso nudo nel camerino, accaldato. Si sedette alla prima sedia che trovò e, esausto, grido: -Mya! Mya! Portami un bicchiere d'acqua! E in fretta, non voglio morire disidratato!-. Tutto lo staff lo guardò perplesso. Nessuno poteva credere a quelle parole. Aveva ancora il coraggio di rivolgere la parola a Mya in quel modo, dopo il rimprovero che lei gli aveva fatto. Lui, ancora più perplesso di loro, si rivolse alla sicurezza con un'acidità unica: -Dov'è finita?- e loro, stupiti dalle sue parole, gli risposero: -Se n'è andata-. David si ricordò del battibecco avuto prima dello spettacolo. Orgoglioso com'era, fece arrogante: -Bene, meglio così, non ce la facevo più ad averla tra i piedi. E voi che cosa fate lì? Eh? Forza, uscite! In fretta!- e tutti si dileguarono, parlando e sparlando.
L'uomo rimase a struccarsi. “Che insolente!” pensò, mentre si struccava l'occhio destro. Dopo essersi struccato tutto il viso, si guardò allo specchio: com'era smilzo. Poi si spogliò, lasciò i suoi indumenti sparsi per il camerino ed entrò nella doccia. L'acqua uscì gelata. Odiava farsi la doccia con l'acqua fredda, ma lì non avevano l'acqua calda. Sì insaponò tutto, cercando invano di riscaldarsi, e massaggiò dolcemente la cute con lo shampoo. Si ricordò di quando i suoi capelli non erano tinti: che bei giorni! Sia il bagnoschiuma che lo shampoo erano così schiumosi che, prima del risciacquo, Bowie sembrava un barboncino con i capelli rossi. Si sciacquò e poi insaponò di nuovo i capelli: la tinta iniziava a scaricare, avrebbe dovuto rifarla, quando ne avrebbe avuto voglia. Uscito dalla doccia sì asciugò il corpo. Si mise di fronte allo specchio: era decisamente sottopeso. Eppure qualche anno prima era più che in forma. Ma a lui non importava. Continuava a guardarsi allo specchio, che espressione arrabbiata che aveva. Poi sulle sue labbra apparve un ghigno. “Tornerà da me in ginocchio stasera, supplicandomi di perdonarla. E vedremo se saprà farsi perdonare...” pensò. Poi si ricordò che la porta era aperta e che chiunque sarebbe potuto entrare. Perciò indossò il suo intimo e poi si mise i calzini, i pantaloni e le scarpe. Con un altro asciugamano si tamponò dolcemente i capelli bicolore, poi si mise una camicia blu. Non gli piaceva affatto, ma dovette accontentarsi. Si asciugò i capelli col fono mentre per la testa gli passavano dei flashback anonimi. Spruzzò un po' di lacca sulla sua chioma e poi indossò il suo cappello, dopo di che si infilò nella sua limousine.
Bowie era spossato, e ora sua moglie, da cui stava divorziando, lo aspettava nella sua lussuosa stanza d'albergo. -John, accendi la radio- ordinò al suo autista. L'uomo eseguì senza dire una parola. David si sbottonò i primi tre bottoni della camicia. Era ancora euforico. E la brutta notizia era che forse non era a causa del concerto. Chiuse gli occhi e gli sovvennero le parole di Mya “ E tutti loro, lo può notare in ogni sguardo, anche di chi cerca di nasconderlo, chi in un modo, chi in un altro, ci tengono a lei”. Quelle ultime quattro parole gli risuonavano incessantemente nella testa. Da tanto qualcuno non glie le diceva. E quelle parole gli rimbombarono in testa fino a farlo addormentare, a fargli sognare tutto ciò che, forse, non avrebbe mai più potuto vivere nella realtà. A destarlo dai suoi flebili sogni fu la radio: “Mama, didn't mean to make you cry...”, si sentiva. Bowie si svegliò di soprassalto, sentì quella canzone e poi, tutto ad un tratto, come se la canzone gli avesse fatto qualcosa di male, sibilò: -John, spegni quell'affare!- e l'autista, un po' dubbioso, eseguì. David buttò un sospiro di sollievo e si rimise ben comodo sul sedile posteriore. Doveva essere “Bohemian Rhapsody” dei Queen. Aveva sentito Trevor e Mya che ne discutevano. Mya ne era una grande fan, fin dal primo loro disco, “Queen”, del 1973. Gli dava così fastidio che qualcuno che lavorava per lui ascoltasse e fosse fan di un'altra band concorrente in vendite. E quell'anno, il 1975, “A Night At The Opera” aveva superato il suo album soul “Young Americans” nelle vendite. E questo lo odiava particolarmente. David smise di pensare di progettare attentati contro Freddie Mercury quando si accorse che il suo autista gli aveva aperto lo sportello della macchina, allora scese frettolosamente.
Bowie entrò infuriato nell'hotel, senza neanche farsi aprire la porta dal portiere, schizzò in ascensore e, dopo aver premuto il bottone, si aggrappò all'appoggio. Mentre l'ascensore andava, si guardò allo specchio e iniziò ad aggiustarsi il colletto della giacca e il ciuffo. Si abbottonò i tre bottoni della camicia e, appena un filo di luce filtrò dalla porta metallica dell'ascensore, schizzò fuori. Senza neanche guardarsi intorno, si diresse a passo deciso verso la stanza di Mya.
Il Duca bussò una prima volta, ma niente. Provò una seconda volta, ma non ottenne nessuna risposta. “Che si sia addormentata?” pensò, immaginando la donna nel letto, con i capelli sciolti e una camicina da notte bianca. “Beh, si sveglierà!” pensò con un'estrema cattiveria immediatamente dopo. La terza volta bussò violentemente, almeno così l'avrebbe sentito: -Mya! Mya! Apri la porta! Sbrigati! Muoviti, o ti licenzio!- gridava a squarciagola. Forse tutto l'hotel lo aveva sentito, ma non gli importava. Voleva rimproverarla di essersene andata senza il suo consenso e voleva avere l'ultima parola su quella discussione imbarazzante. Voleva che gli chiedesse scusa in ginocchio, prostrandosi in lacrime di fronte alla sua magnificenza. E poi ci sarebbe stata la punizione. La divina punizione... Mentre per la sua testa passavano fantasie in pieno stile Bowie, la porta si aprì violentemente: ne uscì un tizio tutto muscoli, con i capelli castani e gli occhi marroni, dietro di lui una donna dalla chioma ramata in camicia da notte. Decisamente non era Mya. L'uomo gli bestemmiò qualcosa in francese, in tono molto arrabbiato e poi gli sbatté la porta in faccia.
Non era possibile. Era quella la camera di Mya, ne era certo, era la 1025. David guardò il numero sulla porta della stanza dalla quale era apparso quel tizio uscito dalla pubblicità degli attrezzi ginnici. Era lei, la 1025. Non era cieco, però era sotto effetto della cocaina, è vero. Quella dannata sostanza che aveva ricominciato ad assumere alla fine del '74. E che lo perseguitava ancora dopo un anno e più. Avrebbe voluto liberarsene, ma non ne aveva la forza. Non ce l'avrebbe mai fatta. Non da solo. Cocaina o no, quella era la 1025.
David si precipitò repentino alla reception: -Salve, può gentilmente dirmi in che camera alloggia Mya Sion?-disse lui, ansimando. L'impiegato controllò la lista più volte e poi, sicuro di ciò che stava per dire, gli comunicò la notizia: -La signorina Sion non alloggia più in questo albergo ormai dalle ventuno e quarantacinque del 18 maggio, signore-. Bowie guardò l'orologio a muro: mancava un minuto a mezzanotte. Perciò, capendo che non avrebbe potuto rintracciarla nel giro di qualche minuto, sbottò: -Cosa? Se n'è andata? Se n'è andata senza avvisarmi? Come si è permessa? La licenzio, giuro che la licenzio!-. E fu mezzanotte in punto quando gli arrivò lentamente alle spalle Trevor: -Non c'è bisogno signore, ci ha già pensato lei-, gli disse, con un nodo alla gola. Bowie era così sconvolto che per poco la sua pupilla sinistra non gli si restrinse. Forse iniziò a prendere coscienza dell'enorme danno che aveva fatto: -C-che vuoi dire, Trevor?- e lui, porgendogli tutte le carte: -Si è licenziata-. David non parlò per qualche minuto. Muoveva le labbra, ma non riusciva a parlare. Dopo aver bevuto un bicchiere d'acqua trovato lì per caso, con un filo di voce si rivolse all'uomo: -E tu le hai permesso di farlo?-. Trevor non poté far altro che annuire: -Non ho potuto fare niente-. Bowie chinò il capo. Se stesse piangendo, se stesse ridendo, se stesse imprecando, non lo si riuscì a capire. Poi, improvvisamente si ricompose e, con tono molto calmo, affermò: -Bene, meglio così, un dipendente in meno da pagare-, si rivolse poi al tizio della reception: -Grazie-, gli disse. Stava per andarsene, poi l'uomo della reception si rivolse a Trevor: -La signorina Sion le ha lasciato un pacco-, disse, prendendo da sotto il bancone una scatola rossa con un bigliettino attaccato “Per Trevor”. A quelle parole David tornò da Trevor: -Che cos'è?- domandò. “Un pacchetto, non vedi, razza di sciupa femmine?” gli venne da dire. E lo avrebbe detto davvero se solo non avesse avuto quel nodo alla gola che gli impediva di parlare. Trevor riuscì a malapena a ringraziare il gentile dipendente. Poi si avviò verso la sua camera, tenendo il pacchetto come se dentro ci fosse qualcosa di molto fragile o prezioso. Bowie gli andò dietro: -Dove credi di andare?- balbettò Bowie, poi seguitò a parlare: -Voglio sapere cosa c'è dentro-. Trevor scrollò le spalle in segno di rassegnazione. Gli fece segno di seguirlo in camera del cantante. Bowie non esitò neanche un istante. Si trattava di una cosa che gli apparteneva. Che gli era appartenuta per tanto tempo e che ora non gli apparteneva più. I due si incamminarono verso la camera di Bowie.


ANGOLO AUTRICE
Hello, how low? Dopo una brevissima citazione di Kurt Cobain, passo a ringraziare chi sta seguendo, leggendo e recensendo la mia fanfinction.
In questo trancio di capitolo ho descritto la reazione di Bowie dopo aver scoperto che Mya si è licenziata. Più vado avanti e più mi accorgo che la fanfiction prende una piega scontata... Mya e il suo nuovo amico ritorneranno nella terza parte del capitolo!
Spero che la seconda parte vi piaccia. Gradirei sapere cosa ne pensate, quindi lasciate una recensione positiva, negativa o neutra che sia.

Un abbraccio, MadnessInk.

 

  
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