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Autore: Teiresias    24/08/2007    11 recensioni
Si può desiderare di non voler vivere il Paradiso?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alessa Gillespie
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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CLOCKWORK LITTLE HAPPINESS

CLOCKWORK LITTLE HAPPINESS ~ by teiresias


A volte vorrei che fosse tutto un sogno.

Sogno di essere a casa, ad aspettare come tutti i giorni mia madre, a scuola, ad attendere il suono della campanella, in chiesa, ad far finta di pregare per poter fuggire da quel mondo, in ospedale, pronta a scappare una volta finiti gli esami.

Penso che la vita sia meglio di così.

Adesso che ci sono dentro, ne sono sicura.

La vita può essere meglio.

Può essere meglio perfino del Paradiso.


Sono stanca. E’ da quando sono qui che non mi muovo, eppure sono sempre stanca.

Come se fossi ancora avvolta nelle coperte, immersa in un sogno profondo che non mi vuole lasciare, come se la notte fosse scivolata via ma ancora vuole tenermi stretta nel suo abbraccio.

Succede.


A volte succede di volere ancora dormire.

Io vorrei potermi svegliare.

Vorrei potermi alzare da queste lenzuola che mi stringono, e vorrei riprendere a camminare come tutti i giorni. Vorrei poter uscire ancora.
Mi piace stare fuori.

E’ bello non avere nulla intorno, come se non esistesse nessun’altro. Ci sono giorni in cui vorrei che ciò che mi sta accanto scompaia, e non ci sia più niente.

Niente rumori.

Niente colori.

Niente.

Niente dolore.

Solo io.


Ricordo quando passeggiavo fuori, nei campi intorno alla mia casa, sul ciglio della strada dove i camion e le macchine fuggivano senza fermarsi. Era come se nessuno di quei mostri di metallo avesse occhi, o chi li guidava, fosse in grado di vedere quello che succedeva.

Li osservavo con occhi ciechi.

Sapevo che non si sarebbero mai fermati, ma mi piaceva guardarli.

Pensavo che mi sarebbe piaciuto vivere lì, sul ciglio della strada, mentre tutto mi scorreva intorno e nessuno mi prestava attenzione, mi lasciava stare.

Quando vivrò da sola, cercherò una bella strada come quella. Tanto per cominciare.


Ricordo la mia camera, com’era spoglia, e com’ero persa nell’abbellirla con quello che facevo: mia madre non voleva che vi mettessi oggetti estranei a me.

Io ci mettevo i disegni.

A volte sedevo per terra, a fissare il muro decorato dai miei pensieri, e immaginavo di non essere lì, che quel mondo su cui aprivo una porta quando disegnavo potesse accompagnarmi anche fuori dalla mia camera.

Mia madre non voleva vedere i miei disegni fuori dalla camera.

Mia madre non voleva vedere i miei libri fuori dalla camera.

Mia madre non voleva vedere il mio volto fuori dalla mia camera.

Le uniche volte che mia madre sembrava volermi bene, non era in quella casa.


Non mi piaceva l’ospedale.

Era tutto così bianco e così spoglio, che mi veniva l’irrefrenabile desiderio di abbellirlo come la mia camera o sporcarlo come il mio giardino, e lo odiavo perché non potevo farlo.

Non mi piacevano le stanze dell’ospedale.

Non mi piacevano le occhiate che mi lanciavano gli altri, quando ci andavo con mia madre, come se non fossi dovuta essere lì.
E’ troppo presto, respirava qualcuno.

Non ne hai ancora bisogno, diceva mia madre quando aveva finito.

Le pareti sono troppo strette, sembra che debbano cadere e stritolarmi da un momento all’altro.

Perché nessuno porta mai fiori?


Perché hai sempre i lividi?

Il mio maestro era sempre pieno di domande e di premure. Mi avevano insegnato che chi si comporta così vuole solo una cosa.

Le tue debolezze. L’inferno. Il tuo dolore.

Allora ero d’accordo.

Adesso un po’ di meno.

La mia classe era assolata tutto l’anno, e colorata come non mai dai grembiuli dei bambini, che sembravano indossare schegge di cielo.

Ma per me era sempre buia e piena di persone che volevano farmi male.


Sembra che la mia vita sia fatta solo di dolore.

Forse è così che deve andare.


Ho sempre invidiato solo una cosa a chi mi stava intorno e sembrava non ignorarmi per farmi male.

Un papà.

Io non avevo un papà.

La mia mamma era sempre lì, sempre pronta per me, sempre vicino, ma non mi ha mai parlato di mio padre, di qualcuno che possa essere tale.
Quando andrò a vivere da sola, vorrei avere un papà.

Vorrei che mi portasse fuori al luna park, all’ospedale per tirarmi su di morale, a scuola per proteggermi dai miei compagni, alla chiesa per farmi ridere mentre ascolto quelle parole noiose, per le strade a girare allegramente, al supermercato a fare spese, nei negozi per stare insieme, in metropolitana per mostrarmi il mondo, nei boschi per mostrarmi la pace, in chiesa per darmi la pace.

Vorrei che non fosse solo un’ombra di cui mia madre non vuole mai parlare.

Né un qualche principe azzurro da attendere.

Né una scusa per cui altri possano causarmi dolore.


E’ strano come cambia il mondo quando sei da solo.

Alle volte sento qualcuno dal Paradiso che mi parla, mi parla, mi parla, mi parla, mi parla...mi sembra quasi che parli solo lui, quando lo sento.

Anche ad altri pare così.

Da bambina li chiamavo “I cori degli angeli”.

Forse perché erano gli unici che potevo ascoltare senza vedere.

A volte sentivo le loro parole, e mi sembravano melodie così dolci da assomigliare a quelle di qualche Dio, come mi avevano detto si chiamasse.

Quando li ascoltavo, mi sentivo in pace.

Chi mi stava intorno, invece, non sembrava sentirli.

E quando parlavo con loro, mi maledicevano.


Adesso li ascolto sempre.

Penso che parlino per mio conto, da quanto sono chiacchieroni. Mi mettono in bocca le parole, gran cucchiai di zucchero denso e amaro.

Li odio.

Però almeno non mi lasciano sola.


Mi manca la musica.

Non quella che sentivo in chiesa con mia madre.

Mi manca la musica che udivo fuori di casa, alla radio. I camion passavano sempre con la radio accesa, e il volume era tanto alto che per pochi secondi potevo sentirla.

Come dev’essere vivere come una radio, sempre in cerca di nuove melodie?

Alle volte me lo chiedo.

Mi piacerebbe poter sentire ancora la radio.


Qui all’ospedale non c’è musica.

Qui all’ospedale ci sono solo lampade che sfrigolano, e pensieri che strisciano, e dolore che attende, e muti ricordi.

Mia madre, quando mi passa a trovare, dice che è un Paradiso, e che io sono fortunata a essere qui.

E’ la prima volta che è così gentile con me.


Non vedo niente.

Sento.

La luce mi fa troppo male.

Tutto mi fa troppo male.

Vorrei poter andare all’Inferno.


Mi piace la voce di Lisa l’Infermiera.

E’ la mia migliore amica, anche se quando passa sento che ha paura.

Sono qui da non so quanto, ma riesco a sentirmi e a sentire come se vivessi qui da una vita. Forse è grazie ai cori.

Lisa l’Infermiera è dolce, anche se ha paura.

La sua voce è così dolce che sembra impastata nello zucchero.

Una volta è scappata.

Non è tornata per molti giorni.

Mi mancava la sua voce, era l’unica nota allegra qui dentro.

Quando sento la voce di Lisa l’Infermiera, sento il mio corpo immobile sotto le lenzuola della notte di sogni fluttuare felice. Freddo. Sento meno dolore, anche se è sempre molto.

Vorrei che restasse qui per sempre.


L’unica volta che mia madre mi ha abbracciato, ho sentito tanto caldo.

Non pensavo che un abbraccio potesse essere così caldo.

Non ne avevo mai avuti prima.

E’ stato talmente caldo che non mi riuscivo a muovere, e sono rimasta lì a bruciare sotto il suo amore, con le lacrime che evaporavano, in attesa, soffocando.

Alla fine, è evaporato tutto. Perfino il mondo intorno a quell’abbraccio caldo è bruciato.

Tanto dolore.

Penso che non vorrei davvero un mondo senza dolore.

Che ne sarebbe dell’abbraccio di mia madre, se non ci fosse così tanto dolore?

Non ricordo altro.

Da allora sono qui.

Da un abbraccio possono scaturire le fiamme del Paradiso?


A volte vorrei che tutto fosse un sogno.

A volte apro gli occhi, nel cuore della notte, e vedo intorno a me il mio mondo che prende vita, come se non ci fosse nient’altro.

Quelle volte sono sola, sono nel mio letto e c’è lo stesso dolore dell’abbraccio di mia madre.


A volte vorrei che tutto fosse un sogno.

Mi alzo in piedi, penso di non essere lì, e immagino come può essere un mondo in cui posso camminare felice, come nei miei disegni.

Un mondo con tanto dolore e tanto amore.


A volte vorrei che tutto fosse un sogno.

Non lo è.


Sono bloccata nel letto con le membra bruciate, e il mio solo respiro che mi tiene compagnia, l’unico mio compagno nel Paradiso, è un fiotto di dolore bollente ogni volta che vivo, e le lenzuola che bruciano sotto la pelle ustionata sporcandosi sono taglienti come rasoi, e la luce che entra quando qualche dottore vuole visitarmi è un pugnale incastonato nell’occhio, e le bende che mi avvolgono come lenzuola di notte di sogno sono sempre sporche e dure come corde, e Lisa non mi abbandonare mai, resta sempre con me, io sento che hai paura, ma posso farti vedere che non c’è nulla da avere paura, e Mamma abbracciami ancora, bruciami ancora, dammi ancora qualche fiamma d’amore, nutrimi ancora del dolce zucchero, e Tu che vivi e ti nascondi smettila di parlare, e lasciami sola a godere questo dolore questo Paradiso che mi avvolge mi abbraccia mi ama mi brucia mi uccide e aspetta.

Vorrei che tutto fosse un sogno.

Ma non lo è.

E’ il Paradiso.


Tu.

Tu che mi mostri l’Inferno, il contrario del mio Paradiso.


Vorrei che tu non mi vedessi mai così.

Vorrei che non conoscessi mai questo Paradiso.

Voglio tornare indietro.

Sento che ti avvicini.

Vattene.

Questo è il mio Paradiso.

Tu hai già il tuo Inferno, lo vedo quando chiudo gli occhi.


Dimmi, Dio.

Posso invidiare l’Inferno di mia sorella?


Non portare qui il tuo Inferno.


Io voglio restare nel mio Paradiso.

Stretto.

Buio.

Doloroso.

Bruciante.

Silenzioso.

Avvolta dall’amore di mia madre, che brucia come cenere e cade senza fine come neve morente ed è dolce come il più dolce degli zuccheri.

Il mio Paradiso di eterna dannazione.


E nessun’altro può starci.

Solo io.


Il mio sogno.

A volte vorrei che fosse tutto reale. Come mia sorella Cheryl.


Estoy soñando, sí
Sólo imagino
Todo es verdad
Ojalá que así lo fuera

El sólo otro día
Otra noche fría
No sé si me buscas, o si esperas

Yo puedo ver en tus ojos, y también en tu rostro
Quiero verme amada, y dormirme abrazada
Dime qué quieres
Dilo por favor

No puedo dejarte, y menos olvidarte
No puedo saber qué quieres de mí
Puedo tocarte, incluso verte
Ven hacia mí

Vamos més cerca
Puedo sentirte tan cerca de mí

No me persigas, no lo soporto
Por qué me torturas?
Qué quieres de mí?

Dime quién eres
Dime dónde estás
Qué quieres de mí?
Qué necesitas de mí?

No puedo saberlo... qué quieres de mí?

[Esperándote - Rika Muranaka, Vanesa Quiroz – Silent Hill]

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Nota dell'autore

Ecco qui un'altra breve storia, stavolta dedicata ad Alessa Gillespie, la protagonista spirituale di Silent Hill, e i pensieri riguardo a se stessa.

E' un peccato vedere che per il mondo delle fanfictions italiane i videogiochi horror, ad esclusione di Resident Evil, sono praticamente sconosciuti, soprattutto considerando che Silent Hill, a livello di storia e personaggi, è splendido. Mi piacerebbe potermici dedicare molto di più quando avrò del tempo a disposizione, almeno per dimostrare che anche se non vi sono protagonisti affascinanti e con retroscena avventurosi si possono comunque creare bei racconti.

Questa storia è pronta da più di un mese, ma ho aspettato a pubblicarla perché volevo vedere il risultato che otteneva al 26° concorso di EFP: è la prima volta che mi misuro con le tecniche del monologo interiore e flusso di coscienza”, quindi preferivo sottoporla a un qualche giudizio per vedere la reazione. Devo dire che l'impressione è stata buona, se è rientrata fra le quindici storie partecipanti.

La canzone che chiude la storia, Esperádonte, appartiene alla colonna sonora del primo gioco, ed è un testo struggente che ben si identifica, secondo me, con Alessa. Il titolo, invece, è quello del settimo brano tratto dalla colonna sonora del terzo gioco (direttamente collegato al primo), dove vi è anche una parte parlata di Claudia sul Paradiso.

Consiglio di procurarsi entrambi i pezzi perché Akira Yamaoka è veramente bravo nel creare musica d'atmosfera e melodie che restano facilmente impresse.

  
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