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Autore: SignorinaEffe87    24/08/2007    6 recensioni
Quando le rose sfioriscono, restano le spine e Danny e Lindsay lo stanno apprendendo, loro malgrado, in balia di una crisi che, all'apparenza insanabile, li sta inesorabilmente allontanando. Tuttavia, proprio quando tutto sembra perduto, l'irrompere di un insolito Cupido potrebbe ribaltare le sorti della vicenda.
Riusciranno Danny e Lindsay, perdendosi fra le strade di New York, a ritrovare se stessi?
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danny Messer, Lindsay Monroe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pronti per il gran finale? Solo per i vostri occhi, il terzo ed ultimo atto di questa short-fic; la raccomandazione, come al solito, è di leggere e recensire!
Ci risentiamo a fondo pagina!^^



Atto terzo
Quella stella, lontana laggiù




"E dov'è la fine lo scoprirai quando vi sarai giunto.".
La Ballata del Vecchio di Leningrado



"Il solo ed unico, detective Messer.".
Chi era Marcus Harlan?
Perchè un suo solo cenno bastava ad aizzare o rendere docile una masnada di delinquenti emersa dai più loschi anfratti dei bassifondi cittadini?
Perchè la sua sola presenza riusciva ad incutere un insolito, stupefacente timore in Danny?
Assillata da questi intimi interrogativi senza risposta, Lindsay smise per qualche attimo di curarsi della stretta apprensiva delle dita di Kitty attorno al proprio polso, in cerca di un solido e sicuro baluardo difensivo, dell'atterrito gemito di sorpresa con cui il collega aveva reagito alla presa del buttafuori, che era stata seguita da uno scricchiolio di giunture maltrattate e da un lamento soffocato, dell'imminente, tragica conclusione di quell'infelice sortita notturna. A quel punto, fu in grado di concentrare la propria attenzione sul nuovo venuto, di posare uno sguardo discreto, ma indagatore, sullo sconosciuto, e ciò che apprese non tardò a farle condividere l'angoscia del compagno.
Ambiguità.
Quella fu la prima ed unica parola che aleggiò nella sua mente, appiccicandosi all'immagine di Harlan alla stregua di un'etichetta: un sostantivo piuttosto semplice, all'apparenza, il quale tuttavia si attagliava pressochè alla perfezione alla descrizione di un personaggio così complicato, così sinistramente complicato.
Un esame sommario, distaccato tratteggiava l'immagine, stereotipata e rassicurante, del tipico giovanotto di buona famiglia: abiti di squisita fattura, gesti eleganti affinati da una rigida disciplina, una bellezza curata quanto basta perchè continuasse a sembrare un dono di natura. Una persona con la quale non ti sarebbe dispiaciuto dividere lo scompartimento, altrimenti deserto, della metropolitana, un individuo che non avrebbe di certo sfigurato ad un ricevimento di beneficenza come fra le pagine di un fotoromanzo particolarmente zuccheroso.
Tuttavia, bisognava attendere una seconda occhiata, dopo un fugace battito di ciglia, per poter cogliere appieno la congerie di particolari, più o meno insignificanti, più o meno inquietanti, che tradivano la reale natura di quel ragazzo: un'aura di magnetico carisma, venata dalla spregiudicatezza dell'abile manipolatore, la perfidia che riluceva nei suoi sguardi rapaci, la crudeltà che adombrava le sue smorfie divertite. Un angelo caduto compiaciuto del proprio fato di dannazione eterna, un giovane che non avrebbe mai conquistato la fiducia del prossimo, se non per mezzo della menzogna e delle lusinghe.
C'era qualcosa di contorto, in quelle gentili, ingannevoli sembianze.
Anzi no, peggio: qualcosa di deviato.
"Mi riempie di gioia notare che il mio ricordo è ancora così vivido in lei, detective...".
Aveva parlato di nuovo, in una sorta di monologo, con quel tono di falsa cordialità, incapace di celare del tutto quanto lo avrebbe reso molto più felice poter contemplare il cadavere straziato dell'investigatore, magari dopo avergli strappato la vita di propria mano. Prima di riuscire a proseguire la propria recita, però, venne interrotto da un singulto sorpreso di Danny, il quale si dimenò nella stretta del buttafuori, non appena un ventaglio chiuso si abbattè, senza preavviso e senza la benchè minima delicatezza, fra le sue scapole.
"Ti ricordi anche di me, vero?".
Una vocetta squillante e molesta, di quelle che ti torturano i nervi e ti trapanano il cervello, alla stregua dello stridio di un gessetto sulla superficie della lavagna: un'irritante peculiarità, un indimenticabile biglietto da visita che diceva tutto, o quasi, dell'adolescente armata di ventaglio, materializzatasi al centro della scena in cerca di qualche briciola di attenzione, le poche che Harlan era disposto a concederle nel corso della messinscena del proprio dramma della vendetta.
"Iniziavo a domandarmi quando ci avresti deliziati con la tua presenza, Regina: non riuscivo a capacitarmi di questa assenza, data la tua deprecabile attrazione per le luci della ribalta...".
Lindsay spostò la propria attenzione dal collega, il quale aveva appena finito di apostrofare ironicamente la nuova venuta, alla ragazzina, i cui lineamenti rivelavano in modo fin troppo chiaro la stretta parentela che la legava a Marcus, ancora prima che squittisse una frase a bassa voce nella direzione di quest'ultimo, del tutto incomprensibile ad eccezione della parola conclusiva, fratellone. Nonostante le somiglianze fisiche, però, la Natura aveva stabilito di adoperarsi con impietosa alacrità, affinchè i due fratelli Harlan fossero distinguibili per altri elementi che non fossero il sesso e l'età: quanto il giovane era malignamente complesso, tanto l'adolescente era desolatamente semplice, per non dire fatua. Marcus poteva essere amato alla follia, o odiato all'eccesso; Regina non sarebbe mai stata in grado di suscitare qualcosa di più intenso e roboante di un moderato interesse o di una blanda insofferenza.
Le riflessioni di Lindsay riguardo alla pigolante sorellina s'interruppero di colpo, quando il giovane Harlan, in un gesto stizzito ed ostile, innaffiò il volto di Danny con il contenuto del bicchiere di cristallo che reggeva in mano, mentre osservava, ghignando sprezzante: "Non mi risulta di averla autorizzata a parlare, detective.".
Regina battè le mani ed emise una risatina chioccia e galvanizzata; l'investigatrice, invece, era troppo disgustata persino per riuscire a formulare un pensiero coerente; Kitty soffiò qualcosa di molto simile ad un insulto nella sua incomprensibile lingua madre; Danny, dal canto proprio, parve rinfrancato da quell'offesa, poichè ribattè, sardonico: "Molto carino da parte tua, avevo davvero bisogno di una rinfrescata; tuttavia, dubito che sia stata una mossa assennata sprecare dell'ottimo champagne per un sudicio sbirro della mia risma.".
L'ira mal repressa che storse i lineamenti dell'avversario a quella rilassata replica non aveva alcunchè di demoniaco, bensì condivideva ogni squallida bassezza dei più meschini sentimenti umani: Marcus Harlan stava diventando, suo malgrado, un nemico alla loro portata. Per questo, l'investigatore decise di approfittare del momento propizio, riprendendo il discorso interrotto, nel proprio peculiare tono di scanzonata tranquillità: "Prima che qualcuno dei gentiluomini qui riuniti decida di accanirsi sulla mia faccia o sulla mia dentatura, lascia che ti illustri il motivo per cui questo giovanotto prova tanta acredine nei miei confronti, Montana.
La nostra storia ha inizio nel periodo in cui mi stavo massacrando di doppi turni per dimenticare l'immotivata partenza di qualcuno e, fra i vari casi capitatici fra le mani, io e Mac abbiamo dovuto far luce sull'omicidio della signorina Beverly Douglas, amante neppure troppo segreta del signor Edward Harlan, padre dei nostri cortesi ospiti. La malcapitata giovane, in cerca di informazioni compromettenti con cui ricattare il compagno e costringerlo a lasciare la moglie e regolarizzare la relazione con lei, ha avuto la colossale sfortuna di trovare le prove del fatto che l'azienda di import-export del signor Harlan, in realtà, era una copertura per il riciclaggio dei proventi di un redditizio traffico di armi, in combutta con la mafia dell'Europa dell'Est, e la sconsiderata ingenuità di scoprire queste scottanti carte vincenti dinanzi all'amante, il quale non ha esitato a toglierla di mezzo, inscenando una rapina finita male.
In breve, il colpevole è stato assicurato alla giustizia e, come piccolo, spiacevole effetto collaterale, le quotazioni della famiglia Harlan alla borsa del prestigio sociale hanno subito una vertiginosa ed inarrestabile parabola discendente.".
Al termine del resoconto, Lindsay annuì con scarsa convinzione: doveva cercare di concentrarsi sulla critica situazione contingente, sulla minaccia incombente, invece di soffermarsi sui doppi turni, sull'immotivata partenza, su tutto ciò che le parole omesse, le sfumature del silenzio del compagno avevano lasciato intendere, avevano voluto gridare, tacendo. Ora la priorità era lì, in carne, ossa e malvagi propositi, li fissava con un sorrisetto sanguigno ed occhi guizzanti, non c'era spazio, nè tempo, per le beghe sentimentali, per le recriminazioni e le accuse; ora dovevano uscire dall'antro del demonio, alla svelta.
"Ho perso il mio denaro, la mia posizione sociale, gli onori ed i benefici del mio rango, la mia rispettabilità, la mia vita, tutto per colpa di un branco di piedipiatti frustrati, che hanno deciso di sprecare le loro insignificanti esistenze ad inseguire uno sciocco ideale chiamato giustizia...": Harlan biascicò con furia quell'esordio, prima di avventarsi su Danny e strattonarlo violentemente per il bavero della giacca, ringhiando: "Dammi una buona ragione per cui non dovrei farti a pezzi!".
"Quale ardente intemperanza giovanile!" constatò l'investigatore, in un tono allegro e composto che non potè fare a meno di suscitare un sospiro avvilito e nervoso nella collega: buon Dio, quell'uomo sarebbe riuscito a snocciolare abominevoli scemenze anche in punto di morte certa?
Tuttavia, se temeva e sperava che quello fosse il punto più infimo raggiungibile in quella orripilante nottata, fu costretta immediatamente a ricredersi; infatti, il compagno non esitò ad aggiungere, con folle serietà: "Validi motivi per risparmiare la mia inutile vita, su due piedi e sotto la minaccia di un gorilla, non me ne vengono in mente. Tuttavia, posso proporti un accordo.".
"Dove accidenti vorresti arrivare, Danny?!" si chiese Lindsay, prima di accorgersi che lo sguardo del collega, acceso di un'ammiccante, enigmatica vivacità, si era appuntato su di lei.
"Dove accidenti vorresti arrivare, Messer?!" gli chiese Harlan, prima che le sue iridi serpentine si lasciassero guidare sull'investigatrice dagli occhi dell'avversario. Allora, scoprì i denti candidi in una smorfietta di compiaciuta consapevolezza, dichiarando ad alta voce ciò che lei aveva intuito, ma non avrebbe osato, non avrebbe tollerato affermare a chiare lettere: "La tua donna in cambio della tua pelle? Per essere uno sbirro, hai un certo fiuto per gli affari...".
Forse fu per il fremito di paura di Kitty, ancora premuta contro la sua schiena, per le risate sguaiate ed i commenti lascivi dei presenti, per l'esclamazione sorpresa, ed anche un po' risentita, di Regina, per la dissennata pacatezza del compagno e per la contentezza spregevole di Marcus.
No, non fu per quello.
Forse fu per il fastidio di aver scoperto, per caso e per una serie di circostanze più o meno scalognate, che due sadici fratellini dell'alta borghesia covavano il fermo proposito di annientare l'intera squadra investigativa di Mac Taylor, e che l'uomo che amava, invece di fare carte false perchè lei uscisse indenne da quella situazione di pericolo, la stava offrendo al nemico su un piatto d'argento, in modo molto poco galante e consenziente, pur di conservare la propria incolumità.
No, non fu nemmeno per quello.
Forse fu per la bruciante rabbia, per l'ineffabile tristezza che la invasero nel momento in cui udì Harlan definirla come la tua donna, quando lei ormai stava fronteggiando la desolante certezza che non sarebbe mai stata nè l'amica, nè la compagna, nè la fidanzata, nè la moglie di Danny Messer, neppure se lo desiderava tanto da farsi male, neppure se si fossero reincontrati nelle prossime chissà quante altre vite.
Sì, a pensarci bene fu proprio quella l'ultima goccia che fece traboccare violentemente il limitato vaso della sua pazienza messa alla prova.
Dando libero sfogo al livore troppo a lungo represso, scattò verso il collega con un ululato belluino che non mancò di sorprendere e spaventare i presenti, lei stessa compresa.
"SEI UN VIGLIACCO, OTTUSO IDIOTA, DANNY MESSER!".
All'ultimo secondo, tuttavia, il pugno apparentemente destinato ad infierire sul volto dell'investigatore deviò di qualche centimetro, sfiorò la guancia dell'uomo e si abbattè senza pietà sul setto nasale di Harlan, il quale, in un sinistro scricchiolio di ossa danneggiate, caracollò sotto il peso dell'urto e rovinò a terra in uno gnaulio sofferente.
"Marcus!" frignò Regina, precipitandosi a sostenere, moralmente e fisicamente, il fratello, mentre Danny, volgendo a proprio vantaggio lo sgomento generale, colse il buttafuori di sorpresa e si liberò dalla sua stretta con una gomitata sullo sterno a tradimento.
"Tu sarai anche una contadinotta manesca, ma persino i ragazzi di città possono imparare a farsi valere, soprattutto quando hanno un fratello maggiore che ama usarli come punching-ball!".
"Zitto e fila!".
Era ancora sufficientemente adirata con lui da poter replicare ad una battuta idiota con qualcosa di peggio di un'offesa verbale, pertanto gl'intimò di tacere in maniera recisa e, dopo aver impedito a Kitty di pestare il piede di un delinquente tre volte più grosso e cattivo di lei, si gettò fuori dal locale. Non avrebbe saputo dire quanto a lungo corsero senza fermarsi, nè voltarsi indietro, zigzagando volutamente alla cieca nel dedalo delle strade limitrofe allo scopo di far perdere le proprie tracce agli eventuali inseguitori, nè tantomento sarebbe stata in grado di quantificare il tempo che trascorsero, immobili e silenziosi, appiattiti contro il muro umido e nascosti tra le scatole di cartone ammassate sul retro di un edificio fra tanti.
Nel momento in cui Danny pronunciò il fatidico: "Li abbiamo seminati.", che avrebbe dovuto far tirar loro il proverbiale sospiro di sollievo, tuttavia, non vi fu alcun motivo per rallegrarsi dello scampato pericolo.
"Dov'è la bambina?".
Ebbero a malapena il tempo di inorridire e volgere lo sguardo in direzione del frusciante scalpiccio infantile, prima che la testolina bionda della piccola svanisse, inghiottita dalle tenebre dell'ingresso di Central Park.



"Lilly, non esci a guardare le stelle cadenti?".
Erano due le cose che Lindsay Monroe odiava di più al mondo, almeno, nel ristretto mondo che può circondare una bambina di cinque anni e mezzo.
La prima era essere chiamata "Lilly", un soprannome detestabile e vezzoso, più adatto ad una mocciosa tutta moine e fiocchetti nei capelli che ad un incorreggibile maschiaccio, impegnato a scalare alberi, pestare i coetanei dell'altro sesso e tirare sassi nel fiume dalla mattina alla sera.
La seconda erano le stelle cadenti.
Poi, c'era un'altra infinita sequela di cose insopportabili, tipo essere sprimacciata in faccia da chi voleva rivolgerle qualche smanceria, oppure venir scambiata per un maschio solo perchè portava i capelli corti, ma queste, di tanto in tanto, potevano essere tollerate; le prime due, invece, avevano il potere di metterla di pessimo umore e di farle perdere le staffe con estrema semplicità, come se la sua pazienza da gattino esagitato fosse in grado di mostrare una notevole sopportazione, pur senza sollecitazioni di quel tipo.
Pertanto, quando suo padre, reo di aver evocato quei due anatemi innominabili in sua presenza, rientrò in casa con un'espressione gioviale del tutto fuori luogo, Lindsay lo ignorò, riprendendo a contare i lombrichi, catturati a mani nude nel terreno bagnato dall'acquazzone pomeridiano, con cui sarebbe andata a pesca la mattina dopo insieme allo zio Freddie. Tuttavia, il signor Monroe, non meno testardo ed insistente della sua piccola figlia, non si sarebbe di certo lasciato scoraggiare da una faccia scura e da un algido mutismo: nonostante le veementi proteste della bambina, non esitò ad afferrarla sotto le ascelle e sollevarla da terra, in modo da costringerla a guardarlo negli occhi, mentre indagava, indiscreto: "Il mio fiorellino stepposo non ama la notte di S. Lorenzo?".
"Non ha nessun senso starsene a guardare il cielo per ore con il naso all'insu: lo fanno soltanto le mucche, perchè sono animali stupidi!" obiettò la piccola, nel tono di chi sta sottolineando un concetto decisamente ovvio e logicamente inattaccabile; doveva ostentare una baldanza adamantina, se non voleva che il padre s'insospettisse e la costringesse a dichiarare il vero motivo per cui avversava tanto quella nottata.
"Sicura che sia davvero tutto qui?".
Una nuvoletta nera di tempestoso disappunto si materializzò sulla testolina di Lindsay, al momento della scontrosa capitolazione: poteva anche avere una faccia tosta non indifferente, ma suo padre era pur sempre venuto al mondo diversi anni prima di lei, e l'esperienza, come la classe, non è acqua: "Io non riesco mai a vederle.".
Quanto tempo aveva sprecato, di anno in anno, sdraiata supina sull'erba umida senza riuscire a scorgere neppure un fugace barbaglio luminoso, mentre, tutt'attorno a lei, parenti, amici e vicini seguitavano a confabulare con urtante entusiasmo di quanto fosse brillante quella, di quanto fosse grande quell'altra? Beh, quell'estate non sarebbe stata così ingenua, non avrebbe buttato una notte a farsi venire la bile sotto un cielo a lei ostile: se le stelle gliel'avevano giurata, allora lei avrebbe fatto altrettanto con loro.
"Non c'è niente di divertente!" sbuffò, dopo essersi accorta del sorrisetto beffardo comparso sul volto del genitore; costui, però, non si lasciò intimidire dai denti digrignati della figlia e chiese, in tono sibillino: "Ti fidi del tuo papà, Lilly?".
La bambina aggrottò le sopracciglia, perplessa; sorvolò persino sul fastidioso particolare dell'appellativo, troppo rosa dalla curiosità: "Sì, perchè?".
"Perchè ti prometto che stanotte vedrai una stella cadente, anche a costo di dover andare di persona a strapparla dal cielo, Lilly!" giurò in atteggiamento semiserio l'uomo, prima di rifilare un giocoso scappellotto alla figlia e scappare verso la veranda.
"Non chiamarmi Lilly!".

"Montana, questo è l'ultimo.".
L'immagine di un padre ed una figlia che lottavano giocosamente sul terrazzo sfocò nelle indistinte nebbie del ricordo, quando Danny, accovacciato accanto ad un cestino, sventolò l'ennesimo involto spiegazzato di un chewing-gum alla fragola, con i quali Kitty aveva guidato i propri inseguitori fin nel cuore del parco; da lì in poi, sembrava voler intendere, avrebbe potuto essere dovunque, ed il dovunque di Central Park non era affatto quello che avrebbe definito come un pensiero rassicurante.
"Al diavolo i vetrini e le opinioni di Mac, a questo punto l'aiuto di Flack sarebbe alquanto gradito, se solo non avessimo perso la tua borsetta dentro al Devil's Nest!" asserì il collega, infilando la carta della gomma in tasca e spostandosi ad ispezionare la zona circostante in cerca di altre eventuali tracce, seppur quasi del tutto certo che non ne avrebbe trovate. Quindi, dopo aver notato che la compagna, invece di aiutarlo, stava fissando il nero cielo notturno sopra di loro con sguardo remoto, osservò: "Dubito che la Stella Polare o l'Orsa Maggiore possano esserci di qualche aiuto in questa ricerca...".
Per tutta risposta, Lindsay constatò, distaccata, riferendosi alla volta celeste priva di luci tremolanti, con una frase che non aveva nulla a che vedere con la conversazione precedente e, probabilmente, anche con quella successiva: "Non ci sono stelle che brillano sopra New York.".
"Ti sbagli, Montana: sulla bandiera che sventola dinanzi al palazzo delle Nazioni Unite ce ne sono ben cinquanta." la contraddisse l'uomo, con ironia, mentre si fermava al suo fianco e la imitava, alzando gli occhi verso l'alto.
Eccolo lì, Danny Messer, la sua stella cadente, la rapida scia lucente che non avrebbe mai solcato il cielo per lei, neppure se avesse pestato i piedi e supplicato in lacrime e fatto i capricci, perchè gli astri non obbediscono alle egoistiche pretese di una bambina, di una donna, perchè ci sono promesse che un genitore, per quanto amorevole, non può mantenere.
Eppure, forse, non tutto era ancora perduto: perchè al Devil's Nest, oltre all'impeto d'ira, oltre ai brividi d'inquietudine, aveva avvertito una vibrante percezione, sopita da tempo, appartenente al dolceamaro periodo in cui tutto, fra loro, era solo una questione di sguardi, una schermaglia di cenni, un'intesa di silenzi dialogati. Voleva dare una speranza a quella sensazione, voleva dare una speranza a se stessa, a loro due insieme, scacciando l'angoscioso presagio che si potesse trattare soltanto di un ultimo barlume d'illusione, scongiurando la nefasta eventualità di dover rimanere, sola, a raccogliere cocci infranti di un irrealizzato futuro.
Per questo, non appena Danny fece per allontanarsi ed imboccare uno dei viali che si diramavano dinanzi a loro, osò un contatto terribilmente ravvicinato, quale premergli sull'avambraccio con la mano, e lo fermò, con eccessivo trasporto: "Ti prego, non andartene.".
C'erano tutta la malinconia e la trepidazione di una donna innamorata, nelle parole non dette di quell'accorata richiesta.
A quel punto, il collega ebbe una reazione molto poco incline al suo carattere: Lindsay tremava al pensiero che il compagno liquidasse l'affermazione per mezzo di una delle sue peculiari battutine sarcastiche; invece, l'investigatore non sdrammatizzò, anzi, s'incupì e ribattè, insospettabilmente freddo: "Fa male, vero, Montana?".
Poteva zittirlo, o attaccarlo a parole, e tutto sarebbe ritornato alla desolante normalità della conversazione avuta in macchina, ore prima; oppure poteva restare ad ascoltarlo, a guardare mentre si toglieva la maschera e smetteva di nascondersi, a costo di vedersi sbattere in faccia un lato dell'evidenza che si affannava a negare, nel tentativo, forse un po' cinico, di autoassolversi dalle proprie innegabili responsabilità al riguardo. Optò per questa seconda scelta, più difficile, più giusta.
"Come ci si sente a dover restare a guardare, a doversi arrendere ad una frustrante inazione, mentre la sola ed unica persona che amiamo più della nostra stessa, inutile vita fugge, sparisce, scivola via dalle nostre dita come sabbia in un pugno dischiuso, ci abbandona senza una parola di congedo, senza una rassicurazione, senza la speranza di un domani, di un ritorno? Chi è il più vigliacco dei due, Montana, chi va via o chi rimane?".
Non gli permise d'infierire oltre, sebbene fosse nel giusto, nè tantomento lui aveva intenzione di proseguire nella propria reprimenda: ora era il suo turno di gettare fuori gli scheletri dall'armadio: "Credi forse che per me sia stato facile? Potrà esserti sembrata una fuga, ma non lo era: era una battaglia, la mia battaglia contro il mio passato, perchè dovevo saldare il debito, chiudere i conti con la vita precedente, prima di poterne iniziare una nuova, al tuo fianco. Ed il solo pensiero a sorreggermi durante quell'interminabile tuffo negli anni peggiori della mia vita era che, una volta tornata, avrei trovato te ad aspettarmi. Per questo non ti concederò una pausa di riflessione, per questo non ti permetterò di allontanarti, di allontanarmi: non abbiamo bisogno di accuse e di recriminazioni, solo che siamo troppo orgogliosi per ammetterlo.".
Aveva sproloquiato ed urlato, due atteggiamenti che non le erano del tutto consoni, ma perfettamente giustificati dalla situazione; pressochè prostrata, fisicamente ed emotivamente, concluse in un sussurro flebile e quasi impercettibile: "Quando siamo usciti da quel dannato magazzino, ho giurato a me stessa che il solo altro posto da cui ti avrei trascinato fuori claudicante e a braccetto sarebbe stata la sala del nostro pranzo di nozze. Per quanto mi sforzi, non riesco a trovare nessuna valida ragione per cui tu debba obbligarmi ad essere spergiura.".
Non lo sentì ridere subito, ma si avvide che era sul punto di farlo nel momento in cui un tremito divertito attraversò, sotto la giacca attillata, la linea delle sue spalle; quindi, il collega proruppe in una risata liberatoria, che lei avrebbe voluto poter condividere e che, al contrario di altri suoi disinvolti ed irresponsabili comportamenti nel corso della serata, non riuscì ad irritarla. L'accesso d'ilarità durò poco, poi il compagno si voltò e posò le sue iridi blu su di lei, accese dalla scodinzolante sfrontatezza dei bei tempi andati, prima di sillabare, nel modo più limpido e telegrafico possibile: "Montana, mi vuoi sposare?".
In un film, a quella topica asserzione avrebbe fatto seguito uno scrosciante tripudio di violini, oppure i rintocchi della campana di una chiesa, nascosta nell'oscurità del circondario; invece, nella banale, modesta realtà, si udirono soltanto un discreto fruscio di fronde sfiorate dalla brezza notturna ed un mugugno esterrefatto di Lindsay, troppo impegnata a ripetersi quelle quattro sorprendenti parole nella mente per mettere insieme persino un'esclamazione decente di stupore.
Danny, ormai irrefrenabile nel proprio recuperato ruolo di ironico a tempo perso, aggiunse, con serietà compunta e terribilmente comica: "Beh, è ovvio che la mia proposta non implica un'accettazione passiva e scontata; tuttavia, sappi che se mi dirai di no, andrò difilato al Devil's Nest e mi farò infliggere colpi di ventaglio da Regina Harlan finchè morte non sopraggiunga. Vuoi avere la mia giovane, promettente vita sulla coscienza, Montana?".
Recuperando una parvenza di tranquillità, la collega ribattè, sullo stesso tono: "Danny, sono semplicemente estasiata. Estasiato è un aggettivo ricercato che si utilizza per definire chi prova un'esperienza trascendente; trascendente è...".
"Montana, tu odi Lemony Snicket!" sbigottì l'investigatore, con simulata sorpresa.
"Baciami, stupido.".
Senza esitare e, nonostante le grida strazianti delle articolazioni delle proprie caviglie, Lindsay si issò sulle punte dei piedi, passò le braccia attorno al collo del compagno ed incontrò le sue labbra in un tenero bacio, un dolce, languido ritrovarsi dopo essersi a lungo smarriti e rocambolescamente cercati. E non c'erano figli di papà folli e vendicativi, pestifere principesse degli zingari in fuga, nè minacce di degrado ad avvilenti mansioni a turbare la paradisiaca beatitudine di quell'attimo. O, forse, nell'eterno fluire del cosmo, qualcosa poteva esserci.
Mentre naufragava placidamente in quell'edenico idillio, Danny Messer ricevette un'inattesa, insperata illuminazione, Nostra Signora del Cinematografo si rammentò di lui, il suo più fervente e devoto adoratore, e si palesò alla sua mente in tutto il proprio fulgido splendore celeste. Ritraendosi di malavoglia, ma con una certa concitazione agitata, domandò alla collega: "Kitty Heywood ha una passione sfrenata per i lupi, vero?".
Ancor meno entusiasta di lui per quella sgradita interruzione e senza capire dove avesse intenzione di andare a parare, Lindsay annuì, seppur con una lampante espressione interrogativa stampata sul volto, insieme ad un non indifferente scorno.
"Allora c'è un solo luogo in tutto Central Park in cui può essersi cacciata!".



"Come diamine avrà fatto a trovarlo da sola?".
"Montana, è una principessa degli zingari, non dimenticarlo.".
Dopo aver imboccato miriadi di viali sbagliati ed essersi persi svariate volte, Danny e Lindsay si ritrovarono dinanzi i due obiettivi della loro ricerca, rischiarati dai tenui bagliori di un lampione sul punto di spegnersi. Kitty, accoccolata sui talloni, stava leggendo ad alta voce, con un marcato accento rumeno e qualche comprensibile esitazione, le parole incise su una targa di metallo, tenendo il segno con un ditino.

"Dedicata all'indomabile spirito dei cani da slitta che trasportarono sul ghiaccio accidentato, attraverso acque pericolose e tormente artiche l'antitossina per seicento miglia da Nenana per il sollievo della ferita Nome nell'inverno del 1925. Resistenza -- Fedeltà -- Intelligenza."

"La statua di Balto." spiegò l'investigatore, indicando l'husky di bronzo che svettava sopra una roccia, "Mi chiedo come ho fatto a non pensarci prima.".
La collega, con un sorriso indulgente, gli concesse: "Avevi altro per la testa... Ad esempio, trovare un ottimo pretesto per farmi prendere a pugni Marcus Harlan!".
"Oh, quello non ha richiesto uno sforzo sovrumano di fantasia, anche se per un istante ho davvero temuto che mi avresti deviato il setto nasale." ridacchiò, prima che la serafica, raccapricciante confessione della compagna gli levasse il ghigno dalla faccia: "Oh, ma per un istante ho davvero pensato di farlo, tesoro.".
Come se si fosse accorta soltanto allora della loro presenza, Kitty smise di fissare con sguardo adorante la scultura del cane da slitta più famoso del mondo e si gettò a rotta di collo verso i due investigatori, aggrappandosi alle loro mani e trillando, in un inglese quasi impeccabile: "Zio Danny, Montana, leggo!".
Questo strappò loro un'affettuosa risata, poi, mentre Lindsay osservava, carezzando la testolina della piccola per complimentarsi: "Beh, allora questa orrenda serata è servita a qualcosa... A qualcos'altro...", Danny le bisbigliò, in tono sibillino: "Montana, ha i tuoi occhi.".
Sapeva cosa voleva intendere il collega con quell'affermazione: non condividevano solo il colore delle iridi, ma anche la medesima intensità dello sguardo, il medesimo fiero cipiglio; se, sull'onda delle emozioni della serata, gli avesse confessato che Kitty era pressochè la sua copia alla stessa età, sospettava che lui l'avrebbe trascinata senza esitazioni nella cappella più vicina e, a costo di buttar già dal letto il cappellano, l'avrebbe sposata sedutastante. Perciò, siccome desiderava una cerimonia un po' più animata e detestava le risoluzioni impulsive, si limitò a ribattere: "Se è per questo, ha anche il tuo modo poco ortodosso di porsi nei confronti degli estranei.".
Stavano per scadere nello squallido patetismo da epilogo di Harmony, assediati da riflessioni riguardo a quanto poteva essere promettente il presagio di aver incontrato una bambina che li riassumeva entrambi la sera in cui la crisi sentimentale si era, fortunosamente e fortunatamente, evoluta in una proposta di matrimonio, quando il tema musicale di "Profondo Rosso", unito ad un inequivocabile tremito nella tasca della giacca di Danny, annunciò lo squillo di un telefono, che il proprietario aveva indubitabilmente dimenticato di avere con sè.
"Io ti ucciderò, Messer!" borbottò semiseria Lindsay, prima di togliergli il cellulare di mano e rispondere, riconoscendo l'onnipresente numero di Don Flack.
"Linds, puoi spiegarmi per quale motivo una specie di fresatrice elettrica ha insultato tutte le donne della mia famiglia, a partire dallo sbarco della Mayflower, per la loro piccola virtù, accusando una rozza mungitrice, proprietaria del numero che avevo composto, di aver sbriciolato il naso del suo adorato fratellino?" indagò, alquanto infuriato, il detective, dando segno di placarsi soltanto quando l'investigatrice, dopo aver fatto ricorso alla propria miglior voce suadente, lo blandì: "Flack, abbiamo avuto qualche disavventura e ti giuro che, se mandi una pattuglia a recuperarci a Central Park, ti daremo montagne di spiegazioni, a partire dal modo in cui siamo riusciti a trovare Kitty Heywood sana e salva.".
"Avete trovato Kitty Heywood?!": Flack incassò il colpo, quindi bofonchiò nel ricevitore alcune assicurazioni sul fatto che presto i suoi uomini sarebbero arrivati a prenderli e riappese.
Forse quell'interminabile notte era finalmente giunta al termine, e non solo perchè deboli bagliori azzurro e arancio dell'alba incipiente iniziavano a stagliarsi attorno al profilo dei grattacieli, là dove in quella città si stabiliva la linea dell'orizzonte. Tuttavia, perchè fosse davvero il principio di una nuova giornata, bisognava che l'eclettico detective Danny Messer sfoderasse l'ultima sfaccettatura della sua poliedrica personalità, l'espressione gelosa. E così fu, quando, reimpossessandosi del telefono e guidando la compagna e la bambina lungo il viale alberato, protestò: "Montagne di spiegazioni, noi?! Lui, piuttosto, da quando è autorizzato a chiamarti impunemente Linds?".



FINE




Ok, siamo giunti proprio al termine, vedete di non piangere troppo!
Questo terzo atto è stato sofferto come la tela di Penelope, anche perchè io sono semplicemente negata a descrivere le scene romantiche (allora perchè ti ostini a ficcarne dappertutto, cretina?!).
So che vi mancheranno anche le mie care note, quindi non esito a regalarvi le ultime:
1) Marcus, Regina e Edward Harlan, insieme a Beverly Douglas, sono una mia invenzione; nel telefilm non è stato mai presentato un caso con loro come protagonisti, consideratelo una sorta di missing moment molto dilatato;
2) Ignoro il nome del signor Monroe, così come non so se Montana da piccola fosse un maschiaccio, ma, l'ho già detto, c'è molta me stessa in questo personaggio;
3) L'esistenza di uno zio Freddie è stata suggerita da Wikipedia. Se non è vero, peste colga chi ha osato scrivere una bufala del genere!
4) La scenetta delle stelle cadenti mi è stata suggerita dal mio adorato padre (e lui da piccola mi chiamava "piccolo fiore stepposo" per il mio pessimo carattere); l'avversione per il fenomeno, invece, è tutta mia, perchè non le vedo mai!
5) Tengo a chiarire che non ho alcun pregiudizio verso le mucche; invece, odio chi mi sprimaccia la faccia, chi mi ha scambiato per un maschio perchè avevo i capelli corti e chi mi chiama "Lilly";
6) Il Devil's Nest è stato recuperato dall'anime/manga FullMetal Alchemist (sapevo che mi sarei ricordata la fonte, prima o poi);
7) Sempre su Wikipedia ho letto della passione di Danny per i film; valga la maledizione di prima per l'autore dell'articolo se ciò non fosse vero.
8) L'iscrizione sulla targa della statua è stata tratta da Wikipedia ed è una traduzione più precisa di quella fornita nelle scene finali del film "Balto";
9) Non ho bisogno di spiegarvi cos'è un Harmony, vero?!


Grazie ancora a Monella e Isi, che hanno recensito, grazie a Isi e EyeOfRa, che hanno messo questa storia nei loro preferiti, grazie ha chi ha letto soltanto e a chi, magari, recensirà durante le mie ferie (o anche dopo!); tenete d'occhio questo chap per eventuali risposte ai commenti. Grazie per aver avuto la pazienza di sopportare le mie romanticherie da quattro soldi, la mia ironia british alla Jane Austen ed i miei personaggi inventati, pazzi come me, ma questi due puccini si meritano questo e altro!



Alla prossima, che prima o poi potrebbe esserci!^^*

   
 
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