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Autore: Nanek    03/02/2013    4 recensioni
Quella città, era l’album dei loro ricordi: quei posti, quei locali, avevano una traccia di loro, avevano qualcosa da ricordare, qualcosa da far tornare in mente, qualcosa che li faceva tornare indietro, nei loro ricordi, nel loro passato.
-Ti va di andare a passeggiare un po’?- gli chiese lei, abbracciandolo.
-Non è che ti affatichi troppo?- rispose lui.
-Sono incinta, non decrepita- rise lei, facendolo sorridere a quella risposta.
Si presero per mano e si avviarono per le vie di quella piccola cittadina, che lei aveva tanto odiato, ma che le aveva fatto conoscere la persona più importante della sua vita.
Passarono davanti a quella scuola, la scuola che li aveva fatti incontrare.
Lei si strinse più forte a lui; -Chi l’avrebbe mai detto che la scuola sarebbe stata utile?- chiese lui ridendo.
-Non ti viene voglia di andare a salutare la preside?- chiese lei.
-Non metterei piede dentro quella scuola per nessuna ragione al mondo.-
-Come sei gentile amore mio-
-Non mi serve più la scuola per vederti, a me basta trovarti a casa-
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

E da qui




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Lei sedeva sull’altalena.
Lo faceva sempre, sin da bambina, quando aveva bisogno di stare chiusa in se stessa, con i suoi pensieri, con i suoi interrogativi, o semplicemente con i suoi ricordi.
Era luglio, ma l’aria di quel posto sembrava sempre troppo fredda per dar libero sfogo al vento estivo che caratterizzava altre città.
Si dondolava piano, e i capelli lunghi le andavano negli occhi.

Sentì, poi, le sue mani, che si avvolsero davanti alla sua pancia, sentì il calore del suo petto sulla schiena, il calore del suo viso vicino al suo.
Le sue labbra si appoggiarono alla guancia di lei, lasciandole un piccolo bacio, quasi sussurrato, che la fece rabbrividire.
-Ti prenderai qualcosa con solo questo vestito- le sussurrava all’orecchio, cercando di ripararla.
Ma lei non diceva nulla.

Sentì lui allontanarsi, per poi appoggiarle sulle spalle la sua felpa, che lei infilò, sentendo nuovamente quel calore, invasa dal suo profumo.
-Mi dondoli un po’?- chiese lei, in un sussurro.
E lui cominciò a spingere, piano.

Guardava i suoi capelli, andare avanti e indietro, amava fissarli.
Guardava le sue gambe, che si muovevano a ritmo dell’altalena, amava quelle gambe.
Guardava quelle mani, che si tenevano alle corde dell’altalena, le sue mani magre, affusolate, che lui amava tenere intrecciate alle sue, che non avrebbe mai voluto lasciare.
Sorrideva a quella vista, sorrideva soddisfatto di esser riuscito a conquistarla, sorrideva a quella ragazza che conosceva da ormai dieci anni, e che non aveva mai smesso di amare.

La osservò mentre gli faceva cenno di smettere di spingere, e la guardò scendere con la sua solita lentezza.
Guardò i suoi occhi, che cercavano i suoi, i suoi soliti occhi blu, i soliti occhi che lo avevano fatto innamorare.
La avvolse cingendole il collo, e si misero a guardare il paesaggio.

Quella città, era l’album dei loro ricordi: quei posti, quei locali, avevano una traccia di loro, avevano qualcosa da ricordare, qualcosa da far tornare in mente, qualcosa che li faceva tornare indietro, nei loro ricordi, nel loro passato.
-Ti va di andare a passeggiare un po’?- gli chiese lei, abbracciandolo.
-Non è che ti affatichi troppo?- rispose lui.
-Sono incinta, non decrepita- rise lei, facendolo sorridere a quella risposta.
Si presero per mano e si avviarono per le vie di quella piccola cittadina, che lei aveva tanto odiato, ma che le aveva fatto conoscere la persona più importante della sua vita.

 
Passarono davanti a quella scuola, la scuola che li aveva fatti incontrare, tra quei corridoi, ed entrambi sorrisero alla vista, quel lontano primo giorno di scuola del settembre 2011 se lo ricordavano ancora, se lo ricordavano entrambi.

Lei si strinse più forte a lui; -chi l’avrebbe mai detto che la scuola sarebbe stata utile?- chiese lui ridendo.
-Non ti viene voglia di andare a salutare la preside?- chiese lei.
-Non metterei piede dentro quella scuola per nessuna ragione al mondo.-
-Come sei gentile amore mio-
-Non mi serve più la scuola per vederti Vane, a me basta trovarti a casa-  rispose lui, baciandole la fronte.

E i ricordi, per Vanessa, cominciarono a farsi sentire.

***

La crisi in Italia non risparmiava nessuno.
Il trasferimento nel paese di Mullingar era stato una benedizione per i genitori di Vanessa: il padre lavorava in una azienda che fabbricava insegne luminose, nell’ultimo periodo le cose andavano un po’ a rilento, non che stesse fallendo, ma non si poteva continuare così.
La salvezza erano stati i nuovi capi che comprarono l’azienda, persone disposte a salvare il posto di lavoro a tutti gli impiegati, disposti a non diminuire i salari ma ad una condizione: trasferimento dello stabilimento in Irlanda.

C’erano più possibilità, in Italia non c’era più futuro, la fortuna aveva sorriso loro.. queste le parole che le venivano ripetute ogni santo giorno prima di lasciare definitivamente la sua patria, i suoi amici, il suo mondo.
Si chiedeva spesso perché proprio l’Irlanda, perché un posto così desolato, triste, grigio, dove il freddo sembrava essere padrone, dove l’estate sembrava inverno e la primavera non esistesse.

Odiava quel posto, e soprattutto odiava la lingua che doveva parlare per farsi capire: certo, studiava ad un  liceo linguistico, ma l’inglese non lo digeriva per niente. Era una lingua stupida, odiosa, ma utile: come le ricordava sempre sua madre.
Ma poco importava l’utilità, lei era una tipa a senso unico: una cosa o le piaceva o poteva sparire dalla sua vista.
Ed ora lei era lì, segregata su quell’isola, lontana da tutto quello che si era costruita in 18 anni.

Potevano aspettare che finissi il liceo in Italia. Potevano almeno farmi passare l’ultima estate al caldo. Non in questo schifo .

Si ripeteva quando guardava i libri nuovi accumulati sopra la scrivania. Invece no.
9 giugno 2011, l’ultimo giorno di scuola, l’ultimo giorno in Italia. Non aveva neanche passato il suo 18esimo compleanno con i suoi amici, nulla. Poco importava. Dovevano partire. E lei doveva capire che era anche per il suo bene.
Passava le sere a piangere di nostalgia, si vergognava un po’ per il suo egoismo, in fin dei conti, le possibilità economiche rimanevano un bel punto a favore, poteva continuare a divertirsi, comprarsi vestiti e vivere normalmente.
Ma che divertimento c’era se non poteva condividerlo con i suoi amici?


 
Il primo giorno di scuola se lo ricordava fin troppo bene, tutti quegli sguardi puntati su di lei, tutte quelle persone che bisbigliavano qualcosa di incomprensibile, tutto la infastidiva.
Odiava essere guardata, odiava non capire quello che dicevano di lei, odiava quell’ambiente; Voleva urlare, voleva correre via, voleva maledirli e tornarsene in Italia a piedi se fosse stato necessario.

Però, qualcuno l’aveva presa sotto braccio e l’aveva trascinata con sé verso la presidenza, per fortuna che lui era con lei, per fortuna che lui non era rimasto in Italia, lui era il suo punto di riferimento, la sua forza, lui era il suo caro cuginetto dai capelli rossi.
Suo cugino era più piccolo di lei di un anno, ma era talmente alto da sembrare il contrario, capelli rossi e ricci, difficile da dimenticare, occhi grandi color marrone, poteva essere scambiato per un Irlandese, bianco latte e pieno di lentiggini.

Nessuna delle sue amiche lo considerava un “figo” da conoscere, lui era.. normale.. ai suoi occhi lui era solo il piccolo Alberto dal cuore d’oro, il cuginetto che abitava in campagna e che la faceva sentire protetta nei momenti di tristezza.
Si volevano bene, quasi come due fratelli, si confidavano segreti, si davano consigli, erano stretti da un legame bellissimo e forte: a volte si chiedeva come avrebbe fatto senza di lui.

E anche in quell’occasione lui l’aveva aiutata, avevano varcato insieme la porta di quella orrenda scuola di mattoni, quando la vide incerta non la lasciò sola.
Bussarono alla porta della presidenza, entrarono timorosi e con il loro strano accento dissero soltanto “buongiorno”.
La preside era seduta sulla sedia con gli occhiali appoggiati sulla punta del naso, stava mettendo a posto delle carte. I capelli grigi erano raccolti in uno chignon perfetto, nessun capello fuori posto, le labbra colorate di rosso che mettevano in risalto la pelle bianca, indossava una camicia color crema abbinata a una giacca color prugna.

Alzò lo sguardo verso i due nuovi arrivati e li invitò ad accomodarsi.
Suo cugino le diede una spinta e la fece quasi inciampare, trattennero una risata, erano dei tipi dalla risatina facile e non sempre questa caratteristica andava bene.

La preside si presentò “Miss Doyle” strinse loro la mano, li studiò per bene, e lei si sentì imbarazzata: i suoi capelli quella mattina erano un autentico disastro, se al naturale erano lunghi e mossi, quella mattina erano magicamente lisci e orribili, inoltre non avendo chiuso occhio durante la notte, aveva sotto i suoi occhi blu delle deliziose borse nere che la facevano sembrare uno zombie: la sua prima impressione non era delle migliori.
Suo cugino invece, sembrava appena uscito dal parrucchiere, i capelli ramati stavano divinamente, aveva il viso dolce e riposato e un sorriso che gli illuminava il volto. Con quel maglioncino blu poi era veramente perfetto: lui sì, che sembrava felice di essere in quel posto.

Dopo averli osservati attentamente, la preside lesse le loro cartelle scolastiche, almeno su quella non si poteva vergognare, non era male a scuola, non che fosse una secchiona, ma i suoi voti non erano proprio da buttare.

La scuola irlandese non era come quella italiana, e i due cugini lo sapevano: avevano compilato dei moduli dove venivano specificate le materie obbligatorie e quelle a scelta, in Italia la parola “scelta” in ambito scolastico, era davvero dura da trovare.
Era una scuola niente male, e lei si sarebbe abituata subito a quella lieve libertà proposta.
-Beh, che ci fate ancora qui? Avete lezione.. e siete già in ritardo- li riprese la preside sorridendo.


Vanessa guardò l’orologio, segnava le 8 e 30 a emme, sospirò.
-Io mi vergogno ad entrare in classe a quest’ora!- disse mentre il suo viso diventava sempre più rosso, e non a causa del caldo.

Suo cugino la spintonò un po’ prendendola in giro per la sua improvvisa timidezza, se lei era timida, lui poteva considerarsi il principe d’Inghilterra; era sempre stata un tipa solare, attiva, una che faceva amicizia subito, o quasi; da quando erano lì ,però, era diventata l’insicurezza fatta a persona, non era a suo agio, forse temeva di sbagliare qualcosa.

-Se vuoi ti accompagno in classe per manina, come i bambini piccoli, e dico come ti chiami va bene?-  rideva il ragazzo, la cugina intanto diventava sempre più rossa.
-Oh ma guarda chi c’è!- annunciò Alberto, voltando lo sguardo dietro di lei.

Vanessa si girò, e nel vederlo, si gettò tra le sue braccia.

-Antipatico, perché non sei venuto con noi sta mattina?- chiese lei, continuando ad avvolgere il ragazzo.
-Lo sai che forse mi interrogava di brutto in matematica, l’ho scampata per un pelo! mi spiace amore- rispose il ragazzo, lasciandole un bacio sulle labbra.

-Conor, accompagnala in classe che si vergogna come una bambina!- annunciò suo cugino, deridendola.

Conor, il ragazzo di Vanessa.

Conosciuto quell’estate, per caso, in un parco, un incontro che non si dimenticava facilmente.
-Davvero ti vergogni, amore?- le chiese dolce, fissandola mentre il viso cominciava ad arrossire.
-No, sono coraggiosa, e te lo dimostrerò- rispose la ragazza, salutandoli e incamminandosi con i loro sguardi addosso, verso la porta dell’aula che l’aspettava.
Senza pensarci due volte bussò, si sentì il viso in fiamme.

Una voce da dentro la incitava ad entrare, aprì la porta velocemente e si sentì osservata da troppi occhi; fece un passo in avanti, richiuse la porta dietro di sé per poi sorridere timidamente alla classe, facendo un cenno con la mano.
Poi guardò la prof e si presentò.
- Buongiorno, ehm, sono Vanessa, scusate il ritardo, sono nuova.. non succederà più-, la professoressa non sembrava minimamente infastidita dal suo ritardo, le sorrise e le chiese di ripetere il tutto in spagnolo.

Si limitò a dire - Buenos dìas, soy Vanessa, soy una nueva estudiante- .
Non aveva detto chissà cosa, erano due parole in croce, ma che resero felice la professoressa; solo in quel momento Vanessa notò una tipa seduta vicino alla cattedra: era bionda, capelli lisci, un ciuffo da “emo”, la camicia aperta per bene, le gambe accavallate, la stava interrogando.

La professoressa fece notare alla biondona che bell’accento e che disinvoltura possedeva la nuova arrivata, che forse poteva farsi aiutare visto che non sapeva “neanche dire il suo nome”, bene, facciamoci nuovi nemici appena arrivate, brava Vane, continua così, pensava Vanessa mordendosi il labbro.

La bionda la uccise con lo sguardo, e annunciò di voler cambiare corso, -Il francese mi aspetta, quella sì che è una materia.- si alzò e sculettando andò a sedersi.
Il viso di Vanessa era color fragola, non si aspettava che tutti si offrissero volontari per averla come compagna di banco, per questo motivo si mise in un angolo dove c’erano due banchi vuoti, vicino alla finestra, tirò fuori il quaderno e si preparò alla lezione, in attesa della campanella della ricreazione.
 

 

Note di Nanek:
cabaaaam! L’avevo detto o no che sarebbe tornata questa storia? Eccola qua!!! Mamma mamma quanto sono emozionata nessuno lo sa!
Sono emozionata sì, ho le mani che tremano, i miei occhi sono contenti di rivederla qui!

Carissima storia da quanto che ti aspettavo!! E ora, sono contenta che tu ci sia, davvero.
*persona strana che parla con la storia*
Care lettrici, ecco qui la mia vecchia gialla, che è diventata arancione, e che è stata modificata per bene dalla sottoscritta, per essere resa più carina e più adorabile/leggibile (o almeno secondo me).
La ripropongo perché io credo in lei, e perché mi mancava troppo T.T  Okay basta, è l’emozione che mi fa dire certe cose!
Carissime, poco da dire, spero vivamente che vi piaccia, che vi appassioni, e tutto quello che volete! ;) spero di trovare qualche vostra recensione, ve ne sarei grata <3

Detto ciò, aggiornerò presto! Ve lo garantisco! ;)
Un abbraccio alla Horan, e già un MASSIVE THANK YOU a chi leggerà <3

PS IMPORTANTE: PER EVITARE CONFUSIONE: QUANDO VEDETE CHE DOPO GLI ASTERISCHI *** IL TESTO CAMBIA LO STILE è UN INIZIO DI FLASHBACK!!!! :):)
Nanek
  
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