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Autore: _Lakshmi_    03/02/2013    4 recensioni
[...] ero una cosa che non avrebbe dovuto nascere: il frutto dell’unione fra uno Shinigami e un Demone
L'avventura di Pandora inizia in una grigia Londra di fine XIX secolo. Lei si trovava lì per lavoro, per scoprire qualcosa di più sulla morte di un barone. E sarà proprio qui dove incontrerà dei personaggi un po' speciali, che l'aiuteranno nei momenti più difficili (forse) e che le renderanno la vita un Inferno...
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Undertaker, William T. Spears
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Settimo Capitolo

Settimo Capitolo:

L'anima di un demone

 

Osservai con odio il vegetale non ben identificato che galleggiava nella minestra. Le mie illusioni sulla presunta cena con portate ricercate si erano letteralmente dissolte.
Fin da piccola avevo sempre opposto resistenza a William, quando forzatamente mi obbligava a mangiare la zuppa, perché essendo mezzo demone le mie papille gustative erano diverse da quelle di uno Shinigami e ingerire la sua minestra per me equivaleva a mandar giù un blocco di acqua tremendamente salata.
Purtroppo lui non riusciva a capire che i miei non erano semplici capricci, così, giorno dopo giorno, mi fece odiare l’alimento. Non riuscivo nemmeno ad avvicinare il cucchiaio alla bocca, perché il tremendo sapore  riaffiorava nella mia testa.
Eridan mi guardò divertito, facendo un sorriso dolce, come se stesse osservando una bambina che disperatamente tentava di fare qualche progresso. Eravamo seduti ai lati estremi di un lunghissimo tavolo rettangolare in vetro, piuttosto spoglio se non fosse per le rose blu poste come centrotavola.

I piatti erano poggiati sopra a delle piccole tovagliette bianche, semplici, al contrario del lavorato calice dorato, nel quale il demone non tardò a versare abbondante vino rosso scarlatto.

<< Non ti piace?>> domandò, facendo un sorriso sornione.

<< Tu... tu lo sapevi!>> esclamai << Si può sapere che vuoi dalla mia vita? Non mi stupirei se mi avessi addirittura uccisa per mettere in piedi tutta questa messinscena>>

<< Gli esperimenti possono raggiungere tre stadi di Enrage: quello chiamato comunemente soft, ovvero che la creatura non riesce più a trattenere il potere, ma comunque in modo ancora molto, molto contenuto; poi si passa all’Enrage puro, vale a dire che la potenza dell’essere raggiunge il doppio o addirittura il triplo della forza iniziale, diventando praticamente una macchina da guerra. Ma tu hai nello scontro con l’esperimento del tempo hai raggiunto direttamente l’ultimo stadio, ovvero l’Overage, cioè l’elemento a cui sei stata legata ha preso il sopravvento, dopo che hai rischiato di perdere la vita. Purtroppo, non essendo più tu a comandare il tuo cervello, sei stata sopraffatta dall’immenso potere e... il tuo corpo si è praticamente disintegrato. Era un macello sai? I tuoi muscoli non erano riusciti a reggere lo sforzo di muoversi alla velocità quasi della luce e si erano ridotti a brandelli>> poi concluse, sospirando << se non fosse stato per William e in seguito anche per Undertaker e Frederick, saresti diventata cenere. Quindi non sono stato io ad ucciderti. Tu mi hai librato dalle mie catene, io adesso ricambio il favore addestrandoti>>

Chinai lo sguardo. Osservavo la mia immagine nel pavimento di specchi che si ripeteva per centinaia e centinaia di volte, perché anche il soffitto era stato rivestito con lo stesso materiale, così come le pareti alla mia sinistra, mentre alla mia destra si trovava un’ampia finestra che dava sul giardino.
Mi sentivo sprofondare, come se con le mie azioni avessi rischiato di ferire una persona a me cara.

<< Non dirmi che ti senti in colpa>> sussurrò Eridan al mio orecchio.

Volsi lo sguardo verso di lui, verso quel demone che continuava a sorridere, seppur stessi soffrendo. Poteva un essere così apparentemente infido essere mio zio?

Non sapevo più a chi credere, a cosa credere. Dal suo racconto sembrava quasi che fossi morta per una sorta di un’autodistruzione. E forse aveva anche ragione, visto che le immagini riguardanti lo scontro con l’esperimento del tempo erano ancora vive nella mia testa, così come il dolore e la rabbia non avevano mai smesso di pulsare dentro di me.

<< La tua piccola anima vacilla>> continuò, con una voce persuasiva << Vedo i tuoi occhi spegnersi al solo pensiero di un passato ormai trascorso e irrimediabile. Sento il tuo cuore piangere mentre cerca senza successo la verità>>

Le sue dita mi sfiorarono le spalle e scesero finché non ghermirono dolcemente i lacci del corsetto e tentarono di scioglierli. Tuttavia io balzai in piedi e, senza neanche pensarci, azzardai a dargli uno schiaffo seguito poi da una serie infinita di insulti, ma lui mi fermò prima, afferrandomi il polso.
Vidi una luce, un luccichio nei suoi occhi verdi e fatui che non mi piacque affatto.
Provai a liberarmi, ma ogni mio tentativo di fuggire si reputava vano; persino quando lo colpii con una scarica elettrica, sperando almeno di ferirlo, non arrecò alcun tipo di danno.
Il mio cuore iniziò a martellare per la paura, i miei occhi erano spalancati, fermi su quella figura che ricambiava lo sguardo. Le parole rimanevano bloccate in gola, timorose di uscire.

<< Lasciami!>> urlai.

<< Perché? Tu ora sei mia, un mio piccolo balocco... il mio passatempo>> rise << Ti addestrerò, come promesso, però prima fammi divertire>>

Mi trascinò verso di sé, con forza, poi mi baciò. Era un bacio ricco di bramosia e più i secondi passavano, più venivo spinta addosso a lui, contro la mia volontà.
Non era di certo uno di quei segni d’affetto che avevo letto in svariati libri. Il suo era un qualcosa di molto più brutale, come se tutti gli anni di prigionia si riversassero in un unico gesto, il quale si tramutava inevitabilmente da dolce a inumano.
Piangevo, piangevo per la mia stupidità, piangevo per l’odio che aveva pervaso del mio cuore. Non avrei dovuto fidarmi, avrei dovuto rimanere all’Inferno a meditare sui miei sbagli.
Riuscii a staccarmi dalle sue labbra quando evocai la mia Death Scythe e la utilizzai per allontanarlo. Nemmeno quest’arma l’aveva scalfito quando avevo tentato di ferirlo ad un fianco, però perlomeno mi aveva aiutato.

<< Stammi lontano, demone>> ansimai, impugnando con entrambe le mani l’ascia bipenne.

<< Ma che bel gingillo... ti va forse di giocare?>>

Con un solo e repentino gesto della mano evocò delle mani di luce, le quali mi trapassarono, privandomi di tutte le energie. Crollai in ginocchio per terra, alzando a fatica il capo per vedere la sua immagine perdere ancor di più di nitidezza, come se la mia miopia non fosse abbastanza.
Si avvicinò, sfiorandomi il mento, avvicinando il suo viso al mio collo.
Io però riuscii ad alzarmi ugualmente, riuscendo a scansarlo, poi, barcollando, strinsi la Death Scythe e la puntai contro di lui.

<< Lilith...>> disse.

<< Pandora, io sono Pandora>> ringhiai << Non sono né Lilith, né tantomeno un tuo giocattolo. Io sono una Shinigami>>

<< Già...>> ridacchiò Eridan << Piacere, io sono Eridan, figlio di Chaos e di Lux, capo dei demoni supremi e sono anche tuo zio. Sei una creatura bizzarra, sai? Metterti contro di me...>> aggiunse, in tono scherzoso.

<< Io sarei quella pazza? Tu volevi fare cose... impure...>>

<< Mi hai fatto divertire>> sorrise, poi aggiunse prima di uscire dalla stanza << Mangia la minestra, altrimenti si raffredda... Pandora>>

Lo guardai mentre lasciava la sala. Dal suo volto cadde una lucente lacrima, la quale si scontrò con il pavimento, diventando una macchia in un mare di perfezione.
Non avevo mai visto una luminosità simile, sfiorava infatti quella pura del sole. Normalmente i demoni non mostravano i sentimenti, erano esseri subdoli, capaci soltanto di torturare gli umani.
Eppure lui sembrava diverso dagli altri, anche se mi aveva aggredita. Forse possedeva anche lui un’anima, in fondo.
A questo pensiero scossi la testa: certe volte riuscivo ad essere proprio un’ingenua, perché i demoni non avevano un’anima, per questo motivo la cercavano da chi invece ne possedeva una. Erano come degli zombie, con la differenza che questi ultimi non erano né creati dall’ombra e né possedevano una volontà propria.

<< Eridan!>> lo chiamai, prima che sparisse nei labirintici corridoi.

Lui si girò e mi guardò con un’espressione interrogativa.

<< Eridan... tu hai un’anima?>> gli domandai.

<< Tempo fa la stessa domanda me la fece Lilith, quando io, accecato dalla potenza, avevo ucciso il nostro unico figlio>> poi sospirò << comunque, purtroppo sì... se non ce l’avessi, sarei un demone libero>>

Ci fu un lungo silenzio, interrotto soltanto da uno stormo di uccelli che copriva, come se fosse una candida nuvola, la calda luce che scaldava la Terra ormai da fin troppo tempo.

<< Io sono un mostro, Pandora>>

<< I mostri non ammetterebbero mai di essere tali. Certo, se mi aggredisci un’altra volta però ti ritroverai la mia Death Scythe impiantata da qualche parte>>

Eridan si voltò verso di me, facendo un’inquietante espressione a trentadue denti. Incrociò le braccia e inclinò appena in capo, ridacchiando.

<< Davvero? Così non sarei un mostro? Bene... in tal caso... domani la sveglia è alle quattro del mattino>>

<< bastardo>> ringhiai.

No, lui non era un mostro. Lui era un demone supremo ed era infinitamente peggio.

 

Fine Settimo Capitolo!

  
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