- So casually cruel.
- Metto muto alla televisione, sentendo il telefono
squillare, e mi stiracchio in avanti per prenderlo.
- I miei gesti casuali diventano improvvisamente difficili,
come se le ossa fossero state avvolte dalla colla, quando riconosco il numero
di chi mi sta chiamando.
- Rimango un istante a guardare lo schermo. Il telefono
continua a suonare, e ora odio la suoneria che ho scelto.
- Mi riscuoto un istante, sorrido con molta più allegria di
quanto non senta, premo il tasto di risposta.
- “Ehi, ciao Jake!”
- Cerco di mostrarmi allegra e forte e spensierata, come se
fosse perfettamente normale una sua chiamata a quest’ora – cioè, a qualunque
ora. Una sua chiamata e basta.
- “Ciao Tay”, sento rispondere dall’altra parte.
- Scoppio a ridere: “E’ un po’ che non ci sentiamo. Come
stai?”
- “Bene, bene.. Sempre un po’ impegnato.”
- Rimango rigida sul divano, ignorando le strane pulsazioni
del sangue in giro per il mio corpo, lasciando che la mia voce sia più
rilassata del mio corpo. “A me lo dici!” commento scherzosa, e lo sento
sbuffare una risata di circostanza dall’altra parte.
- “Ti disturbo?”
- La mia mente compie una serie di frenetici viaggi per
cercare di capire lo scopo di quella conversazione, mentre scuoto la testa un
paio di volte, come se lui potesse vedermi. “No, no.. Dimmi pure.” Sto
guardando Grey’s Anatomy, ma lui detesta questo telefilm, e non mi va che pensi
che sono infantile, o una stupida sentimentale, quindi sorvolo.
- “No, no, nulla di specifico, mi andava di sentirti..”
- Inizio a sentirmi un po’ a disagio.
- “Dicevi che hai tanto da fare?” attacca lui, volendomi
far proseguire.
- Ci metto un’istante più del necessario a rispondere.
Decido di fare finta che non ci sia nulla di strano, e mi metto a chiacchierare
nel più allegro dei toni: “Sì, domani riparto per il tour… Ho fatto una breve
pausa, il 17 ero al Bridgestone Arena, e domani sono a Bossier City.”
- “Ah sì sì, giusto, come sta andando?”
- Inizio a tirarmi le pellicine delle unghie, intrappolando
il telefono tra l’orecchio e la spalla, e sorrido al muro. “COSI’ bene. E’
favoloso Anche se devo dire che mi mancano un po’ l’Europa e l’Asia. Però sono
contenta di essere a casa! Anche se continuo a girare come una trottola… e poi
ci sono i fan che sono.. sai, così rumorosi e in delirio, sempre, e..” Blocco
il mio cicaleccio, mentre mi colpisce il dubbio che forse la sua domanda non
era davvero quella di una persona interessata. Lui non si è mai interessato
alla mia musica, e in generale le cose commerciali e mainstream e che
richiamano un grande numero di gente tirano fuori la parte più acida e
sarcastica di lui. Mi zittisco pensando a come recuperare il discorso, ma lui
mi interrompe. “Senti, Taylor, volevo dirti una cosa.”
- Chiudo la bocca. Riprendo il telefono con la mano, cambio
posizione sul divano. “A-ha. Certo, dimmi pure.” Il tono è disinteressato,
casual, rilassato. L’esatto opposto di come mi sento dentro, dove ho le
orecchie super tirate per captare quello che sta per dirmi.
- “Ho pensato che non fossi obbligato a farlo, ma.. voglio
dire, mi è sembrata una questione di correttezza. Tu probabilmente faresti lo
stesso con me, quindi..” Lo sento nervoso, ma giuro che se non arriva al punto
lancio il telefono contro il muro. “Mi sto vedendo con una ragazza.”
- Pausa. Per un attimo non capisco. Davvero. E’ quando
riprende a parlare che il petto mi si apre per far entrare tutto il dolore del
mondo. Chiudo gli occhi, mi concentro sulla gola, in modo che non si riempia di
ragnatele che mi farebbero gracchiare la voce – o peggio, piangere.
- “Si chiama Anna, ci siamo visti solo un paio di volte ma,
sai, prima che venisse fuori da altre fonti ho pensato fosse giusto che te lo
dicessi io.”
- Rimane zitto, aspettandosi di sentirsi fare i complimenti
per questa sua straordinaria onestà.
- Mando giù il niente.
- “Ma certo.” Mi schiarisco la gola. “Woah, non me lo
aspettavo.” Rido, sento gli occhi che pizzicano. “Bene, bene, grazie mille, è
stato gentile da parte tua.” Gentile.
Grazie mille.
- Lo sento sollevato, dall’altra parte. “Figurati! Ti ripeto,
tu avresti fatto lo stesso.” Pausa. “Ti stai vedendo con qualcuno?”
- No, no, no, imbecille patentato che non sei altro. Chiudo
di nuovo gli occhi, piegandomi in avanti, non sopportando il peso delle
emozioni che ho dentro, arrivate tutte di colpo.
- “No, no” rispondo, sentendomi la voce sottile e ancora,
in un ultimo sforzo disinteressata.
- “Ah. Okay. Ecco, niente, ci tenevo solo a dirti questo.
Passa una buona serata, ciao… Stammi bene”.
- Riattacco, e nel farlo il viso mi si deforma in una
smorfia di dolore, e gli occhi pieni di lacrime iniziano a scaricarle giù per
le guance. Mi accartoccio sul divano, sentendomi come si mi avessero uccisa, in
agonia. La testa mi fa male, e vorrei solo staccarmela dal corpo, smettere di
pensare, di portare questo peso enorme di dolore.
- Le luci fuori cambiano mentre io continuo a piangere. Il
telefono squilla in lontananza ma devo averlo buttato da qualche parte.
- Non è possibile che mi tratti così. “Mi sto vedendo con
una ragazza.” “Anna.” “Tu ti stai vedendo con qualcuno?” Come può trattarmi così, con un tale
distacco, come se stesse leggendo delle frasi da un libro, piuttosto che dicendo
qualcosa di vero? Ha un’altra, ha un’altra, ha un’altra. Devo essere stupida
io, che dopo mesi sono qua che soffro così per una persona con cui ormai è
finita da tempo. Non è possibile sentire tutto questo dolore.
- Ma come può non ricordare, lui, tutto quello che c’è
stato? Come posso non ricordare io tutte le cose orribili che mi ha fatto?
Ricordarle abbastanza da permettere che oscurino tutti quei momenti in cui mi
sono sentita amata e felice e serena e spericolata.
- Se un masso mi fosse caduto addosso non avrei reagito in
maniera diversa.
- Non mi alzo per mangiare.
- Mi addormento.
- Mi sveglio dopo qualche ora.
- Mi sento vecchia e prosciugata, e sarà difficile domani
andare in scena. Al momento mi sembra addirittura impossibile. Come se potessi davvero trovare le forze per alzarmi mai
da questo divano.
- Ma come può farmi una cosa del genere. Pretendere anche
che lo ringrazi. E’ così tipico suo. Vorrei richiamarlo, urlare MI HAI UCCISA,
L’HAI CAPITO? Ma per fortuna il telefono è troppo lontano.
- Mi rimetto a piangere senza nemmeno accorgermene, mi
accorgo che Meredith mi sta leccando una caviglia, e mi sento così patetica e
disperata.
- Come può non ricordarsi tutto troppo bene?
And you called me up
again just to break me like a promise
So casually cruel
in the name of being honest
I'm a crumbled up
piece of paper lying here
Cause I remember it
all too well