Questa
storia non è stata scritta per scopi di lucro. I personaggi
non mi appartengono e non intendo dare una rappresentazione veritiera
della
realtà.
Salve a tutti! Sono tornata, dopo le vacanze estive, con questa nuova
storia.
E' il continuo di una che ho già scritto, ma non
voglio dirvi quale
altrimenti vi rovinerei la sorpresa! State tutti pronti con i
coriandoli e lo
spumante per festeggiare... no meglio di no, sarebbe troppo patetico!
XD
A proposito, durante le mie vacanze campeggianti sulle dolomiti ho
fatto un
breve salto in Austria, più precisamente a Innsbruck. Ho
comprato "Zimmer
483", versione deluxe, cioè con dvd con il making of del
video di Ubers
ende der Welt (non che me ne importasse qualcosa del dvd, ma avevano
solo questo
cd in vendita, a parte Scream che comprerò prossimamente)...
devo dire...
pensavo meglio, canzoni carine, molto pop-rock, ma credevo fossero
più...
più... grintosi!
Non vi dico altro tranne RECENSITE PLEASE e GODETEVI
Grazie, Ruby Chubb-Baggins!
GREETINGS
Sul pezzo di carta si leggeva semplicemente "Victor Hugo
Straße 185".
Nient'altro, tranne il nome di quella via. Non sapavano dove stavano
andando e
la pioggia batteva a dirotto sul parabrezza della macchina. Avevano
già
sbagliato strada ben cinque volte ed ogni volta che trovavano qualche
cristiano, musulmano, ebreo o di qualsiasi religione fosse che
passeggiava per
la strada, non curante dell'acquazzone che impeversava sulla
città, si
fermavano e gli chiedevano informazioni. Questo li guardava e, con
tutta la
naturalezza del mondo, diceva loro di tornare indietro
perchè avevano preso la
traversa sbagliata.
"Te l'avevo detto che era la terza a sinistra!", gridò
istericamente
una voce femminile.
"No! Era la quarta a destra, ne sono sicuro! Abbiamo sbagliato
dopo!", rispose l'altra voce, maschile, ancora più isterico
dell'altra.
"No! Era la terza a sinistra prima... e la quarta a destra poi!",
disse l'altra, buttando l'invito sul cruscotto e incrociando le
braccia, come
le bambine arrabbiate. Non ci poteva credere, viveva da anni in quella
città e
ora si perdeva miseramente in quel guazzabuglio di vie!
"E allora guida tu che sei tanto perfetta! Scendi e prendi il mio
posto!", fece l'altro, accostandosi improvvisamente a destra e
spegnendo
il motore.
"Non ci penso perchè se scendo mi bagno tutta!",
ribattè l'altra.
"E facciamo cambio senza uscire!"
"Assolutamente no! Ora tu rimetti in moto questo trabiccolo e mi porti
in
Victor Hugo Strasse!", disse l'altra, alzando ancora di più
il tono della
voce.
Il ragazzo ingranò la prima e premette a fondo
l'acceleratore, lasciando
l'impronta delle gomme sull'asfalto -benchè fosse
fisicamente impossibile:
pioveva a dirotto ed era bagnato, ma l'auto era partita tanto
velocemente che
aveva lasciato il fumo dietro di sè-. Impossessato dal
fantasma di un guidatore
pazzo, svoltò in alcuni sensi unici e, dopo aver rotto la
barriera del suono
tre volte, fermò l'auto, inchiodando la macchina al
suolo. La ragazza
aveva chiuso gli occhi ogni volta che qualcuno aveva suonato il clacson
contro
di loro; stringeva forte la valigetta che aveva con sè,
avendo paura che le
cadesse e che il suo prezioso contenuto si rompesse.
Durante quella pazza corsa il tempo sembrò calmarsi e la
pioggia diminuì,
lasciando spazio al grigiore intenso delle nuvole, ormai stanche di far
piovere. La strada era completamente sgombra di macchine, ancora non
era
arrivato nessuno.
"Ecco! Siamo arrivati! Scendi o ti uccido con le mie stesse mani anche
se
ieri ho fatto la manicure!", gridò il ragazzo, indicando
all'altra la
portiera al suo fianco.
Lei sbuffò, gli mostrò il dito medio e scese
dall'auto sbattendo la portiera.
Ecco dove erano diretti, una piccola chiesa, seminascosta tra le vie
della
città vecchia. Guardò l'orologio, era in ritardo
solo di mezz'ora, ma ancora
tutto aveva da cominciare. Entrò, premendo con forza contro
il portone di
legno, quasi più grande della chiesa stessa.
La facciata era molto semplice, fatta di pietre a vista e poco sopra il
portone
c'era un rosone di vetri colorati. Era una delle poche chiese romaniche
della
città ed era molto buia, un po' per la sua architettura
naturale, un poì perchè
sia la luce interna che quella esterna erano abbastanza
fioche.
In piedi, a pochi passi dall'altare, osservò il grande
cristo crocifisso appeso
a mezz'aria. Non si ricordava nemmeno l'ultima volta che era entrata in
una
chiesa, pensava che fosse stato per la morte di sua nonna quando era
piccola, o
forse per un battesimo. Era atea, completamente, così come i
suoi genitori, che
avevano deciso di non farle prendere nessuno dei sacramenti. Non capiva
niente
di religione, nè se ne era mai interessata, quel poco che
sapeva lo aveva
imparato a scuola o glielo avevano spiegato, magari durante una
conversazione
sul tema.
"Buon pomeriggio signorina, posso aiutarla?", disse una voce.
"Oh... sì, buon pomeriggio...", disse al prete
che era spuntato
improvvisamente alle sue spalle senza che lei lo avesse sentito.
"Lei deve essere qui per il matrimonio.", disse, "Ma è
parecchio
in anticipo."
"Lo so... sono la fotografa, mi chiamo Mackenzie Rosenbaum."
"Ah, benissimo, avrei dovuto capirlo, ma con questa penombra!", fece
l'uomo.
"Già... meno male che ho portato qualche luce esterna. Non
è che le
dispiace se illumino di più l'ambiente?", chiese lei con
cortesia.
"No, non si preoccupi. Può sistemarsi come vuole.", disse il
parroco.
L'attenzione di entrambi però fu attirata da dei tonfi
sordi: un ragazzo stava
trascinando 0malamente, lungo la navata, un valigia abbastanza grande e
apparentemente molto pesante.
"Hai bisogno di aiuto?", gli chiese Mac, andandogli incontro.
"Vorrei tanto dirti cosa sei ma siamo in chiesa e non posso!",
sbuffò
l'altro, lasciando cadere il suo fardello e facendolo rimbombare per
tutta la
chiesa,"Perchè invece di metterti a chiacchierare non sei
tornata ad
aiutarmi?"
"Sei un pappamolla...", disse Mac, prendendo con molta grazia e
leggerezza la valigia, che in mano all'altro sembrava fatta di piombo.
"Vuole una mano signorina?", disse il prete, accorrendo a sua volta.
"No, grazie, è solo che il mio amico non regge nemmeno il
peso di un
cocomero.", commentò lei.
Il ragazzo si mise le mani sui fianchi, spostò
elegamentemente il peso del suo
corpo sulla gamba destra e le lanciò uno sguardo tutt'altro
che amichevole. Il
prete lo guardò stranamente, poi tornò
indispettito verso la zona dell'altare,
dove già Mac aveva posato tutto il suo armamentario.
"Già...", borbottò Thiago, "Devo sempre
ricordarmi che i preti
odiano i gay... i gay come il sottoscritto!"
Andò sospirando verso Mac e l'aiutò a montare i
faretti.
"Quell'uomo già mi odia...", le disse.
"Certo che ti odia...", rispose lei, "Ti macchi di un peccato
mortale e morirai andrai dritto all'inferno, me lo hai detto tu quando
vivevi
da me."
"E tu verrai con me, ne sono sicuro...", fece lui, con una punta di
sarcasmo, "Piuttosto, vorrei sapere chi ti ha detto che stai bene con
questi capelli... così gli cucio la bocca e non ti
dirà più queste
stupidate!"
"Dacci un taglio... tu piuttosto sembri la sposa, sei tutto vestito di
bianco! ", rispose Mac, passandosi una mano sui capelli per controllare
se
tutto era a posto. Era qualche settimana che aveva quelle
treccine, un modo pratico per non doversi occupare troppo dei
capelli.
"Ma devo proprio insegnarti come acconciarti? Le treccine fissate alla
testa sono terribilmente 'out'! Non hai letto
nessuno dei miei
libri?", fece lui, mentre fermava le chiusure delle aste telescopiche
dei
faretti.
"Mi sono ben tenuta dal farlo!", fece lei ironicamente.
"Traditrice! Ma sappi che ho io le chiavi della macchina, quindi potrei
lasciarti a piedi sotto la pioggia!", la minacciò Thiago.
"E io mi metterò a cantare come Gene Kelly... I'm singing in
the
rain...", fece Mac, cantando e svolazzando intorno all'amico.
"Dai, Mac, siamo in chiesa...", fece Thiago, riacquistando un po' di
serietà e di rispetto per il luogo in cui si trovavano.
"Quanto sei bacchettone! Cantano sempre durante le messe, non posso
cantare io da sola?"
"Piuttosto,", fece il ragazzo, incrociando le braccia, "Guarda
di non sgualcire troppo quella gonna che hai... è stupenda!"
"Ci credo... è tua!", disse Mac, dandogli una pacca sulla
testa,
"Non voglio sapere quando te la sei messa, ma devo dire che sta meglio
a
me!"
"Vero... il cuoio ti dona, ti dà quel tocco così
sadomaso... e quegli stivali
al ginocchio!", prese a decantare estasiato l'abbigliamento dell'amica
di
sempre, "Tutto infiocchettato con una bella camicetta bianca, maniche a
tre quarti, aperta un po' sul petto... Se non fossi estremamente
omosessuale
avrei un paio di idee da mettere in pratica con te."
"Thiago! Siamo in chiesa...", fece Mac, chiudendo un bottone della
camicietta e dandosi le arie da giovinetta appena uscita dall'ora di
catechismo.
Doveva ammettere che Thiago non era proprio cambiato: sempre
volutamente gay
nei suoi atteggiamenti, sempre in ricerca della posa, sempre
perfettamente a
posto. Dopo la fine dell'università aveva trovato il modo di
guadagnarsi da
vivere scrivendo libri e c'era riuscito molto bene, anche meglio di
Mac; adesso
viveva felicemente nella sua natia Barcellona ma entrambi ricordavano
con
nostaglia i tempi in cui abitavano insieme e spesso, quando si
sentivano,
parlavano di come poteva essere bello riuscire a farlo di nuovo. Anche
Thiago
era sicuro che Mac non sarebbe mai cambiata: era sempre la solita
pasticciona,
combinaguai e con un sesto senso infallibile per le stupidaggini fatte
ad arte.
Per questa occasione l'aveva ospitato a casa sua, la solita in
cui avevano
vissuto insieme, e si era stupito di come, in sei anni, tutto era
ancora come
se lo ricordava. Si era lamentato con lei, le aveva detto che
quella era
una prova del fatto che lei non voleva crescere, che era rimasta ai
tempi delle
scemenze adolescenziali. Lei gli aveva risposto che tutti soldi che
guadagnava
e risparmiava non dovevano essere spesi per cose futili come la casa,
ma per
quello che a lei piaceva più di ogni altra cosa: da qualche
anno aveva
conosciuto il paracadutismo e, durante i periodi di vacanza, girava per
"Accidenti! Mi sono rotto un unghia!", esclamò Thiago,
mettendosi poi
il dito in bocca per bloccare il dolore.
"Fammi vedere...", fece lei, sfilandoglielo prontamente per
controllare il danno.
"Bonjour finezza! Sei un elefante, mi hai fatto male!",
piagnucolò
lui, liberandosi dalla presa della ragazza.
"Sei una checca... morirai all'inferno!", disse Mac, con voce
profonda e tenebrosa, tornando al montaggio dei faretti.
Quando tutto fu pronto, Mac fece alcune prove, fotografando la chiesa
per
controllare che la luce si distribuisse uniformemente nelle zone che le
interessavano: l'altare, il transetto e la prima parte
dell'unica navata
della chiesa.
"Thiago... senza fare lo scemo, mettiti qui.", fece lei, prendendolo
per la cintura dei pantaloni e portandolo davanti all'altare.
"Cioè non devo fare così?", disse il ragazzo,
mettendosi
nella famosa posizione alla Marilyn Monroe sulla grata della
metropolitana, proprio nel momento in cui Mac stava scattando la foto.
"Sì... proprio in quel modo...", si rassegnò
l'altra, riprendendo a
scattare.
"E nemmeno così?", continuò l'altro, facendo
finta di essere una
ballerina di danza classica in plié.
"Giù da lì, è una zona sacra!",
protestò immediatamente il prete,
giunto proprio in quell'istante in chiesa e vedendo il ragazzo
sconsacrare
l'altare con le sue movenze.
Thaigo, con un balzo felino, si dileguò dietro le spalle di
Mac.
"Sì.. ci scusi tanto padre....", fece lei, reprimento
l'istinto di
afferrare il cero benedetto infilato sul portacandele gigante e
romperlo in
testa a Thiago..
L'uomo, ancora indignato, se ne tornò nella sacrestia.
Mac si voltò verso l'amico ed incrociò le braccia.
"Guarda che non può lanciarti fulmini e maledizioni varie...
è solo un
prete!", gli fece.
"Sarebbe un sacrilegio maledire un ballerino perfetto come lui...",
li interruppe qualcuno, arrivato a qualche passo da loro senza farsi
sentire.
"Viva lo sposo!", esclamò Mac, posando la macchina
fotografica in
mano a Thiago ed andando verso Georg.
"E viva la fotografa!", fece l'altro, abbracciandola.
"Ma come siamo belli! Fai una giravolta prego!", disse lei, che non
aveva mai saputo immaginarlo, fino a quel momento, con un elegantissimo
vestito
nero, con tanto di cravatta e gemelli ai polsi.
"Sai, a noi interessa soprattutto il didietro!", fece Thiago,
porgendogli educatamente la mano per salutarlo, "Grazie per l'invito,
mi
piacciono così tanto i matrimoni! Anche quelli tra etero..."
"E' un piacere rivederti, Thiago.", ricambiò il gesto Georg,
"Scusate per la brevità delle informazioni ma, sapete, non
volevo
giungessero anche a persone non desiderate... Come i fotografi..."
"E ci sei riuscito, finora non ho visto nessun'altro flash che non
fosse
il mio!", disse Mac, ridendo.
"Com'è che non ci sono decorazioni, nè fiori?",
noto Thiago, "E'
un po' spoglia questa chiesa..."
"Abbiamo preferito fare le cose semplici... per adesso."", si
spiegò Georg.
"Ma almeno due margheritine! Tanto per farle accoppiare...",
piagnucolò Thiago, scontento per la poca presenza floreale
in un cos' bel
giorno.
Nel mentre che stavano ridendo per l'espressione imbronciata del
ragazzo,
alcune persone si erano avvicinate a loro e Georg fece fare
le rispettive
conoscenze. Erano i familiari più stretti suoi e della sua
fidanzata Jasmine,
che sarebbe arrivata per ultima come voleva la tradizione. Mac ne
approfittò
per fare loro qualche fotografia, ancora per trovare l'ideale
disposizione
delle luci.
"Una fotografia anche a me prego!", disse poi una voce in mezzo al
coro.
"Subito!", fece Mac, sistemando prontamente obiettivo per ritrarre un
bel primo piano di Gustav. Anche lui era tirato a lucido nel suo
smoking nero,
perfettamente in piega, non sembrava nemmeno il ragazzo che aveva
conosciuto
sei anni fa.
"Eh no, così sembrerò un mostro!",
esclamò il ragazzo,
salutandola poi con un abbraccio, "Come sta la nostra Mac? E' tanto
tempo
che non ci vediamo, ma a me sembri sempre la solita!"
"Con sei anni in più e sempre i soliti problemi!", disse
lei. Poi,
indictò accanto a lei Thiago, con un gesto della mano, "Ti
ricordi di lui,
Thiago?"
"Certo, come potrei dimenticarlo!", esclamò Gustav,
sorridendo,
"Hai fatto buon sfoggio della maglietta che ti abbiamo autografato?"
Il ragazzo lo guardò un attimo, pareva che non avesse capito
a cosa si stesse
riferendo.
"Quale maglietta?", gli domandò poi, incuriosito.
"Quella che... ma dai, quella che ci ha chiesto di fare Mac per
te...", tentò di ricordargli Gustav.
Thiago si voltò verso Mac con sguardo interessatissimo.
"Aspetta un attimo...", fece poi Gustav, capendo qual era
l'incomprensione, "La maglietta non era per Thiago... era per te Mac!
Allora alla fine sei diventata una nostra fan!"
"Calma! Calma! Calma!", si giustificò lei prontamente, "L'ho
fatta fare per ricordo, non mai stata vostra fan e mai lo
sarò!"
"Ok, stavolta te la perdono. ", disse Gustav, che rideva
così tanto
da portarsi le mani alla pancia, "Ma aspetta che lo sappiano gli
altri... Non riesco nemmeno ad immaginarmi quanto ti
prenderanno in giro
Mac!"
"Lo sanno i tuoi parenti di quella sera... in albergo? Alcol, droga and
rock'n'roll?", disse Mac, intimandogli in quel modo una possibile
rappresaglia nel caso in cui lui avesse spifferato il segreto agli
altri..
"Adesso passiamo ai ricatti?", fece Thiago, "E comunque c'è
stato anche del sesso quella sera, oltre al resto."
"Cosa?", fece Gustav, che si era distratto un attimo per salutare uno
dei presenti.
"Oh niente, ha detto solo una delle sue tante cazzate...", disse Mac,
lanciando all'amico un'occhiataccia storta.
"Vabbè... vado a salutare i familiari di Georg e di
Jasmine...",
disse il ragazzo, allontanandosi dai due.
"Sei deficiente?", disse Mac, una volta che fu abbastanza lontana
dalla piccola folla, a bassa voce.
"Cosa ho detto di male?", fece l'altro.
"Non ti è passato per l'anticamera del cervello che forse
loro non sanno
niente di quello che è successo veramente quella sera?"
Thiago si portò la mano alla bocca.
"Scusami... non pensavo che fossero così tardi di
comprendonio. E comunque
non credo che siano completamente all'oscuro, come dici tu. Magari non
aveva
semplicemente capito la mia allusione..."
"Sia come sia, ma non menzionare assolutamente quel fatto...
soprattutto
al matrimonio di Georg!", esclamò Mac.
La tensione stava salendo tra gli invitati, mancavano pochi minuti
all'arrivo
della sposa e Georg se ne stava già nervosamente in attesa
davanti all'altare,
mentre il prete dave le ultime istruzioni ai suoi bambini cherichetti.
Alla sua
destra c'era Gustav, il suo testimone, mentre a sinistra c'era una
ragazza
mora, la testimone della sposa.
"Pensa che a sette anni l'ho fatto anche io il cherichetto...", disse
Thiago, sottovoce a Mac. Anche loro, in disparte, aspettavano l'inizio
della
cerimonia.
"Non mi dire....", fece lei, con grande stupore.
"Sì... poi ho cercato di baciare il mio compagno e il prete
mi ha buttato
fuori dalla chiesa a calci nel mio bellissimo deretano!", fece lui,
dandosi una rapida occhiata al sedere.
"Se lo chiami deretano perde tutto il suo fascino...", disse Mac. Poi
si sporse sulle punte dei piedi, come se cercasse qualcosa con lo
sguardo.
"Ancora mancano Chico e Grougho Marx...", fece la ragazza, alludendo
ai due fratelli Kaulitz, "Chissà come si sono
conciati per un evento
del genere..."
"Guarda come mi cadono bene questi pantaloni... proprio un
bel
deretano..", disse Thiago, che naturalmente non aveva ascoltato una
singola parola detta da Mac, totalmente assorto nell'adorazione del suo
sedere/deretano.
All'improvviso, un rumore sordo riempì la navata della
chiesa e fece sussultare
tutti gli invitati, seduti sui loro scranni. Tutti, voltatisi verso
l'uscita
della chiesa, videro i ritardatati appena citati da Mac entrare
nell'edificio
con qualche difficoltà.
Furono capaci di aprire il portone, ma uno dei due scivolò
in avanti, cadendo
nelle braccia dell'altro e facendo ancora più rumore.
Georg, che aveva capito subito l'anitofona, andò verso di
loro per recuperarli.
"Siete in ritardo!", disse loro, abbastanza ad alta voce per essere
sentito da tutti. Accompagnato dai due circensi, Georg riprese il suo
posto
davanti all'altare.
"Gesù...", esclamò Mac vedendoli.
Poteva comprendere che lo sposo avesse deciso di vestirsi propriamente
per il
giorno più importante per la sua vita.
Poteva anche riuscire ad accettare la vista di Gustav con quello
smoking
che Thiago aveva individuato come una sicura opera d'arte dei
due stilisti
gay italiani più famosi nel mondo.
Ma ancora non riusciva a capire come riuscissero i fratelli Kaulitz ad
essersi
presentati in quel modo...
Erano veramente originali! Riuscivano ad indossare la giacca di un
frac, con
una lunga coda a pinguino, sopra ad una t-shirt e ad un paio di jeans.
Tom si
sedette tra gli invitati, salutando tutti con un cenno di mano, mentre
Bill
passò velocemente alle spalle di Mac e di Thiago, senza
accorgersi della loro
presenza, per andare a sedersi davanti ad un piccolo organo.
"Già hanno insultato il buon gusto vestendosi come dei
deficienti...
poi quello mi si siede anche sopra la coda del frac!!",
esclamò Thiago,
andando indispettito a rimediare all'errore di Bill, che non si era
minimamente
preoccupato di scansare lo strascico del proprio vestito prima di
sedercisi
sopra.
Gli picchiettò sulle spalle mentre Bill si scaldava le mani
sui tasti dello
strumenti.
"Metti giù quelle chiappe secche dalla coda del frac!", gli
disse,
sorridendogli.
Il ragazzo lo guardò un attimo, poi ricambiò.
"Tu devi essere quel pazzo di Thiago!", fece, alzandosi e dandogli la
mano.
"Sì... sono proprio io! Scusami, ma mi stavo veramente
sentendo male per
il tuo vestito!", gli fece, spiegandogli il motivo per cui gli era
balzato
così repentinamente alle spalle.
"E Mac dov'è?", gli chiese.
"E' là, dietro di me... ma non provare più a
vestirti in questo
modo..."
Bill salutò la ragazza con un cenno di mano per poi tornare
a sedersi, nella
maniera più appropriata per un indossatore di frac, e
riprendere il suo
compito. Averbbe parlato con lei dopo, la sposa stava per arrivare.