Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Ricorda la storia  |       
Autore: RubyChubb    26/08/2007    6 recensioni
Sul pezzo di carta si leggeva "Victor Hugo Straße 185" semplicemente. Nient'altro, tranne il nome di quella via. Non sapavano dove stavano andando e la pioggia batteva a dirotto sul parabrezza della macchina.... Ecco la mia nuova Fiction sui Tokio Hotel! Pensavo di pubblicarla a settembre ma... è già pronta!!!!
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Life, Love and Hate by Tom and Mac' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Questa storia non è stata scritta per scopi di lucro. I personaggi non mi appartengono e non intendo dare una rappresentazione veritiera della realtà.

Salve a tutti! Sono tornata, dopo le vacanze estive, con questa nuova storia. E' il continuo di una  che ho già scritto, ma non voglio dirvi quale altrimenti vi rovinerei la sorpresa! State tutti pronti con i coriandoli e lo spumante per festeggiare... no meglio di no, sarebbe troppo patetico! XD
A proposito, durante le mie vacanze campeggianti sulle dolomiti ho fatto un breve salto in Austria, più precisamente a Innsbruck. Ho comprato "Zimmer 483", versione deluxe, cioè con dvd con il making of del video di Ubers ende der Welt (non che me ne importasse qualcosa del dvd, ma avevano solo questo cd in vendita, a parte Scream che comprerò prossimamente)... devo dire... pensavo meglio, canzoni carine, molto pop-rock, ma credevo fossero più... più... grintosi!

Non vi dico altro tranne RECENSITE PLEASE e GODETEVI LA LETTURA!
Grazie, Ruby Chubb-Baggins!

GREETINGS



Sul pezzo di carta si leggeva semplicemente "Victor Hugo Straße 185". Nient'altro, tranne il nome di quella via. Non sapavano dove stavano andando e la pioggia batteva a dirotto sul parabrezza della macchina. Avevano già sbagliato strada ben cinque volte ed ogni volta che trovavano qualche cristiano, musulmano, ebreo o di qualsiasi religione fosse che passeggiava per la strada, non curante dell'acquazzone che impeversava sulla città, si fermavano e gli chiedevano informazioni. Questo li guardava e, con tutta la naturalezza del mondo, diceva loro di tornare indietro perchè avevano preso la traversa sbagliata.
"Te l'avevo detto che era la terza a sinistra!", gridò istericamente una voce femminile.
"No! Era la quarta a destra, ne sono sicuro! Abbiamo sbagliato dopo!", rispose l'altra voce, maschile, ancora più isterico dell'altra.
"No! Era la terza a sinistra prima... e la quarta a destra poi!", disse l'altra, buttando l'invito sul cruscotto e incrociando le braccia, come le bambine arrabbiate. Non ci poteva credere, viveva da anni in quella città e ora si perdeva miseramente in quel guazzabuglio di vie!
"E allora guida tu che sei tanto perfetta! Scendi e prendi il mio posto!", fece l'altro, accostandosi improvvisamente a destra e spegnendo il motore.
"Non ci penso perchè se scendo mi bagno tutta!", ribattè l'altra.
"E facciamo cambio senza uscire!"
"Assolutamente no! Ora tu rimetti in moto questo trabiccolo e mi porti in Victor Hugo Strasse!", disse l'altra, alzando ancora di più il tono della voce.
Il ragazzo ingranò la prima e premette a fondo l'acceleratore, lasciando l'impronta delle gomme sull'asfalto -benchè fosse fisicamente impossibile: pioveva a dirotto ed era bagnato, ma l'auto era partita tanto velocemente che aveva lasciato il fumo dietro di sè-. Impossessato dal fantasma di un guidatore pazzo, svoltò in alcuni sensi unici e, dopo aver rotto la barriera del suono tre volte, fermò l'auto, inchiodando la macchina al suolo. La ragazza aveva chiuso gli occhi ogni volta che qualcuno aveva suonato il clacson contro di loro; stringeva forte la valigetta che aveva con sè, avendo paura che le cadesse e che il suo prezioso contenuto si rompesse.
Durante quella pazza corsa il tempo sembrò calmarsi e la pioggia diminuì, lasciando spazio al grigiore intenso delle nuvole, ormai stanche di far piovere. La strada era completamente sgombra di macchine, ancora non era arrivato nessuno.
"Ecco! Siamo arrivati! Scendi o ti uccido con le mie stesse mani anche se ieri ho fatto la manicure!", gridò il ragazzo, indicando all'altra la portiera al suo fianco.
Lei sbuffò, gli mostrò il dito medio e scese dall'auto sbattendo la portiera. Ecco dove erano diretti, una piccola chiesa, seminascosta tra le vie della città vecchia. Guardò l'orologio, era in ritardo solo di mezz'ora, ma ancora tutto aveva da cominciare. Entrò, premendo con forza contro il portone di legno, quasi più grande della chiesa stessa.
La facciata era molto semplice, fatta di pietre a vista e poco sopra il portone c'era un rosone di vetri colorati. Era una delle poche chiese romaniche della città ed era molto buia, un po' per la sua architettura naturale, un poì perchè sia la luce interna che quella esterna erano abbastanza fioche. 
In piedi, a pochi passi dall'altare, osservò il grande cristo crocifisso appeso a mezz'aria. Non si ricordava nemmeno l'ultima volta che era entrata in una chiesa, pensava che fosse stato per la morte di sua nonna quando era piccola, o forse per un battesimo. Era atea, completamente, così come i suoi genitori, che avevano deciso di non farle prendere nessuno dei sacramenti. Non capiva niente di religione, nè se ne era mai interessata, quel poco che sapeva lo aveva imparato a scuola o glielo avevano spiegato, magari durante una conversazione sul tema.
"Buon pomeriggio signorina, posso aiutarla?", disse una voce.
"Oh... sì, buon pomeriggio...", disse al prete che era spuntato improvvisamente alle sue spalle senza che lei lo avesse sentito.
"Lei deve essere qui per il matrimonio.", disse, "Ma è parecchio in anticipo."
"Lo so... sono la fotografa, mi chiamo Mackenzie Rosenbaum."
"Ah, benissimo, avrei dovuto capirlo, ma con questa penombra!", fece l'uomo.
"Già... meno male che ho portato qualche luce esterna. Non è che le dispiace se illumino di più l'ambiente?", chiese lei con cortesia.
"No, non si preoccupi. Può sistemarsi come vuole.", disse il parroco.
L'attenzione di entrambi però fu attirata da dei tonfi sordi: un ragazzo stava trascinando 0malamente, lungo la navata, un valigia abbastanza grande e apparentemente molto pesante.
"Hai bisogno di aiuto?", gli chiese Mac, andandogli incontro.
"Vorrei tanto dirti cosa sei ma siamo in chiesa e non posso!", sbuffò l'altro, lasciando cadere il suo fardello e facendolo rimbombare per tutta la chiesa,"Perchè invece di metterti a chiacchierare non sei tornata ad aiutarmi?"
"Sei un pappamolla...", disse Mac, prendendo con molta grazia e leggerezza la valigia, che in mano all'altro sembrava fatta di piombo.
"Vuole una mano signorina?", disse il prete, accorrendo a sua volta.
"No, grazie, è solo che il mio amico non regge nemmeno il peso di un cocomero.", commentò lei.
Il ragazzo si mise le mani sui fianchi, spostò elegamentemente il peso del suo corpo sulla gamba destra e le lanciò uno sguardo tutt'altro che amichevole. Il prete lo guardò stranamente, poi tornò indispettito verso la zona dell'altare, dove già Mac aveva posato tutto il suo armamentario.
"Già...", borbottò Thiago, "Devo sempre ricordarmi che i preti odiano i gay... i gay come il sottoscritto!"
Andò sospirando verso Mac e l'aiutò a montare i faretti.
"Quell'uomo già mi odia...", le disse.
"Certo che ti odia...", rispose lei, "Ti macchi di un peccato mortale e morirai andrai dritto all'inferno, me lo hai detto tu quando vivevi da me."
"E tu verrai con me, ne sono sicuro...", fece lui, con una punta di sarcasmo, "Piuttosto, vorrei sapere chi ti ha detto che stai bene con questi capelli... così gli cucio la bocca e non ti dirà più queste stupidate!"
"Dacci un taglio... tu piuttosto sembri la sposa, sei tutto vestito di bianco! ", rispose Mac, passandosi una mano sui capelli per controllare se tutto era a posto. Era qualche settimana che aveva quelle treccine, un modo pratico per non doversi occupare troppo dei capelli.
"Ma devo proprio insegnarti come acconciarti? Le treccine fissate alla testa sono terribilmente 'out'! Non hai letto nessuno dei miei libri?", fece lui, mentre fermava le chiusure delle aste telescopiche dei faretti.
"Mi sono ben tenuta dal farlo!", fece lei ironicamente.
"Traditrice! Ma sappi che ho io le chiavi della macchina, quindi potrei lasciarti a piedi sotto la pioggia!", la minacciò Thiago.
"E io mi metterò a cantare come Gene Kelly... I'm singing in the rain...", fece Mac, cantando e svolazzando intorno all'amico.
"Dai, Mac, siamo in chiesa...", fece Thiago, riacquistando un po' di serietà e di rispetto per il luogo in cui si trovavano.
"Quanto sei bacchettone! Cantano sempre durante le messe, non posso cantare io da sola?"
"Piuttosto,", fece il ragazzo, incrociando le braccia, "Guarda di non sgualcire troppo quella gonna che hai... è stupenda!"
"Ci credo... è tua!", disse Mac, dandogli una pacca sulla testa, "Non voglio sapere quando te la sei messa, ma devo dire che sta meglio a me!"
"Vero... il cuoio ti dona, ti dà quel tocco così sadomaso... e quegli stivali al ginocchio!", prese a decantare estasiato l'abbigliamento dell'amica di sempre, "Tutto infiocchettato con una bella camicetta bianca, maniche a tre quarti, aperta un po' sul petto... Se non fossi estremamente omosessuale avrei un paio di idee da mettere in pratica con te."
"Thiago! Siamo in chiesa...", fece Mac, chiudendo un bottone della camicietta e dandosi le arie da giovinetta appena uscita dall'ora di catechismo.
Doveva ammettere che Thiago non era proprio cambiato: sempre volutamente gay nei suoi atteggiamenti, sempre in ricerca della posa, sempre perfettamente a posto. Dopo la fine dell'università aveva trovato il modo di guadagnarsi da vivere scrivendo libri e c'era riuscito molto bene, anche meglio di Mac; adesso viveva felicemente nella sua natia Barcellona ma entrambi ricordavano con nostaglia i tempi in cui abitavano insieme e spesso, quando si sentivano, parlavano di come poteva essere bello riuscire a farlo di nuovo. Anche Thiago era sicuro che Mac non sarebbe mai cambiata: era sempre la solita pasticciona, combinaguai e con un sesto senso infallibile per le stupidaggini fatte ad arte. Per questa occasione l'aveva ospitato a casa sua, la solita in cui avevano vissuto insieme, e si era stupito di come, in sei anni, tutto era ancora come se lo ricordava.  Si era lamentato con lei, le aveva detto che quella era una prova del fatto che lei non voleva crescere, che era rimasta ai tempi delle scemenze adolescenziali. Lei gli aveva risposto che tutti soldi che guadagnava e risparmiava non dovevano essere spesi per cose futili come la casa, ma per quello che a lei piaceva più di ogni altra cosa: da qualche anno aveva conosciuto il paracadutismo e, durante i periodi di vacanza, girava per la Germania con un gruppo di pazzi come lei, in cerca di zone adatte per praticarlo. Thiago ancora non capiva cosa c'era di piacevole, per lui lo sport più pericoloso era mangiare le minestre e le zuppe senza macchiarsi!
"Accidenti! Mi sono rotto un unghia!", esclamò Thiago, mettendosi poi il dito in bocca per bloccare il dolore.
"Fammi vedere...", fece lei, sfilandoglielo prontamente per controllare il danno.
"Bonjour finezza! Sei un elefante, mi hai fatto male!", piagnucolò lui, liberandosi dalla presa della ragazza.
"Sei una checca... morirai all'inferno!", disse Mac, con voce profonda e tenebrosa, tornando al montaggio dei faretti.

Quando tutto fu pronto, Mac fece alcune prove, fotografando la chiesa per controllare che la luce si distribuisse uniformemente nelle zone che le interessavano:  l'altare, il transetto e la prima parte dell'unica navata della chiesa.
"Thiago... senza fare lo scemo, mettiti qui.", fece lei, prendendolo per la cintura dei pantaloni e portandolo davanti all'altare.
"Cioè non devo fare così?", disse il ragazzo, mettendosi nella famosa posizione alla Marilyn Monroe sulla grata della metropolitana, proprio nel momento in cui Mac stava scattando la foto.
"Sì... proprio in quel modo...", si rassegnò l'altra, riprendendo a scattare.
"E nemmeno così?", continuò l'altro, facendo finta di essere una ballerina di danza classica in plié.
"Giù da lì, è una zona sacra!", protestò immediatamente il prete, giunto proprio in quell'istante in chiesa e vedendo il ragazzo sconsacrare l'altare con le sue movenze.
Thaigo, con un balzo felino, si dileguò dietro le spalle di Mac.
"Sì.. ci scusi tanto padre....", fece lei, reprimento l'istinto di afferrare il cero benedetto infilato sul portacandele gigante e romperlo in testa a Thiago..
L'uomo, ancora indignato, se ne tornò nella sacrestia.
Mac si voltò verso l'amico ed incrociò le braccia.
"Guarda che non può lanciarti fulmini e maledizioni varie... è solo un prete!", gli fece.
"Sarebbe un sacrilegio maledire un ballerino perfetto come lui...", li interruppe qualcuno, arrivato a qualche passo da loro senza farsi sentire.
"Viva lo sposo!", esclamò Mac, posando la macchina fotografica in mano a Thiago ed andando verso Georg.
"E viva la fotografa!", fece l'altro, abbracciandola.
"Ma come siamo belli! Fai una giravolta prego!", disse lei, che non aveva mai saputo immaginarlo, fino a quel momento, con un elegantissimo vestito nero, con tanto di cravatta e gemelli ai polsi.
"Sai, a noi interessa soprattutto il didietro!", fece Thiago, porgendogli educatamente la mano per salutarlo, "Grazie per l'invito, mi piacciono così tanto i matrimoni! Anche quelli tra etero..."
"E' un piacere rivederti, Thiago.", ricambiò il gesto Georg, "Scusate per la brevità delle informazioni ma, sapete, non volevo giungessero anche a persone non desiderate... Come i fotografi..."
"E ci sei riuscito, finora non ho visto nessun'altro flash che non fosse il mio!", disse Mac, ridendo.
"Com'è che non ci sono decorazioni, nè fiori?", noto Thiago, "E' un po' spoglia questa chiesa..."
"Abbiamo preferito fare le cose semplici... per adesso."", si spiegò Georg.
"Ma almeno due margheritine! Tanto per farle accoppiare...", piagnucolò Thiago, scontento per la poca presenza floreale in un cos' bel giorno.
Nel mentre che stavano ridendo per l'espressione imbronciata del ragazzo, alcune persone si erano avvicinate a loro e Georg fece fare  le rispettive conoscenze. Erano i familiari più stretti suoi e della sua fidanzata Jasmine, che sarebbe arrivata per ultima come voleva la tradizione. Mac ne approfittò per fare loro qualche fotografia, ancora per trovare l'ideale disposizione delle luci.
"Una fotografia anche a me prego!", disse poi una voce in mezzo al coro.
"Subito!", fece Mac, sistemando prontamente obiettivo per ritrarre un bel primo piano di Gustav. Anche lui era tirato a lucido nel suo smoking nero, perfettamente in piega, non sembrava nemmeno il ragazzo che aveva conosciuto sei anni fa.
"Eh no, così sembrerò un mostro!", esclamò il ragazzo, salutandola poi con un abbraccio, "Come sta la nostra Mac? E' tanto tempo che non ci vediamo, ma a me sembri sempre la solita!"
"Con sei anni in più e sempre i soliti problemi!", disse lei. Poi, indictò accanto a lei Thiago, con un gesto della mano, "Ti ricordi di lui, Thiago?"
"Certo, come potrei dimenticarlo!", esclamò Gustav, sorridendo, "Hai fatto buon sfoggio della maglietta che ti abbiamo autografato?"
Il ragazzo lo guardò un attimo, pareva che non avesse capito a cosa si stesse riferendo.
"Quale maglietta?", gli domandò poi, incuriosito.
"Quella che... ma dai, quella che ci ha chiesto di fare Mac per te...", tentò di ricordargli Gustav.
Thiago si voltò verso Mac con sguardo interessatissimo.
"Aspetta un attimo...", fece poi Gustav, capendo qual era l'incomprensione, "La maglietta non era per Thiago... era per te Mac! Allora alla fine sei diventata una nostra fan!"
"Calma! Calma! Calma!", si giustificò lei prontamente, "L'ho fatta fare per ricordo, non mai stata vostra fan e mai lo sarò!"
"Ok, stavolta te la perdono. ", disse Gustav, che rideva così tanto da portarsi le mani alla pancia, "Ma aspetta che lo sappiano gli altri... Non riesco nemmeno ad immaginarmi quanto ti prenderanno in giro Mac!"
"Lo sanno i tuoi parenti di quella sera... in albergo? Alcol, droga and rock'n'roll?", disse Mac, intimandogli in quel modo una possibile rappresaglia nel caso in cui lui avesse spifferato il segreto agli altri..
"Adesso passiamo ai ricatti?", fece Thiago, "E comunque c'è stato anche del sesso quella sera, oltre al resto."
"Cosa?", fece Gustav, che si era distratto un attimo per salutare uno dei presenti.
"Oh niente, ha detto solo una delle sue tante cazzate...", disse Mac, lanciando all'amico un'occhiataccia storta.
"Vabbè... vado a salutare i familiari di Georg e di Jasmine...", disse il ragazzo, allontanandosi dai due.
"Sei deficiente?", disse Mac, una volta che fu abbastanza lontana dalla piccola folla, a bassa voce.
"Cosa ho detto di male?", fece l'altro.
"Non ti è passato per l'anticamera del cervello che forse loro non sanno niente di quello che è successo veramente quella sera?"
Thiago si portò la mano alla bocca.
"Scusami... non pensavo che fossero così tardi di comprendonio. E comunque non credo che siano completamente all'oscuro, come dici tu. Magari non aveva semplicemente capito la mia allusione..."
"Sia come sia, ma non menzionare assolutamente quel fatto... soprattutto al matrimonio di Georg!", esclamò Mac.


La tensione stava salendo tra gli invitati, mancavano pochi minuti all'arrivo della sposa e Georg se ne stava già nervosamente in attesa davanti all'altare, mentre il prete dave le ultime istruzioni ai suoi bambini cherichetti. Alla sua destra c'era Gustav, il suo testimone, mentre a sinistra c'era una ragazza mora, la testimone della sposa.
"Pensa che a sette anni l'ho fatto anche io il cherichetto...", disse Thiago, sottovoce a Mac. Anche loro, in disparte, aspettavano l'inizio della cerimonia.
"Non mi dire....", fece lei, con grande stupore.
"Sì... poi ho cercato di baciare il mio compagno e il prete mi ha buttato fuori dalla chiesa a calci nel mio bellissimo deretano!", fece lui, dandosi una rapida occhiata al sedere.
"Se lo chiami deretano perde tutto il suo fascino...", disse Mac. Poi si sporse sulle punte dei piedi, come se cercasse qualcosa con lo sguardo. "Ancora mancano Chico e Grougho Marx...", fece la ragazza, alludendo ai due fratelli Kaulitz, "Chissà come si sono conciati per un evento del genere..."
 "Guarda come mi cadono bene questi pantaloni... proprio un bel deretano..", disse Thiago, che naturalmente non aveva ascoltato una singola parola detta da Mac, totalmente assorto nell'adorazione del suo sedere/deretano.
All'improvviso, un rumore sordo riempì la navata della chiesa e fece sussultare tutti gli invitati, seduti sui loro scranni. Tutti, voltatisi verso l'uscita della chiesa, videro i ritardatati appena citati da Mac entrare nell'edificio con qualche difficoltà.
Furono capaci di aprire il portone, ma uno dei due scivolò in avanti, cadendo nelle braccia dell'altro e facendo ancora più rumore.
Georg, che aveva capito subito l'anitofona, andò verso di loro per recuperarli.
"Siete in ritardo!", disse loro, abbastanza ad alta voce per essere sentito da tutti. Accompagnato dai due circensi, Georg riprese il suo posto davanti all'altare.
"Gesù...", esclamò Mac vedendoli.
Poteva comprendere che lo sposo avesse deciso di vestirsi propriamente per il giorno più importante per la sua vita.
Poteva anche riuscire ad accettare la vista di Gustav con quello smoking che Thiago aveva individuato come una sicura opera d'arte dei due stilisti gay italiani più famosi nel mondo.
Ma ancora non riusciva a capire come riuscissero i fratelli Kaulitz ad essersi presentati in quel modo...
Erano veramente originali! Riuscivano ad indossare la giacca di un frac, con una lunga coda a pinguino, sopra ad una t-shirt e ad un paio di jeans. Tom si sedette tra gli invitati, salutando tutti con un cenno di mano, mentre Bill passò velocemente alle spalle di Mac e di Thiago, senza accorgersi della loro presenza, per andare a sedersi davanti ad un piccolo organo.
"Già hanno insultato il buon gusto vestendosi come dei deficienti...  poi quello mi si siede anche sopra la coda del frac!!", esclamò Thiago, andando indispettito a rimediare all'errore di Bill, che non si era minimamente preoccupato di scansare lo strascico del proprio vestito prima di sedercisi sopra.
Gli picchiettò sulle spalle mentre Bill si scaldava le mani sui tasti dello strumenti.
"Metti giù quelle chiappe secche dalla coda del frac!", gli disse, sorridendogli.
Il ragazzo lo guardò un attimo, poi ricambiò.
"Tu devi essere quel pazzo di Thiago!", fece, alzandosi e dandogli la mano.
"Sì... sono proprio io! Scusami, ma mi stavo veramente sentendo male per il tuo vestito!", gli fece, spiegandogli il motivo per cui gli era balzato così repentinamente alle spalle.
"E Mac dov'è?", gli chiese.
"E' là, dietro di me... ma non provare più a vestirti in questo modo..."
Bill salutò la ragazza con un cenno di mano per poi tornare a sedersi, nella maniera più appropriata per un indossatore di frac, e riprendere il suo compito. Averbbe parlato con lei dopo, la sposa stava per arrivare.

 

   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: RubyChubb