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Autore: deba    04/02/2013    11 recensioni
Isabella Swan è qualcosa di più di un essere umano, ma non sa di preciso cosa. E' cresciuta da sola e nessuno le ha mai spiegato cos'è realmente. Vive nascosta nel mondo degli umani, fino a quando nella cittadina di Forks arriva una strana famiglia.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angela, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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18

Non mi sono resa conto, eppure manca davvero poco alla fine della storia. 

Vi adoro, grazie per aver seguito fino a qui. Siete tutti importanti, voi che leggette, e soprattutto voi che recensite, 

dandomi spunti per la mia storia.

vi chiedo scusa per il ritardo, ed ora: BUONA LETTURA!! <3

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Capitolo 18

***

 

 

 

Quando io ed Edward tornammo in casa Denali, trovammo tutti riuniti nel salone, l’atmosfera era molto simile ad una veglia funebre.

Li osservai uno ad uno e non potei non notare come le facce appartenenti al clan Denali fossero diverse dalle altre. Nei Cullen leggevo preoccupazione e timore, negli altri sconforto e colpevolezza. Qualcosa li stava dilaniando dentro e non potei non pensare a Tanya.

“Ditemi che non è vero! No! Dannazione!”

Edward se ne era uscito con quella frase ringhiando, scaraventando il tavolino da the sull’albero di natale, distruggendo tutto. Poi Strinse le sue mani in pugni, le nocche se possibile, erano ancora più bianche, mentre fissava Alice con una furia che mai gli avevo visto addosso. Sicuramente aveva letto nella sua mente l’accaduto e mi spaventava la sua reazione, sembrava che stesse per attaccare sua sorella ed ero certa, che lei non poteva avere colpa e sarebbe stata il suo capro espiatorio.

Mi avvicinai a lui e strinsi una sua mano nella mia, si rilassò, ma non quel tanto che speravo.

Buffo, non potei non perdermi a ripensare a pochi minuti prima, dove tutta quella tensione non c’era, dove stavamo per vivere un sogno, infranto sul più bello. Quando lui aveva chiuso la telefonata di Alice, si era alzato, rimettendosi l’anello in tasca. Non lo dissi, ma mi fece male quel gesto, come una porta aperta dalla quale vedi il paradiso e che ti viene chiusa in faccia, dopo averti fatto assaggiare l’illusione di potervi accedere. Forse aveva intuito il mio stato d’animo o forse no, tuttavia mi accarezzò una guancia, dicendomi che avremmo ripreso il discorso dopo aver affrontato la questione, ma sia io che lui, sapevamo benissimo che non sarebbe stato così semplice ed ora quelle facce me lo stavano confermando e la sua reazione, rassegnare.

“Cosa sta succedendo? Centra … Tanya?”

Tutti a quel nome sussultarono. La risposta era palese. Edward si prese la testa tra le mani e si sedette sul primo gradino delle scale che portavano al piano superiore. Lo conoscevo abbastanza bene da sapere, che qualsiasi cosa stesse accadendo, lui si sentiva colpevole.

Alice mi prese una mano e mi guardava con uno sguardo vitreo da raggelarmi il sangue. La sua voce solitamente allegra era spettrale e apatica.

“Degli amici di Jasper, che si trovavano nell’Europa Occidentale, hanno incontrato dei nomadi, i quali hanno riferito loro che i Cullen … noi, stiamo nascondendo un essere diverso dalla razza dei vampiri e da quella degli umani, tu. Pare che Tanya abbia parlato di te e soprattutto della tua natura in giro e beh, vedi, i vampiri centenari sono ghiotti di notizie come queste e sanno diventare dei veri pettegoli disgustosi. La nostra velocità non aiuta affatto e la notizia si è sparsa molto velocemente.”

Ma bene. Ero diventata il gossip numero uno nella Gazzetta del Vampiro.

Il suo sguardo si era fatto più vitreo ed Edward si stava dondolando in modo maniacale.

“Non è tutto, vero?”

Lei abbassò il capo triste.

“No!”

Europa uguale Italia.

Italia uguale Volturi.

Ma certo, era questo il problema di fondo. Il nostro timore più grande infine si era realizzato e il più anticipatamente possibile.

“La notizia è arrivata anche a loro, vero?”

Non servì pronunciare il loro nome, tutti rabbrividirono visibilmente solo accennando a loro. Era come trovarsi in Harry Potter mentre si parlava di colui che non deve essere nominato.

Carlisle si avvicinò assieme ad Esme e quest’ultima mi avvolse in un abbraccio affettuoso da mamma, non avrei mai pensato che il suo viso potesse conoscere la tristezza.

“Alice ha avuto una visione dove i Volturi ci mandano a chiamare al loro cospetto!” disse Carlisle.

“Dritti nella tana del lupo!” disse Jasper incolore. “Sperano di averci in pugno così, senza vie di fuga!”

Era tutta colpa mia, solo mia. La mia diversità li aveva messi tutti in pericolo.

“Andrò io, non serve che mi accompagnate, è me che vogliono!”

Tutti mi guardarono come se fossi una pazza, ma fu Edward a terrorizzarmi. Si alzò di scatto ponendosi ad un soffio da me, mi guardava furente, i suoi occhi: neri. Potevo provare paura nei suoi confronti?

“Non dirlo! Neanche per scherzo!”

Alice cercò di calmare la situazione frapponendosi. Non mi ero accorta di aver trattenuto il respiro.

“Non serve che fai Giovanna D’Arco. L’invito di Aro è specifico. Vuole tutta la famiglia, non possiamo non presentarci, neanche volendo. Sarebbe come ammettere una colpevolezza!”

“Verremo anche noi!”

Eleazar si era spostato per mettersi nel centro della discussione.

“No, amico!”

Carlisle lo raggiunse.

“Ci sentiamo responsabili per il comportamento di Tanya, non possiamo non appoggiarvi in questa missione!”

“Eleazar, penso di parlare a nome di tutta la mia famiglia quando dico che il tuo onore è grande, ma rifiuteremo. Per fortuna i Volturi vogliono solo noi, non rischierò l’incolumità anche della tua famiglia. Va bene così!”

“E poi noi abbiamo Bellina, con il suo scudo dovremmo riuscire a cavarcela!”

Emmett mi scoccò un sorriso.

“In effetti, contavo proprio su questo!”

Carlisle mi guardava lievemente imbarazzato. Come se mi stesse chiedendo la luna.

“Scherzate vero? È ovvio che lo farò. Farò tutto ciò che è in mio potere per proteggervi. I vostri sforzi nel formarmi in combattimento saranno ora ripagati.”

Jasper sorrise.

“Loro non sanno dei tuoi poteri, e tu puoi annullare l’intera guardia. Saranno loro ad aver paura!”

Il velo di tensione si era alleggerito percettibilmente e l’aria nella stanza si fece meno satura di negatività. Il mio scudo era l’unica arma di sopravvivenza che avevamo ed io, mai come prima, ringraziai il mio dono.

Sentii una porta sbattere con violenza e notai che Edward non era più nella stanza.

 

*

 

Edward sedeva su quella che avevo ribattezzato ‘la nostra panchina’. Guardava un punto lontano, ma pensai che ai suoi occhi non ci fossero immagini.

Ero in piedi dietro a lui, mi abbassai e lo abbracciai. Lui non si mosse, ma una sua mano strinse forte la mia. Fece per prendere parola, ma lo bloccai sul nascere.

“Non provare a darti la colpa di niente!”

Rise amaro.

“Ma…”

“No!”

Sbuffò.

“Bella…”

“Ho detto no!”

Feci il giro e mi sedetti vicino a lui per guardarlo meglio in viso, ora teso in una maschera di orrore, forse per se stesso.

Ètuttacolpamia!”

Lo disse veloce e d’un fiato.

“O mio Dio, sei impossibile. E ora che l’hai detto? Ti senti meglio?”

Mi guardò sconfortato.

“No…”

“Appunto! Sei un’idiota Edward. Non provare a pensare che l’averti nella mia vita sia un errore. Se non ti avessi incontrato, magari avrei girato il mondo, cosa che avrei fatto sicuramente, da sola, oltre tutto, e chissà forse mi sarei imbattuta in loro, senza tutta la consapevolezza che ho acquisito grazie a voi!”

Aveva capito a cosa mi riferivo e mi strinse più forte a se, visibilmente impaurito.

“Sei la cosa migliore della mia vita. Tu e tutta la tua famiglia. Ringrazio Dio ogni giorno per averci fatto incontrare e poi gli altri hanno ragione: ho il mio scudo che ci proteggerà e se combatteremo, gli faremo il culo a stelle e strisce in puro stile americano, alla faccia di quegli italiani!”

Edward scoppiò in una risata fragorosa delle sue, quelle che mi piacevano tanto.

“Tu sei pazza!”

“Si, avevo già un dubbio a riguardo …”

Feci finta di nulla guardandomi le unghie.

Lui mi fece voltare, stringendomi a sé serio.

“Io ho una paura maledetta che ti possano far del male. Non potrei più vivere senza di te!”

Lo baciai a fior di labbra.

“Edward Anthony Masen Cullen, io non ho la minima intenzione di soccombere a Volterra. Non è ancora giunta la mia ora. Ho ancora una vita immortale da vivere con te. Ti sposerò, Signor Cullen, quando tutto questo sarà finito! Hai capito bene?”

I suoi occhi sgranarono l’inverosimile e brillavano, brillavano di una luce che gli avevo visto solo una volta. Al nostro ti amo.

“Signorina Swan, sappia che mi sta rendendo l’uomo più felice del mondo!”

“Allora è meglio sbrigarsi ad affrontare quelle mummie!”

 

*

 

Salutammo il Clan Denali nell’atmosfera più tesa possibile. Si sentivano terribilmente in colpa per Tanya e inutile era ripetere loro, che non dovevano. Forse quando tutto questo sarebbe finito, si sarebbe potuto ricucire quel strappo che comunque si era andato a formare.

Il viaggio di ritorno fu molto più breve dell’andata, e terribilmente silenzioso. Per un momento rimpiansi la parlantina di Alice.

Una volta arrivati e scesi dall’auto, ci accorgemmo tutti che qualcosa non andava. Diverse scie di vampiri giravano intorno alla casa, alcune erano entrate anche dentro.

“cosa significa?”

Ero allarmata e mi sentivo impreparata a tutto, non mi aspettavo di reagire così.

Jasper con Emmett ed Edward avevano appena finito di sondare la zona.

“Nomadi!”

“Nomadi?”.

Tutti sembravano sorpresi.

“La notizia si è sparsa davvero in modo veloce. Di sicuro erano qui per sapere se il pettegolezzo era vero.”

Fantastico, pensai, ero davvero diventata il fenomeno da baraccone del momento.

“Credo che dovremmo iniziare con i preparativi per la partenza, fra un’ora l’emissario dei Volturi sarà qui. Partiremo domani all’alba, così da arrivare quando lì sarà buio.”

Tutti annuirono alla previsione di Alice.

“Stasera, inoltre” parlò Jasper “Dovremmo fare un punto della situazione e beh, per ogni evenienza, avere un piano difensivo!”.

Capirono tutti qual’era quell’evenienza, ovvero se i Volturi non mi avessero accettato.

“Ce la faremo vedrai!”

Carlisle mi strinse una spalla e poi con tutti gli altri entrammo nella nostra abitazione violata.

Esattamente un’ora dopo, un vampiro dal viso insignificante bussò alla porta d’entrata. Vestiva un mantello grigio e al collo un simbolo, una V ornata, lo stemma della casata senza dubbio. Non disse il suo nome, non disse niente che non fosse ciò che sapevamo già. ‘Eravamo cortesemente pregati a presentarci al cospetto dei tre signori, per una “chiacchierata informale” alla quale sarebbe stata gradita, l’intere presenza di tutta la famiglia.’ Era un messaggio nel messaggio. Sembrava gentile eppure ogni parola metteva solo più brividi. Il vampiro consegnò poi a Carlisle un invito scritto, che riportava le sue medesime parole, dopo di che si congedò. Avevo osservato il vampiro entrare ed uscire dalla finestra dello studio di Carlisle, che guardava sul davanti della casa. Non mi era stato permesso di essere presente, non volevano rischiare e dare informazioni in più prima del dovuto. Io dalla mia visuale tuttavia, restai allibita nell’osservare quel vampiro, era ovvio cosa mi avesse scioccato. Li avevo sempre sentiti nominare, ma non li avevo mai visti: i vampiri dagli occhi rossi. Avevo sempre incontrato occhi dorati nel mio cammino, e vedere quegli occhi così diversi, conscia del loro significato, mi disgustò all’inverosimile. Occhi che avrei potuto avere anch’io se non fossi fatta a metà, colore che mai avrò più a macchiare la mia anima.

Alla sera ci ritrovammo nel grande salone per il punto della situazione. Tutto dipendeva da cosa sarebbe successo non appena arrivati. Dovevo tenermi pronta con il mio scudo, semmai ci avessero attaccati subito; se, invece, avessero voluto parlare, l’effetto a sorpresa sarebbe svanito, nel momento in cui Aro avrebbe letto la mente di uno qualsiasi della famiglia, me esclusa ovvio, e scoperto i miei doni. Io ero dell’idea che qualora avessero intrapreso la via secondaria, e quindi parlare, avrei cercato di tenere il mio scudo su tutti e proteggere le loro menti, così da fare comunque un grande ingresso in scena. Anch’io avevo una vena teatrale in me!

Alla mia proposta tuttavia restai scioccata dalla risposta: consenso. Erano tutti dell’idea che oramai, come spesso diceva Edward, se dovevamo andare all’inferno, tanto valeva andarci in gran stile. Per il resto tutto dipendeva da domani e in ogni caso, avremmo combattuto fino alla morte.

“Bene, allora siamo d’accordo!”

Carlisle mise fine a quella mini riunione. Annuimmo. Alice poi schizzò aggraziata sopra il divano, facendo voltare tutti su di lei.

“Ok, basta non resisto più! Famiglia Cullen, vi do un motivo in più per cui domani dovremmo uscirne illesi. Devo preparare il matrimonio di Edward e Bella!”

Cosa?

I restanti all’oscuro della notizia ci guardarono sorpresi, in cerca di una negazione o di un’affermazione. Ok, perché tenere segreta la cosa?

“Alice, non credo che nessuno dei due ti abbia chiesto di preparare niente!”

Lei mi guardò con aria di sfida.

“Perché tu pensi che io non sia la più adatta? Anzi, perché tu pensi che io potrei non appropriarmi di tale compito?”

Oddio, sembrava indemoniata. Sapevo della sua mania di organizzare tutto, ma non credevo fosse a livelli così demenziali.

Guardai Edward, il quale sogghignava sotto i baffi. Conosceva Alice, ovviamente, da più tempo di me.

“No, A-Alice, mai pensato!”

Non avrei mai potuto, neanche volendo, negargli tale incarico, lo sapevo.

“Yuppi!!”

E fu così, che la famiglia capì, come stavano davvero le cose, e fecero a me ed Edward i più sinceri auguri, a cui nessuno sapeva quanto sarebbero durati. Fu un momento di calma e di quiete, prima della grande tempesta.

  
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