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Autore: Shirangel    05/02/2013    6 recensioni
Di giorno, siamo i ragazzi che nessuno vede.
Di notte, siamo i ragazzi che tutti vogliono.
Ci prendiamo i tuoi soldi in cambio della nostra dignitą.
Usaci pure quanto vuoi, ma ricordati che dopo devi pagare.
[My Guardian Angel: Sasuke x Naruto]
[Requiem for a Dream: Zabuza x Suigetsu ; Kakashi x Suigetsu]
[1° classificata al contest "Naruto... All star!" indetto da Shark Attack sul forum di EFP]
[1° classificata al contest "La speranza vive in una creativa realtą" indetto da HopeGiugy sul forum di EFP]
Genere: Angst, Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessun contesto
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Requiem for a Dream

- Who are you waiting for in the maze of emotions? -

 

Karin mugola qualcosa nel sonno e scalcia. Forse sogna di mangiare, forse ha un incubo in cui viene stuprata. È impossibile sapere se durante la notte prevalgano le paure o i bisogni animali.

Suigetsu si gira dall’altra parte. Anche se l’unica luce è quella chiara della luna che splende solo nel mondo fuori, vede gli occhi di Juugo e sbuffa. Si volta di nuovo, ma quello sguardo gli trapassa ancora la nuca.

«D’accordo!» dice in un soffio rabbioso, caldo come il mostro che gli divora lo stomaco. Si toglie la coperta di dosso e la getta sopra la ragazza; Karin si è ammalata ancora e non è un bene. Suigetsu serra le palpebre mentre il freddo comincia già a divorargli il corpo, ma almeno gli occhi che lo ammonivano adesso si sono chetati.

Sta per scivolare nel sonno, quando sente una mano che lo scuote bruscamente.

È Zabuza. Lo riconosce dall’odore di uomo che lì non si sente mai. Chi lo aveva lo ha perso, chi è troppo giovane per averlo non lo otterrà mai.

«Bevi.» gli ordina il guardiano, spingendogli una tazza tra le mani. Suigetsu ha lo dita talmente anchilosate dal freddo che impiega qualche secondo per avvertire il calore ustionante della porcellana. Prova a prendere un sorso, ma un bruciore doloroso gli invade la lingua e deve rinunciare.

Zabuza è impaziente; i suoi occhi vagano dappertutto, nel capannone che a quei piccoli scarti umani pare gigantesco, tranne che su di lui. «Sbrigati», gli dice. «Devo tornare di là. Ho lasciato la porta aperta.»

Basta un attimo perché gli occhi di Suigetsu comincino a brillare come fuochi d’artificio, ma sono solo le ultime fiamme di una candela che si sta spegnendo. È un fuoco che nasce e muore dalla bocca di quell’uomo, che vive e viene torturato dalle sue mani e dal suo sorriso tanto raro.

Il guardiano – perché è questo che è – riesce a leggergli dentro prima ancora che lui possa capirsi da solo. «Non ci pensare nemmeno.» brontola, asciutto, ma un guizzo di compassione ammorbidisce le sue parole. «Se sparisce anche solo un ragazzino domani io mi ritrovo dentro a un fosso.»

L’immagine di una fuga folle, vivida come una macchia di sangue in mezzo alla neve nella mente in banco e nero di Suigetsu, esita un po’ prima di scomparire. Quella porta non è mai aperta. Mai, tranne ora. Varcarla e uscire. Non tornare. Vivere.

Ma Zabuza lo ha salvato così tante volte che ormai è come se lo avesse messo al mondo lui stesso. Il ragazzo abbassa lo sguardo e beve dalla tazza il the caldo, che sembra scavarsi a forza una strada nel gelo che lo invade dappertutto. I suoi occhi emanano una luce sempre più fioca finché non si spengono del tutto. Morto.

«Dove l’hai preso?»

Zabuza alza le spalle. «L’ha fatto la donna che stanotte monta la guardia con me. Ora si è addormentata.» lo guarda con fare critico. «Dov’è la coperta che ti ho dato?»

Suigetsu non risponde, ma indica Karin con un cenno del capo. Sa che si arrabbierà e infatti succede. Ormai lo conosce così bene che non può trattenere un lampo di fugace contentezza quando riesce a prevedere le reazioni di quell’uomo tanto complesso

«Santo Dio, ragazzino, ho già abbastanza da fare per tenere in vita te

«Sta morendo.» ribatte lui, ma sa che non è una scusa valida. Sta morendo anche lui, ed è così palese che tutti e due lo sentono nell’aria senza nemmeno dirlo ad alta voce.

Zabuza aspetta che abbia finito di bere, poi gli strappa la tazza dalle mani, perché se qualcuno gliela trova vicino la mattina dopo nemmeno lui riuscirà a tenerlo in vita. Se ne va ed è ancora nervoso per quel ragazzino che non può salvare. Ogni passo è la rabbia contro di lui che non si aiuta e contro se stesso che non può fare quell’ultimo gesto, che sarebbe decisivo e che è l’unico davvero utile.

Suigetsu sta meglio, con il the che gli riscalda lo stomaco vuoto, ma si sente così frustrato che prende in considerazione l’idea di strappare la coperta dal corpo di Karin e avvolgervisi dentro. Non gli importa se domattina della ragazza non rimarrà che un cadavere freddo; lui vuole solo sopravvivere.

Gli occhi di Juugo però sono di nuovo aperti. Lo fissano e gli trasmettono la consapevolezza che, se non sono più abbastanza umani da provare un pizzico di compassione, allora è tempo che muoiano. Suigestu rantola, stringe i pugni e si costringe a dormire, aspettando di sapere cosa ha in serbo per lui quella notte.

Paura o bisogni primordiali? Cos’è che ti fa più battere il cuore, la morte… o lui?

~°~

La sera successiva Zabuza riesce a fargli avere un’altra coperta. Non lo guarda mentre gliela passa di nascosto, lo ignora come se non esistesse. E forse è così, forse sta davvero aiutando un fantasma, forse è questo a farlo impazzire di rabbia.

Karin tossisce e sputa e vaneggia per la febbre, ma si regge ancora in piedi e la sua espressione orgogliosa non accenna a sbiadire. È un’attrice impegnata a fare il tutto esaurito ai suoi ultimi spettacoli e lo sa. Juugo non sembra triste mentre la guarda, non lo è, l’aiuta perché è giusto così. Ma lì dentro è davvero rimasto qualcosa degno di essere chiamato tale?

Suigetsu non riesce a scaldarsi nella misera giacchetta di pelle che lo costringono a indossare, però preferirebbe morire assiderato piuttosto che trovare rifugio nell’auto di qualche cliente. Karin sta morendo e questo gli dà sui nervi, perché è – era ­– forte e se si arrende perfino lei allora loro sono tutti condannati. Non è una vera sorpresa e questo, se possibile, lo stizzisce ancora di più. I sogni vengono mandati al macello prima ancora che riescano ad attecchire nel cuore di qualche povero pazzo, cercare di aggrapparvisi con le unghie fa solo sanguinare le dita.

Nemmeno l’auto di Kakashi che si fa vivo dopo una settimana di silenzio riesce a tranquillizzarlo. Mangerà e si scalderà e avrà tanti soldi da non doversi preoccupare di vendere qualche pezzo di sé per tutta la sera, ma il suo umore non si calma. Se non è stasera, è domani. Oppure dopodomani, o il giorno dopo ancora, o magari tutta la settimana successiva. Non stai a galla nemmeno se qualcuno ti tiene sollevato per la collottola: prima o poi affogherà anche lui.

Il poliziotto riesce comunque a sorprenderlo.

«Ultimamente sono stato impegnato.» si scusa, posandogli un bacio sulla fronte.

Suigetsu vorrebbe scansarsi da quel tocco, ma non ci riesce perché il cibo che sta masticando è troppo buono e l’aria condizionata che gli solletica il viso è troppo calda.

«Hai scoperto il nome?» glielo chiede sempre, ma lui non sa mai cosa rispondere. Lo ha chiesto alla maggior parte dei suoi compagni, ma nessuno lo sa, tutti sono spaventati. Non si fa niente per niente e lui ha ben poco da offrire contro la paura.

Deglutisce un boccone e gli lancia uno sguardo che lo fa rabbrividire. «Il tuo capo lo salverà. Il tuo capo si rifornisce da noi molto spesso. Tutto questo non serve a niente»

Lui sospira e gli accarezza i capelli. Avvicina la mano piano e lentamente, facendo in modo che possa vedere tutti i suoi movimenti, perché ha imparato che i gesti bruschi lo spaventano. I primi tempi si ritraeva di scatto, come se temesse di ricevere uno schiaffo, e a Kakashi ogni volta veniva da vomitare. Ancora adesso ha paura di chiedere che cosa quel povero disgraziato abbia dovuto subire per ridursi così. Suigetsu non si sottrae più al suo tocco, china un poco il capo e gli ricorda un cane che appiattisce le orecchie perché mal sopporta le moine del padrone; lo ha addomesticato, ma non sarà mai suo e non deve scordarselo. Lo ha già fatto e ama quel ragazzo con tutto il suo cuore malandato.

«Ho solo bisogno di quel nome. Ti porterò via da qui, Suigetsu.»

Suigetsu non ci riesce. Né a credergli, né a sperarci, ma si fa forza e finge. Con Kakashi e con se stesso, perché senza sogni si va avanti ben poco e lui ha bisogno di averne uno.

~°~

Karin qualche settimana dopo non si sveglia più.

Suigetsu rimane così scioccato dai suoi occhi, ancora spalancati verso la vita che le è scappata via, da non provare nemmeno a scuoterla. Vorrebbe solo chiuderle la bocca semiaperta, uccisa a metà di un urlo che solo lei ha potuto sentire, e vorrebbe chiudere la sua perché sente qualcosa che gli graffia la gola e non vuole piangere per niente al mondo.

Non riesce a fare niente. Quel corpo emana freddo, non ha bisogno di sfiorare la pelle per assicurarsene. È rigido e bianco e spaventoso: lui lo sa che è quel cadavere a gelargli il sangue nelle vene. Non vuole toccarlo perché altrimenti morirebbe anche lui.

Juugo gli si avvicina in silenzio. Nessuno dei due piange, in fondo è solo un’altra morte. Ce ne sono così tante che non fa nessuna differenza, eppure qualcosa dentro il cuore di Suigetsu se ne va per sempre, insieme a quella ragazza. Sono tutte quelle promesse, implicite e non, che Karin aveva fatto loro. Sopravvivrò, ce la farò, non morirò.

Di tutti quei giuramenti fatti con le dita incrociate dietro la schiena rimane un ammasso di organi e tessuti che ormai non funziona più.

Gli viene da vomitare, ma non lo fa. Bisogna cercare un guardiano che si porti via quel dito puntato verso la libertà con cui fino a poche ore prima Suigetsu litigava e tirava avanti.

Chiama Zabuza perché non può sopportare che lo faccia qualcun altro. L’uomo guarda lei e poi cerca gli occhi di colui che, senza che nessuno dei due lo volesse, è diventato il suo protetto. Si inginocchia accanto alla vita strappata e riconosce la coperta che lui stesso aveva dato a Suigetsu, ma non gliela restituisce e la alza fino a coprire il volto della disgraziata. La prende tra le braccia.

«Ci penso io.»

Suigetsu non lo sente dalle sue labbra, ma sa che Karin non finirà in un cassonetto o in fondo al fiume, come gli altri cadaveri. Sa che Zabuza farà in modo che il posto in cui andrà, qualunque esso sia, le tributi la dignità che merita. Quella che non ha mai avuto.

Il guardiano non lo dice ma Suigetsu lo sa. E capisce anche perché, quando deve ricordare i due uomini che tengono in mano le redini della sua vita, l’incontro con Kakashi gli appare confuso e approssimativo, mentre quello con Zabuza è perfetto e definito nella sua memoria come se lo vivesse ogni giorno.

Lo capisce e ne ha paura.

Non si concede nemmeno qualche minuto per ricordare Karin prima di andare a cercare Sasuke Uchiha. Hatake gli ha promesso una settimana ed è il massimo che può aspettare. Zabuza se ne va e la morte di una prostituta prende solo quel tempo; pochi se ne sono accorti, a nessuno importa. Tenersi in vita è un impegno pressante, pensare a chi non ce l’ha fatta non serve.

Uchiha non sembra propenso ad ascoltarlo perché il suo amico, quello che si trascina dietro ogni giorno, quello per cui combatte tanto ferocemente, sembra non stare molto meglio di Karin. Quando Suigetsu gli chiede il nome del loro aguzzino, però, il suo sguardo scuro saetta verso di lui in un lampo di minaccia.

«Perché lo vuoi sapere?»

Lui non risponde: la storia di quel dannato Uchiha è famosa in tutto il giro di prostituzione. Si è venduto al proprietario del giro perché gli erano state promesse preziose informazioni sul luogo dove si trovava il fratello maggiore, colpevole della strage della loro famiglia. Inutile dire che, in tre anni, non aveva ricevuto alcuna notizia. Ma con il responsabile del giro in prigione le possibilità di averne calerebbero notevolmente, quindi Suigetsu sta zitto e lascia che Sasuke guardi in che stato si trova il suo compagno.

Perché anche Suigetsu è famoso, lì dentro. Lui è quello che, chissà come, ha sempre un sacco di medicine. Ringrazia mentalmente Kakashi e le pasticche che gli nasconde nelle mutande per ogni evenienza.

«Non si fa niente per niente, Hozuki.» sibila Uchiha. La nuca bionda appoggiata sul suo grembo mugola e lui deve decidere quale vita vale di più. Quale sogno è disposto a infrangere. Chi ama di più, tra se stesso e il corpo bollente di febbre che si appoggia totalmente e unicamente a lui.

La pastiglia di antipiretico compare tra le dita di Suigetsu con un tempismo perfetto. Gli occhi di Sasuke si assottigliano. La mano di Naruto ha smesso di cercare la sua. Uchiha stringe i denti e prende la pasticca. La fa scivolare tra le labbra del compagno e la sua voce freme di rabbia mentre sputa il nome Orochimaru tra i denti, come se fosse il più astioso degli insulti.

Suigetsu non ringrazia. Non rimane a guardare se il biondino ce la farà. Non pensa a Karin. Spera soltanto che quella sera Kakashi passi a comprarlo, ma quando questo succede tutta la sua spavalderia viene meno. Quando l’uomo gli chiede quel maledetto nome, lui non può fare a meno di ribattere con un’altra domanda. Quando ottiene la risposta che cerca, quella che deve dare lui gli si blocca in fondo alla gola.

«Che ne sarà dei guardiani?»

«Favoreggiamento di prostituzione, da due a sei anni.» risponde lui, quasi annoiato, di fretta. Vuole sapere il nome, glielo richiede, aspetta.

Suigetsu ce l’ha sulla punta della lingua. Però Zabuza lo ha salvato troppe volte per lasciare che quelle dieci lettere escano dalla sua bocca. Schiude le labbra, ma la voce non esce. Serra le palpebre e mente.

«Non lo so.»

Kakashi lo guarda e scuote la testa. Non lo sa nemmeno lui, che fine farà quel povero ragazzo.

~°~

«C’è un poliziotto con cui vado ogni notte. Vuole sapere il nome di chi gestisce questo posto per poterlo arrestare. Io lo so e voglio dirglielo.»

Non si ferma nemmeno una volta mentre parla. Zabuza sta fumando e forse non ha ascoltato neanche una parola, perché sta guardando fuori dal finestrino e dai suoi occhi chissà che cosa vede.

«Perché lo stai dicendo a me?» sbuffa fuori dalle labbra nicotina e rancore. E l’unica risposta che Suigetsu non si aspettava.

«Non voglio che ti arrestino.»

«Però sono uno di quelli che ti tengono qui. Non mi odi?»

Suigetsu ammutolisce. Tutto il suo coraggio è sparito nel giro di qualche frase e ora non sa più cosa fare delle informazioni che, ne era certo, all’uomo avrebbero fatto piacere. Non si era immaginato un grazie, ma nemmeno quell’ostilità latente.

«Vattene prima che arrivi la polizia.» risponde.

Zabuza se la prende comoda, finisce la sigaretta e l’uccide nel posacenere prima di riprendere la parola. Non sembra spaventato, o nervoso.

«Ora ti spiego quello che succederà.» dice. «Il tuo amico poliziotto aprirà un’inchiesta. Il fascicolo finirà sulla scrivania del suo capo, che avviserà Orochimaru. Entro ventiquattrore voi sarete tutti morti, noi senza lavoro e lui dall’altro capo del mondo a dare il via ad un altro giro di prostituzione. La polizia non si prenderà nemmeno il disturbo di fare irruzione, dato che quando avranno uno straccio di mandato ormai il capannone sarà già stato distrutto da un incendio.» non lo guarda negli occhi mentre parla. Sta ancora spingendo con forza il mozzicone contro la superficie di vetro, più e più volte, macchiandosi le dita di cenere pur di non affrontare il crollo di una speranza.

«Lui lo sa che il capo della polizia è corrotto.» mormora Suigetsu. «Nasconderà l’inchiesta.»

«È il suo superiore.»

«Lui mi salverà.»

Zabuza serra i denti. «Sarà lui ad ucciderti, se va avanti con questa storia.»

«Perché vuoi tenermi qui a tutti i costi?»

L’uomo si spinge sopra il tavolo e ormai il suo volto è a pochi centimetri di distanza da quello di Suigetsu.

«Lo sai, ragazzino» soffia contro le sue labbra. «cosa succede a una puttana che diventa troppo vecchia per battere?»

Non lo vuole sapere. Lo sa già.

«La costringono a fare il guardiano.»

Suigetsu rabbrividisce, ma non per il freddo. L’orrore gli disegna una smorfia sul viso e gli provoca un conato. Si volta dall’altra parte e vomita, sapendo che non guarderà più quell’uomo con gli stessi occhi di prima.

Stavolta Zabuza non gli tiene i capelli mentre rigetta tutto quello che non ha mangiato, forse perché una pallottola che gli perfora il fegato lo inchioda a terra. Il sangue che zampilla dalla ferita è l’unico suono che interrompe il silenzio dopo il fragore dello sparo. L’uomo muore senza nemmeno un gemito, ma il suo ultimo sguardo è per Suigetsu. Non sorride, né piange. Nel suo cuore non c’è rabbia o disperazione, solo tanti rimpianti.

Poteva salvarlo. Non l’ha fatto.

Suigetsu quasi non sente la mano che lo afferra per il collo e lo sbatte contro il muro, perché la chiazza rossa sotto l’uomo che per lui è diventato fonte di vita catalizza tutta la sua attenzione. Cerca gli occhi che, lo sa, non possono più ricambiare i suoi. Deglutisce per impedire a un nuovo conato di sconquassargli lo stomaco. La vista gli si appanna e tutto intorno a lui comincia a girare.

Kisame Hoshigaki lo sta tenendo appeso contro la parete del furgone e sta urlando. Suigetsu lo capisce dal furore che gli deforma il viso, ma non riesce a sentire nulla. Il sangue che goccia gli riempie le orecchie, lo assorda, gli ottenebra i sensi. Annaspa per cercare ossigeno che non gli servirà. C’è un solo nome che gli rimbomba nelle vene.

«Chi è?»

Suigetsu aggrotta le sopracciglia, non capisce, non è la sua lingua. Zabuza lo chiama senza voce ma lui non può aiutarlo. Non riesce più a respirare. Si morde la lingua e i denti affilati perforano fino a trovare il sangue.

«Dimmi chi è quel fottuto poliziotto!»

Allora Hoshigaki non è stupido. Ha capito che Momochi non sceglieva sempre lo stesso ragazzo perché gli piaceva come scopava. Ha capito che c’era qualcosa sotto. Ha capito che la puttana si è innamorata del carceriere.

Oh, dannata sindrome di Stoccolma. Suigetsu sta diventando blu.

Il guardiano urla ancora. Con la canna della pistola lo costringe ad aprire la bocca, gliela ficca in gola, continua a urlare, ma lui scuote la testa e chiude gli occhi. Non distingue se il sapore metallico che sente tra le labbra sia il sangue o l’arma. Distruzione.

Muore ancor prima di sentire lo sparo che gli smembra la vita.

Non è così che doveva andare. Il suo sogno era così giovane, troppo immaturo. Non era ancora giunto il momento del suo funerale.

Kakashi lo cercherà, non lo troverà più. Si chiederà cosa ne è stato di lui? Lo capirà? Magari si servirà di un altro ragazzo per far chiudere il giro di prostituzione. Magari sceglierà qualcun altro su cui riversare il suo amore da peccato.

Suigetsu muore lì e non ha cambiato il mondo. Si è prostituito per poi schiattare come il più schifoso dei criminali. Avrebbe dovuto farsi uccidere subito, Zabuza avrebbe dovuto lasciarlo morire. Prolungare l’agonia è tipico degli esseri umani; la speranza di un futuro migliore, la convinzione che qualcosa cambierà, cercare di credere che non sarà stato tutto inutile. Balle come quelle di Karin che non sarebbe morta. Juugo che blatera di amore e compassione . Zabuza che non lo ha preparato a morire, troppo ansioso di farlo vivere.

Niente di questo ha senso. Non se un ragazzo di appena diciotto anni viene assassinato su un furgone da quattro soldi, nella periferia di una metropoli che balla mentre lui muore. Non se un uomo appena più grande di lui sacrifica una vita che non vale niente per un’altra ancora più misera.

E i cattivi vincono. Ma è davvero una sorpresa?

Suigetsu riceve la sua risposta dalla pallottola che gli ha fatto saltare in aria il cervello.

No. Non lo è. E questa è la cosa peggiore, vero?

Ride, la stronza, mentre lo uccide.

 

 

Note burocratiche:

- “Who are you waiting for in the maze of emotions?” è la traduzione di “Deguchi mienai kanjoumeiro ni”, citazione tratta dalla canzone “Again” di Yui (nella versione usata per la prima opening di FullMetal Alchemist: Brotherhood).

Note dell’autrice:

Come sono cattiva u__u invece di accopparne solo uno stavolta li ho fatti fuori tutti e due. Lo ammetto, il mio OTP in questo caso è il KakaZabu, Suigetsu era solo un intruso xD Però niente, a me piace che muoiano (e muore anche Karin, godo!). Spero anche a voi, ma non sono molto fiduciosa x’’D

Insomma, TTMM ha visto la sua fine. Ormai sono troppo “fuori” da questo ciclo e non ci ritornerò più, non ha senso allungare il brodo, però mi rimarrà sempre particolarmente cara questa storia. Anche se schifo tutto sono affezionata ai miei adorabili sgorbietti <3

E non faccio nomi, ma QUALCUNO (_sweetygirl_ è__é) riconosca il fondamentale e irrinunciabile contributo di Sas’ke in questa storia. Nella mia testa gira sempre tutto intorno a lui XD

Come sempre, mi farebbe piacere ricevere il vostro parere (se volete, potete dire qualche parola in memoria dei fu Zabuza et Suigetsu u_u)

shirangel

   
 
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