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Autore: Alexiels    06/02/2013    3 recensioni
Sovrappensiero, sollevò la sottile tazza di porcellana bianca.
Al suo interno il Lung Ching continuava a rigirarsi lento, come se fosse smeraldo liquido, e la ragazza ne sentiva l’aroma fresco diffondersi per la sala assieme a leggere volute di vapore.
Improvvisamente, a dispetto delle voci che risuonavano tra le mura color avorio dell'Host Club, in lei si fece strada un’intuizione silenziosa che per un attimo ovattò ogni altro suono.
Anche se aveva sempre considerato molto simili le loro condizioni, le bastò un attimo per notare che invece lei aveva avuto la libertà di sottrarsi, con disinteresse e noncuranza, all’imprescindibile e prescritta scelta a cui Kyouya si era da sempre sentito vincolato.
Quella tra bianco o nero, successo o mediocrità, ereditare o meno la compagnia della propria famiglia.
Lui la poteva chiamare scommessa, viverla con l’aristocratica indifferenza con cui avrebbe partecipato a un gioco, eppure Kimie continuava a pensare che sarebbe dovuto essere asfissiante, trascorrere la propria vita nei precisi e invalicabili confini in cui lui l’aveva relegata.

Ammetto di aver pubblicato questa ff per obbligarmi a finirla: non volevo archiviare un'altra storia incompleta.
Nondimeno, mi piacerebbe sentire il vostro parere ;)
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kyoya Ohtori, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Silenzioso come quando era venuto, quel signore, ammantato di nero e dagli occhi schermati da spesse lenti scure nonostante l’orario, si allontanò senza aver pronunciato parola.
Kimie gli lanciò un’occhiata perplessa, ma notò che fu l’unica: gli altri continuarono a conversare di temi leggeri, senza dare il minimo peso all’accaduto.
Mi chiedo se anche io finirò con l’abituarmi alla costante presenza di un’intera squadra di Men in black sguinzagliata alle mie calcagna, oppure mi rimarrà un minimo di buon senso tale da lasciarmi continuare ritenere che essa sia inutile, in qualunque modo la si rigiri.. Non fanno altro che trasmetterti ansia, con quelle le mascelle serrate e la loro aria grave danno l’impressione d’esser pronti ad assistere a un terzo conflitto mondiale o roba simile..
Sospirò piano, cercando di dissimulare l’espressione irritata scolpita sul suo viso.
Nella sua mente, questo soliloquio andava avanti da un po’, e se cessò fu solo perché aveva terminato le cose di cui lamentarsi: inizialmente già riteneva improbabile che sarebbe riuscita non solo a sopportare, ma a mostrarsi lieta della quanto mai sgradita presenza di Zero, con il quale aveva praticamente smesso di parlare se non quando le circostanze glielo imponevano, come in quella sera.
Eppure l’emozione che trovava più difficile ignorare, talmente sentita da arrivare a  farle bruciare gli occhi, era un profondo biasimo, verso tutti, ma soprattutto verso se stessa.
Aveva acconsentito ad andare a questa serata, scegliendo di comportarsi com’era opportuno piuttosto che come credeva avrebbe dovuto: incontrare formalmente l’uomo che, per rendere un favore a suo fratello, col quale avrebbe concluso a momenti un importante affare, s’era offerto d’ospitarla per qualche tempo nella sua residenza piuttosto che affrontare Zero e dirgli che non aveva intenzione di sprecare nemmeno un attimo di più assieme a lui, che presto, volente o nolente, si sarebbe trovato ad acconsentire che facesse ritorno a San Pietroburgo e che nell’attesa non aveva la minima intenzione d’esser manovrata, in un modo tra l’altro così palese e sconsiderato, per i suoi interessi.
D’altronde, ripeté tra sé e sé una volta di più, non era impuntandosi come una bambina che sapeva avrebbe avuto la meglio sulla questione, e in questo caso le rimanevano solo due opzioni da considerare se voleva riprendere a vivere indipendentemente: indurre Zero a farla ritornare in Russia, o aspettare finché non fosse divenuta maggiorenne, e dunque le conveniva accettare fin da ora che per la realizzazione di entrambe sarebbe dovuto passare del tempo, tempo in cui nulla, nessuna sua azione avventata o frase fuori luogo le potesse essere rivoltata contro.
E quindi eccola, a sfoggiare il più luminoso dei suoi sorrisi, pervasa dalla fredda consapevolezza della condotta che avrebbe dovuto sfoggiare a prescindere da ogni cosa, a prescindere dal fatto che, circondata da persone estranee, con le quali era però tenuta a intrattenersi avendo cura di non incrinare quell’atmosfera di falsa cordialità intessuta con tanta cura, non c’era modo, ne’ tanto meno motivo, per passare ad argomenti che s’allontanassero dagli interessi comuni condivisi, sprecandosi in complimenti, rimirando l’eleganza che permeava quella sala, il buon gusto con cui ogni cosa era stata organizzata.


E dal momento che quella sera erano arrivati nel teatro con un largo anticipo, aveva avuto il tempo, che ai suoi occhi era parso infinitamente lungo, per iniziare comportarsi nel modo in cui si era ripromessa di fare.
E, seppure s’era resa conto che aveva sbagliato a giudicare così negativamente tutte le persone con cui avrebbe avuto a che fare (come ad esempio la signora Shido, tanto solare e spontanea da spingerla a chiedersi cosa ci facesse una persona come lei nella famiglia Ootori), era anche vero che il più delle volte i suoi pregiudizi si erano rivelati fondati.
Ne era un esempio la signora Yagami, vedova di un proprietario di importanti aziende d’elettronica, vestita con un abito nero, su cui spiccava fin troppo evidentemente il rossetto color carminio che infiammava le sue labbra e le gemme degli anelli che portava su ogni dito, e con cui – non certo per sua scelta – Kimie s’era ritrovata a scambiare inutili convenevoli.
Enjyo si dovette rendere conto, almeno un po’, del suo reale stato d’animo, o quantomeno del pulsare innaturalmente veloce della vena sulla sua tempia, che andava ad accelerare ogni minuto perso a parlare con una persona che fin dall’inizio le era risultata particolarmente sgradevole, perché, scusatosi per l’interruzione e afferrato con delicatezza il polso della ragazza, si allontanò di qualche passo, trattenendo a stento un sorriso divertito.
Si fermò a pochi passi dalla parete e la lasciò andare mentre Kimie, abbassate impercettibilmente le spalle, rilassava i muscoli del viso: lo sforzo di mantenere una facciata di cortesia le aveva fatto dolere la bocca.
“A quanto pare, è stata un’idea quanto mai saggia, quella di strapparti dalle grinfie di quella donna.. Se ti può consolare, a me è andata persino peggio: sono abbastanza sicuro che dietro certe sue affermazioni” le confidò con un aria giocosamente spaventata, lanciando un’occhiata alla giovane signorina con cui stava parlando fino a un attimo fa per farle capire a chi si stesse riferendo “si nascondessero chiare profferte sessuali..”
Al sopracciglio che aveva ironicamente alzato mentre Enjyo le faceva questa confidenza, Kimie fece seguire uno sbuffo un po’ esasperato quando poi lui aggiunse, passandosi con aria distratta una mano sugli scompigliati capelli bruni : “Certo, non che le si possa dar torto..”
Lanciandogli un’occhiata sott’occhi mentre posava la sua schiena sulla fredda superficie del marmo chiaro, Kimie si trovò costretta ad ammettere che no, oggettivamente non lo avrebbe potuto fare: le labbra perennemente sollevate ad accennare un sorriso sghembo, occhi in cui sembravano danzare fiamme color oro, la sua aria a volte quasi infantile e la sua statura non particolarmente alta, nonostante i lineamenti marcati e il fisico ben delineato, lo facevano sembrare più giovane dei suoi trentaquattro anni e decisamente prestante, anche se non era il caso di dargli ragione, era già una persona fin troppo vanesia per i suoi gusti: “ Piuttosto, continuo a non riuscire a spiegarmi cosa spinse Mathilde a fidanzarsi con un una persona dall’ego così sfacciatamente spropositato..”
“Ah Kimie, se non ti conoscessi tanto bene, potrei anche pensare che una sfumatura di rimprovero si nasconda tra le tue parole” rispose lui, sbattendo le palpebre con aria innocente.
“Sfumatura? Ma se non mi sarei potuta esprimere più chiaramente..” ribatté la ragazza, un sorriso ancora accennato sull’angolo della bocca.
“Bel modo per ringraziarmi per la mia gentilezza..” bofonchiò poi Enjyo “quasi quasi ti lascio di nuovo alla balia di quei pagliacci..”
Eppure c’era una luce divertita nello sguardo che le rivolse quando, ascoltando la sua proposta, Kimie non poté trattenersi dallo storcere il naso.
“Mi pare di capire che in fondo nemmeno tu abbia una grande opinione dei tuoi illustri colleghi, no Enjyo?”
Lui rise seccamente alle sue parole: “Non c’è nemmeno bisogno che io ti risponda.. molti di loro sembrano desiderare il potere più dell’aria che respirano. Di certo se Ootori non fosse riuscito ad incastrarmi avrei trovato un modo per saltare questa serata.. ma non vedo perché perdere altro tempo annoiandoti coi miei borbottii. Piuttosto, perché ti ostini a chiamarmi col cognome?”
“Ti offenderesti nuovamente se ti facessi notare che vista la differenza d’età potrei sembrare quasi irrispettosa a trattarti troppo informalmente?”
Enjyo, sentendosi etichettare, seppure indirettamente, come vecchio, le rivolse un’occhiata sorpresa e un po’ incredula, come se una parte di lui fosse convinta d’aver udito male: “Ma se abbiamo solo..” tentò di fare il calcolo, poi optò per una cifra approssimata “ una quindicina d’anni di differenza! E poi non ti sei mai fatta troppi problemi  a chiamare Mathilde col suo nome..”
Davanti alle sue osservazioni, Kimie sospirò divertita: la prima volta che aveva visto quella giovane scrittrice, nel salotto verde della residenza di Andrej, quello riservato alle visite, aveva appena otto anni e da quanto ricordava l’aveva subito presa in simpatia: coi suoi capelli color cioccolata e una spruzzata di lentiggini su tutto il corpo Mala sembrava proprio una delle fate che popolavano i racconti di cui scriveva..
“E’ diverso” disse solo “e poi, già mi suona abbastanza strano non darti del lei..”
“Per carità” alle sue parole, lui scosse il capo con decisione “vuoi davvero farmi sentire decrepito, eh?” ma non le diede il tempo di rispondere che già aveva nuovamente cambiato argomento: “Ah, prima che me ne dimentichi.. Mala mi ha chiesto di portarti i suoi saluti, le avrebbe fatto piacere salutarti prima che tu partissi, ma era fuori città..”
“Sì, l’avevo sentito.. quando tornerà, dille che ricambio.”
“Avrò modo di farlo tra pochi giorni..” disse lui, poi davanti allo sguardo interrogativo della ragazza aggiunse: “Avevo pensato di andarla a trovare in Italia, questo weekend”
“In Italia?” domandò Kimie, non riuscendo a capire per quale motivo lei si trovasse lì, per poi rispondersi da sola pochi istanti dopo: “Ah giusto, è là che voleva ambientare l’ultima parte del suo racconto, no?”
Enjyo le diede ragione con un cenno del capo, mentre lei gli chiedeva: “Ma non era entro il sei di questo mese che avrebbe dovuto consegnare il manoscritto all’editore?”
“Hai una buona memoria” le concesse lui “a me ha dovuto ripetere la data un centinaio di volte prima che la memorizzassi.. In ogni caso, sì, hai ragione.. Ed è questo il motivo” aggiunse dopo poco, le labbra arcuate ad accennare l’ombra di un sorriso sghembo “che farò in modo di non arrivare lì prima del sette mattina, sai ci tengo alla vita io. E poi, checché tu ne dica, sono ancora troppo giovane e decisamente troppo bello per morire a questa età..”
Alle sue parole, Kimie fece per ribattere, ma alla fine non poté trattenere una risata: aveva perfettamente ragione.
Sotto il momento della consegna, persino una persona posata come Mathilde diventava irascibile e intrattabile, si aggirava per casa con l’immancabile tazza di caffè in mano, attorno a lei un’oscura, vibrante aria di pericolo.
“Scelta saggia” approvò infine “e poi chissà, che stavolta tu non riesca a imparare sul serio l’italiano..”
Ma se lo so parlare perfettamente!” protestò lui, rispondendole proprio con quella lingua.
Alle sue parole, non poté trattenere un’altra risata: Enjyo aveva l’abitudine di prendere il dialetto dei posti che visitava, e quindi l’italiano che parlava era una strana accozzaglia di varie cadenze, dalla romana alla bolognese, che nell’insieme risultava davvero comica.
Se così ti pare..” gli rispose lei, lo sguardo ridente fisso su di lui.
E poi, potrei farti notare che almeno io, non lo parlo come se vivessimo ancora nell’Ottocento..” ribatté piccato.
A quest’affermazione, Kimie non trovò nulla da ridire: sapeva benissimo che stavolta era lui ad avere ragione, perché avendo imparato gran parte delle lingue che conosceva grazie ai libri, e leggendo principalmente scritti antichi, si era resa conto, studiando ad esempio poeti contemporanei, di parlare come una reduce del Risorgimento.


Socchiuse piano i suoi occhi verdi, in cerca di una risposta adeguata, ma non ebbero il tempo di terminare il loro discorso, perché era stato in questo momento che, nel lasso di tempo di un minuto, era venuto e se ne era andato quel membro dello staff Ootori, e assieme a lui li avevano raggiunti il signor Ootori e suo figlio.
“Ah, signor Ootori, che piacere rincontrarla” fu Zero il primo a prendere parola, avanzando verso i due e salutandoli con una stretta di mano.
Istintivamente, Kimie abbassò di scatto lo sguardo e, dopo un respiro profondo, lo rialzò lentamente.
Non avrebbe saputo dire se lui l’avesse fatto apposta per distrarla o meno, ma quella chiacchierata con Enjyo era riuscita a distrarla da tutti suoi pensieri, e per questo gli fu grata.

 “Signorina Amamiya” sentì il signor Ootori chiamarla e fece un mezzo giro su se stessa, mentre lui continuava: “vorrei presentarle mio figlio, Kyouya Ootori.”
In effetti affianco a lui, vi era un giovane in un sobrio completo grigio scuro, che le sembrò essere più o meno suo coetaneo.
Lui si presentò formalmente, un imperscrutabile, gentile sorriso scolpito in viso.
Dopo avergli lanciato una seconda occhiata, Kimie rimase immobile, osservandolo con interesse.
Si ritrovò a rimirare l’arco preciso dell’occhio, la curva pronunciata degli zigomi, la linea diritta del naso del ragazzo che le era stato appena presentato, se non fosse stato per la strana luce che brillava nei suoi occhi e il fatto che in fondo era pur sempre un Ootori, non avrebbe esitato a definirlo bello.
Rispose al saluto lentamente, lo sguardo che esaminava con attenzione le sue iridi cineree che, al pari di un cielo invernale, sembravano essere adombrate dalla presenza di nubi dense e scure, cariche di pioggia.
Le sarebbe piaciuto ritrarlo.
Chissà che tonalità di colori avrebbe dovuto usare.. probabilmente, si disse tra sé e sé, fatta eccezione per un pallido rosa, le sarebbero bastate diverse sfumature di grigio.
Scosse debolmente la testa, seriamente, in che razza di pensieri stava andando a perdersi?
Distolse lo sguardo, perdendosi a fissare gli arabeschi che decoravano il soffitto, per poi riabbassarlo, indecisa su cosa dire.
“Si aspettava il teatro fosse stato costruito con uno stile più tipicamente orientale, Amamiya-san?” lo sentì domandarle.
A quelle parole, scosse piano la testa, poi aggiunse: “ E’ solo che alcuni elementi, le finestre ad arco del primo piano o la balaustra del terrazzo, mi hanno ricordato l’Opéra Garnier.. Non trova anche lei?” disse piano, ed ebbe come l’impressione che il viso del ragazzo si irrigidisse prima di risponderle, ma fu solo un attimo: “Ho avuto anche io quest’impressione.. e inoltre il teatro fu commissionato dal signor Suou qualche mese dopo il suo ritorno dalla Francia, quindi è probabile che abbia ripreso alcuni particolari di ciò che aveva visto a Parigi.. Avete un’affinata capacità d’osservazione, signorina” si complimentò poi, rivolgendole un sorriso tanto bello quanto preparato, o almeno questa fu la sua impressione.
Perché se con gli anni aveva imparato fin troppo bene che in alcune situazioni pur di essere cortesi era necessaria l’ipocrisia o comunque saper fare buon viso a cattivo gioco, di espressioni come quella ne aveva viste tante da trovarle quasi banali.
Riscossasi dai propri pensieri, la ragazza aggiunse, senza fare particolarmente caso al complimento che le era stato rivolto: “ In effetti.. avevo sentito dire che anche i Suou avrebbe assistito a questa première. Eppure non ho ancora avuto modo di vederli..”
“Dubito che verranno, signorina.. Tamaki mi ha chiamato per avvertirmi che avevano avuto un imprevisto” tagliò corto lui, aggiustandosi gli occhiali che avevano iniziato a scendergli sul viso.
Immaginano che non fosse il caso d’insistere, Kimie gli chiese dopo aver sollevato appena le spalle e cambiando discorso: “In ogni caso, anche lo spettacolo sarà una rappresentazione di un’opera europea, o sbaglio?”
Ootori scosse appena il capo, dandole ragione: “Affatto.. Verrà recitata una tragedia di Shakespeare, Cesare.”
“Una delle mie preferite” sorrise la ragazza.
“Kimie, hai mai visitato il Foro Romano?” alle parole del signor Enjyo, aggrottò leggermente le sopracciglia, dubitava che avesse seguito la loro conversazione, ma evidentemente non gli era ancora passata la discutibile abitudine di unirsi ai discorsi altrui pur non avendo la minima idea di che cosa si stessero parlando, semplicemente perché qualcosa, un nome, un luogo, aveva attirato la sua attenzione.
“Sì, ma da bambina.. I ricordi che ne ho sono abbastanza vaghi.. Scusa ma in che modo potresti ricollegare la tua domanda al nostro discorso?” gli rispose in ogni caso lei.
“Di nuovo, la tua pungente schiettezza mi ferisce.” borbottò lui, lanciandole un occhiata profondamente offesa quando la ragazza sollevò appena le spalle alla sua affermazione.
“Oh” si costrinse ad aggiungere allora lei, cercando di sfumare il tono sarcastico nella sua voce “ non era affatto mia intenzione. Per caso ti andrebbe di raccontarmi il perché della sua domanda?”
Enjyo sorrise, apparentemente soddisfatto “Molto meglio. Sarà un piacere, signorina. Si da’ il caso che abbia comprato un appartamento nel centro storico della città e ascoltarvi parlare mi ha fatto pensare quanto sia strano, il fatto che pur avendolo comprato quasi un anno fa, non abbia ancora avuto modo di inaugurarlo..”
“Inaugurarlo?” gli fece eco lei, inarcando il sopracciglio.
“Sì beh.. la regalai l’estate scorsa a Mathilde per il nostro anniversario di fidanzamento e..”
“Fammi indovinare, non ha accettato di andarci nemmeno una volta?” lo interruppe di nuovo Kimie, sorridendo apertamente: non dubitava che Mala, orgogliosa al punto da non accettare nemmeno che le venisse offerta la cena, davanti al suo costosissimo regalo avesse dovuto faticare non poco per non tirarglielo appresso.
“Non ha nemmeno mai voluto averne le chiavi..” le diede infatti ragione lui, lo sguardo basso e inconsolabile davanti al quale il sorriso della ragazza non poté fare a meno di aprirsi ancora di più.
“Credo che sia arrivato il momento di prendere i nostri posti” li avvertì la signorina Shido, mentre le persone attorno a loro iniziavano a dirigersi verso i rispettivi palchi.
Kimie si limitò ad annuire, guardandosi intorno incerta sul dove andare.
“Su Kyouya, sii gentile e mostrale la strada” aggiunse poi, pochi istanti prima che lei ed Enjyo venissero salutati da un signore dai favoriti bianchi e la statura singolarmente imponente.
“Da questa parte, prego” fece subito lui, incamminandosi a passo sicuro verso un corridoio laterale dopo che la ragazza l’ebbe ringraziato.
“Ho sentito – riprese poi, interrompendo il breve silenzio caduto tra loro – che anche lei frequenterà l’istituto Ouran, non  è vero Amamiya-san?”
“Infatti. In realtà, è lì che ho trascorso le elementari, e da qual poco che ricordo.. era  
“E’ un posto interessante, senza dubbio” concordò lui con un mezzo sorriso.
Kimie sospirò mentre continuavano a percorrere quel corridoio dalle pareti scarlatte. Le risultava piuttosto difficile porsi nel modo giusto nei confronti di quel ragazzo quando l’unico posto dove sarebbe voluta essere in quel momento era a parecchi chilometri da lì, e una certa ambiguità nel suo sguardo le aveva fatto capire di non essere l’unica ad aver sentito la necessità a calarsi in un personaggio che non fosse il proprio.
Si chiese quanti mesi sarebbero passati prima che una sciocchezza qualsiasi facesse disintegrare il suo autocontrollo, già sufficientemente messo alla prova .

Per prima cosa, ringrazio chi ha lasciato un commento o anche solo letto, e spero che non troviate questo capitolo troppo deludente.. l'ho finito di fretta perché volevo postarlo entro stanotte, ma prometto che sarà a discrezione della futura me la correzione di eventuali errori (sono messa bene xD)
Inoltre, volevo scusarmi per il mio ritardo, non saprei dire il perché ma appeno prendo un po' di coscienza della storia che sto scrivendo, mi sembra che sia una massa di sciocchezze e smetto di scrivere (sono per caso l'unica a cui capita tipo tutte le volte? >.<)
Ma risfogliando i miei vecchi manga ne ho ritrovato uno di Host Club e mi sono ripromessa che non avrei lasciato incompleta questa ff (anche se non saprei fino a che punto questa possa essere una buona idea xD)
  
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