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Autore: Freiheit_19    07/02/2013    6 recensioni
"La libertà è PARTECIPAZIONE" afferma Gaber.
Ma in altri contesti la libertà è SOPRAVVIVENZA!
"Un giorno ne varrà la pena, io farò tutti il possibile perchè un domani possa dire: IO SONO LIBERO"
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un tonfo. 
A peso morto si accasciò sui miei piedi sollevando una nuvola di polvere che si posò gracilmente sulle mie scarpe nuove, quelle con le lucine al suolo.
Una gettata di vento spostò i lunghi e neri capelli del corpo ai miei piedi. Tutto era inspiegabilmente mutato con una rapidità mostruosa. Non riuscii a capire perchè aveva lasciato la presa.
Quel corpo, cui tenevo poco prima la mano e con il quale ci saremmo diretti in un negozio di dolciumi a comprare le varie delizie a me promesse, quel corpo era mia mamma. La mia mamma che ora era lì, buttata sul polveroso terreno, inerme, immobile, fragile.
- Mama! Mama! Mamaaa!* - gridai svuotando i polmoni da tutto il fiato in essi posseduti. 
Non sentiva. Non rispondeva.
Gridai ancora e ancora fino a quando la sua mano afferrò il mio piede stringendolo appena, sentivo che voleva stringerlo ancora più forte ma non ne aveva le forze. 
- Va' via Amir, scappa! Scappa lontano da qui! Amir. Non cercare tuo padre, lui non..non... -. Probabilmente c'era dell'altro, voleva dirmi qualcosa riguardo papà, ma ma la sua testa pareva essere diventata talmente pesante da impedirle di riuscire a reggerla a lungo. 
Nonostante a comandare fu la mamma non obbedii meravigliandomi della mia stessa audacia; io, che non ho mai osato contraddire la parola dei miei genitori, io, che correvo subito ad eseguire ogni comando perchè sapevo che qualunque cosa abbiano detto i miei genitori di sicuro doveva essere giusta, perchè sapevo che la mia mamma e il mio papà mi volevano bene e me ne avrebbero voluto sempre nonostante alcuni miei capricci. 
Mi inginocchiai e mi piegai per prendere la mano di quel corpo, strinsi forte quelle dita così inanimate, bianche, fredde per poi baciarle con le mie umide labbra.
Volevo farle sentire la mia presenza, ma sembrava non accorgersi di me, forse era svenuta di nuovo. Ultimamente succedeva spesso, e diceva che era una cosa normale riuscendo a tranquillizzarmi.
Volevo guardarla negli occhi ed essere cullato dal suo profondo sguardo, volevo accarezzarle la guancia, volevo il suo calore, così le scostai i capelli che la riparavano dalla mia vista. 
Un tonfo.
Questa volta il tonfo fu a tal punto violento da colpire in pieno il mio cuore, facendo vibrare ogni fibra del mio essere. 
Rabbrividii.
Spalancai gli occhi per una frazione di secondi poichè subito dopo mi coprii il viso. 
Incredulo.
Feci lo stesso gesto che facevo per giocare, per scomparire dietro le mie manine che non coprivano mai del tutto il mio viso; papà lo faceva spesso, erano ormai passati sei mesi dall'ultima volta che lo vidi, sei mesi dal giorno in cui varcò quella soglia promettendomi che tutto sarebbe ritornato come prima. Ricordo ancora le sue parole che pronunciò tenendomi la testa fra le mani: - Amir, ascoltami, lo faccio perchè il tuo domani potrà essere un domani sereno, perchè tutte le cose che oggi vedi saranno cancellate dai giorni felici che verranno. Lo faccio perchè tu e la tua mamma possiate vivere lontani dal terrore. - 
Un bacio sulla fronte e...puf! Scomparso. 
Quel giorno decise di unirsi alla rivolta pur sapendo del rischio che correva. Avevo sentito dire di nascosto queste parole dalla mamma mentre conversava con la nonna. 
Ma io ho fiducia in papà. Tornerà. Forse. 
Ma quella volta fu diverso. Lo feci perchè ero terrorizzato, per non vedere ciò che avevo appena visto. 
- Amir scappa. Presto. Ti prego.. - 
Quella era la voce della mamma: mi liberai dalle mie manime per spiare cosa stava accadendo. 
Con le ultime forze mia mamma pronunciò quelle tremanti parole, forse le ultime. 

 

* * *

Entrai in una grandissima sala, le mattonelle del pavimento erano di un bianco lucido. Al centro era spoglio salvo qualche persona. Notai subito un luogo, quello riservato ai feriti. 
Fu quando abbandonai mia madre per scappare che mi accorsi che tutti intorno regnava il terrore, c'erano feriti dappertutto, pozze di sangue, grida di disperazione mista all'assordante sirena dell'ambulanza. La vettura venne colmata dai feriti che sembravano davvero troppi per poter essere ospitati in quella vettura sebbene le grandi dimensioni. Gridai a qualcuno di aiutare mia madre, tirai a non poche persona la maglietta o il pantalone per attirare la loro attenzione, ma nulla, erano troppo presi dal soccorrere chi la figlia, chi il figlio, chi l'amico, chi il padre e chi, come me, la madre. 
Vidi alcune persone che portavano alcuni corpi in braccio o sulle spalle, decisi così di seguirli ritrovandomi qui, in questa immensa struttura. All'esterno c'era una grande cupola sgargiante, probabilmente rivestita d'oro ed era l'unica struttura in piedi; era affiancata da quattro possenti torri aventi alla cima una mezzaluna.
Ricordo che un giorno mio papà mi porto qui, era il periodo del ramadan*, a pregare al tramonto pur sapendo che non ne fossi capace. Mi limitai dunque ad imitare. Mi sentivo un adulto proprio come papà ed i suoi amici.
Il mio sguardo si spostò su di un uomo grande e alto, vestito con una lunga tunica semplice, aveva una lunga barba bianca con tonalità di grigio, velocemente si diresse verso i feriti dando indicazioni sul come comportarsi nel tentativo di aiutare quelle povere persone ferite.
Vite spezzate, distrutte. 
Spinto dall'eccessiva curiosità il mio corpo si mosse meccanicamente fino ad arrivare in quell'angolo permettendomi di osservare: tutti avevano subito ciò che mia mamma aveva subito. Tutti avevano perso un occhio, tutti erano stati colpiti ad un occhio, tutti. I meno fortunati avevano però perso anche altro: un braccio od una gamba. 
Tutti avevano avevano perso gli occhi in nome della libertà.
La mia mamma aveva sacrificato molto più: un occhio e due vite. La sua e quella del bambino che non avrebbe dovuto tardare ad arrivare.
Mia madre si era sacrificata in nome della libertà. Mio padre si era sacrificato in nome della libertà. Non volevano certamente farlo volontariamente, ma hanno dovuto ugualmente perchè presi alla sprovvista. 
Un giorno ne varrà la pena, io farò tutti il possibile perchè un domani possa dire: IO SONO LIBERO. LA SIRIA E' LIBERA.

Sentii un richiamo alla preghiera, e quella stanza che poco prima era spoglia si riempì tumultuosamente di fedeli. Mi aggiunsi a loro, presi un tappetino, e cominciai ad imitare chi mi stava di fronte. 
"So di essere piccolo, ho solo 6 anni e mezzo, quasi 7, ho perso poco fa la mamma, il mio papà non lo vedo da molto tempo, forse è morto anche lui. Sto parlando a bassa voce, ma Ti prego ascoltami, Ti chiedo solo di darmi la forza per continuare ad andare avanti, per non piangere ed essere forte e coraggioso come i miei genitori. Mio padre mi aveva fatto una promessa, io voglio mantenerla al posto suo. Ti prego. Amin".*

Rannicchiato sul pavimento mi avvolsi nel tappetino, poggiai la testa sul freddo pavimento e piano piano sbattei le palpebre fino a quando il sonno non mi accolse calorosamente.

*1 Mama: dall'arabo e significa mamma.
*2 Ramadan: è il mese in cui i musulmani fanno il digiuno. Non esiste un periodo stabilito ma varia ogni anno, ma sempre con durata di 29 o 30 giorni.
*3 Amin: significa Amen. ( Era ovvio xDD)


ANGOLO MIOOO:
Salve popolo di EFP!! Come vedete mi sono dilettata a scrivere qualcosa di abbastanza forte.
Ebbene sì, queste cose succedono per davvero, infatti mi sono ispirata a questi eventi che purtroppo stanno colpendo la Siria e in precedenza l'Egitto. Probabilmente i responsabili sono le truppe sotto il comando del Leader della Siria..Non si sa di sicuro, ma la cosa certa è che ci sono uomini, donne e addirittura bambini che subiscono queste ingiustizie. 
Grazie per aver letto (se l'avete fatto, ovviamente!) e...se volete recensite per farmi sapere cosa ne pensate.


Passate da qui se non vi dispiace: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1440582 
E' la storia di una amica troppo insicura di sè, potreste farle sapere che sbaglia ad esserlo. 

  
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