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Autore: r_Astrello    08/02/2013    3 recensioni
Un racconto molto breve, ambientato nella mente di una donna che segue un viaggio nella sua follia, nei suoi incubi.
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spira Tade era disperata, non credeva ai propri occhi. Non ricordava nulla, i suoi muscoli erano tutti intorpiditi, le girava la testa. Intorno a lei non c'era nulla, né il cielo né la terra, solo uno spazio violaceo con striature verdi e nere, una zona senza confini che si univa con se stessa all'orizzonte.
Neanche un suono tranne quello dei suoi passi timorosi. Sapeva di aver camminato per molte ore, ma nonostante ciò le sembrava di non aver mosso un solo passo, si stupiva persino che riuscisse a camminare, i suoi occhi non capivano neanche se i piedi toccavano il pavimento, o se c'era un pavimento, in mezzo a quella distesa viola.
Continuò comunque a camminare, fino a perdere la cognizione del tempo e finalmente vide qualcosa di anomalo in quella distesa piatta e monotona: una pozza d'acqua. Alla donna brillavano gli occhi, acqua pura e fresca ristagnava ai suoi piedi, si concesse di chinarsi per berla.
Fece una coppa con le mani e ne raccolse un po'. In quel momento la sua espressione cambiò in un lampo. Guardava le sue mani, tremando, con una lacrima pronta a rigarle il viso e un un urlo pronto per essere cacciato, un urlo di terrore, che rieccheggiò a lungo in quella landa desolata.
Tra le sue mani l'acqua si era mutata in una melma marrone, puzzolente, appiccicosa. Spira Tade credeva fosse un sogno, che sarebbe finita in quell'istante, ma si sbagliava.
-Maledetto sia tu ed il tuo gene, tu che porti alla pazzia, ed il gene tuo porterà follia!-
Urlò la donna, mentre l'eco beffardo di quel luogo rispediva al mittente le sue maledizioni.
Ben presto cominciò a farsi sentire il ticchettio costante e scoordinato di molti orologi, accompagnato dai rintocchi delle campane, un suono inquietante, che riempiva quella zona senza forma e angosciava Spira Tade.
Gli orologi erano intorno a lei, in ogni direzione, e la seguivano, dapprima nel suo camminare insicuro e poi nella sua corsa disperata.
Spira Tade era allo stremo delle forze, non riuscì più a correre e si accasciò a terra, stava impazzendo, o forse era già impazzita, neanche lei lo sapeva.
Gli orologi continuavano a seguire la donna, il loro ticchettio si fece sempre più forte, poi cessò.
Di colpo scese il silenzio, e alcuni orologi si deformarono, altri si spaccarano, per poi sciogliersi tutti, divenendo acqua gelida che bagnò la donna e le sue vesti.
-Maledetto sia tu ed il tuo gene, tu che con me giochi a fare il vile, ed il gene tuo perseguirà questa tua bile! Maledetto sia questo spazio e te suo sovrano, che il primo delle mie paure sazio fa le veci della tua furiosa mano!-
Urlò la donna, mentre l'eco beffardo di quel luogo rispediva al mittente le sue maledizioni.
Si incamminò nuovamente, senza una meta precisa, mentre la follia di quel luogo le consumava lo spirito.
Avanzava lentamente, avanzava con timore.
Non più la sua ombra seguiva lei in quanto era lei ad inseguire la sua ombra, che staccatasi dal corpo si era data alla fuga.
Come una sciocca Spira Tade la iseguì a lungo, ritrovandosi di colpo in un deserto immenso, tonnellate di sabbia in cui crescevano innumerevoli meli, dalle verdi foglie ed i frutti maturi.
Guardava quelle mele lassù che le sembravano irresistibili, le ammirava come si fa con una cosa talmente magnifica da sembrare irraggiungibile.
Ad un tratto una di quelle mele dalla buccia dorata le cadde nella mano, come a chiedere di essere mangiata da lei, che incrdula provò a stringere quella mela come fosse il suo unico avere e lo stesse difendendo.
Tanto più Spira Tade Stringeva la presa sulla mela essa si andava rimpicciolendo, fino a che la donna chiuse il pugno senza più stringere alcun frutto, e quando aprì la mano vide che su di essa si contorcevano una decina di vermi in un balletto disgustoso e perverso.
Vermi che dalla mano stessa entrarono sotto la sua pelle, e strisciando si spostarono dentro di lei, che non vedeva altro che dei bozzi che le salivano su per il braccio.
Urlò dal dolore e dal disgusto, un urlo che sembrava mai poter finire.
-Maledetto sia tu ed il tuo gene, tu che mi entri nella mente ed il gene tuo lo rifarà sorridente!
Maledetto sia questo orribile gioco, e che l'inferno accolga tutti voi nel suo fuoco! -
Urlò la donna, mentre l'eco beffardo di quel luogo rispediva al mittente le sue maledizioni.
Svanì tutto intorno a Spira Tade, compreso il mondo viola che le nauseava la vista.
Si guardò intorno con gli occhi pieni di speranza, di fronte a lei l'illusionista che l'aveva convinta a sottoporsi ad una nuova pratica che tava studiando.
Le bastò un attimo per ricordare tutto, di fronte a lei vi era l'uomo maledetto. Non ci dovette neanche pensare, prima di prendere un coltello ed accoltellare quel folle, che aveva maledetto per un breve tempo che sembrava non finire mai.
I medici la giudicarono insana di mente ascoltando un racconto fantasioso, un racconto di illusioni che ti imprigionano nella pazzia della tua stessa mente.
I giurati la giudicarono colpevole dell'omicidio vedendo le prove schiaccianti in tribunale.
Spira Tade ora vive in un carcere che detiene gli psicopatici considerati pericolosi, con il sorriso sulle labbra, convinta che lì nessuno potrà più fare di lei la vittima di un'assurda illusione.
  
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